Un concerto celebrativo, una performance muscolare, un pubblico esplosivo. La seconda delle due date (sold out) ai Magazzini Generali di Milano de i Ministri è stata un concentrato di energia. Le premesse sono state quelle giuste fin dall’infuocato opening act de Il Fieno e Joe Victor poi alle 22.45 è iniziato il main show con una scaletta davvero molto speciale. “Ieri abbiamo fatto qualcosa, oggi faremo tutto, quindi su le mani!”, incita Davide “Divi” Autelitano. Manco a dirlo: l’infuocatissimo pubblico risponde entusiasta all’appello con una tangibile e suggestiva testimonianza che sì, il pogo selvaggio in Italia esiste ancora. Ma parliamo della scaletta: oltre ai dodici brani del disco, la band milanese ha riesumato inediti e chicche a partire dal fondamentale primo album “I Soldi sono finiti”. “La mia giornata che tace”, “I nostri uomini ti vedono” e “I Soldi sono finiti” sono i primi tre brani che mettono subito le cose in chiaro: questo concerto è stato pensato per lasciare il segno (e così è stato).
“Grazie a chi ha tirato tardi insieme a noi, a chi ha macinato davvero tanti, troppi chilometri con e per noi. Molti di voi li conosciamo di persona e a voi dedichiamo questi pezzi”, spiega Autelitano, particolarmente loquace. E via ancora con “I muri di cinta”, La sacra quiete della sera”, “Il mio compagno di stanza”, “Le mie notti sono meglio dei vostri giorni”, “Lo sporco della Grecia”. I Ministri picchiano duro, suonano con tutta la forza e la passione possibile e si vede. Il loro modo di suonare è impattante al punto da catalizzare l’attenzione non solo sulle parole che profumano di sangue, sudore e rabbia ma anche sui loro strumenti, così intensamente vissuti, così veracemente ipnotici. Il concerto è lungo e non lascia nulla al caso, si continua con “Sangue dal naso”, “Piano per una fuga”, “Non mi conviene puntare in alto”, “La piazza”. “Nasciamo come band schierata, fare musica richiede uno schieramento preciso e noi riteniamo che la cultura stia da una sola parte. Omaggiamo l’anarchia che un po’ ci manca, un po’ no”, racconta il frontman de i Ministri introducendo l’unica cover del concerto “Ma chi ha detto che non c’è” di Gianfranco Manfredi. Una breve pausa, poi il rush finale con “Meglio se non lo sai” e “Diritto al tetto”.
“Per molto tempo non suoneremo a Milano, anzi non suoneremo affatto perché ci dedicheremo ad altre cose. Questo è l’epilogo di qualcosa di importante, questi 10 anni non vengono dal nulla, sono 10 anni fatti di persone. I Ministri sono palco, sudore, sputi e sangue: grazie per non averci perso di vista, siamo convinti di non essere soltanto una band, bensì qualcosa di più ampio. Godiamoci questo abbraccio”; così i Ministri salutano il pubblico in visibilio, non senza aver cantato la significativa “Abituarsi alla fine” ed uno spettacolare stage diving da brivido. A presto ragazzi, sono stati 10 anni davvero bellissimi!
Raffaella Sbrescia