“Let them dance if they want to dance”: con il concerto di David Byrne, l’Umbria Jazz raggiunge il suo acme

David Byrne - Umbria Jazz 2018- ph JR

David Byrne – Umbria Jazz 2018- ph JR

L’Evento più significativo ad oggi di questo Umbria Jazz è sicuramente stato il concerto di David Byrne. 
Grande occasione, ha rievocato le atmosfere e le suggestioni dei concerti “storici” di 20 anni fa.
David Byrne rappresenta un fatto a sé stante, nel panorama musicale mondiale. E rappresenta, insieme a Peter Gabriel, l’ultimo baluardo di un certo modo di fare ed intendere la musica. Un modo che appartiene ad una generazione oramai malinconica, perché di musica si è nutrita con avidità, con curiosità, con sacrificio.
Sì, perché era un sacrificio, mettere insieme i soldi (allora tanti), per comperarsi un vinile. Lo facevi da ragazzino, con i tuoi pochi risparmi. La prima cosa che facevi, non era procurarti un drink ed uno sballo, ma correre alle Laziali, o da Ricordi, o da Disfunzioni Musicali, e comperarti quel vinile che avevi sentito a casa di Tizio, e non eri più stato in grado di dimenticare.
Giravi, come un cretino, con “Crack” sotto il braccio, quasi a dire “Ragazzi, io ascolto gli Area, datevi una regolata…..”. E con questo avevi già detto molto, anzi, quasi tutto di te.
Racconta Peter Gabriel nella sua biografia, che l’Italia era la manna per gli artisti. Perché quando “buttava male, tu venivi qui, facevi un concerto, e stavi sicuro che il pubblico non ti avrebbe tradito”.
Forse anche per questo, ieri, a Perugia, il Genio per antonomasia, si è presentato con la schiettezza e la semplicità di un adolescente. Ha visitato la città, si è fatto il suo giro in bicicletta, ha trattato il posto e le persone con una confidenza ed una naturalezza tali da lasciare esterrefatti.
Sì, perché in barba a tutto e a tutti, si è mosso con naturalezza e libertà. Come un giocatore di calcio in possesso del proprio cartellino: un Capitano.
Il sold out è garantito. Parecchia gente si è mossa all’ultimo momento, proprio perché l’evento è imperdibile, al punto da rimuovere qualsiasi indecisione.
E non delude.

David Byrne - Umbria Jazz 2018- ph JR

David Byrne – Umbria Jazz 2018- ph JR

Byrne è annoverato tra i “geni musicali” contemporanei.
Insieme a Gabriel, a Eno e a Bowie, è stato padrone della propria musica, della propria immagine, della propria determinazione artistica.
Ed è stato uno dei primi, negli anni ’80, ad approcciare alle contaminazioni mediterranee e sudamericane: la “world music”, insomma.
Emblematico l’album “Rei Momo”, dove, allontanatosi dal progetto Talking Heads, si tuffa, in questo primo lavoro da solista, nelle sonorità brasiliane, e lo fa con estro, ironia, rivisitando un sound e rendendolo unico ed originale.
Artista eclettico, che spazia tra il cinema (indimenticabile “True Stories”), la visual art, la scrittura, oltre ad aver tracciato un solco con la sperimentazione avviata negli anni ’70 con i Talking Heads, continua ad esprimersi con un’intelligenza particolarmente vivace e spiccata, ed il concerto di ieri sera ne è la prova vivente. Coreografie da “musical”, perfetto studio di ogni minimo dettaglio, una band numerosissima, un sound basato prevalentemente sulla ritmica (irrinunciabile il ruolo del basso, e una nutrita schiera di percussioni “bandistiche”), strumentazioni etniche, e tanta britannica eleganza.
Così, con un’ incantevole scenografia, ripropone buona parte della produzione classica, da Born under punches, a Bullet, da The Great Curve a Dancing Together, scatenando da subito il delirio della gente sul parterre.
La musica è libertà espressiva, corporea, e Byrne ne è l’incarnazione.
Per questo, quando blocca “Once in a Lifetime”, e la Security, che tentava di arginare il ballo di alcune ragazze sotto palco, con un imperioso “”SECURITY let them dance if they want to dance or stop the show”, è l’estasi.
Il pubblico non se lo fa dire due volte, la Security si rassegna, ed il lavoro diventa sicuramente più difficile, però la soddisfazione è piena. Gente commossa, un Carlo Massarini visibilmente soddisfatto, con la sua maglietta “Talking Heads” indosso, un sapore retrò, molta gente che dice “non immaginavo una cosa simile”.
Per noi, che Byrne lo abbiamo praticato dal vivo per anni, anche quando le date te le dovevi andare a cercare, perché non le pubblicizzava, era immaginabile.
Fantasticamente immaginabile.
Quello che non immaginavamo è che, nel Back Stage, sarebbe stato tanto cordiale, sorridente e disponibile, dopo due ore a ritmo serrato, come è proprio del personaggio, durante le quali non si è risparmiato né fisicamente, né psicologicamente, rispondendo in maniera “britannica” anche al lancio, veramente poco elegante, dei cuscinetti sponsorizzati, che il pubblico ha fatto per chiedere il bis. Di bis ne sono arrivati ben due. Profondi inchini e massimo rispetto per un pubblico che esce soddisfatto ed appagato.
Come quando, dopo i concerti, a notte fonda, andavi a cercarti il cornetto ed il cappuccino, e rifiutavi il sonno, per poter prolungare quella scarica adrenalinica.
La cosa più bella in assoluto di questo UJ, e tra le più belle del festival, da sempre.

Antonello Salis e Simone Zanchini Umbria Jazz Festival ph JR

Antonello Salis e Simone Zanchini Umbria Jazz Festival ph JR

Anche se l’effetto Byrne è stato galvanizzante ed elettrizzante, nonché totalizzante, non ci dimentichiamo di un’altra performance di notevole pregio: quella, alla Galleria Nazionale dell’Umbria, di Antonello Salis e Simone Zanchini. 
Salis, un autodidatta virtuoso ed originale, dalla lunga ed importante carriera, e Zanchini, diplomato al conservatorio di Pesaro, intessono con le loro fisarmoniche, e con la fisarmonica di Zanchini ed il pianoforte di Salis, un dialogo serrato, scambiandosi suggerimenti ed emozioni, , senza limiti o classificazoni. E così spaziano dal folk al classico, dalla musica d’autore a quella popolare, in un totale flusso di libertà espressiva.
Alla fine Zanchini dice “se un giorno assisterete nuovamente a questo concerto, sappiate che non sarà lo stesso concerto”. Improvvisazione e tecnica, si materializzano in un risultato commovente. Da Beethoven a Ravel a La Cucaracha, a Morricone, a Keith Emerson senza soluzione di continuità, per un pubblico sempre più attento e coinvolto. E, nel canonico stile un poco snobbato oggi dagli artisti, escono di scena ed entrano per il bis. Perché un bis, senza suspense……non è un bis.

Un’ultima cosa, a conclusione di questa esperienza Perugina.

Dietro ogni evento c’è lo sforzo di una miriade di persone che lo rende possibile.

Quest’anno qui ad UJ ne è mancata una. Tony Soddu.

Sarebbe stato sicuramente sul palco di Byrne a fare da coordinatore.

Un pensiero, in assenza di altri, glielo rivolgiamo noi. E’ poca cosa, ma doverosa, nei confronti di un uomo che è stato dietro, per ben 30 anni, a tutta la più bella musica live che abbiamo ascoltato.

Tony, se ci hai guardati, ieri sera, ti sei divertito tantissimo da lassù……questo ci piace pensare.

JR