Non importa come cadi, importa solo come ti rialzi. Se non fai nulla, ricorderanno solo la caduta. Ma se recuperi alla grande, la cosa che più ricorderanno di te è come ti sei rialzato. Partiamo proprio da queste parole per parlare di “Ferro”, il documentario Amazon Original in esclusiva su Prime Video in Italia e in tutto il mondo con cui Tiziano Ferro sceglie di prenderci coraggiosamente per mano e accompagnarci attraverso un viaggio intenso, vero e trasparente nella sua vita privata e professionale. L’artista arriva subito al sodo cominciando il racconto proprio dall’ultima lotta che ha dovuto combattere e che in pochissimi conoscevano, quella contro la dipendenza dall’alcol. In realtà sono tanti i demoni contro cui Tiziano ha dovuto fare i conti: il continuo confronto con se stesso, i disturbi alimentari, le dipendenze, la depressione, l’ansia. In realtà più che demoni, Tiziano Ferro li definisce cicatrici attraverso cui filtrare la vita per trovare nuove soluzioni. Ecco perché sebbene il documentariosia un lavoro che mette in risalto le imperfezioni e l’emotività di Tiziano, l’obiettivo è trasmettere un messaggio a tutti coloro che si trovano a lottare contro loro stessi per divenire se stessi. Il film è ricco di filmati inediti che ci mostrano gli esordi di Tiziano, la sua trasformazione, il trionfo e la gloria ma anche gli incontri ormai regolari con altri ragazzi alcolisti anonimi, il matrimonio e le promesse ricche di amore e di consapevolezze finalmente raggiunte, la vita casalinga a Los Angeles con Victor Allen e le visite alla famiglia a Latina. La musica rimane sempre il filone che Tiziano riconosce come salvifico insieme ad un forte impegno quotidiano grazie al quale cui ha finalmente ottenuto l’equilibrio e la serenità. Nessun santino, Ferro è verità e noi lo ringraziamo perché mai come oggi mostrarsi fino in fondo è appannaggio di pochi ed è veramente un peccato.
Alla fine di un viaggio musicale quanto mai variegato. Ecco le pagelle del Festival di Sanremo edizione numero 69.
Daniele Silvestri Argento Vivo: Il cantautore si sbilancia nel raccontare una vicenda di ingabbiamento adolescenziale. Sensazioni di oppressione, rabbia disincantata si avvicendano in un brano che mette con le spalle al muro in questo mondo vampiro. Voto 8
Anna Tatangelo Le nostre anime di notte: una classica ballad sanremese, in pieno stile melenso. Intonata, bella da vedere e da sentire ma senza un particolare messaggio da veicolare Voto 6
Ghemon Rose viola: L’artista esprime la propria arte con un taglio originale, una prospettiva al femminile per mettere in evidenza una vena blues e una voce al velcro. Voto 7
Negrita I ragazzi stanno bene: L’attitudine camaleontica della band di Arezzo è una garanzia di energia. Il sound scandisce una vicenda esistenziale da ascoltare on the road. Voto 5,5
Ultimo I tuoi particolari: Il giovane cantautore fa leva sull’emotività basica, la storia che racconta è intima ma al tempo stesso è facile potercisi immedesimare. Il ragazzo sa creare empatia. Voto 6
Nek Mi farò trovare pronto: L’artista disegna un bilancio di chi non riesce a sentirsi all’altezza delle aspettative dell’amore. A sto giro non convince, nulla può nemmeno la manciata di schitarrate interposte qua e là. Voto 4,5
Loredana Bertè Cosa ti aspetti da me: Gaetano Curreri ha scritto una canzone che non può essere cantata da nessun’altro tranne che da Loredana. Il suo piglio rock, la rabbia e la grinta che riesce a far venire fuori lei, nessuna mai. Voto 8
Francesco Renga Aspetto che torni: un racconto intimo, un corto circuito emozionale che non mette in particolare risalto Francesco, sempre uguale a se stesso. Voto 5
MahmoodSoldi Il dramma affrontato con ritmo diventa una hit. Voto 8,5
Ex-OtagoSolo una canzone: Un brano genuino, fuorviante e complesso da metabolizzare. Voto 6
Il Volo Musica che resta: Il bel canto, la melodia stantìa che piano piano si insinua nella testa. Perfetto per il gusto latinoamericano Voto 4
Paola Turci: Come sprecare un ottimo testo con una tonalità davvero troppo pretenziosa per lei. La performance lascia l’amaro n bocca . Voto 5
The Zen Circus L’amore è una dittatura: Un po’ di autentico rock in questo maledetto circo pop. l’anarchia dentro un’emozione. Voto 7.5
Patty Pravo e Briga Un po’ come la vita Una coppia peggio assortita sarebbe stato difficile trovarla altrove. Il testo è ricco, la resa è pessima. Non c’è intesa, non c’è emozione, non c’è intenzione. Una mera esecuzione capitale. Voto 3
Arisa Mi sento bene: La svolta di Arisa le garantiva il consenso umanime. Testo e chiave di lettura azzeccati. Pessima la performance nella finale Voto 5
Irama La ragazza con il cuore di latta: la storia porta avanti un messaggio significativo ma la presenza del coro gospel rende il tutto artificioso e inadatto. Voto 5
Achille Lauro Rolls Royce L’ignoranza che piace al popolo medio. Necessario opporgli resistenza, almeno fino a quando non arriveranno dei contenuti. Voto 3
Nino D’angelo e Livio Cori Un’altra luce: l’obiettivo è ridare luce al substrato socio-culturale napoletano e ricucire lo strappo generazionale. Voto 5,5
Federica Carta e Shade Senza farlo apposta: idoli dei giovanissimi. OK. La canzone è inutile, priva di contenuti, si aggrappa ad una melodia catchy. Voto 3
Simone CristicchiAbbi cura di me: la felicità è lasciarsi semi alle spalle. Quelli di Simone fioriranno senza dubbio. Ultimo baluardo di poesia Voto 9
Enrico Nigiotti Nonno Hollywood: Una canzone genuina, pura, sentita con il cuore e scritta molto bene. Voto 8
Einar Parole nuove: Un ragazzo di buona volontà ma il talento è un’altra cosa. Il Festival di Sanremo è stata una bella palestra ma dovrà farsi le ossa. Voto 4
Motta Dov’è l’Italia: Un pezzo scomodo che racconta la verità in modo urgente e necessario. Voto 8
I Kasabian sono pronti a tornare in pista con un nuovo album ispirato al classic rock. “For Crying Out Loud” è il titolo del disco in uscita il 5 maggio, preceduto dal singolo che ha fatto da apripista “You’re In Love With A Psycho”. Il sesto album della band composta da Sergio Pizzorno (voce e chitarra), Tom Meighan (voce), Chris Edwards (basso), Ian Matthews (batteria) and Tim Carter (chitarre) è stato scritto e prodotto da Pizzorno (cantante e chitarrista del gruppo) e registrato al Sergery, il suo studio a Leicester, nel giro di sei settimane. Descritto come un disco istintivo, felice e particolarmente ispirato, “For Crying Out Loud!” è figlio di una mentalità creativa old school ma tiene conto del ricambio generazionale e delle evoluzioni linguistiche che ormai hanno acquisito la quasi totalità dell’ utilizzo corrente. In attesa di ascoltarli in Italia il 19 luglio al Teatro Antico di Taormina, il 21 luglio al PostePay Sound Rock’in Roma Ippodromo delle Capannelle (Roma), il 22 luglio, all’Anfiteatro Camerini, Piazzola sul Brenta (Pd) e il 23 luglio al Lucca Summer Festival Piazza Napoleone (Lucca), abbiamo incontrato i Kasabian negli uffici della Sony Music a Milano. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Intervista
Bentrovati ragazzi, qual è lo spirito che attraversa questo vostro nuovo lavoro?
L’intento era quello di mettere a punto un album in grado di trasmettere benessere. In questo disco speranza e felicità la fanno da padrone. La struttura delle canzoni è quella classica tuttavia ci siamo divertiti a fondere tra loro stili e generi diversi.
In effetti si nota un certo lavorìo. Come è andata nel dettaglio?
Ci siamo ispirati al rock, quello classico degli anni ’70, ma abbiamo scelto di reinterpretarlo alla nostra maniera. Ci siamo riavvicinati alle radici prediligendo l’uso delle chitarre e mantenendo l’uso dell’elettronica che c’è sempre stata nei nostri lavori.
Da dove nasce il singolo “You’re in Love with a Psycho”?
Questa è una canzone in cui tutti possono rispecchiarsi, un brano in cui amore e follia convivono nello stesso momento.
Come mai avete deciso di incidere un disco in controtendenza rispetto ai tempi che corrono?
La nostra musica intende portare gioia a chi l’ascolta. Nel nostro lavoro precedente ci siamo abbondantemente dedicati alle tematiche relative all’attualità e, dato che questi contenuti ricorrono nei lavori di tanti altri artisti, stavolta ci siamo concentrati nel fare del sano rock’n’roll.
Come è avvenuta la scelta del titolo “For Crying Out Loud”?
Il titolo riprende l’espressione “For Fuck Safe”. Questa è musica che viene dal cuore, che fa urlare ma anche piangere e ridere.
Chi c’è in copertina?
Si tratta di uno dei tecnici che ci seguono quando siamo in tour!
Uno dei brani con la personalità più spiccata è “Are You Looking For Action”…
Ogni disco classico che si rispetti ha bisogno di momenti in cui si rielabora un po’ tutto il discorso. Questo brano è uno di quei momenti. Siamo partiti con un brano di tre minuti ed è diventato di otto; un bellissimo risultato per noi.
Quali ascolti confluiscono in questo disco?
Tra gli altri citiamo Ramones, Blondie, Sex Pistols, The Stooges.
Cosa è accaduto durante le sei settimane di gestazione di questo album?
Ci siamo affidati all’istinto senza fare nessun ragionamento particolare. “Bless this Acid House” e “Ill Ray (the King)” sono i pezzi “killer” che abbiamo aggiunto alla fine.
Video: You’re in Love With a Psycho
A proposito chi è III Ray?
Il padre di Sergio è solito chiamarlo “King”, il titolo del brano s’ispira ad un’opera italiana.
Da dove salta fuori tutta questa dirompente ironia?
Ce l’abbiamo sempre avuta, forse ora è più evidente.
Nei testi si evince la voglia di stare al passo dei tempi con un relativo adeguamento del vostro linguaggio, è così?
Il tipo di linguaggio che usiamo traspare sin dalla copertina, quello che cerchiamo di fare è proprio quello di tenere conto dei cambiamenti del linguaggio nelle nuove generazioni.
Cosa pensate del fatto che siete una delle ultime rock band rimaste indenni nel 2017?
Una ballad come “Goodbye Kiss” ci ha resi famosi ma questo è il nostro bello: siamo imprevedibili. Il passaggio allo streaming ha condizionato irrimediabilmente l’ascolto della musica ma anche il modo di pensare agli album. Noi non siamo fissati col passato, consideriamo il disco come un’opera d’arte da prendere nel suo insieme ma non pensiamo ai singoli. Di solito la musica contemporanea prende vita nel corso di estenuanti riunioni in cui si riuniscono 12 autori che pensano ai prodotti da studio. Noi invece facciamo musica con il cuore, questo è un disco vero e sentito ed è questo che lo renderà potente facendo la differenza.
SanNolo è il titolo della prima edizione del festival di SanNolo, la kermesse semiseria per cantanti che si svolgerà nel quartiere di NoLo (acronimo di Nord Loreto) a Milano in due serate, l’8 e il 10 marzo 2017.
L’idea, nata da un gruppo di amici davanti a una birra in piazza Morbegno, è quella di portare sul palco artisti con un brano inedito della durata massima di 4 minuti e, sulla falsariga di quanto sta per accadere sul palco del Teatro Ariston a Sanremo, di farli valutare da una giuria popolare e da una giuria di qualità. Quest’ultima sarà composta da Petra Loreggian, speaker di Rds, Fabio Marelli, speaker di Discoradio, Graziano Ostuni, head of international Universal Music, Christian D’Antonio, direttore di The Way Magazine.
La finale del 10 marzo vedrà l’esibizione sul palco dei finalisti con il brano inedito e con una cover che rappresenti un altro lato della loro visione musicale. Al termine del festival verranno assegnati i premi ai primi tre classificati. Lo spettacolo sarà animato dagli interventi comici di Sarah Carla Frasca e di Beppe Salmetti e da collegamenti nel quartiere con l’inviato Maurizio Porcu che farà cantare i brani più celebri della canzone italiana in alcuni locali di NoLo.
Il termine ultimo per la presentazione dei brani è venerdì 24 febbraio 2017 da spedire alla mail sannolo2017@gmail.com.
Per info
Riccardo Poli (347.68.443.68) – Silvia Rudel (329.987.28.79)
Email: sannolo2017@gmail.com – Pagina Fb: SanNoLo – Festival (semiserio) della canzone a NoLo
L’8 gennaio è stato pubblicato “No Plan” l’EP che contiene 4 pezzi: “No Plan”, “Killing a Little Time”, “When I Met You” e “Lazarus”, il singolo di ★, il 28esimo e ultimo album di David Bowie. Le prime tre tracce erano presenti in “Lazarus Cast Album”, pubblicato il 21 ottobre, e ora sono disponibili separatamente su tutte le piattaforme di streaming e di download.
La regia del video di “No Plan” è di Tom Hingston che aveva già collaborato con Bowie per il premiato video di “Sue (Or In A Season Of Crime)”, dalla raccolta “Nothing Has Changed”, e aggiunge un potente racconto in immagini alla forza ipnotica di una ballad definita da Rolling Stone America (che l’ha messa al #4 nella sua classifica delle 50 Best Songs del 2016) come “un magnifico finale… l’ultimo segnale lanciato dall’universo di Bowie”.
La registrazione del brano di “No Plan” è avvenuta contemporaneamente a quella di ★. Nonostante non siano stati annunciati, il video di “No Plan” ha superato le 500mila views nelle prime 24 ore, mentre l’EP ha raggiunto la prima posizione su iTunes in 11 Paesi (tra i quali UK, Irlanda, Norvegia) e ha dominato la top 20 in più di 30 Paesi.
L’8 gennaio era anche l’anniversario dell’uscita di ★, l’album che è riuscito a crescere sempre di più in questi 12 mesi diventando una pietra miliare della produzione di Bowie sia dal punto di vista commerciale che della critica. Ha raggiunto il #1 in più di 20 Paesi (per la prima per Bowie anche in U.S.), ha chiuso il 2016 con 5 nomination ai Grammy (Best Rock Performance, Best Rock Song, Best Alternative Music Album, Best Recording Package e Best Engineered Album -Non-Classical).
Una tempesta di sogni invadenti ma necessari convergono in “Alex”, il nuovo album di Raige che vedrà la luce il 9 settembre per Warner Music. All’interno di questo nuovo progetto l’ artista sceglie di sognare anche quando il mondo non ce ne dà ragione facendo un sincero bilancio tra sbagli e certezze di una vita. Raige si mostra senza filtri attraverso un racconto intimo e personale, a tratti scomodo, ma sempre fruibile. La vita è senza sconti ma può sembrarci più dolce attraverso la musica di Raige, figura di spicco della scena rap italiana da sempre apprezzato per l’innato talento nel coniugare rime e generi musicali.
Intervista
Come sei arrivato a concepire un album come “Alex” e cosa c’è alla base di questo progetto?
Ho iniziato a lavorare a questo disco circa due anni fa. Ci sono state un po’ di vicissitudini in fase di pre-produzione per trovare dei produttori che potessero sposare l’essenza della mia idea. Parto dal rap come segmento, mi avvicino al pop perché la melodia la fa da padrone. Dopo un primo contatto con produttori rap blasonati, che si sono esposti in prima persona per produrmi il precedente album, sono arrivato a Filippelli e Milani che pur non provenendo dal rap, hanno capito benissimo cosa avevo in mente. Abbiamo buttato via il 90% di quello che avevo scritto in un momento molto cupo della mia vita.
In che senso?
I pezzi erano molto pesanti, erano il frutto di alcune esperienze che avevo vissuto in prima persona come la malattia che ha portato alla scomparsa di mia madre. Ho scritto questo disco per le donne della mia vita: per mia madre che non c’è più e per la mia compagna. Insieme ad altri autori ho fatto un lavoro di repertorio tenendo i brani più interessanti a livello musicale e testuale tra quelli che avevo già composto. Ho scritto con altre persone, una cosa nuova per me. In precedenza avevo collaborato solo con Davide Simonetta, il mio chitarrista, questo perché ci metto me stesso nei miei testi e prima di darli in pasto agli altri amo condividerli con chi è mio amico.
Perché il disco s’intitola “Alex”?
Ho intitolato il disco in questo modo proprio perché mi sono tolto di dosso la paura di fare quello che mi piace veramente, finalmente. Ho voluto lasciare da parte le costrizioni legate al mondo rap. Che siano gli altri a dare un nome a quello che faccio, a me non interessa. A me piace scrivere le canzoni e pensare di essere in grado di farlo; questa è l’unica cosa che conta.
Nel brano “Nemmeno il buio” ti mostri particolarmente lucido scrivendo che “Nessun mostro fa paura come la vita vera”. Una frase che ci mette con le spalle al muro…
Qui ho scritto una strofa per mia madre ed una per la mia compagna. Ho avuto la fortuna di avere grandi donne che hanno avuto la sfortuna, a loro volta, di avere piccoli uomini che siano padri, genitori o fidanzati. Non bisogna avere paura, nemmeno il buio può fare paura, mi carico io di tutti i fardelli, ci penso io. Per le persone che amo, sono disposto a sacrificarmi senza se e senza ma. Io sono cresciuto con mia madre, mio padre non c’era perchè faceva il trasfertista, quindi lei è riuscita a darmi un’impostazione precisa con dei valori che vengono fuori nel momento in cui mi relaziono con gli altri.
Cosa ci dici di “Dove finisce il cielo?
Questo è uno dei miei pezzi preferiti insieme a “Non c’è niente da ridere” e “Mi sembra il minimo”. Ho scritto questa canzone per mia madre, le dico che alcune cose le ho imparate e che altre continuerò a sbagliarle.
“A tutta velocità sento meno lo shock” è forse la frase più rappresentativa del testo…
La gente tende a riempire, gli spazi, tempi, i luoghi per non pensare al dramma quotidiano. A tutta velocità ti rendi conto meno delle cose, il dolore rimane dentro come se fosse un ronzio, non lo senti assordante nelle orecchie, si sente solo quando spegni le luci e devi metterti a dormire.
Come vivi il tuo rapporto con la città di Torino?
Nutro assoluta riconoscenza verso questa città perché mi permette di vivere una realtà diversa dalla metropoli. Torino rappresenta una dimensione a misura d’uomo e quindi è più giusta per me che non sarei in grado di vivere in una grande città. Ho bisogno di spazi e a Milano ho la sensazione che ci sia qualche forza oscura che ti ruba le energie da sotto i piedi mentre cammini.
Pensando a chi si andrà a relazionare con questo tipo di progetto, viene da porsi degli interrogativi in merito alla capacità di leggere e comprendere questi messaggi non facilmente fruibili. Hai cercato di mediare attraverso la scelta dei suoni?
Raige
Il nostro obiettivo era realizzare un progetto fresco ma che non perdesse l’identità del cantautorato. Non riesco a mettermi dentro una scatola rap o pop. Il mio modo di scrivere è più cantautorale per cui abbiamo cercato di rendere accessibili i miei brani.
Cosa significa vivere “sotto una tempesta di sogni”?
Amo pensare che si possa vivere con i piedi per terra e la testa fra le nuvole senza dimenticarsi di quello che stiamo cercando.
Come sei arrivato al bel duetto con Marco Masini nel brano “Il Rumore che fa”?
Masini è un mio mito grazie a mio padre che mi faceva ascoltare suoi brani da piccolo. L’ho conosciuto al Roxy Bar, Red Ronnie sapeva che ero suo fan e ci ha fatto duettare sulle note di “Principessa”. Poco dopo ci siamo risentiti, mi ha chiesto di ricantare “Bella Stronza” in un suo album, in quel momento avevo questo pezzo e gli ho prontamente chiesto di ricambiare il favore. Avrei potuto scrivere strofe più focused ma ho preferito sacrificare l’accessibilità a favore di una scrittura più “cinematografica”.
In “Non c’è niente da ridere” proponi una serie di ossimori in sequenza…
Aldilà delle figure retoriche, quello che mi muove in questo brano è che non c’è proprio un cazzo da ridere ma alla fine ne ridiamo. Se siamo io e te, è vero che è tutto un casino ma alla fine possiamo riderne insieme. Questo è lo slogan più forte del mio disco.
Qual è il tuo rapporto con la religione?
Il mio un rapporto con Dio lo gestisco a modo mio. Dicono che a volte ci comportiamo con Dio così come fanno gli opportunisti cercandolo solo quando stiamo male. Non ho la presunzione di escludermi da questa categoria però cerco di non fare mai male agli altri e di comportarmi bene più che posso.
Un tema ricorrente nel disco è quello della paura…
La vita non ha tempo per le paure: la mia era di non essere all’altezza delle aspettative, di non mostrarmi per quello che realmente sono. Stavolta mi sono spogliato di tutte queste paure e ho fatto quello volevo davvero.
“Perfetto” è un pezzo autobiografico?
Ho avuto questo pezzo da Scirè e De Simone ed ho subito capito che era giusto per me che volevo parlare del fatto che da ragazzino pesavo 120 chili. Certo, non ero perfetto, vivevo questo disagio che adesso viene demonizzato ma il bullismo c’è sempre stato. Bisogna imparare a convivere con i propri difetti e farne la propria forza. L’importante non è quello che gli altri ti dicono sia perfetto, l’importante è quello che ti fa stare bene. Io ho scelto di dimagrire perché c’è stato un processo evolutivo nella mia persona, perché non stavo bene con me stesso, il disagio nasceva anche da quello. I giovani di oggi perdono spesso il contatto il realtà, sono continuamente bombardati da contenuti, devono avere qualcuno che gli insegni che in realtà sono loro stessi la fabbrica dei propri sogni, devono riuscire a trovare dentro loro stessi la forza per cambiare quello che non va bene, devono farlo per loro stessi non per gli altri.
Cosa diresti a chi ti segue da sempre e che vorrebbe capire la tua svolta artistica di oggi?
Se avete scelto di seguire me come fan, avete già scelto a prescindere qualcosa che è lontano e diverso da tutti gli altri. Se amate il mio modo di scrivere, questo è il disco meglio di tutti gli altri. Ne sarete fieri anche voi. Non credo che ci sia molto da spiegare, non ho mai fatto un rap che mi tenesse stretto dentro dei canoni, temevo solo di non essere capito. Quando ho scoperto che in realtà io lo chiavo sotto padrone l’ho già fatto per tanti anni, ho realizzato che se voglio fare questo lavoro, devo poter fare quello che piace a me o quanto meno di avere il coraggio di provarci.
Raffaella Sbrescia
Video: Il Rumore che fa
Raige incontrerà i fan negli store delle principali città italiane, queste le prossime date:
09 settembre Torino – Feltrinelli Stazione Porta Nuova – ore 15
09 settembre Genova Mondadori– Via XX Settembre 210 – ore 18,30
10 settembre Milano Mondadori Duomo ore 15
10 settembre Stezzano (BG) Mediaworld c/o Shopping Center Le Due Torri Via Guzzanica ore 18.30
11 settembre Rovigo Mediaworld Viale Porta Po’ 193 ang. Via Colletta ore 15
11 settembre Padova Mondadori ore 18.30 – Piazza Insurrezione XXVIII Aprile ’45,
12 settembre Bologna Mondadori Via Massimo D’Azeglio 34/A ore 15
12 settembre Rimini Mediaw.– Mediaworld Shopping Center Romagna ore 18,30
13 settembre Firenze Galleria del Disco Sottopassaggio stazione SMN ore 15
13 settembre Roma Discoteca Laziale Via Giolitti 263 – ore 18,30
14 settembre Salerno Feltrinelli Corso Vittorio Emanuele ore 15
14 settembre Napoli Feltrinelli Stazione ore 18,30
15 settembre Bari Feltrinelli Via Melo ore 15
15 settembre Lecce Feltrinelli Via Templari ore ore 18,30
Dopo averli a lungo attesi gli australiani Tame Impala si sono esibiti sul palco del Market Sound 2016 per una ventata di freschezza e di godimento puro in una calda serata meneghina. Kevin Parker alla voce e chitarra (vero e proprio sciamano dello psychic-pop nonché deus ex machina della band), Jay Gumby Watson alle tastiere synth, Dominic Symper alle chitarre e synth, Cam Avery al basso e Julian Barbagallo alla batteria hanno ammaliato il pubblico creando un’atmosfera surreale, liquida, rarefatta, ipnotica grazie al loro sound etereo ed amabilmente vintage.
Tame Impala live @ Market Sound
Un’esperienza sonora e visiva completa e totalizzante in cui lo schizofrenico passaggio da momenti e melodie di onirico pop, alla psichedelia inglese ’60 al più moderno blues acido ha decisamente fatto la differenza. Distorsioni prolungate, jam e suite strumentali, riverberi di voci e di chitarre, proiezioni lisergiche, sorrisi e coriandoli a pioggia si sono alternati in un caleidoscopio di emozioni vive e pulsanti. Da segnalare l’intensa potenza sensuale della combo Elephant/The Less I Know The Better, Feels Like We Only Go Backwards.
Ritroviamo Nesli, al secolo Francesco Tarducci nel Giardino de La Triennale di Milano, in occasione della presentazione del suono nuovo album di inediti intitolato “Kill Karma”, prodotto da Brando (Go Wild/Universal Music Italia). Il momento è catartico: Nesli è felice, rilassato, libero, entusiasta. Questo suo nuovo lavoro è il frutto di un’evoluzione individuale ed artistica che lo ha portato direttamente in cima alle classifiche di iTunes. Con questo disco, intriso di contaminazioni che vanno dalla dance al rock strizzando l’occhio agli anni ’80 per passare poi a tracce Hip Hop contaminate dal rock, fino a brani con un beat dance, senza tralasciare ballate struggenti e confidenziali, prende vita il secondo atto di una trilogia sempre più avvincente.
Ecco cosa ci ha raccontato Nesli subito dopo aver abbracciato i suoi affezionatissimi fan accorsi a sostenerlo.
Intervista
In questo album hai messo davvero tutto te stesso?
Sì, questo disco è la trasposizione del mio libro “Andrà tutto bene” in musica. Ho sempre scritto guardando con gli occhi degli altri, stavolta l’ho fatto guardando il mondo attraverso i miei stessi occhi. Tutto è riconducibile ad una persona, ad un nome, ad un fatto specifico; non ho guardato molto fuori. Anche se in apparenza sembra che faccia le cose un po’ a caso, tutto ha un ordine ben preciso. In sintesi, chi ha letto il libro, con questo album potrà unire tutti i punti della mia visione del mondo.
Si tratta del secondo capitolo di una trilogia…
Esatto. Posso anche dire che del prossimo ho già preparato dai quattro ai sei brani, ho già avuto la visione della copertina, sarà un po’ fumettistica e ci sarà un alter ego che mi sparerà. La mia visione rimane sempre molto dark ma ho dovuto renderla pop; per questa ragione ho trasformato il suicidio in omicidio. Il mio impianto creativo è molto ampio, quando penso ai dischi, invece di pensare ai singoli penso alle trilogie. La mia unica passione è scrivere, passo il tempo a pensare ai contenuti, lo trovo divertente anche se mi rendo conto di muovermi in controtendenza…
In che senso?
Oggi si esce quasi esclusivamente in digitale, lanciando dei singoli che non porteranno a nulla di duraturo. Se non crei continuità è un po’ come fare un falò con la benzina, sarà tutta una fumata. Bisogna rendersi conto che il digitale rappresenta un costo in meno per chi investe, è solo la punta dell’iceberg! Io scrivo su carta e registro un attimo dopo, ho lavorato sia con l’analogico che con il digitale, conosco gli strumenti con cui lavoro e posso dare loro un senso rispetto a quello che intendo fare.
Nesli-Ph-Andrea-Colzani
Quali sono le tue influenze musicali e cosa hai ascoltato mentre lavoravi a questo album?
Sono praticamente onnivoro. Non c’è una regola, sono un selvaggio! In genere seguo istintivamente solo le cose che mi emozionano. Se mi viene chiesto di migliorarmi io dico no, voto l’involuzione. Se mi chiedono di mandare un messaggio ai ragazzi che vogliono fare musica, dico loro di lasciar perdere, di fare altro, di dedicarsi all’artigianato. Tutti vogliono fare i cantanti, dedicarsi alla moda, fare serata, sentono di avere il fuoco sacro dentro; il problema è che il milione di views e i clic sulle foto non sono reali, sono pacchetti che distorcono la visione della realtà
Queste affermazioni hanno un risvolto di tipo socio-culturale…
Certo, molti ragazzini viaggiano intorno al mondo, scattano una decina di foto che determineranno il loro status di globe trotter e poi si ritroveranno a vivere da alieni, completamente avulsi dalle dinamiche di interazione reale. Io, a dirla tutta, neanche ce l’ho il passaporto!
Nesli
La libertà che senti di avere oggi come e quando è arrivata?
L’ho raggiunta attraverso un percorso che dovevo e volevo fare. La mia è una bellissima passione ma ha le dinamiche di un lavoro. Ha dei pro e dei contro, su tutti c’è il fatto di non staccare mai. In questo ambiente conta la perenne progressione in avanti e, dato che mi muovo in un’ottica di carriera e non di successo, sapevo che se volevo essere nella mappa culturale di tutti, dovevo fare dei passaggi obbligati. Uno di questi è il Festival di Sanremo. Sapevo che dovevo distanziarmi dal mondo elitario ma che non volevo perdere i miei fan, il mio margine di movimento era minimo, la possibilità di sbagliare bassissima, venivo da Carosello e stavo per tornare in Universal, dovevo fronteggiare diverse dinamiche mentali e logistiche. Dovevo limitare l’artista maledetto per fare spazio a chi volevo essere e a chi volevo diventare ma avevo al mio fianco una squadra che conoscevo molto poco…
Quindi come hai affrontato quella grande prova?
Brando e Raffaele mi dicevano di tenere duro, sapevo che non c’era tempo, vivevo nel terrore e con la consapevolezza che tutti volevano vedermi fallire. “Buona Fortuna Amore” l’ho provata pochissimo, l’avrò cantata al massimo sei volte in sala prove, mi dicevano di cantarla a casa ma io non ci riuscivo, mi sentivo un coglione. Un altro ostacolo erano gli ear monitor che io non ho mai usato, sbagliai tutto in prova sul palco di Sanremo, proprio quando c’erano i critici in sala, riconosco di averla cantata con tutti i limiti del caso, ora sarebbe tutto diverso.
Nesli
Saresti pronto a riscattarti sul palco dell’Ariston?
Certo! Ho già scritto la canzone da inviare a Carlo Conti, spero proprio che la accetti!
Tornando all’album, quali messaggi intendi comunicare al pubblico?
Questo album è come il momento centrale del racconto di un film, mi sono tolto diversi sfizi e nel terzo completerò l’opera.
Qual è il ruolo dei tuoi tatuaggi?
Rappresentano una vera e propria provocazione. Sapevo che avrei fatto questo disco con questa specifica copertina. L’anno scorso avrei potuto spiegare questo concetto a spezzoni, ora potrete capire il perché di ogni cosa. Di solito i tatuaggi rappresentano un’opera di abbellimento nel mio caso invece mi sono ricoperto di nero. Il mio obiettivo era fare in modo che le persone che si fossero interessare al contenitore, avrebbe posto attenzione anche ai contenuti. Alla domanda: “Se mi metto nudo, mi ascoltate?” La risposta è ovviamente: “Sì”. Triste ma assolutamente vero. Questo è quello che ho detto ad una delle mie sette personalità. Il mio percorso ha un fondamento amaro, non sono un ipocrita, eppure l’ho affrontato a mio modo ed eccomi qui.
L’instore tour partirà oggi 1° luglio da Mondadori Megastore in Piazza Duomo a Milano, il 2 a Rizziconi (Reggio Calabria) con una tappa al Centro Commerciale Porto degli Ulivi. Il 3, invece, sarà a Livorno al Centro Commerciale Fonti del Corallo, mentre il 4 si sposterà verso la capitale con un instore al Centro Commerciale Tiburtina; Il 5 sarà alla Mondadori di Napoli. Due le tappe in Puglia: una a Lecce e l’altra a Foggia il 6 e 7 luglio.
L’8 luglio sarà alla Mondadori di Pescara, il 10 a Brescia, l’11 a Torino, il 12 doppio appuntamento alle ore 15.00 a Padova e alle ore 18.00 a Venezia, il 13 a Genova e il 14 alle ore 14.00 a Firenze e alle ore 18.30 a Bologna.
Walter Fontana ricomincia dalle sue canzoni e da “Sono Qui”, il suo album solista. Dopo lo scioglimento dei Lost, il cantautore di Vicenza si è dedicato alla scrittura, alla ricerca, alla ricostruzione della sua carriera artistica. Ecco cosa ci ha raccontato in questa intervista
Come si esce in maniera coerente da un passato come quello con i Lost riproponendoti con un progetto tuo?
Ripartire dopo un’esperienza importante come quella dei Lost non è stato facile, quello che mi ha aiutato è essermi staccato dai riflettori, essere tornato nel mio vecchio paese dove tutto è iniziato, ovvero a Vicenza. Questo mi ha permesso di rimanere coi piedi per terra, di stare vicino alla mia famiglia, ai miei amici. Tutto questo è stato utile per mettere un punto e ripartire per crearmi una nuova strada.
Hai viaggiato tanto, hai vissuto diverse vicende e a questo proposito ci viene in mente “Questo sono io”, brano in cui ti metti a nudo. Immaginando un pubblico che voglia sapere cosa è accaduto, cosa ti ha spinto a scrivere queste canzoni?
Sono successe tantissime cose che, nel loro insieme, mi hanno dato l’opportunità di scrivere questo disco. C’è stata una storia d’amore finita, lo scioglimento dei Lost, con cui comunque sono ancora in contatto. Luca Donazzan, il bassista, mi sta accompagnando in questo nuovo capitolo. Ho fatto diversi viaggi, su tutti cito quello a Barcellona, un viaggio che ho deciso di fare last minute durante il quale mi sono ritrovato alle 5 del mattino a suonare la chitarra insieme a dei musicisti che non conoscevo.
Qual è il filo conduttore del disco?
La ripartenza. All’interno del disco parlo spesso di momenti finiti male e di storie concluse ma lo faccio sempre con un approccio positivo.
A questo proposito viene da pensare anche al brano “Lo sbaglio più bello”…
Quando cadi torni ad apprezzare le cose più semplici, puoi ripartire con lo spirito giusto.
I vostri fan vi sostenevano davvero moltissimo, che rapporto hai con loro oggi?
Sì, avevamo creato un bel movimento! Ho ancora contatti con loro, mi scrivono e continuano a chiedermi adesivi e volantini da distribuire in città, un po’ come si faceva all’epoca degli street team che si sono un po’ persi negli anni. Ora che tutto gira sul web è bello vedere che i fan ci credono ancora e vogliono aiutarmi. Bisogna inventarsi nuove strategie, io nel frattempo ho tenuto dei concerti da busker perché volevo mostrare le canzoni così come sono nate nude e crude con la chitarra acustica. Ho molte idee che spero di mettere in atto molto presto.
Walter Fontana
Come affronti questa nuova fase artistica? Vuoi affermare qualcosa di te che ti era sfuggito in passato?
Beh, vorrei dimostrare che oltre ad essere un teen idol, così come mi avevano etichettato tempo fa, sono anche un musicista, le canzoni le scrivo io e questa è la cosa più importante perché può differenziarmi da tanti altri artisti presenti sulla scena attuale. Oltre a scrivere i miei testi, riporto la mia stessa vita nei versi che compongo. Quando metti te stesso nelle canzoni la gente se ne accorge, inoltre puoi cantarle in modo più coinvolgente quando sei sul palco e questo è un ulteriore punto di forza.
Per quanto riguarda la lavorazione dei brani e la realizzazione degli arrangiamenti, cosa hai da raccontarci?
Avere avuto più tempo per lavorarci è stato un punto a mio favore, ho potuto fare tantissimi ascolti, mettermi alla prova, scrivere canzoni, buttarle via, farne di nuove, poi c’è stato l’incontro con il produttore Salamone Placido che ha subito capito qual era il mio obiettivo, ovvero non fare una canzone uguale all’altra. Volevo che ogni brano avesse una vita a sé anche se c’era un filo conduttore nei testi. Dal punto di vista sonoro volevo che ogni brano fosse unico e ci siamo riusciti. Non ci sono state grosse modifiche rispetto a quanto scritto durante la prima stesura dei brani e questa è stata una bella soddisfazione, vuol dire che avevo fatto un bel lavoro. Quando sei tranquillo e senza pressione, lavori nella mia maniera più serena possibile.
Che tipo di ascolti fai?
Parto da Bob Dylan, mi sono tatuato il suo volto subito dopo lo scioglimento dei Lost e sono ripartito dalla sua musica; in quel periodo sono entrato nel suo mondo, leggevo i testi, vedevo film e speciali, ora ascolto Twenty One Pilots, Walk the Moon, Mumford & Sons, poi ho le playlists di spotify. Mi piace molto anche Jovanotti, negli ultimi anni ha dimostrato di voler cambiare e di sperimentare, questa è una cosa che mi accomuna a lui…
Walter Fontana
Ci sarà un’evoluzione dei testi in inglese?
Non lo escludo anche se mi piacerebbe avvicinarmi allo spagnolo. Mio padre è argentino e vorrei arrivare nei paesi latino americani, lo sto imparando così mi porto avanti (ride ndr).
Come è arrivato il contributo di Giovanni Caccamo?
Ci siamo conosciuti nel 2008 poi ci siamo trovati poco prima della sua partecipazione a Sanremo Giovani e abbiamo scoperto di essere in sintonia. Quando poi ha saputo che avrei lavorato con Salamone Placido, che oltretutto è il suo produttore, gli ho chiesto di partecipare al progetto per rendere le mie frasi ancor più uniche e infine mi ha regalato il brano intitolato “Corro” perché voleva essere essere al mio fianco in questa avventura.
E la collaborazione con Pappalettera?
L’incontro con lui è avvenuto in maniera casuale dopo che aveva ascoltato il disco grazie ad uno dei miei discografici. Dopo aver ascoltato il brano “Questo sono io” ha voluto lavorare con noi e dare il suo contributo. Da lì è nata l’idea dello specchio e del concept pazzesco che accompagna il disco, è stato bellissimo lavorare con lui e spero di farlo ancora.
Per il live cosa hai in mente?
Voglio sfruttare l’idea degli specchi e portarli sul palco con me, voglio riprendere questo concept! La scaletta riprenderà ovviamente i pezzi dei Lost perché è giusto portarli avanti però suonerò anche tutto il disco nuovo. Ci sarà anche spazio anche per delle cover, magari anche Dylan visto che suono anche l’armonica. Tutto questo però accadrà in autunno ora c’è la promozione ed un duro lavoro da fare per farmi conoscere dal pubblico. La cosa più importante è che sono sicuro di questo disco, essendo stato sincero in queste canzoni, lo sarò in ogni occasione che mi sarà data.
Joan Thiele è giovane, è talentuosa, ha una voce peculiare e ama sperimentare. Nata nel 1991 in Italia da madre italiana e papà svizzero-colombiano, Joan conduce una vita che la porta a viaggiare molto spesso, questo le ha consentito di sviluppare un gusto musicale internazionale e variegato, incentrato sul connubio creativo tra sfumature stilistiche diverse. Cantautrice fin dalla prima adolescenza, Joan ha pubblicato il suo primo Ep “Save Me”, lo scorso 10 giugno per Universal Music. Il disco, anticipato dai singoli “Save Me” e “Taxi Driver”, contiene sei brani inediti scritti da Joan (“Save me”, “Cup of coffee”, “Heartbeat”, “Rainbow”, “Taxi Driver”, “You & I”) e una cover di Lauryn Hills “Lost Ones” in una nuova veste. I brani del disco sono stati registrati fra Milano, Amburgo, New York e Los Angeles e sono stati prodotti da Andre Lindal e Anthony Preston, Farhot, Fabrizio Ferraguzzo e gli Etna. Nate in epoche diverse, le canzoni di “Save me” parlano di storie quotidiane, di momenti di rottura, di scelte coraggiose. A metà strada da acustica ed elettronica, Joan si muove con carisma tra momenti eterei ed altri più ritmici. Title track a parte, il brano più importante del disco è “Rainbow”, una canzone che Joan ha scritto per sua madre; un arcobaleno che vorrebbe raccontare le sfumature di una donna e che, in senso più ampio, racchiude la natura di un progetto affascinante perchè intriso di spunti e contaminazioni assolutamente eterogenei.
Joan sarà in tour, in viaggio sul Red Bull Tourbus, da giugno a settembre 2016 nei più importanti festival estivi italiani accompagnata dagli Etna: 10 giugno – Milano Market Sound; 21 giugno Roma Rockinroma; 9 luglio – Monza I Days; 16 luglio – Genova Goa Boa; 23 luglio – Vasto Siren Fest; 16 agosto – La Villa Val Badia Jazz; 3 settembre – Treviso Home Fest; 30 settembre – Trieste
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