Cos’è la malinconia? La malinconia non è tristezza. Non è nemmeno rimpianto, e nemmeno propriamente depressione. La malinconia è una tristezza poetica, che sa di rimpianto, però un rimpianto attualizzato al presente. Quello che avrebbe potuto essere e non è stato, ma oramai vissuto attraverso la rassegnazione di ciò che è stato.
Malinconico il nome del Trio, e Malinconico il cognome del solo personaggio seriale dei romanzi di Diego de Silva: un avvocato non propriamente “inserito”, non propriamente “rampante”, un po’ sfigato, anche, e un poco fuori contesto. Un avvocato d’insuccesso, ama definirlo il suo creatore, un uomo a metà, sospeso, esattamente come la malinconia. Per metà disoccupato, per metà divorziato, come quel sentimento a metà che ti prende nel momento in cui pensi a quello che avrebbe potuto essere o non essere, ma non è stato oppure è stato. Lì in quell’attimo, e poi via.
Il racconto di Diego De Silva comincia con un diario. Il Diario di un uomo di “un tempo”, sposato con una moglie di “un tempo”, avvolto in un menage di “un tempo”. Un uomo per anni amato, servito, riverito da una donna che probabilmente ha amato, ma poi, nel rapporto coniugale ha indossato la veste della moglie confezionata ad arte. La compagna che accudisce, che riverisce, che serve, che aiuta……e che un giorno sparisce. Una donna tradita, consapevole di esserlo, eppure lì, ferma in quella dimensione di menage che dà tutto per scontato, anche il tradimento. Perché quella è la dimensione in cui il suo compagno la inquadra. Piagnone, fedifrago, spergiuro e opportunista, dopo averla impacchettata nel ruolo di badante rassegnata, si meraviglia, un giorno, di arrivare a casa e non trovarla più.
Un Alberto Sordi alla maniera vintage, ma che, a guardare bene, non si discosta poi troppo da tanti attuali “compagni di vita” semplicemente rinnovati nel look ma non nello spirito.
E così ha inizio lo show del trio Malinconico, percorrendo le storie scritte e lette dall’autore, nel rispetto della punteggiatura, attraverso sottolineature musicali essenziali e pulite al punto tale da rasentare il virtuosismo, senza ostentazione.
Accompagnato dal contrabbasso di Aldo Vigorito, e dal sax di Stefano Giuliano, due musicisti “invecchiati con il loro strumento”, fino a padroneggiarlo in funzione delle loro esigenze fisiche e anagrafiche, De Silva intreccia una serie di racconti che si integrano perfettamente con la struttura dei tempi musicali. Sì, perché gli scrittori, ogni scrittore, ha una sua musicalità, che è data dalla composizione del testo. I lunghi fraseggi di Javier Marias, che si avvicinano al “senso” a cerchi concentrici, o la musicalità tutta particolare di Philip Roth, individuabile tra mille.
I racconti hanno tutti una vena ironica, ma allo stesso tempo rimangono sospesi in quella tensione malinconica, che non è tristezza, ma è un qualcosa che ti piglia in gola.
L’incontro con il vecchio professore di lettere, oggi tassista, la divertente analisi sui testi delle canzoni sentimentali e sul loro ruolo nella educazione, o, a ben vedere, la diseducazione sentimentale (alla faccia dei tanto vilipesi Backmasking, spesso tirati per i capelli, del Rock), il cliché dell’amico collega che corteggia e finisce per “guzzarti” la moglie, ma non in maniera cafona, no…..la lusinga e la fa innamorare, perché quello cerca, la conquista attraverso la lusinga, non il rapporto extraconiugale, e lo fa seguendo una tattica ben precisa, tutta riversata nei di lei pensieri, per concludere con un classico, e con la sua definizione.
Un Classico è qualcosa senza tempo senza spazio senza timore di concorrenza. Un classico semplicemente è. E sarà sine die. E il classico è l’amore che finisce, due persone che si lasciano, ma che non si lasciano mai di comune accordo, anche se lo sostengono. Ce n’è sempre uno che soffre, che resterà convinto delle sue intenzioni, che rivendicherà il diritto ad esprimersi, che gli è stato negato.
In fondo è l’altro che ha lasciato, o l’altra, non certamente lui, che non se ne convince.
E continua nel tempo a considerare l’oggetto del desiderio come presente, attuale, imprescindibile.
Every Breath You Take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I’ll be watching you.
E’ così che l’ultima canzone dei Police, oggi, suonerebbe come un attentato alla privacy, un’azione di stalking. Mentre è e resterà per sempre una meravigliosa canzone d’amore.
Musica (composizioni originali di Vigorito e Giuliano, ad eccezione di Every Break You Take) e parole in “accordo” , per uno spettacolo elegantemente divertente, intenso, assolutamente da non perdere.
JR