E’ stata una festa: una festa che, se l’avesse organizzata lui, sarebbe stata proprio così, come si è svolta.
Gino Castaldo lo conosceva bene, un sodalizio decennale e fraterno, che ha raccontato la musica alle nostre vite in maniera semplice, divulgativa e accessibile a tutti. E nell’organizzarla questa festa, ha tenuto conto di quello che all’amico Ernesto sarebbe piaciuto.
Del resto l’estrazione tanto dell’uno quanto dell’altro non avrebbe potuto partorire niente di diverso che l’esigenza, quasi etica, di portare bellezza al maggior numero di persone possibili: cosa che hanno fatto, e che avrebbero continuato a fare con le Lezioni di Rock, se quel 26 febbraio qualcuno non avesse deciso diversamente. Ero in treno, rientravo da Napoli, da un concerto meraviglioso, e mi rammaricavo del fatto che me la sarei persa la lezione di quella sera…
Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti
Ebbi modo di scriverlo qualche giorno dopo: in vita mia non mi è mai successo di assistere a una simile unanimità nel manifestare affetto e dispiacere per qualcuno che se ne va. Non una critica, non una voce fuori dal coro e, semmai c’è stata, è rimasta dentro un pensiero: perché a Ernesto Assante volevamo tutti bene.
La serata del 2 giugno l’ha dimostrato: la Cavea piena e uno spettacolo che, lo so, avrebbe applaudito. E forse l’ha fatto.
Amici vicini, lontani, intimi e meno intimi, persone che non lo conoscevano in maniera diretta, ma sentivano di dovergli molto. C’erano tutti e tutti commossi, ma di quella commozione che non mette tristezza, di quella commozione che vola su uno spartito e accarezza cuori e anime, di quella commozione che fa stare bene.
Dopo l’intro che omaggia il grande amore di Assante per gli Who, affidata alla Mark Hanna Band con My Generation, la prima a salire sul palco è una silenziosa Noemi, che ci regala, accompagnandosi al piano “Sono solo parole”: un abbraccio con Castaldo, e via…il ghiaccio era da rompere, lo ha fatto lei, seguita da un altrettanto schivo (come è nel suo carattere) ma incisivo Alex Britti che con “Gelido” torna agli albori della sua carriera, quando furono proprio Ernesto Assante e Gino Castaldo a dargli fiducia. Una fiducia ben risposta in un chitarrista eccezionale, come dimostrerà nell’esecuzione di un breve ma intenso giro di blues: lo stesso che proprio Assante, ne siamo certi, gli avrebbe chiesto.
Ed è uno svilupparsi di serata così, a ritmi serrati, sul filo leggero dei ricordi di molti: Carlo Verdone, a modo suo, con la comicità garbata di cui è capace (non dimentichiamo che è anche un gran musicista, Verdone, e, ho scoperto, anche un bravo fotografo), racconta non solo dei momenti condivisi, ma anche dei momenti di contorno, in particolar modo di quello storico che hanno vissuto insieme. Del famoso concerto dei Beatles all’Adriano, e dell’ attimo imperdibile in cui Anna Magnani, seduta poco più in là con il figlio Luca, si rese conto, con sgomento, che il mondo stava cambiando, e di come il padre lo lusingò con quel concerto: un ricordo che commuove. Si ha la sensazione che non se ne andrebbe mai via, Verdone, e noi continueremmo ad ascoltarlo per ore, se non fosse che al ricordo hanno diritto anche molti altri.
Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti
Le Lezioni di Rock in Auditorium venivano accompagnate da brani musicali eseguiti dall’Auditorium Orchestra diretta da Gigi de Rienzo, che ci regala una versione jazz di “Walk on the Wild Side” e di seguito Niccolò Fabi con una interpretazione unplugged ed eterea di “To be alone whit you”: Sufjan Stevens, uno dei più amati da Assante.
La Lady del pianoforte, Rita Marcotulli, il fiore all’occhiello del nostro jazz, all’appellativo Lady aggiunge un Madonna, e il risultato è stupefacente, come da sempre Rita ci ha abituati.
Luca Barbarossa ricorda quando Assante gli disse che erano stati invitati da Mogol, di portarsi una chitarra, e le sue perplessità nell’ipotizzare di cantare Battisti davanti a Mogol. E così, eludendo il problema del farsetto, decisero per l’Aquila, brano un poco fuori dal circuito più classico del duo, brano che ci regala, prima di cedere il passo a un parodistico ed esilarante Neri Marcorè.
Mancano ancora due ore al termine di un concerto che non sarà facile dimenticare.
Cristian Mascetta e Gegé Telesforo, eseguono un blues per voce e chitarra, mentre Servillo legge Kerouac da, “On the road”, un brano che generazionalmente appartiene a tutti noi.
Ha tenuto a esserci Francesco De Gregori, e sappiamo quanto sia schivo il cantautore romano: “Nino” prima e poi “Sempre e per sempre” che fa inumidire gli occhi a molti. Forse anche a Manuel Agnelli che, visibilmente commosso, intona dopo di lui una sentita “A long a winding road”. Chi non ha ancora ceduto al pianto cede e sì, fa tanto bene commuoversi.
Per Stefano di Battista c’è da stare “Attenti al lupo”, mentre una meravigliosa ed eternamente giovane Elena Sofia Ricci ci racconta la Guerra di Piero, e le serate trasteverine trascorse insieme a Assante e Castaldo, serate in cui la facevano cantare, e lo fa con un evidente riverbero di commozione nello sguardo.
Un lungo intervento di Luca de Gennaro chiama in causa anche Stefano Mannucci, che è tra il pubblico, con Carlo Massarini e Guido Bellachioma, e racconta di come Assante sia sempre stato l’uomo del Noi e mai l’uomo dell’Io, come i suoi entusiasmi dovessero trovare indispensabilmente un seguito, e come si procedesse tutti con lo stesso passo, con Assante alla conduzione di qualsiasi cosa. Ed è una lunga introduzione all’esibizione di un gruppo, i Dimensione Brama, molto apprezzato da Assante: a ragione come potremo verificare.
Usare il termine “esibirsi”, non è appropriato, per la verità, perché nessuno dà la sensazione di esibirsi, ma più quella di partecipare.
Ed è il grande desiderio di partecipazione che fa intervenire da Milano via etere Max Pezzali, con un ricordo tutto suo.
Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti
E ancora Tosca, con l’incantevole come sempre Giovanna Famulari al violoncello, e col sostegno alla voce di Fabia Salvucci, giovane promessa della canzone popolare italiana che Assante aveva ben individuato, ci regala “Voglio una casa”, precedendo Giancarlo De Cataldo, che ha condiviso con Assante l’esperienza di Radio Blu, e che legge un passo molto significativo tratto da “1977 – Gioia e Rivoluzione”: il commento musicale curato sempre dall’Auditorium Orchestra vola nel vento sulle note e le parole di Dylan.
Ancora Francesco Motta, che strappa un sorriso alla platea quando dice che Gino e Ernesto gli facevano capire cose delle sue canzoni che nemmeno lui capiva.
E’ poi il momento di un provato ma disponibile Raiz, la scommessa degli Almamegretta, che porta in pista Pino Daniele, già ricordato con un filmato a inizio serata, intonando “Ue’ Man” e “Puozz passa’ nu guaio”, arrangiate sempre da De Rienzo che ha concluso con il cantante partenopeo da poco un bel progetto sul Pino nazionale.
Il gran finale vede tutti sul palco, insieme alla Mark Hanna Band in una corale “Sweet home Chicago”, che saluta il pubblico ed Ernesto: e siamo sicuri che se l’è goduta tutta la serata, perché c’era, era con gli artisti, col pubblico, nell’affetto sincero e nelle lacrime che sono sgorgate, negli applausi e nelle risate, nel repertorio che ciascuno ha eseguito in maniera conforme ai suoi gusti e non ai propri, nel saluto davvero commosso di chi questa serata ha voluto con tutto l’impegno, Daniele Pitteri.
Un ciao, un arrivederci, un non smetteremo mai di ascoltare la bella musica, di vivere la bella musica, così come per quarant’anni ci hai insegnato a fare.
Roberta Gioberti