Coldplay, la recensione del video di “Magic”

Coldplay---MagicSi avvicina il 19 maggio, data di pubblicazione di “Ghost Stories”, il nuovo album di inediti dei Coldplay. Nel frattempo la band ha appena pubblicato il videoclip ufficiale di “Magic”, il primo singolo tratto dall’album. Il filmato porta la prestigiosa firma di Jonas Åkerlund e fa riferimento alla tecnica del film muto in bianco e nero. Il testo dolce, romantico e strappalacrime si presta molto bene a rivisitazioni filmiche. Nella versione proposta dal regista la protagonista è la diva cinese Ziyi Zhang nei panni di una maga, vittima di Chris Martin nel doppio e contemporaneo ruolo di fidato e sdolcinato assistente e di marito rozzo e violento.

Chris Martin in una scena tratta dal video ufficiale

Chris Martin in una scena tratta dal video ufficiale

Piccole didascalie conferiscono tono e vitalità alle vicende di una coppia legata a doppio filo al mondo della magia. A metà strada tra idealismo truffaldino e meccanica affaristica, gestualità e mimica facciale addolciscono l’insieme degli elementi propositi con il tipico happy end finale. L’attenzione al dettaglio e la cura per l’accessorio arricchiscono la fotografia d’insieme mentre la struggente melodia dei Coldplay muove i propri passi verso l’irreversibile fine di un amore che, in fin dei conti, non finirà mai… “And if you were to ask me, after all that we’ve been through, still believe in magic? Yes, I do. Of course I do”: e se tu dovessi chiedermi, dopo tutto quello che abbiamo passato, credi ancora nella magia? Sì che ci credo, certo ci credo! Un destino fatto di passione e dolci richiami è quello descritto dai Coldplay, un destino dove occhi lucidi e cuore puro sposano l’eterno dualismo tra poesia e realtà.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist di “Ghost Stories”:

1. Always In My Head
2. Magic
3. Ink
4. True Love
5. Midnight
6. Another’s Arms
7. Oceans
8. A Sky Full Of Stars
9. O7

Video: “Magic”

Intervista ai Karbonio14: “La musica? Fa che sia per sempre”

Karbonio14

Karbonio14

I Karbonio14 sono quattro artisti emiliani: Valerio Carboni (voce, chitarre e pianoforte), Cesare Barbi (batteria), Luca Zannoni (tastiere) e Matteo Verrini (basso). Il loro mondo musicale rievoca e rielabora i suoni tipici della scena moderna inglese. Lo scorso 28 marzo il gruppo ha pubblicato “Fa che sia per sempre”, il nuovo singolo tratto dal disco d’esordio del gruppo,  intitolato “Tra le luci bianche”. A parlarci del gruppo, dei temi del disco e dei suoi progetti paralleli è Valerio Carboni, compositore, musicista, cantante e autore per vari gruppi e progetti.

Nel brano “Fa che sia per sempre” canti “io ci sono ma non posso farcela da solo”… quanto conta la reciprocità dei sentimenti in una storia e cosa intende comunicare questa canzone?

Più andiamo avanti in questo mondo cosmopolita, più sappiamo tutto di tutti, eppure allo stesso tempo ci chiudiamo nel nostro egocentrismo. Siamo sempre più egoisti ma, in realtà, per avere una vita serena e felice bisogna essere in più persone, è bello condividere la propria esistenza, le proprie paure e le proprie emozioni. In questo caso il brano parla di un rapporto a due e del fatidico momento in cui bisogna decidere di lavorare insieme per cementare e reinvestire quello che si è costruito insieme. Il concetto della canzone è darsi all’altro.

Come è nata l’idea del video che accompagna il singolo?

Visto che la canzone dice che non ce la si può fare da soli, ho prestato il labiale ad altri personaggi che si portano il telefonino alla bocca… in questo modo sembra che siano gli altri a cantare la nostra canzone. Ci sono arrivati tantissimi video anche da nostri fan che vivono a Singapore! Sono stati i nostri fan ed i nostri amici ad aiutarci nella realizzazione di questo video e, in questo senso,  la cosa ha allargato il significato della canzone, che si riferisce principalmente ad un rapporto a due, ma può essere anche universale.

Raccontaci l’essenza del sound dei Karbonio 14, come è iniziato e come si è evoluto il percorso artistico del gruppo?

Siamo in quattro e siamo partiti come band tributo ai Coldplay soprattutto per un discorso legato al sound british e alle ambientazioni sonore  con suoni apparentemente imprecisi, sporchi, graffiati. Oltre che suonare insieme, ci piace fare le cose insieme, uscire e divertirci quindi abbiamo provato a creare una canzone e abbiamo visto che anche il processo creativo andava molto bene. All’interno del nostro progetto sappiamo crearci i nostri spazi  e abbiamo visto che riusciamo a fare qualcosa di buono…

Cover Album carbonio 14“Tra le luci bianche” è un album molto ricco e completo, il tema ricorrente è una dicotomia di un’entità in due parti… Quali sono le parti in contrasto tra loro e quale prevale tra le due?

Al centro di tutto c’è il rapporto tra il sè ed un’altra persona ma il discorso può ovviamente essere riferito anche al rapporto che ciascuno di noi ha con se stesso.

Il brano intitolato “Ti verrò a cercare” entrerà a far parte della compilation del concorso ideato da Materiali Musicali?

Abbiamo partecipato a questo concorso per caso, abbiamo scelto un brano che non abbiamo fatto ascoltare molto  quindi è stato anche un modo per metterci alla prova su qualcosa che non aveva ancora ricevuto un responso, alla fine abbiamo avuto questa menzione e parteciperemo alla premiazione finale con nostra soddisfazione. Noi facciamo le nostre cose divertendoci, io faccio il musicista da tanti anni e vedo molte persone con grandi ambizioni il che, per carità, è un fatto molto giusto però bisogna anche divertirsi durante il percorso che si fa. Avere una band che fa pezzi propri,  in questo contesto, non è affatto semplice eppure noi ci divertiamo ancora e, pian piano, speriamo di mettere su un tassello alla volta.

“Ho bisogno di godere nel sentirmi un po’ colpevole” è la frase più forte di “Come follia”, come nasce questo testo?

Questo è il primo pezzo che abbiamo composto, il testo narra di un uomo che comincia a guardarsi dentro e ad analizzare i propri problemi. Alla fine siamo tutti un po’ colpevoli di qualcosa  e a volte è anche bello trasgredire  sapendo che poi si può tornare alla normalità. Tutti facciamo qualcosa di colpevole tutti i giorni… nel testo canto “dubito delle parole che sono scritte in arabo ma poi mi guardo dentro e mi viene il vomito…”; questa frase racchiude un’ammissione e implica, ancora una volta, il desiderio di darsi agli altri.

In “Catene” avete collaborato con Mistachic con un risultato molto originale… come si è innescata questa sintonia artistica?

Questo brano si discostava un po’ dalle altre canzoni presenti in “Tra le luci bianche”… All’epoca non riuscivamo a trovare la chiave dell’arrangiamento e abbiamo deciso, insieme alla nostra etichetta discografica Molto Recording di Modena, di provare a chiamare un dj per un arrangiamento. Mistachic ha lavorato per due settimane al brano ed era perfetto, si tratta di un sound che ci appartiene un po’ meno ma che ci piace molto inoltre Andrea Mazzali è un nostro amico ed è stato bello avere il suo contributo. La musica per me è liberta totale.

In “Pioggia” c’è anche la penna di Carlo Rizioli… Le parole del testo sono cadenzate e scandiscono l’evoluzione di un sentimento. Qual è il tuo commento ad una canzone così intima?

Si tratta di un brano che avevo scritto insieme al mio amico e collega Carlo Rizioli (autore di fama internazionale che ha scritto per Ramazzotti, Stadio, Emma Marrone …) uscivo da una storia importante e ci siamo trovati a scrivere questo pezzo di getto insieme, si tratta di un brano che sento particolarmente e che più mi rappresenta all’interno del disco perché è ispirato alla mia vita. Qui c’è la storia di due persone che non stanno più insieme ma che vivono ancora nella stessa città, il rapporto è finito ma ci sono ancora tutti gli strascichi da metabolizzare. Io mi ritengo fortunato perché attraverso la musica riesco a confinare le emozioni in un testo inteso un po’ come la fotografia di quel momento.

Karbonio14 Ph Studio Pagliani

Karbonio14 Ph Studio Pagliani

Come mai “One step to madness” è in inglese?

Anche qui è accaduto tutto in modo molto naturale, il pezzo è nato in finto inglese poi abbiamo avuto delle difficoltà e ci siamo fatti aiutare da Marco Ligabue  che ci ha scritto un bel testo, ci è piaciuto e l’abbiamo inserito nell’album come ghost track. La canzone è piaciuta molto a due dj Alex Barattini e Max Baffa di Radio 105 che hanno fatto un remix del brano e l’hanno messo in radio. A volte ci si fa tanti problemi ma fare le cose con tranquillità può portare anche a interessanti sviluppi!

Siete al lavoro su nuovi brani?

Ovviamente sì, abbiamo in cantiere due pezzi molto forti… Vogliamo capire quale tra i due potrebbe sposare meglio lo spirito della stagione imminente…

Hai tante collaborazioni all’attivo… tra tutte citiamo quelle con Aldo, Giovanni e Giacomo, Arturo Brachetti, Angela Finocchiaro, Antonella Lo Coco. Come riesci a reinventare ogni volta te stesso e la tua musica e come cambia il tuo approccio in base al ruolo che ricopri (compositore, cantante, musicista…)?

In realtà io sento un forte istinto creativo, tiro giù musiche e parole; alcune mi vengono alla Karbonio 14, altre sono per Antonella, collaboro con lei da ormai 10 anni e avevamo anche un altro gruppo insieme. Per Aldo Giovanni e Giacomo ho scritto le musiche del loro ultimo spettacolo teatrale, intitolato “Ammutta Muddica”. Anche in quel caso bisogna lavorare tanto, le idee non sempre vengono però è sempre una questione di dove veicolare l’input creativo. Per il film di Angela Finocchiaro “Ci vuole un gran fisico” mi son ritrovato a scrivere 60 brani, anche cose piccolissime e di pochi secondi… La cosa migliore sarebbe girare il mondo e osservare le cose, la creatività si vede in ogni cosa: in un cibo, in un odore….l’ideale è cercare di trasformare quello che si osserva in musica. Questo lavoro è un po’ strano, a volte sembra che non stai facendo niente ma in realtà non stacchi mai davvero la spina perché ogni momento può essere utile per scrivere e comporre.

Ci sono altri progetti paralleli al gruppo in programma?

Sto lavorando a dei pezzi nuovi con Antonella Lo Coco e sto collaborando anche con un altro artista ma per il momento è top secret!

Raffaella Sbrescia

Video: “Fa che sia per sempre”

Si ringraziano Valerio Carboni e Alessandra Bosi di Parole e Dintorni per la disponibilità

Zibba: “La mia intima visione delle cose sta vivendo dei nuovi input”

Zibba Ph Nicolò Puppo

Zibba Ph Nicolò Puppo

Zibba, all’anagrafe Sergio Vallarino, rappresenta una delle più valide  e interessanti realtà del nuovo cantautorato italiano. Sulle scene dal 1998 con gli Almalibre, Zibba ha raggiunto una maturità artistica dettata da una consapevolezza importante: uno sconfinato amore per la scrittura e per la musica. “Senza pensare all’estate” è l’ultimo lavoro, in ordine di tempo, del cantautore che pur avendo già  riscontrato importanti e prestigiosi riconoscimenti come il Premio Bindi e la Targa Tenco, ha avuto la voglia e il coraggio di rimettersi in gioco sul palco del Festival di Sanremo nella categoria giovani. Con il brano intitolato “Senza di te” Zibba si è aggiudicato il Premio della Critica “Mia Martini” e il Premio della sala stampa radio-tv-web “Lucio Dalla” nella Sezione Nuove Proposte e, ad oggi, è l’ artista indipendente più trasmesso dalle radio. In questa intervista il cantautore apre le porte del suo mondo fatto di parole calde e messaggi diretti al cuore.

“Senza pensare all’estate” raccoglie una serie di fotografie musicali del suo percorso artistico, tra disegni di sogni e intime confessioni… ci racconta la genesi di questo lavoro approfondendo, in particolare, la cura per la ricerca analogica del suono e aggiungendo qualche pensiero che risale alla fase di scrittura di testi così intimi?

Questo è un lavoro importante sia per il modo in cui è stato affrontato da noi come band sia per le sue canzoni. Alcune fanno parte della nostra storia, altre appartengono al nostro presente e in qualche modo anche al futuro. La ricerca è partita dalla scelta dei brani, accurata e piuttosto difficile, seguita da una serie di prove. Abbiamo scelto di registrare in diretta, utilizzando tecniche e modi che ricordassero il concerto. Registrato e mixato in analogico per mantenere questo spirito live, il tutto è stato processato come fosse un disco di quarant’anni fa. Le canzoni seguono un filo conduttore ed è per questo che non è stato facile sceglierle. La direzione artistica di Andrea Pesce ci ha aiutato molto sia nella fase post che in quella creativa in sala prove. Si tratta di un disco che ci è piaciuto nella sua idea e che ci piace per come è venuto. I testi racchiudono simbolicamente uno sguardo alla totalità del mio modo di scrivere, rappresentando fasi temporali diverse, che vanno dalla quasi adolescenza fino al mio domani.

“Senza di te” ha ottenuto un grande riscontro mediatico, anche grazie al successo legato al Festival di Sanremo, eppure è sempre opportuno sottolineare l’importanza della frase “ti chiedo perdono per le cose che do scontate”… Secondo lei la forza emotiva del brano può risiedere nella facilità di identificazione, da parte dell’ascoltatore, nelle parole della canzone?

Credo di sì. Lavorare in questi anni sulla ricerca stilistica di alcuni grandi autori, come Giorgio Calabrese, al quale abbiamo dedicato un album nel 2013, mi ha aiutato a riscoprire una semplicità di scrittura che è propria di un modo ormai quasi inusuale di fare canzone. Le chiavi sono sempre la semplicità e la fantasia di chi ascolta che vuole il suo spazio per immedesimarsi e sentirsi parte della canzone.

Come descriverebbe la particolarissima struttura de “La Saga di Sant’Antonio?

Si tratta di un omaggio alle sonorità del Tom Waits dei primi anni ottanta. Quello dei dischi con i quali ho iniziato ad amare il suo modo di fare musica. La canzone parla di un uomo solo lasciato a pensare a se stesso e alla sua morte. Questa è una canzone che continuo ad amare, nonostante gli anni, perchè racconta qualcosa che, anche se non strettamente mio, forse parla di un me che potrebbe arrivare a tutti.

In “Nancy” canta “Amo la musica perché mi porta ovunque e da questo ovunque mi riporta via…” Quali sono le strade che riesce a percorrere grazie alle note?

Tutte. Senza aver mai voglia di smettere. Nancy racconta della mia esperienza teatrale e di un amore viscerale per la vita, di quanto la musica sia sposa del mio modo di vivere le giornate regalandomi sempre stupore e bellezza. Le strade non sono mai abbastanza quando si ha carburante in abbondanza e questo lavoro è un continuo rigenerarsi e ricaricarsi di nuova energia.

Zibba Ph Nicolò Puppo

Zibba Ph Nicolò Puppo

Qual è, invece, l’idea da cui nasce “Bon Vojage”?

Una canzone estremamente autobiografica, che racconta di me in quei giorni del 2009. Anno strano, partivano amici e fidanzate e io rimanevo qui a sperare in un po’ di attenzione, che arrivò poco dopo grazie proprio a quel disco che nel duemiladieci ci portava sul palco del Tenco. Mi innamoravo di tutto perchè volevo amare a tutti i costi. Questa canzone è nata per le strade di Parigi nel mio vagabondare perso alla ricerca di nuove emozioni.

Molto delicata è la frase “oggi resto perché hai bisogno, domani vorrò farlo perché avremo un sogno… si tratta di un messaggio di speranza?

Si tratta di un messaggio chiaro che dice: “Oggi hai bisogno e mi sta bene stare qui anche se vorrei mandarti a fare in culo. Resto, ci provo. Perchè meriti cura e perchè io merito qualcuno come te ma troviamoci un motivo più grande, che non sia la debolezza, per stare insieme”. In qualche modo c’è anche speranza sì, intesa, però, nel modo meno romantico. Scegliersi per la vita è una cosa difficile ma poi quando ti scegli e ne sei consapevole è grandioso in tutti i suoi aspetti.

Come si è evoluto negli anni il rapporto artistico con gli Almalibre e come riuscite a trovare l’equilibrio necessario per creare gli arrangiamenti su misura per queste bellissime poesie?

La serenità è alla base di tutto. Per arrivare ad essere in armonia tra noi siamo dovuti passare dal peggio. Come diciamo nella canzone del festival è importante saper riconoscere i propri errori per ripartire proprio da quelli e costruire qualcosa di importante. Siamo diventati il gruppo di persone che volevamo essere. Amici, famiglia. Una super squadra che si conosce molto bene.

Zibba e Almalibre Ph Nicolò Puppo

Zibba e Almalibre Ph Nicolò Puppo

Qual è la sua forma mentis musicale, alla luce del fatto che è ormai giunto al suo sesto lavoro discografico?

Sempre e comunque in evoluzione come tutto. Fondamentale. Non smettere di aver voglia di crescere e imparare è l’unico modo che conosco per affrontare qualunque cosa nella vita e nella musica.

Uno dei suoi commenti più recenti, relativi al tour in corso, è stato “La musica è di tutti, le canzoni lo sono”… sarà ancora questo il suo mantra per le prossime canzoni che scriverà?

Assolutamente sì. La musica è un fatto collettivo: parte da un singolo per diventare di tutti e tornare di nuovo indietro in altra forma. La mia intima visione delle cose sta vivendo dei nuovi input e trova forza in un nuovo metodo creativo che mi sta divertendo e affascinando. Adesso ho proprio voglia di scrivere e ho scoperto che mi piace ancora farlo perchè lo faccio in modo diverso. La voglia di scrivere non si esaurisce, a volte si perde la strada ma basta fermarsi e osservare l’orizzonte o le stelle per capire dove siamo.

Come sta vivendo la dimensione live e che prospettive ha per il futuro?

Nel futuro ci sono concerti fino alla morte e dischi fino a che avrò voce. Inoltre sto prendendo le misure con l’essere padre, la sfida più grande che ci sia. Voglio continuare a stare bene, trovare sempre nuove cose per far vibrare il tutto. Un percorso meraviglioso che non ha mai fine.

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Zibba e Tatiana Lo Faro di Parole e Dintorni per la disponibilità

Video: “Senza di te”

Date tour:

8 APRILE 2014 | 22:00
9 APRILE 2014 | 21:00
10 APRILE 2014 | 21:00
12 APRILE 2014 | 21:00
13 APRILE 2014 | 00:00
24 APRILE 2014 | 21:00
30 APRILE 2014 | 21:00
1 MAGGIO 2014 | 00:00
3 MAGGIO 2014 | 00:00
4 MAGGIO 2014 | 00:00

“Il futuro” dei Baustelle è la colonna sonora de “I corpi estranei”, la recensione del video

Filippo Timi in una scena de "I corpi estranei"

Filippo Timi in una scena de “I corpi estranei”

I Baustelle firmano la colonna sonora de “I corpi estranei”, il film di Mirko Locatelli che racconta la drammatica storia di Antonio (Filippo Timi), un padre che si ritrova ad affrontare, in completa solitudine, la terribile malattia del suo piccolo bimbo Pietro. Antonio è solo, non riesce a comunicare con nessuno, le sua tragica esistenza si perpetua attraverso i suoi occhi e i suoi gesti. I suoi lunghi silenzi gridano più di mille parole.

Baustelle

Baustelle

A scandire questi momenti di indicibile sofferenza è la poesia delle parole e la maestosità delle note de “Il Futuro”, uno dei brani più intimi e più profondi dei Baustelle, incluso nell’album “Fantasma”. Il videoclip del brano, girato proprio dal regista Mirko Locatelli, è ambientato tra le mura di un ospedale specializzato in oncologia pediatrica. Sguardi e silenzi lasciano che le immagini colpiscano direttamente al cuore e allo stomaco. Il dolore è straziante: Rachele Bastreghi, Francesco Bianconi e Claudio Brasini condividono la scena del video con Filippo Timi e  Jaouher Brahim (coprotagonista del film); corpi estranei, per l’appunto, sfiorano porte, muri e finestre tra i corridoi della vita: “E potremo anche avere altre donne da amare e sconfiggere l’ansia e la fragilità, e magari tornare a sbronzarci sul serio nella stessa taverna di vent’anni fa. Ma diversa arriverà la potenza di un addio o la storia di un amico entrato in chemioterapia; e la vita che verrà ci risorprenderà ma saremo noi ad essere più stanchi. Il futuro cementifica la vita possibile. Qui la vista era incredibile, da oggi è probabile che ciò che siamo stati non saremo più. Il passato adesso è piccolo ma so ricordarmelo”, i Baustelle affondano il coltello del dolore fino alla radice della piaga, l’effetto è talmente insopportabile da rubare letteralmente il respiro.

Ecco spalancarsi le finestre, una boccata d’aria a pieni polmoni ricaccia la vita dentro un corpo estraneo persino a se stesso, il duello con l’ossigeno è magistralmente espresso attraverso un epico arrangiamento profumato di rimandi western. I Baustelle fanno i conti col tempo mentre i rintocchi finali del brano scandiscono e definiscono un futuro più che mai ipotetico.

Raffaella Sbrescia

Video: “Il Futuro”

Rocco Hunt racconta ‘A verità: la recensione del disco

a-verita-cd-cover“A verità” è il titolo del sorprendente disco di Rocco Hunt, all’anagrafe Pagliarulo. Composto da ben 18 tracce 19 (nella versione digitale),  l’album, pubblicato per Sony Music Italy, dell’acclamato vincitore della sezione giovani dell’ultima edizione del Festival di Sanremo si affaccia nel mondo mainstream mantenendo una spessa corteccia hardcore, grazie ad una serie di assi nella manica. Rocco, originario di Salerno, mette sul tavolo le rime migliori di un repertorio davvero denso di questioni da tenere in considerazione. Questo album sorprende per lo spessore, per il dinamismo, per la franchezza e la qualità dei testi e degli arrangiamenti. Aldilà delle prestigiose collaborazioni presenti nel lavoro, colpisce la visione che Rocco ha del mondo, così giovane eppure così diverso, ma mai distante, da una generazione sbandata e disorientata.

Hunt ha più volte ribadito di voler essere “A’ voce de guagliune” pur non essendo affatto il primo della classe. Il suo parlato è naturale, è sincero e soprattutto rispecchia esattamente una realtà vera, tangibile, che in tanti, troppi, toccano con mano tutto il giorno, tutti i giorni. Bando alle accuse di speculazione e di strumentalizzazione di tematiche difficili e costantemente inflazionate dalla stampa come quelle citate nell’ormai nota “Nu juorno buono”: nelle canzoni di Rocco Hunt c’è gente che si accontenta di mettere il piatto sulla tavola, c’è gente che si arrangia, che si reinventa e che, nonostante il maledetto disinteresse dello Stato, trova ogni giorno la forza per ricominciare una lotta, quasi sempre persa in partenza. Forse quello che si può rimproverare a Rocco è un’ eccessiva dose di positività e di speranza ma come potrebbe non averne un giovane che è riuscito a far fortuna in un contesto inavvicinabile ai più?

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Hunt scrive e lo fa tanto, lo ha fatto per anni in strada, con un calzino come filtro per il microfono, dedica una canzone alla madre e chiede più rispetto per le donne in “Na vota ancora”: «Nascimm a na femmena, crescimm cu na femmena, amma purtà cchiù rispett e femmen».  Hunt non le manda a dire a nessuno, canta in “Rh Staff”, di parole al vetriolo ne ha per il presidente del consiglio, per le ragazzine perdute di oggi e per i ragazzi scapestrati di “Giovane disorientato”. C’è spazio anche per l’amore in “Tutto resta” e “Come una cometa”, il dolcissimo brano realizzato in collaborazione con Tiromancino. Rocco usa il dialetto napoletano sottolineando che si tratta di una lingua riconosciuta dall’Unesco in “Vieni con me”, parla di vittorie e sfide in “Replay” e di rimpianti e pensieri in “Nun è fernut’”.

Il testo più completo e più profondo è proprio quello della title track “A verità” in cui Rocco Hunt riesce a toccare nervi scoperti e questioni mai risolte. Si tratta di un testo che fa male, fastidioso, doloroso, prezioso. Il sax e le parole strette tra i denti del maestro Enzo Avitabile scorrono come un flusso di coscienza all’altezza del midollo spinale, da brividi.

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Di Emiliano Pepe è invece la voce di “Senza Chances”: «Te può piglia’ ’o Rolex, ma ’ o tiempo non t’’o può accatta’… simme ’e guagliune senza chances», cita il ritornello del brano, che si allaccia a “Ce magnamm’”, la canzone che Rocco Hunt interpreta insieme a Clementino suggellando una fraterna alleanza di intenti.  Poi c’è “Devo parlare”, con Noyz Narcos, in cui ogni parola canta la coscienza sporca di chi giudica, condanna, specula sugli altri.  Nazo e Zoà sono i compagni di microfono di Rocco in “RH staff” che, insieme a “The Show”, in cui compare il featuring con Gemitaz, Nitro e Madman, rappresenta uno dei pochi momenti goliardici di tutto il lavoro discografico di Hunt.

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Molto interessante è l’arrangiamento di “Credi”, in duetto con Eros Ramazzotti, per una buona rivisitazione dello storico brano di Edoardo Bennato del 1973, intitolato “Un giorno credi”. “Die young”, porta il featuring con Ensi e, nel condannare una generazione di doppioni che parla al mondo con whatsapp, Rocco trova anche il coraggio di rivelare le sue paure nei riguardi di un domani nebuloso e incerto. Stando alle premesse, per lui ci saranno sicuramente tante soddisfazioni.

Raffaella Sbrescia

Video: “Nu juorno buono”

Intervista ad Alessandro Errico: canzoni tra precariato e cantautorato d’avanguardia

Alessandro Errico

Alessandro Errico

Alessandro Errico è un cantautore comparso sulle scene della musica italiana a metà degli anni ’90. Dopo uno sfolgorante inizio di carriera, Alessandro decise improvvisamente di lasciare il palcoscenico per ritrovare una dimensione di equilibrio, necessario per assimilare e comprendere se stesso e le proprie necessità personali e artistiche. Nel corso del tempo Alessandro si è dedicato a svariati progetti e, a distanza di tanti anni, ha deciso di tornare sulle scene a modo suo e con i suoi tempi. Scopriamo come, in questa intervista che l’artista ci ha gentilmente concesso.

Alessandro, il tuo percorso artistico nasce nel 1995 e ha attraversato una serie di fasi molto diverse tra loro… come si è evoluta la tua ricerca musicale nel tempo?

Proverò a raccontare 15 anni della mia storia facendolo a grandi linee. Ho pubblicato due dischi nel 1996 e nel 1997 ottenendo un discreto successo. A quei tempi avevo 19 anni e, probabilmente, ad un certo punto ho spezzato un po’ la corda; ho sentito l’esigenza di prendermi il mio tempo e fare un percorso diverso per ricominciare a crescere. Il successo a volte ti toglie la possibilità di seguire i tuoi tempi, io ero un ragazzino iscritto al primo anno dell’università, volevo capire quello che mi succedeva intorno. Ho fatto una serie di , anche non lontane dalla musica, ho realizzato un progetto discografico prodotto da Gianni Maroccolo, ho lavorato con Edoardo Sanguineti dedicandomi ad un genere più di nicchia. Questo disco rappresenta, quindi, una sintesi tra quello che facevo un tempo e quello che ho fatto in tempi più recenti. Con il singolo “Il mio paese mi fa mobbing” sono partito da una musica molto popolare per arrivare ad un tipo di ricerca avanguardistica.

Alessandro Errico

Alessandro Errico

Quali sono la storia, la genesi e gli obiettivi del brano “Il mio paese mi fa mobbing?

Si tratta di una lettera.  Ho pescato nella tradizione epistolare, il mio referente è un presidente a cui racconto come vivo il mio paese e quello che il mio paese mi fa. Questa è l’unica canzone che ho scritto di getto in vita mia ed è effettivamente uno sfogo rielaborato perché, in fin dei conti, la forza di una canzone è riuscire ad essere il più possibile universale. Ho cercato di raccontare non solo quello che ho vissuto durante la mia esperienza di 15 anni da precario ma ho anche voluto raccontare cosa significa vivere in un paese come il nostro, in chiave ironica. Odio la polemica sterile del muro contro muro, dell’uno contro uno. Credo che un artista vada valutato non solo per le sue canzoni ma anche per la sua coerenza, nonché per la capacità di raccontare qualcosa senza entrare nei meccanismi della polemica sterile.

“La guerra si combatte tutti i giorni e tutti i giorni si muore un po’”?

Il riferimento principale di questa frase è “Le Déserteur”, una canzone pacifista di Boris Vian, cantata anche da Fossati con una traduzione bellissima. Il personaggio principale del brano non vuole andare in guerra, è un disertore che non ha armi e non sa sparare. Io ho riletto questa canzone in maniera tagliente, il mio paese mi ha portato a dire “Maledizione, io armi non ne ho”. Questo paese è quello che ti porta a dire che sei in guerra, una guerra diversa dal disertore di Vian, una guerra non convenzionale come può essere quella del mobbing, qualcosa che in molti hanno sperimentato sulla propria pelle sottoforma di un continuo e lento disgregarsi dell’anima e della mente, a causa di fattori esterni che non sono ben identificabili.

Ci racconti la tua esperienza di #sanremoperforza?

Il retroscena è molto situazionista. L’idea era quella di fare riferimento alle scelte dei selezionatori del Festival con canzoni che parlavano solo di sentimenti. In un periodo così drammatico per il paese, fare un festival in chiave intimista non è il massimo della coerenza ma, onde evitare la solita polemica pre-sanremese, mi sono chiesto come avrei potuto fare per raccontare un’altra realtà e mi sono inserito subdolamente con finti scoop e finte pagine di giornale ed è stato un divertente corto circuito tra finzione e realtà …Tutti mi chiamavano per chiedermi perché non mi fossi esibito sul palco ed è stato stranissimo! Alla fine, attraverso questo gioco, io ed il mio staff  siamo riusciti a parlare di lavoro e di crisi in un contesto che non dovrebbe essere una zona franca.

A cosa stai lavorando adesso? Ci sono nuovo brani pronti per l’album? Che prospettive hai?

In realtà non sono convinto che l’album implichi il fine di un progetto. Sento che quello sia un po’ uno schema, un paradigma che nasceva qualche anno fa, quando ancora esistevano i cd. Per quanto mi riguarda è già uscita una canzone qualche mese fa, molto diversa da “Il mio paese mi fa mobbing”, s’intitola “Mai e poi mai”. Dopo 15 anni di assenza vorrei portare avanti un discorso un po’ più a lungo termine ed entrare in un circuito diverso da quello classico.

E per quanto riguarda la dimensione live?

 Sto preparando qualcosa di molto speciale che annuncerò sui miei canali… sto cercando di capire come fare per portare questa lettera al suo legittimo destinatario!

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Alessandro Errico e Alessandra Placidi per la disponibilità

Video: “Il mio paese mi fa mobbing”

Marco Mengoni: nel video de #Lavalledeire è il sovrano delle emozioni

Marco Mengoni

Un fotogramma tratto dal nuovo video di Marco Mengoni

“Tornerò all’origine” cantava Marco Mengoni ne “#L’Essenziale” e così ha fatto anche nel videoclip de “#Lavalledeire”, il nuovo singolo estratto dal fortunatissimo album “#Prontoacorrere”, scritto per lui da Cesare Cremonini. Il video, nato proprio da un’ idea di Mengoni e girato da Gaetano Morbioli per Run Multimedia, contiene delle immagini inedite che riprendono alcuni dei momenti più belli e più significativi dell’infanzia dell’artista. Trasmesso in anteprima da Sky Uno, il video ha subito assunto una fortissima valenza emotiva per i tantissimi fan di Marco, che hanno interpretato questo gesto come una dedica alla loro costante presenza e come intento di totale condivisione di idee, ricordi, sogni, speranze.

 Marco Mengoni da bambino in un fotogramma tratto dal video dell'artista

Marco Mengoni da bambino in un fotogramma tratto dal video de “#Lavalledeire”

Nelle immagini di questo video Marco stabilisce un’intima connessione tra la quotidianità del passato e quella del presente all’insegna della semplicità: niente corone, niente palazzi, niente regine, solo sorrisi e affetti sinceri su cui contare per proseguire dritti per la propria strada.  Il suo presente contiene il passato e viceversa, l’arrangiamento magico e onirico del brano si accompagna a delle immagini che, nella loro autenticità, racchiudono un mondo fatto soprattutto di emozioni veraci. Marco ha voluto mostrare la sua essenza spogliandosi degli orpelli che fin troppo spesso finiscono per infangare l’idea che abbiamo della parola arte. Arte è riuscire a rimanere se stessi pur seguendo un percorso ben preciso. Mengoni ha dunque lasciato che il “fanciullino” Pascoliano venisse fuori, si è messo a nudo davanti a tutti e lo ha fatto proprio in un’epoca in cui si ha tanta difficoltà a mostrarsi per quello che si è davvero. Nell’era dei social addicted si ha paura di essere fraintesi, di apparire fragili e vulnerabili ma Marco Mengoni ha saputo fare di tutto questo un punto di forza attingendo energia dalle sue radici. Se nel disco Marco canta “e non mi importa se tu non ci sei…” sul palco, durante il tour, l’artista ha spesso modificato il testo della canzone cantando con gli occhi velati di emozione “Anzi, mi importa se tu, tu ci sei”, un appello a cui sanno sempre rispondere con puntualità i fedelissimi fan dell’artista che, come membri di una grande famiglia, di minuto in minuto postano sui canali social di Marco commoventi dediche e testimonianze di profondo ed incondizionato affetto. Marco è il re delle emozioni perché in tutto quello che fa mette sempre il cuore davanti.

Raffaella Sbrescia

Intervista ai Blein: “Abbiamo tanta voglia di metterci in gioco!”

BLEIN COVER ALBUM (2)Tony Gargiulo(chitarra e voce), i fratelli Francesco Papalini (chitarra e voce) e Simone Papalini (basso e voce) e Gabriele Panariello sono i Blein. All’interno della band di Perugia ciascun membro è cantante,  musicista e leader. Forti di un percorso umano e artistico in stretta sinergia,  i Blein hanno pubblicato il primo omonimo lavoro discografico prodotto da Davide Pierucci, con la produzione artistica di Max Marcolini, e contenente sei tracce di genere pop-rock melodico. In questa intervista il gruppo racconta le fasi che hanno scandito il proprio percorso e cosa intende raccontare attraverso la propria musica.

I Blein nascono ufficialmente nel 2012 ma il gruppo esiste praticamente da sempre… Come si è evoluta nel tempo la vostra ricerca musicale e in che modo si è affinata la vostra cifra stilistica? 

In realtà la nostra natura musicale è rimasta invariata e vorremmo tutelarla il più a lungo possible. Tuttavia essendo ancora giovanissimi siamo aperti e recettivi nei confronti degli stimoli che provengono dall’esterno. In questi due anni abbiamo tratto forte ispirazione da tutte le collaborazioni e le conoscenze che abbiamo avuto l’onore di fare: dal chitarrista Massimo Varini ai Pooh, specialmente Dodi Battaglia, fino ad arrivare al nostro produttore artistico Max Marcolini ( Zucchero, Alexia, Irene Fornaciari, ecc ).

BLEIN FOTO (2)Al centro del vostro primo lavoro ci sono sentimenti autentici e le prime emozioni forti che fanno da imprinting in ciascuno di noi… in che modo avete lavorato ai testi e come vi siete rapportati, in fase compositiva, con gli illustri produttori che hanno curato il vostro progetto discografico?

I testi sono farina del nostro sacco mentre siamo stati affiancati ed aiutati nella scelta degli arrangiamenti e nella cura del sound complessivo!

“Solo due soli” è il brano a cui siete più legati perché è il primo della vostra carriera…quali sono i ricordi che vi ispira questa canzone?

Beh è  stato il nostro trampolino di lancio! Ci ha aperto la strada verso la tanto agognata “nuova” vita: le prime esperienze in studio, le prime registrazioni, il primo video, i  primi live e soprattutto abbiamo sentito cantare le parole del ritornello dai nostri fan! Indimenticabile… da pelle d’oca!

Quali sono gli ascolti che ispirano il vostro sound?

In quest’ultimo anno ci siamo confrontati molto di più con la musica pop italiana e mondiale. Abbiamo ascoltato molto ed abbiamo recepito molti stimoli in lungo e largo. Veniamo tutti e 4 da percorsi musicali diversi, però ci accomuna decisamente l’amore per il rock e per i gruppi storici, dai Beatles ai Led Zeppelin, dai Pink Floyd ai Queen, dai Bon Jovi e i Guns’n'roses agli attuali Muse!

BLEIN FOTO 2 (2)In che modo la personalità di ciascuno di voi influisce all’interno della quotidianità del gruppo?

Influisce decisamente al 100 %! Ognuno di noi porta se stesso all’interno del gruppo e del progetto, sicuramente ci avvantaggia l’essere amici e fratelli da sempre!

Ci fate una carrellata degli episodi più significativi della vostra carriera fino ad oggi?

Innanzi tutto l’incontro  con il nostro produttore Davide Pierucci che ci ha dato la possibilità di realizzare la nostra musica e quindi il nostro sogno. Il videoclip di “Solo due soli”,che ha visto la partecipazione del ballerino professionista di amici Francesco Mariottini, ci ha dato una elevata visibilità; poi c’è stata la collaborazione con Massimo Varini ( chitarrista e produttore di Biagio Antonacci, Nek e tantissimi altri ). Poi c’è stata l’apertura del concerto dei Pooh a Bastia Umbra, a luglio, ed infine la vittoria del concorso “mi piace” nella trasmissione “Citofonare Cuccarini” con la  partecipazione ad una puntata in diretta su Radio Uno Rai.

E le vostre passioni parallele? Svolgete anche altre attività lavorative o di studio?

La musica ormai riempie il 90 % del nostro tempo anche se siamo stati impegnati, ed alcuni lo sono tuttora, in percorsi universitari…

Qual è il target di pubblico a cui, secondo voi, il vostro disco si potrà avvicinare di più?

Puntiamo al giovane pubblico italiano. Non a caso il nostro album è in vendita ad un prezzo molto basso per dar modo anche ai giovanissimi di acquistarlo. Da qualche giorno è disponibile nei maggiori store digitali come iTunes e Amazon ecc al prezzo di 2,99 euro. A giorni sarà disponibile anche la versione tradizionale in un un elegante booklet a tre ante con all’interno un libretto con  testi e foto inedite. Questa versione per ora sarà acquistabile solo durante i nostri concerti o attraverso il  nostro sito http://www.blein.it/

Che aspettative avete in merito all’evento che vi vedrà sul palco di Dodi Battaglia dei Pooh il prossimo 4 aprile a Roma?

Abbiamo tanta voglia di metterci in gioco anche perché per la prima volta eseguiremo interamente l’album live!

Quali sono le altre date live in programma?

Stiamo ancora definendo una tournée estiva con la nostra produzione… vogliamo toccare più punti possibili della nostra stupenda penisola!

Raffaella Sbrescia

Video: “Ancora un attimo”

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“L’internazionale juke-box del caffè”, il libro multimediale di Ciro Cacciola

cerchietto dueAvevamo lasciato Ciro Cacciola, giornalista, organizzatore di eventi e Dj  mentre salutava le tantissime persone accorse al bistrot letterario  del Teatro Mercadante, lo scorso 13 marzo,  per l’affollato happening con cui si sono concluse le celebrazioni per il 50 mo anniversario della preziosa miscela di caffè Kimbo e durante il quale c’è la stata la presentazione de “L’internazionale juke-box del caffè”,

internazionale-jukebox-403x200Tra una tazzullella e l’altra ci siamo messi comodi e ci siamo gustati, traccia dopo traccia, l’accurata selezione musicale che proprio Cacciola ha realizzato in “L’internazione Juke-box del Caffè”, un libricino cross mediale, edito da Colonnese editore, in collaborazione con la Kimbo, che raccoglie 50 canzoni legate da un unico filo conduttore: il caffè. A curare la prefazione del volume è Mario Rubino, amministratore di Kimbo Spa e grande amico di Cacciola che, in poche sentite righe, ha evidenziato il valore innovativo del libro, la sua natura multimediale e la cura certosina con cui l’autore ha costruito un vero e proprio itinerario sensoriale. “L’internazionale Juke –Box del caffè” è, infatti, un volume da leggere e da ascoltare, in cui la carta diventa piattaforma multimediale attraverso il QR code. Inquadrando il quadrato a scacchi che si trova alla fine di ciascuna pagina con lo smatphone, infatti, si potrà accedere al link del brano che potrà essere ascoltato integralmente da You Tube.

Dal blues alla musica dance, dallo swing al rock’n roll, dal soul al pop, il caffè ha saputo conquistare davvero un po’ tutti. Lo sapeva Bach che, tra il 1732 ed il 1734, scrisse il “KaffeeKantate”, lo ribadì Verdi sostenendo che “Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito”.  Ciro Cacciola scava in lungo e in largo, tra suoni, visioni e suggestioni ci lascia degustare le “40 cups of Coffee” della jazz singer Ella Mae Morse, ci diverte con la sprucida Brigida della poplare “A tazza ‘E Cafè” del poeta Giuseppe Capaldo, ci incanta con l’eleganza di “Cafè” di Astor Piazzolla. Spazio anche ai successi più vicini nel tempo come “Caffè nero bollente” di Fiorella Mannoia, “Coffèè + Tv” dei Blur, “Coffèè Shop” dei Red Hot Chili Peppers o “Cold Coffe” di Ed Sheeran fino ai “7000 Caffè” di Alex Britti. Immancabili i grandi classici come: “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè (frutto della collaborazione del cantautore con Massimo Bubola e Mauro Pagani e della citazione del brano “‘O Ccafè” di Domenico Modugno), famosa anche la versione del brano che Dè Andrè incise con Roberto Murolo. Una menzione speciale merita anche lo Zecchino d’Oro che, con “Il caffè della Peppina” e la “Ninna Nanna del chicco di Caffè”, ha fornito un contributo rilevante alla diffusione del culto del caffè all’interno della cultura generale italiana.

Raffaella Sbrescia

Milonga madre: un album intriso di storie e passioni

milonga madre (2)“Milonga madre” è il quarto progetto discografico del collettivo Sulle rive del tango. Edito dall’etichetta partenopea Agualoca Records, il disco mira ad un’attenta ed approfondita indagine musicale, attraverso 18 brani che, ad uno ad uno, svelano ed intarsiano i più intimi dettagli della milonga, tradizionalmente definita “madre del tango”. Traccia dopo traccia sussulti, battiti ed emozioni si avvolgono in uno stretto abbraccio sensoriale, pronto a lasciarci soccombere di fronte alla straordinaria capacità che la musica possiede nel saperci sorprendere ancora e ancora. La poliedricità del disco sta nei modi, nei tempi, nelle parole e negli strumenti che sono confluiti in un progetto assolutamente vario e ricco di spunti. Il primo ce lo offre “La colegiala”, brano sornione, dal fascino vintage. Il ritmo sinuoso del “Polpo d’amor”, scritto dal cantautore Vinicio Capossela, su musica dei Calexico, è un divertente bolero beffardo mentre estremamente fascinosa è l’elegante vocalità di Floriana Cangiano, in arte Flo, nel brano intitolato  “Ca ne tient pas la route”. Origini e radici mediterranee animano le atmosfere di “Respiro”, interpretato da un intenso Raiz con i Radicanto. Lingue, storie e suoni s’intrecciano attraverso le travolgenti note di “Emma”, “Mulatada”, “Los Vino” fino alla title track “Milonga Madre”, rivisitazione di una milonga tradizionale di Alfredo Zitarrosa, ad opera del trio partenopeo Orchestra Joubès, che firma anche il penultimo brano del disco “La neve sottile”, in collaborazione con l’interprete messicano Yayo Gonzalez, voce e leader dei Patè de Fuà. A seguire la suadente musica per immagini del “Tango per Dì”  dei Sineterra e poi, ancora, l’urban sound di “Addicted” e le improvvisazioni strumentali della singolare versione del famoso “Lilies of the Valley” (brano utilizzato da Pina Bausch nelle sue coreografie) realizzata da Tango in Vilnius. La vitalità del disco prende, all’improvviso, una piega più intimista, quasi malinconica con “Egentilig En Danser”, l’electro-tango di “I know he’s mine” e l’imponente violino di “Milonga para una harmonica”. L’ultima parte del disco è affidata alla dolcezza delle parole di “I’ll gonna miss me” e alla singhiozzante preghiera d’amore di “Una noche mas”. L’ultimo spiffero d’amore è racchiuso, infine, nel breve ed intenso “Volo” di Alberto Becucci.

Raffaella Sbrescia

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