Gemitaiz & Madman debuttano in vetta alla classifica FIMI/GFK degli album più venduti della settimana in Italia con l’album intitolato “Kepler”. Al secondo posto ci sono i Coldplay con “Ghost Stories”, chiudono il podio della top ten i Dear Jack con “Domani è un altro film”. Stabile, in quarta posizione, c’è Deborah Iurato con l’ep omonimo mentre al quinto posto c’è la new entry Clementino con il repack di “Mea Culpa”. Alle sue spalle ritroviamo Biagio Antonacci con “L’amore comporta”, seguito da Ghemon ed il suo “Orchidee”. Scivola all’ottavo posto “Xscape”, l’album postumo di Michael Jackson, in nona posizione c’è Cesare Cremonini con “Logico” mentre al decimo posto compare l’ultima new entry della settimana: si tratta di Mango con “L’amore è invisibile”.
Grandi aspettative quest’anno per la festa dell’Aisiwh che si presenta con un programma ricco ed invitante con lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca scientifica. L’Associazione Italiana Sindrome di Wolf-Hirschhorn (AISiWH) è una associazione ONLUS che si e’ costituita a Milano nel 1998 per opera di alcuni genitori di ragazzi affetti dalla Sindromeed è dotata di un Comitato Scientifico che raccoglie i principali esperti delle varie problematiche connesse alla Sindrome, chiamata a proporre, validare e sostenere le azioni dell’Associazione (in particolare quelle sul versante medico-scientifico), la redazione e la realizzazione di progetti scientifici. L’Associazione è in costante contatto con le altre Associazioni sulla Sindrome di Wolf-Hirschhorn negli altri paesi, in Europa e in USA, e rappresenta un punto di contatto anche per varie associazioni e/o singole famiglie da altri paesi del mondo.
Con il patrocinio del Comune di Canossa, la collaborazione di DarVoce, USD Ciano, ASD Progetto Danza, Croce Rossa Canossa, Power Caffè e il prezioso supporto di alcuni commercianti locali, sabato 14 giugno si terrà in Piazza a Ciano d’Enza la prima edizione della Festa “MagnificENZA”. L’inizio della festa è fissato per le ore 19,00. Potrete mangiare grigliata di carne, bere della buona birra o del vino, ridere con Willer Collura e le sue barzellette, ballare la Zumba e l’Hip-Hop, cimentarvi con il toro meccanico per poi chiudere la serata con il concerto di Luca Anceschi, tributo al rock italiano.
Per informazioni: 347-0580346 Laurino Lanzi (contatto AISiWH per l’Emilia Romagna)- www.aisiwh.it
“48:13” è il titolo, nonché la durata, del nuovo atteso album dei Kasabian. La band britannica capitanata da Sergio Pizzorno si appresta a festeggiare il decennale della propria folgorante carriera con un full lenght comprensivo di 13 tracce che, pur facendo riferimento alle ormai inconfondibili sonorità del gruppo, rivelano una nuova tendenza minimalista. Annunciati come headliners del Glastonbury 2014, i Kasabian sfidano ogni convenzione lasciando che il suono trovi spazi e possibilità altamente performanti. Massima resa con sforzo minimo, oseremmo dire, la rendita artistica dei Kasabian, associata all’energia delle performance live del gruppo, è tale da indurci ad andare sul sicuro tra fitte trame di riff di chitarra e synth elettronici. Il disco si apre con “Shiva”, una intro ripiena di riverbero e di eco, pronta ad esplodere sulle note di “Bumblebee” che, invece, si presenta subito in tutta la sua vigorosità strumentale, arricchita dalla ricorrente parola “ecstasy”. Anche “Stevie” segue la stessa linea d’onda mentre “(mortis)” segue una scia particolare e diversa, quasi macabra. Una grande energia carismatica attraversa i tratti di “Doomsday” anche se il brano più accattivante del disco è “Treat”, una traccia caratterizzata da un suono glam e coinvolgente. Spunti di riflessione socio- antropologica emergono in “Glass”. Ipnotico e di ispirazione beatlesiana è “Explodes”. Pur avendo già abbondantemente ballato grazie all’irresistibile beat di “Eez-eh”, conserviamoci una massiccia dose di energia per “bow”. A chiudere il party è “Scissor Paper Stone”, o più brevemente, “s.p.s”, la degna conclusione di un estatico viaggio sulle infinite vie del rock britannico.
Per promuovere il protagonismo giovanile nelle politiche di sviluppo culturale e turistico della città, il Giugno dei Giovani, per volontà dell’Assessorato ai giovani e alle Politiche Giovanili, creatività e innovazione, e dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo, è una pratica e appuntamento annuale, così come il Maggio dei Monumenti. Tra le numerose ed interessanti iniziative in programma spicca il festival di musiche e arti emergenti Giovani Suoni, giunto alla sua ottava edizione, anticipata da un’anteprima d’eccezione: sabato 7 giugno, al Parco Gaetano Errico di Secondigliano si terrà, infatti, un evento all’insegna delle culture metropolitane, promosso dall’Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Napoli. Esibizioni di writers, skaters e breakers, oltre ai live show di Moderup, Maldestro, Esseerre, Periferia Nord, The Element, G.a.s Family, Enzo Dong, La Panchina Crew, Fabio Farti e Fuossera si concentreranno su temi importanti come l’impegno sociale e la legalità, i giovani, il futuro e la vivibilità del territorio. Proprio queste saranno le tematiche su cui i rapper che vorranno partecipare si ‘sfideranno’ nella Battle di freestyle, condotta da Underif, per la quale è in palio un premio in denaro di 100 euro. Il vincitore sarà scelto da DJ Uncino oltre che dal voto di una giuria popolare. Le iscrizioni per la Battle sono già aperte: online, inviando un messaggio all’account facebook di Giovani Suoni, oppure direttamente al Parco Gaetano Errico il giorno dell’evento, a partire dalle 17.
Alla presenza dell’Assessore Clemente, il 7 giugno sarà l’occasione per presentare il bando per il contest Giovani Suoni e per svelare tutti i dettagli del festival, di cui, per ora, si possono anticipare solo le date: 25 e 26 luglio.
“Senza vele” è l’ep d’esordio di Paolo Adduce, in arte Maltese, disponibile in tutti i digital stores dal 16 giugno. Il cantautore torinese canta il nostro mondo scrivendo in maniera incisiva ed efficace. I suoi testi sono curati e offrono spunti di riflessione ad ampio raggio: si va dalla quotidianità, all’attualità politica, all’involuzione contenutistica dei mass media fino alla purezza dell’amore e dei sentimenti più intimi. Il primo brano è “Déjà vu”: tra ricordi nel lavandino, la sveglia del mattino ed il mantra “ tutto si fa, tutto si sa” s’insinua un orecchiabile ed originale arrangiamento che, senza strafare, convince e stimola all’ascolto. “Monsier Bardot” è il racconto di un uomo inibito dalla paura di amare: “io soldato e lei sabina, i suoi occhi rapirò”: scene, visioni e fotogrammi di un amore innescato da un buon bicchiere di vino. “Bacco, tabacco e un poco di pazienza”, quegli gli ingredienti clou per far fronte a “Il notiziario”:“Fermi tutti inizia il mio programma preferito/sangue,cucina, celebrità /lo capisci solo se lo guardi inebetito /qui la gente è matta./Dice che la guerra arriva prima della pace/che un ragazzo buono ha ucciso il padre in modo atroce/si ma avete visto i nuovi capi di Versace /Zitti canta Albano, che bella voce! E poi, ancora,“Rivoluzione! Grande fratello!/ma il mio stipendio finisce sempre sul più bello/Semplicemente, manipolando i desideri della gente/che da quel poco poi non gli rimane niente non è abbastanza, piangere, fino alla prossima vacanza. Il mondo brucia/Il mondo è stanco /Mi sono perso/E già mi manco /Vorrei parlarti/Nella speranza che tra me e te, si accorci la distanza”. Abbiamo scelto di riportare alcune delle strofe del testo per lasciarvi intendere che ogni singola parola scritta da Maltese è più sufficiente nel rendere il fedele ritratto di una società contorta, confusa e ripiegata su se stessa.
“Io non ti voto più”, già “Premio Radio Kiss Kiss” è un testo brillante e più che mai attuale: offese, promesse, attese, leggi, intese, tasse, guerre, crisi pilotate e falsi ideali trovano posto nella voce calda di Maltese e nella delicata ed elegante tromba accompagnata da un sound electro-western. Il ribaltamento del valori ci lascia allo sbaraglio tra i sentieri della vita ma non tutto può essere perduto. La poesia, il pudore, la delicatezza esistono ancora, sono piccole gemme che vanno accuratamente individuate, protette, valorizzate. Maltese ne è fortunatamente in possesso è se in “Senza Vele” l’amore sopravvive alla monotonia, grazie ad un ultimo giorno di magia, “Nel bosco delle more” una coltre di sogni ci traghetta via lontano in un altrove dove ogni giorno è da inventare.
Quella di Fiorenza Calogero è tra le più importanti voci della scena musicale napoletana e mediterranea. Cantante e attrice versatile e appassionata, Fiorenza ha saputo distinguersi grazie al suo talento concentrato nella valorizzazione della lingua e della cultura della sua terra: Napoli. In questa intervista abbiamo lasciato che l’anima di questa artista si aprisse raccontandosi a 360 gradi, in attesa di un nuovo atteso lavoro discografico, prodotto da Andrea Aragosa.
Sei una cantante e attrice che si è particolarmente distinta per la valorizzazione della lingua e della cultura della tua terra…cosa significa per te cantare Napoli?
Il mio riferimento, sin da quando ero piccola, è sempre stata la musica tradizionale. Sarà anche perchè i miei genitori l’ascoltavano, ho sempre vissuto tra un nonno che fischiettava le canzoni classiche napoletane e un padre che era un amante e cultore de “La Gatta Cenerentola” di De Simone. A questo si aggiunge anche il fattore emotivo, c’era la possibilità che io rimanessi indifferente a questo tipo di musicalità, invece provavo sempre emozione: a 5-6 anni ascoltavo il disco de “La Gatta Cenerentola” o la Nuova Compagnia di Canto Popolare, di cui conoscevo a memoria tutte le canzoni. Ovviamente nel corso degli anni la passione è cresciuta, avvertivo, seppur ancora inconsapevolmente, che mi piaceva cantare la canzone classica napoletana. A 15 anni poi, feci il provino per La Gatta Cenerentola del maestro De Simone, lessi l’annuncio sul Mattino e, proprio come se si trattasse di una forza più grande di me, presi la circumvesuviana di nascosto e andai ai provini. Da lì si è aperto un mondo, ho deciso che volevo esprimermi attraverso questo tipo di musica da un punto di vista artistico. Volevo essere identificata come una cantante napoletana ma con uno spirito diverso: la musica napoletana ha una sua dignità, una sua storia, forse più di altre tradizioni di musica popolare nel mondo….Qui ritroviamo la poesia, il sentimento, l’aneddoto, la storia. Ho iniziato a studiarla proprio perché non volevo cadere nella banalità di alcuni esecutori che, invece, l’hanno un po’ travisata. La musica napoletana per me non è né la pizza, né il mandolino, né il Vesuvio; questa tradizione musicale ha una nobiltà e una storia tale che non sempre si conosce e non sempre si percepisce perché siamo abituati a renderla giocosa, festaiola. Il lavoro che ho fatto in questi 15 anni è servito per far sì che, quando salgo sul palcoscenico, so come dover trattare questo tipo di musica. Sono felice di portare la musica di Napoli nel mondo come dico io, ho cercato una strada musicale, ho seguito la strada della sottrazione scegliendo di esibirmi solo con voce e chitarra e lasciando intatte partiture e cadenze senza stravolgerle. Cantare Napoli significa questo, significa darle la dignità e il rispetto che merita senza imbruttirla e involgarirla.
Fiorenza Calogero Ph Luigi Maffettone
Un altro passaggio importante è stata l’esperienza con il Festival Migrazioni Sonore dal 2007 al 2009…come furono quegli anni e cosa ti hanno insegnato artisticamente?
Migrazioni Sonore è stato il passo successivo all’interno del mio percorso ed è la conseguenza di ciò che io ho imparato insieme ad Enzo Avitabile e Andrea Aragosa che organizzano, già da una decina d’anni, Sentieri Mediterranei, il Festival che si svolge a Summonte (Avellino). Questa è una manifestazione a cui io ho partecipato sia come artista che come collaboratrice del direttore artistico. Da loro ho imparato tutto ciò che è relativo alla world music e quali sono le possibilità che un festival può offrire al pubblico, sia dal punto di vista musicale che culturale. Nella fase successiva, c’ è poi stata l’assegnazione della direzione artistica del festival Migrazioni Sonore, che allora non esisteva. Dopo diversi incontri e dopo aver visto la location (Montefalcione-Avellino), ho pensato ad un festival strutturato in tre giorni, avevo scelto 12 location, quasi come percorso musicale e culturale per il turista o il curioso che veniva a visitare il festival, e ho chiamato 12 gruppi stranieri, non famosi, ma professionisti, che si esibivano rappresentando la loro musica di tradizione, il loro artigianato, le loro danze, i loro costumi. Sul palco principale, ogni sera c’era un gruppo di tradizione musicale popolare italiano mentre i 12 gruppi erano gli stessi per tutte e tre le sere e si esibivano per le strade del paese. Nel 2009 questo festival è stato premiato come miglior festival della Campania e ha avuto tantissime presenze, mi intristisce ripensarci perché purtroppo questa esperienza si è definitivamente conclusa, a causa della mancanza dei fondi pubblici. Tanti giovanissimi si sono appassionati ai tamburi cinesi, al flamenco, alla musica messicana, alla musica celtica e, se pensiamo al fatto che gli artisti coinvolti non erano nemmeno conosciuti, la mia è stata una doppia vittoria. Da allora, però, non ho più voluto prendermi questi incarichi, perché non c’erano le condizioni economiche adatte e perché mi è passata la voglia di scontrarmi con la burocrazia e le istituzioni. Resterà soltanto un bel ricordo…
Fiorenza Calogero Ph Luigi Maffettone
Ci parli dei progetti discografici, rispettivamente intitolati “Fioreincanto” , “Fiorenza” e “Sotto il vestito…Napoli”?
“Sotto il vestito…Napoli” rappresenta il più grande sbaglio della mia vita… Non mi riferisco al contenuto musicale dell’album perché si tratta di un buon lavoro in cui la musica napoletana viene sposata al jazz. Quello che contesto non è la scelta di mettere me e delle colleghe nude in copertina ma il modo in cui siamo state messe in copertina…Ci sono nudi e nudi, ci sono i nudi artistici e poi ci sono nudi squallidi, come lo è quello nella copertina di questo cd… La colpa è stata mia perché da artista e da professionista quale sono dovevo accertarmi, dopo lo shooting fotografico, quali foto scegliere. Dovevo tutelarmi e non l’ho fatto, quindi da un punto di vista d’immagine questo è stato un grande sbaglio che mi ha fatto tanto soffrire; non era certo questa l’immagine che volevo dare di me stessa, digerire nel corso degli anni questo mio fallimento ha richiesto un bel po’ di tempo. Di tutte le esperienze che ho fatto, questa è quella che, se tornassi indietro, non rifarei o quantomeno la rifarei tutelando la mia immagine.
Fiorenza Calogero Ph Luigi Maffettone
A cosa stai lavorando adesso con la produzione artistica di Andrea Aragosa?
Questo lavoro rappresenta la mia rinascita artistica perché l’ultimo mio disco è stato proprio “Sotto il vestito…Napoli”. Con un album ti aspetti di lavorare, di fare concerti invece quel disco mi ha solo tolto credibilità. Dal 2011 ad oggi c’è stato quasi il buio da un punto di vista discografico e musicale, nel frattempo, però, sono diventata mamma e mi sono dedicata alla mia realizzazione come donna. Con il mio produttore Andrea Aragosa, una persona competente, lungimirante e intelligente e colta, stiamo realizzando il progetto che avrei sempre voluto fare. Con Andrea collaboro già da una quindicina d’anni però, tutte le volte che io parlavo di un disco insieme, lui mi diceva sempre che non era il momento. Evidentemente non mi vedeva e sentiva pronta, nonostante il fatto che in questi anni abbiamo sempre collaborato insieme. Dopo tante esperienze, anche negative, ho capito la lezione e questo ha fatto sì che io maturassi anche dal punto di vista artistico per cui, quando lui mi ha detto che ero finalmente pronta, abbiamo iniziato a lavorare a questo cd. In relazione al discorso sugli sbagli voglio aggiungere una cosa importante rivolgendomi a chi si vuole avvicinare a questo mondo: Io capisco che chi fa solo questo lavoro, deve lavorare e, pur di farlo, è costretto ad accettare quasi tutto perché l’affitto e le bollette si devono pagare, però ci sono cose a cui a cui puoi dire di sì e cose a cui devi dire di no.
Fiorenza Calogero Ph Luigi Maffettone
Cosa ci puoi anticipare di questo nuovo lavoro?
Posso sicuramente dire che sto facendo quello che ho sempre voluto fare con la canzone napoletana, un’operazione del genere l’ho sempre desiderata e adesso ne sto avendo l’opportunità. Questo sarà un album di respiro internazionale e tra le tante collaborazioni, che non posso ancora svelare, ci sarà Cristina Branco, cantante di fado portoghese e stella della musica fadista nel mondo, che duetterà con me ne “Lu Cardillo”, di cui c’è stata la recente anteprima al Teatro Sannazzaro di Napoli e, a parte pezzi di tradizione classica, ci saranno anche degli inediti di Enzo Avitabile. Anche se cerco di stare sempre coi piedi per terra, quello che mi rende davvero felice è che si tratta di qualcosa che avrei sempre voluto fare e sono contenta di fare questo percorso con le persone giuste. Trovare le persone giuste, lungo il proprio percorso, è davvero fondamentale perché anche se c’è talento, determinazione, voglia di fare, voglia di lavorare, voglia di cantare, il successo è il frutto di un lavoro di squadra e, quando la squadra è fatta da persone che puntano ad uno stesso obiettivo e sono competenti, allora il tuo talento può finalmente uscire fuori.
Fiorenza Calogero Ph Luigi Maffettone
I prossimi appuntamenti live di Fiorenza Calogero
Gli appuntamenti più vicini sono il 20 giugno al Real Ortobotanico per la rassegna Ortovolante e il 6 luglio al PompeiLab per la rassegna TeatroLab, un concerto dal titolo “FiorenzaCantaViviani” che racchiude il mio amore e il mio legame per Raffaele Viviani, mio illustre concittadino. L’idea del progetto e le elaborazioni musicali sono di Marcello Vitale, già chitarrista con Pino De Vittorio e L’Arpeggiata di Cristina Plhuar, mio compagno nella vita e padre di mia figlia con cui si è creato un intenso sodalizio artistico, insieme a lui ci sarà Carmine Terracciano chitarra classica, mio collaboratore e amico con cui condivido la scena da anni e Erminia Parisi alla danza.
“Out Of Your Ego” è il titolo del debut album dei Clustersun. Pubblicato lo scorso 28 aprile per Seahorse Recordings, il full lenght realizzato da Piergiorgio Campione (sintetizzatori e voci), Marco Chisari ( voci e basso), Andrea Conti (batteria) e Mario Lo Faro (chitarre) rappresenta un lavoro di sperimentazione musicale dichiaratamente ispirato alla musica britannica e orientato allo shoegaze psichedelico. A condire il tutto una massiccia dose di riverbero, una spruzzata di new wave ed un sottile rimando al post-punk ’80-’90. Anche dal punto di vista grafico l’album si presenta subito originale: il booklet è introdotto dall’ artwork surrealista realizzato dalla giovane fotografa newyorkese Brooke DiDonato. “Out of your Ego” rispecchia, fin dalle prime battute, una chiara connotazione metafisica; atmosfere psichedeliche, misteriose, alienanti, livide si accompagnano a stratificazioni di chitarra, riverbero, delay. All’interno di questo mix la vocalità di Marco Chisari si inserisce con importante personalità all’interno delle otto tracce che rivelano una cifra stilistica particolareggiata e multitasking. Ad introdurre il disco è “Hipgnosis”: immediatezza pop e sensibilità dreamy si intrecciano lungo la linea di basso:” You don’t seem to care how cold is the out space out of your Ego”, cantano i Clustersun offrendo uno scenario inquietante e possibilista al contempo. Una linea vocale eterea e crepuscolare attraversa le coordinate strumentali di “Meteors” mentre la tendenziale ispirazione animista di “Be vegetal” ci traghetta in un altrove onirico e surreale. “Planar I” e “Planar II” rappresentano, invece, le tracce più pessimiste del disco, un sole silente e gelido chiude orizzonti e prospettive: “It’s always too late”. Di ben altra natura è “Floating”: un veleggiare sonoro tra sponde passate e approdi futuri fino al sopraggiungere di “Clustersun”, un brano ripieno di riverberi, volumi e distorsioni strumentali: 7 minuti e 13 secondi per un “trip” di tutto rispetto.
Ancora un grande successo per Massimo Ranieri, uno degli artisti più carismatici e più amati dal pubblico italiano che, lo scorso 31 maggio, ha tenuto una nuova data del suo “Sogno e son desto” presso il Teatro PalaPartenope di Napoli. Un lungo one man show, sottotitolato “Chi nun tene coraggio nun se cocca ch’ ‘e femmene belle”. Parole giocosamente provocatorie, queste ultime, finalizzate a sottolineare la veracità, il carisma e l’originalità di uno spirito artistico pronto a mettersi in gioco e a proporsi al pubblico in una veste sempre rinnovata. Lo spettacolo, ideato e scritto da Gualtiero Peirce e Massimo Ranieri, è composto da canzoni e monologhi che intrecciano e attraversano il repertorio della grande canzone napoletana e quello dei più celebri cantautori italiani e internazionali: da Fabrizio De Andrè a Luigi Tenco, da Charles Aznavour a Violeta Parra, da Giorgio Gaber a Pino Daniele, da Raffaele Viviani a Nino Taranto. Musica, teatro, poesia e letteratura: Massimo Ranieri si è fatto interprete di ruoli, parole e messaggi importanti e trasversali coinvolgendo il pubblico in un percorso completo e coinvolgente dimostrando, ancora una volta, una passione, un’ energia e un intuito artistico inalterabile nel tempo.
Energica e spontanea, Romina Falconi è una cantautrice romana che, all’amore per la forma canzone tradizionale, associa una vena sperimentale fresca ed innovativa. Dopo le prestigiose esperienze, vissute anche in qualità di corista, nell’ “Ali e Radici World Tour” di Eros Ramazzotti e al fianco di altri importanti personaggi del mondo musicale italiano, Romina ha scelto di mettersi in gioco con una trilogia di ep davvero molto promettente, insieme al produttore Filippo Fornaciari alias The Long Tomorrow, nuovo interessante nome della scena dubstep-elettronica italiana. Abbiamo raggiunto Romina al telefono per lasciarci conquistare dalla sua personalità forte e schietta al contempo; imprenditrice di se stessa, Romina Falconi ha le idee molto chiare sul da farsi e si è già rimboccata le maniche per raggiungere gli obiettivi che si è prefissata.
“Attraverso” è il secondo capitolo della trilogia intitolata “Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio”… Ci spieghi il significato del titolo di questa trilogia…il perché della suddivisione in 3 capitoli e i temi che affronti nei 5 brani di questo secondo ep?
Avevo tantissimo da scrivere e, pur avendo la possibilità di far uscire un disco, ero consapevole di quali fossero le operazioni discografiche che mi aspettavano perciò mi è venuta in mente questa cosa un pochino rivoluzionaria. L’idea è quella di provare a fare tre mini album e spalmarli nel tempo, facendo lo stesso anche con la successiva promozione: fare bene i videoclip, farne uscire più di uno. Visto che non sono un artista famosa, ho deciso entrare in questo mondo in punta di piedi e soprattutto a modo mio. Pur non avendo un budget stellare e senza una produzione holliwoodiana, siamo riusciti a raggiungere degli ottimi risultati, questo testimonia che l’importante è fare un lavoro dignitoso con i mezzi che si hanno a disposizione. Un pò di rivoluzione ci vuole, mi sono detta facciamo il nostro e troviamo un modo originale per farlo. In base a questo ragionamento ho suddiviso anche i brani che avevo scritto. In “Certi sogni si fanno” descrivo quello che sono, senza mezze misure, ho scelto le produzioni più estreme per far vedere come io mi approccio al mondo in generale. “Attraverso”, invece, è l’ep dei segreti, in cui si va più a fondo per far vedere quello che provo, quello che desidero. Infine in “Un filo d’odio” ci sarà il rischio vero perchè, dopo essermi presentata, dopo aver fatto vedere quello che ho dentro, ci saranno i pensieri taciuti e cose politicamente scorrette… ci saranno un po’ di sorprese a riguardo.
Il testo di “Circe” è particolarmente tosto ed immediato… queste caratteristiche rispecchiano anche la tua scrittura e la tua personalità?
Sì assolutamente! Partendo dal presupposto che adoro la musica italiana, ho molto da ridire sul pensiero comune che la donna debba sempre lanciare dei messaggi molto puliti, semplici. Io voglio raccontare anche la parte scomoda di noi donne, mi piace dire delle cose, che di solito non si dicono, ma che sono assolutamente reali.
Sei un artista piuttosto poliedrica, hai prestato la tua voce a diversi generi musicali… quale senti quello più vicino a te?
Mi piacciono gli ibridi, se dovessi cantare un lentone con lo stesso vestito che conosciamo, con gli arrangiamenti di sempre, non riuscirei a rendere al meglio, come invece faccio, quando, per esempio, faccio un pezzo soul e ci metto su un arrangiamento new wave. Ho notato che sto bene con l’elettronica perché possiede una miriade di colori e sfumature.
Come hai lavorato con Filippo Fornaciari?
Filippo Fornaciari è un pazzo visionario, amico fraterno, ormai. Ci conoscevamo da tempo ma non abbiamo mai lavorato insieme, ci siamo incontrati in studio per mettere delle voci su un suo progetto. Filippo non ascolta musica italiana ed è predisposto a fare cose estreme, io che, invece, adoro la musica tradizionale, ho pensato che sarebbe stato molto bello scrivere dei pezzi con lui che mi proponeva di stravolgerli: due mondi avulsi che si incontrano. Avevo paura di una cultura musicale diversa dalla mia, siamo stati 6 mesi a cercare soluzioni, sembravamo dei pazzi ma poi, nata la prima canzone, ogni giorno abbiamo fatto qualcosa che è poi diventato definitivo. In sintesi, trovare la formula giusta è stato molto difficile poi però, una volta capito il senso di quello che volevamo, non ci siamo più abbandonati.
Romina Falconi
Ci parli del forte legame di amicizia che ti lega ad Immanuel Casto e della collaborazione nel brano intitolato “Eyeliner”?
“Eyeliner” è nata perché io sono cresciuta con una vicina di casa trasgender, si chiama Gio e mi ha aperto un mondo facendomi capire le difficoltà del suo di mondo. Quando ho scritto questo brano ho pensato a questo tema così delicato, il testo parla di tutte quelle persone che ne hanno passate di ogni ma che, nonostante tutto, non hanno perso quello che hanno dentro. Quando ho scritto “Eyeliner” ci tenevo moltissimo, non volevo solo descrivere il mondo dei trans, l’ho dedicata a Gio ma mi son detta: “chi vuol capire, capisce… chi ha provato certe cose, può capire.. .” In seguito mi sono rivolta ad Immanuel Csto, che adora i pezzi loschi, anche quelli più ambigui, in cui non è necessario spiegare tutto per bene. Il risultato, con l’inserimento della sua voce, mi è piaciuto tantissimo; lui è il mio Albano. Immanuel è la persona con cui sto crescendo artisticamente, è l’artista che amo di più, ha un coraggio invidiabile, che è quello di mostrarsi per come è, senza tornare indietro. Crescere insieme a lui è bellissimo poi stiamo diventando sempre più amici, questo è il terzo featuring che facciamo, ormai è un sodalizio, lui è un mio compagno artistico. Sono fiera di avere accanto lui come maestro, complice, compagno di viaggio anche se tante volte mi fa sentire una piccola Bridget Jones.
A proposito di questo brano, com’è stato partecipare alla Giornata Internazionale contro l’omofobia?
Essendo cresciuta con Gio che, oltre a mia madre, ha rappresentato una figura molto importante nella mia crescita, ci tengo tanto a far capire che non se ne può più. Bisogna far qualcosa, ho pensato di postare una foto su instagram con su scritto: “Si scrive omofobia, si legge basta”. Questo è un argomento che mi sta a cuore soprattutto per colei che ero solita chiamare “la mia mamma col distintivo”. Non riesco a capire perché ci siano ancora episodi omofobi, se ci pensiamo basterebbe così poco per vivere tranquilli e andare d’accordo. Purtroppo invece no, sembra quasi che quello che per noi è diverso ci fa talmente paura da essere aggredito. Adesso, con la vittoria di Conchita Wurst all’ Euro Song Contest 2014, bisognerà trovare il modo per farne parlare ancora di più. Sono convinta che ce la faremo, così come le donne sono riuscite a fare delle rivoluzioni immense, si riuscirà a debellare l’omofobia una volta per tutte. Chiedo anche agli altri di esprimere solidarietà e fare qualcosa, secondo me se ci fosse un uomo, etero, uno forte, famoso, che si schierasse contro l’omofobia sarebbe un fatto mediatico di notevole risonanza.
Come ti sei trovata durante le riprese del video di “Attraverso”?
Io adoro il regista Luca Tartaglia, anche lui è una persona che considero amica e che mi accompagnerà ancora per tutto questo percorso. Luca parte ogni volta da una mia idea, perché avendo scritto io i testi delle canzoni, partiamo da quello che è venuto in mente a me e magari costruiamo il video su quello. Per il video di “Attraverso” mi sono fatta cucire da mia madre questo vestito per avere un look senza tempo, non volevo appartenere a qualche sponsor o avere i soliti vestiti addosso, mi immaginavo uno scenario piuttosto apocalittico. Stavolta interpretavo il ricordo, lo staff è stato bravissimo a realizzare ogni volta i miei pensieri. La cosa più divertente del video è stata rompere tutto, piatti, bicchieri. Mi piace molto essere teatrale, questa cosa all’inizio non la sopportavo, poi ho cominciato a farmela piacere e a mettere questa teatralità anche in musica. Se non lo faccio adesso che sono imprenditrice di me stessa, non lo farò mai più. Per me ora è come stare dentro un sogno e, avere delle persone accanto che mi permettono di sperimentare, è davvero bellissimo.
Come hai vissuto l’esperienza da corista con Eros Ramazzotti e quali sono gli insegnamenti che ne hai tratto?
Dal tour di Ramazzotti ho imparato che la famosa frase “The show must go on” è vera, l’importante è fare bene sul palco e dare il massimo. Questo mi ha insegnato molto, anche il fatto di avere ogni sera un pubblico diverso, di paesi diversi, mi ha fatto mettere in gioco anche in questo senso. Eros stesso, all’epoca mi diceva che non vedeva l’ora che io smettessi di fare la corista per seguire il mio sogno. Ora, finalmente, è giunto il momento: stiamo cercando di studiare la soluzione live più adatta a me e alle mie canzoni… Vorrei creare lo stesso palco in ogni posto e, quando comincerà il tour, che stiamo organizzando, anche insieme a Barley, vorremmo fare in modo che ovunque ci sia sempre lo stesso palco, come se noi ci teletrasportassimo tutti. In ogni caso vedo l’ora di far ascoltare le mie cose al pubblico.
Si ringraziano Romina Falconi e Marta Falcon per Parole e dintorni
“Duri come me” è il quarto singolo estratto da “Manuale Distruzione”, l’album che la cantautrice siciliana Claudia Lagona, in arte Levante, ha pubblicato lo scorso marzo per Inri, l’etichetta di Davide Pavanello, riscuotendo una notevole e meritata attenzione. Dotata di una personalità originale e allo stesso tempo mai troppo fuori gli schemi, Levante scrive con sottile ironia e pungente cinismo. La sua voce, pulita e raffinata, ha riscosso un particolare interessamento da parte del pubblico e degli addetti lavori, anche grazie alla grinta con cui Claudia è solita esibirsi dal vivo. A proposito del singolo “Duri come me”, il cui videoclip ufficiale è stato pubblicato in esclusiva su Vevo e girato da Marco Cremascoli, Levante accompagna un testo importante ad un arrangiamento minimal, in cui è la batteria a dettare i ritmi di una marcia simile ai passi da compiere nella vita.
Levante ph Corrado Murlo
Uno sfogo ed un mantra quotidiano, “Duri come me” è un brano sinceramente ispirato al detto “o bere o affogare”, una lotta per la sopravvivenza. “Capisco la difficoltà di viver di sogni/ Osservo con invidia chi realizza i sogni…Ma questa è la guerra e combatto/ E stringerò i denti finché ne avrò”, recita il testo della canzone. Chi, tra tutti noi, non si è rispecchiato in queste parole almeno una volta nella vita? Chi non si è guardato allo specchio e non ha cercato di infondere fiducia a se stesso? Di darsi la spinta per continuare la lotta del quotidiano vivere? Levante lo sa bene e lo mette nero su bianco “Duri come me, duri come me a morire/ Duri come me, duri come me a morire per vivere”: duri a morire, per vivere, un ossimoro intensamente espressivo. Poche parole per esprimere un concetto che racchiude tutto l’amore per la vita, il nostro bene più prezioso. E non importa quanto grandi saranno le avversità che abbiamo davanti, perché “questa è la terra e la mangio/Mi pulirò i denti quando potrò”.
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