Dominio incontrastato per i Coldplay nella classifica FIMI

coldplay

I Coldplay continuano a dominare, incontrastati, la classifica FIMI/GFK degli album più venduti della settimana in Italia con “Ghost Stories”, seguiti da Biagio Antonacci con l’album “L’Amore comporta” e da “Domani è un altro film” dei Dear Jack. Al quarto posto c’è Alessandra Amoroso con “Amore Puro” mentre Francesco Renga è quinto con il suo “Tempo Reale”. Sesta Giorgia con “Senza paura”, seguita dai 5 Seconds of Summer e da Ligabue con “Mondovisione”. Al nono posto ritroviamo i Modà con “Gioia non è mai abbastanza” mentre Ed Sheeran chiude la top ten con “X”.

The Shak & Speares presentano “Dramedy”. La recensione del disco

THE-SHAK & SPEARES - DRAMEDY (2) - [500]

The Shak & Speares arrivano da Pompei ed il 30 settembre pubblicheranno il loro secondo lavoro discografico intitolato “Dramedy”, su etichetta FreakHouse records con distribuzione fisica e digitale The Orchard/Audioglobe. Più di un anno fa la band “punk-agreste” pubblicava “Gagster”, un album d’esordio che ha portato questi giovani scatenati ad esibirsi in Italia e all’estero. Una lunga tournée, conclusasi a Londra in compagnia di Vic Godard & Paul Cook (Sex Pistols), che li ha ispirati e li ha condotti alla creazione di nuovi contenuti musicali racchiusi in un disco che, già a partire dal titolo, intende rappresentare un prodotto originale. Pur rimanendo concentrati sui temi più strettamente legati all’immediata contemporaneità, the Shak & Speares hanno inteso ammorbidire il tutto con sonorità vive, energiche e travolgenti. “Dramedy” unisce le parole drama e comedy, rendendo per iscritto la fusione di elementi uguali e contrari, vicini nella loro diversità. Composto da nove tracce, l’album si avvale anche della presenza di special guest d’eccezione, stiamo parlando di Vic Godard, il leggendario punk-pioneer inglese. Ad aprire l’energico “Dramedy” è “Subway in Love”: un irresistibile rullante scandisce la vivace marcetta che accompagna un testo orecchiabile. Sornione e scherzoso è il mood di “Sailor’s Promises”, l’inconfondibile la la la sound, easy e contagioso, fa capolino tra scariche di cantato urlato. Sulla stessa linea d’onda è “Dreamland”, anch’esso attraversato da sonorità punk-agresti spiaccicate sulla faccia e nelle orecchie degli ascoltatori. Inevitabile il pogo selvaggio sulle note di “Stuck in a bottle” mentre  il ritmo solare e positivo di “Courtney is dead” si contrappone ad un testo incentrato su una figura piuttosto controversa. Più teso è il clima sonoro proposto in “Criminal Prayer”, subito stemperato dalla anima folk di “Castro street”. Chiude l’album “No Prey, No pay”, un brano caratterizzato da un arrangiamento tiratissimo che lascia l’ascoltatore letteralmente senza fiato. Cinico e spavaldo il testo che finisce col dare spazio ad un bel finale strumentale. “Dramedy” è, pertanto, un album tutto da ballare scatenandosi fino all’ultima goccia di sudore.

Raffaella Sbrescia

 

“In Cile Veritas”, la recensione del nuovo album de Il Cile

IL CILE_cover IN CILE VERITAS

Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, presenta “In Cile Veritas” (Universal Music), un nuovo album di inediti, giunto dopo il notevole successo ottenuto dall’album d’esordio intitolato “Siamo Morti a Vent’anni”. In questo lavoro il cantautore ha scelto di lasciarsi andare nei meandri di un percorso testuale ed artistico piuttosto distante da quello precedente: «Si dice che il rilassamento dei freni inibitori favorisca l’essere umano a rivelare cose nascoste, pensieri rimasti incastrati in qualche scomparto dell’anima, parole soffocate dalla lucidità della ragione -queste le parole con cui Il Cile, ha introdotto il significato del suo album- Ho scelto il titolo “In Cile Veritas” perché nel mio caso è sempre stata la musica a permettermi di tirare fuori quelle sensazioni, quelle melodie e quelle liriche che per natura tengo chiuse nel mio profondo, troppo spesso attraversato da tempeste e nubi minacciose». Composto da 10 tracce, l’album si apre con “Sapevi di me”, la storia di un amore difficile ed osteggiato. La parte centrale del brano è urlata e sparata in faccia all’ascoltatore, al centro del testo ci sono le emozioni più intime di un giovane uomo, accarezzate dal rumore dei suoi silenzi. Anche “Ascoltando i tuoi passi” racconta le vicende di un giovane che sceglie di camminare sulla strada sterrata, che canta canzoni che non ricorda nessuno e che, sostenuto da una donna forte e combattiva, riesce ad interpretare il rapporto a due come una possibilità di risoluzione dei propri conflitti interiori: “mi hai tenuto per mano anche dentro il mio inferno con il coraggio di una venere che si veste di amianto…”, canta Il Cile, mentre “Liberi di vivere” racchiude la più autentica espressione del disagio di una generazione costretta ad aggrapparsi a sogni ammaccati ed ingombranti. La voce graffiata di Lorenzo Cilembrini accompagna il suono della chitarra raccontando il peso del quotidiano, la fatica del dover maneggiare la speranza, l’abitudine di finire sotto anestesia durante il fine settimana per sentirsi liberi di illudersi . “Liberi di vivere” è, sicuramente, il brano più bello e più profondo di questo album, le parole sono pesanti, vere, autentiche, drammatiche, ineludibili e Il Cile realizza un nitido ritratto di un “presente precario eppure affamato”.

IL CILE Ph Jacopo Lorenzini

IL CILE Ph Jacopo Lorenzini

Decisamente sottotono la trama de “L’amore è un suicidio”, l’arrangiamento rock ed il massiccio utilizzo delle chitarre elettriche non riesce a dare vivacità ad un brano piuttosto banale. Le quotazioni risalgono, impennandosi, in “Parlano di te”: una bellissima ballad che racconta i pensieri sconnessi di un giovane uomo alle prese con un amore viscerale da cui non riesce a sfuggire. La bravura di Lorenzo sta proprio nella scelta oculata, accurata, studiata delle parole che, l’una dopo l’altra, costruiscono montagne di pensieri vivi, veraci, implacabili. Frasi come “il mal di testa mi ricorda che sono vivo” ci raccontano, come un frame cinematografico, l’immagine di un’anima anestetizzata dal dolore e dalla malinconia, da brivido.

IL CILE ph Jacopo Lorenzini

IL CILE ph Jacopo Lorenzini

Diverso è, invece, il discorso legato a “Baron Samedi”, un brano enigmatico, attraversato da frasi apparentemente slegate tra loro e che, ancora una volta, lasciano aperto il filone del mistero. “Sole, cuore, alta gradazione” è il titolo del singolo che ha anticipato l’uscita dell’album. Un arrangiamento solare ed un’ambientazione dinamica celano i mali e i vizi di una tribù che traballa . Il “diavolo del lessico” si perde nella banalità delle rime di “Maryjane” per poi risollevarsi in “Vorrei chiederti”: un labirinto di 30 mq è il giaciglio da cui sgorgano pensieri, sogni, desideri, riflessioni. A chiudere l’album è “Un’altra aurora”: un burattino di carne senza difese si abbandona ad un estremo bisogno d’amore concludendo così l’affannosa ricerca di un porto sicuro da cui attingere energia e certezza in un mondo che non ne offre.

Raffaella Sbrescia

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“V”, la recensione del quinto album dei Maroon 5

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I Maroon 5 presentano “V”, il quinto album della loro carriera, anticipato dal singolo “Maps”, ai vertici delle classifiche radio e digitali di tutto il mondo. Questo nuovo progetto discografico ha visto tornare nel gruppo il tastierista Jesse Carmichael, che aveva lasciato la band nel 2012 durante le registrazioni di “Overexposed”. Si torna quindi alla formazione originale con Adam Levine (voce e leader), James Valentine (chitarra), Mickey Madden (basso), Matt Flynn (batteria e percussioni) e PJ Morton (tastiera) e, per l’appunto, Jesse Carmichael. Registrato a Los Angeles insieme ai produttori Max Martin, Benny Blanco, Ryan Tedder, Shellback e Sam Martin, “V” è composto da 11 brani a cui se ne aggiungono altri 3 nella versione deluxe. L’album si apre con le sonorità catchy e le aperture dance dell’ascoltatissimo “Maps”, incentrato su una storia lontana dall’happy ending, tra rimpianti e domande senza risposta. “Animals” possiede, invece, tutto il fascino di un testo crudo, diretto, animalesco. Profumi, tracce da seguire, l’istinto e la lotta per l’accoppiamento si avvinghiano tra note black e rithm’n’blues; impossibile resistere alla bestia che c’è dentro ognuno di noi. A seguire il nuovo singolo “It was always you”: delay e riverbero si accompagnano ad un suono metallico mentre Levine descrive il risveglio dal torpore dei sensi e la riscoperta dell’amore.  Dolorosa e delicata è la trama di “Unkiss me”, una ballad in cui la band traccia il ritratto della fine di una storia, una fine difficile da accettare eppure necessaria per poter continuare a guardare avanti. Decisamente più ritmata e dance è “Sugar”: sonorità vicine ai dorati anni ’80 danno voce ad una forte richiesta d’amore. Un legame empatico, simbiotico, necessario, ben espresso da parole come: “I don’t wanna be needing your love, I just wanna be deep in your love”. Ancora una ballad con “Leaving California”, una parentesi malinconica, alleggerita da un potente giro di batteria, pensata per raccontare un rapporto che stenta a stare in piedi, un vacillìo emotivo in grado di destabilizzare le percezioni ed i sentimenti.

Maroon 5 Ph Vincent Perrini

Maroon 5 Ph Vincent Perrini

La travolgente gelosia di “In your pocket” ci mostra una nuova faccia di Levine che, furioso, indaga, interroga, aggredisce la sua amata in cerca di segreti da portare alla luce. La rabbia ed il disappunto cedono poi spazio alla sopraffazione in “New love”. Un buon mix and match tra hip hop e r’n’b s’intreccia con un’ inarrestabile sequenza di beat. Il fascino electro degli anni ’80 riemerge in “Coming back for you”, sulla stessa linea d’onda è “Feelings”, un brano annebbiato dalle inebrianti sensazioni selvagge rievocate da un sound travolgente. Il gioiellino dell’album è “My Heart is Open” in cui la voce di Levine si fonde e si intreccia con quella di Gwen Stefani mentre un dolce ed ovattato pianoforte suggella l’idillio artistico: “I know you’re scared, I can feel it/ It’s in the air, I know you feel that too/ But take a chance on me/You won’t regret it, no”, canta Adam, aprendo il cuore al rischio, in un vortice di incertezza e di paura. “Shoot love” è la prima delle tracce deluxe, ancora incentrata sulla ricerca ostinata dell’amore mentre “Sex and candy” regala un tocco decisamente speziato ad un finale discografico fin troppo melenso. A chiudere “V” è “Lost Stars”, un bellissimo brano pregno di poesia e di intense riflessioni aperte ad un tipo di interpretazione di più  ampio respiro socio-culturale: “Please don’t see just a boy caught up in dreams and fantasies. Please see me reaching out for someone I can’t see. Take my hand, let’s see where we wake up Tomorrow. Best laid plans sometimes are just a one night stand. I’ll be damned, Cupid’s demanding back his arrow. So let’s get drunk on our tears” e poi, ancora, “And God, tell us the reason youth is wasted on the young. It’s hunting season and the lambs are on the run. Searching for meaning but are we all lost stars trying to light up the dark?”. Un interrogativo, quest’ultimo, che, ancora una volta, ci pone con le spalle al muro di fronte alla vacuità della nostra essenza terrena. Un album, quello dei Maroon 5, che, pur non essendo particolarmente innovativo dal punto di vista strumentale, possiede una serie di spunti utili per approfondire una serie di tematiche legate alle dinamiche con cui  le relazioni interpersonali contemporanee si snocciolano attraverso prime fasi di approccio animalesco per poi vanificarsi nell’oblìo o sfociare in un’irrefrenabile attaccamento simbiotico.

Raffaella Sbrescia

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Immanuel Casto: l’inarrestabile successo del principe del Porn Groove

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell'artista)

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell’artista)

Immanuel Casto, al secolo Manuel Cuni, è il principe del Porn Groove italiano. Originario di Bergamo, il Casto Divo vanta una discografia incentrata su testi dall’esplicito contenuto sessuale. Quello che è interessante sottolineare è l’assoluta eleganza della forma espressiva scelta dall’artista che, tra l’altro, risulta essere molto legato all’uso dell’elettronica, dei synth e dei campionamenti, con sonorità anni ’80. “Voyeur”, Vento di erezioni”, “Deflorato”, “Feel the Pron Groove”, “Adult Music”, “Freak & Chic” sono i titoli che popolano la sua discografia e che non lasciano dubbi all’immaginazione. Immanuel Casto supera i confini del trash per immergersi con assoluta genialità creativa in un territorio semantico fitto di riferimenti espliciti, certo, ma anche caratterizzato da un interessante doppio fondo di rilevante interesse socio-culturale.

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell'artista)

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell’artista)

A metà strada tra il sacrilego ed il profano, Immanuel Casto abbraccia il ruolo di profeta in patria, impersonificando il ruolo di ammazza-tabù.  Le massicce dosi di sa­ti­ra presenti nelle raffinate li­ri­che da lui proposte diventano facilmente espressione di una so­cie­tà non sol­tan­to de­pra­vata e priva di spes­so­re mo­ra­le ma anche falsamente bi­got­ta e vacua. Inutile cercare di arginare il successo di Immanuel Casto, in molti hanno cercato di catalogare fret­to­lo­sa­men­te le sue canzoni come stu­pi­dag­gi­ni di carattere demenziale, i progetti musicali di Casto rappresentano, invece, qualcosa di assolutamente originale. Me­lo­die tanto sem­pli­ci, quan­to ef­fi­ca­ci e di rado ba­na­li, si accompagnano ai testi:  “Che Bella La Cap­pel­la”, “Anal Beat” o “50 Bocca/ 100 Amore“ “Escort 25”, “Crash”,  “Bro­ken Girl”, sono solo alcuni dei brani presenti nel vasto repertorio di Casto, utili per capire il passaggio dalla verve ses­sual­men­te espli­ci­ta e dis­sa­cran­te degli esor­di alla poe­ti­ca più al­lu­si­va ed am­mic­can­te degli ultimi tempi.

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell'artista)

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell’artista)

Inventore di “Squil­lo”, il vendutissimo gioco di carte da ta­vo­lo, edito da Raven, in­cen­tra­to sullo sfrut­ta­men­to della pro­sti­tu­zio­ne, Immanuel Casto ha effettuato anche un’ espansione intitolata “Bordello d’Oriente”, in cui le Squillo di nazionalità cinese, indiana, vietnamita, mongola,giapponese e thailandese sono manovrate da ogni pappone/giocatore all’interno di un raffinato panorama geopolitico delle terre orientali. Non solo prostitute professioniste e prostitute minorenni, l’artista ha avuto modo di pensare a “Marchettari Sprovveduti”, un’ulteriore espansione del gioco di carte che introdurrà anche il tema della prostituzione maschile e nuove meccaniche per il gioco, che sarà presentato il prossimo autunno al Lucca Comics&Games.

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell'artista)

Immanuel Casto (immagine tratta dalla pagina Facebook dell’artista)

Acuto uti­liz­za­to­re del web, quale mezzo per espan­de­re po­po­la­ri­tà e co­no­scen­ze con­di­vi­se, Immanuel è emblema della nuova cultura musicale web indipendent, senza trascurare il fatto che i suoi live show sono spesso sold out. Originale, dissacrante, irriverente, sorprendente, Immanuel Casto sarà presto in tour. Ad ottobre 2014 partirà, infatti, il “Sognando Cracovia Tour”, la tournée live, prodotta e organizzata da Freak&Chic e Barley Arts, farà tappa in tutta la penisola e vedrà la cantautrice Romina Falconi, protagonista del palco insieme ad Immanuel Casto. I due artisti saranno accompagnati da una band e dal corpo di ballo delle The Beat Girls e presenteranno sia i propri brani che nuove canzoni a sorpresa per uno show frizzante e coreografico. Queste le prime date confermate: il 4 ottobre al club Off di Modena, l’11 ottobre all’Exenzia Rock Club diPrato, il 29 ottobre all’Alcatraz di Milano, il 30 ottobre al Teatro del Giglio a Lucca, l’8 novembre all’Estragon diBologna, il 14 novembre al club Tipografia di Pescara, il 28 novembre al BlackOut di Roma.

Raffaella Sbrescia

Video: “Sognando Cracovia”

“Ventre della città”, il nuovo singolo di Mario Venuti. La recensione

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Scritto e musicato da Mario Venuti, Francesco Bianconi e Kaballà,“Ventre della città” è il nuovo atteso singolo di  Mario Venuti che anticipa l’uscita de “Il tramonto dell’Occidente”, nuovo album di inediti del cantautore siciliano, la cui uscita è prevista per il 23 settembre (Microclima-Musica & Suoni/Believe Digital).  “Ventre della Città” è un brano delicatamente intenso, in grado di concentrare l’occhio e lo spirito all’interno delle viscere della più intima realtà delle zone degradate e periferiche dei grandi centri urbani. Le “Storie di Corviale, di Quarto Oggiaro, di Scampia, di Librino e Zen sono conficcate come pugnali nel ventre della città…” e, in quanto tali, fanno male, tanto male. Un dolore quotidiano, ineludibile, insopportabile che rende insofferenti, insonni, cattivi e cinici. Un dolore che, in maniera assolutamente transitiva, è in grado di passare dalle esistenze individuali a interi quartieri delle grandi metropoli che, a causa della noncuranza di chi di dovere, trova sempre nuovi spazi in cui diffondersi, diventando endemico. A rendere visivamente l’idea del disagio sociale è il videoclip diretto da Lorenzo Vignolo e girato proprio a Librino, un quartiere periferico a sud ovest della città di Catania, in cui ciascuno dei frame proposti al pubblico diventa proporzionalmente necessario alla diretta comprensione di un testo dedicato alle vite dei quartieri venuti male, quelli in cui nessuno vuole andare, quelli che fanno paura, che fanno orrore, quelli che si vorrebbero dimenticare e che, invece, continuano ad attirare attenzione su di sé in maniera disperata, tragicamente drammatica.

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Mario Venuti si conferma, dunque, un cantautore in grado di scavare a fondo nell’animo umano, senza, tuttavia, rinunciare ad una linea melodica solare, quasi in contrapposizione con l’aspetto più propriamente semantico del testo. In questo caso l’arrangiamento è vivo e ritmato, un ampio utilizzo dell’elettronica ed una serie di riff di chitarra regalano al brano un’allure godibile e molto orecchiabile. “Ci incontreremo le sere d’estate/Sul mare d’asfalto di queste borgate/Non sarà male fermarsi a guardare le nostre ferite, le stelle inventate”, canta Mario, rendendo visivamente le immagini di un mare di sogni infranti lungo muri di cemento e, mentre le stelle vengono coperte dagli ecomostri delle periferie suburbane, non rimane che immaginarle durante le notti insonni in cui si sogna di scappare via lontano. Nonostante un così grigio affresco del nostro mondo periferico, Venuti, Bianconi e Kaballà trovano anche lo spazio per la poesia perché, allorquando non è possibile trovarla nei libri, allora è giusto forzare la mano e carpirla nei più reconditi meandri dell’istinto umano, tra vizi e virtù, mantenendosi in ogni caso lontano dalla corruzione del pensiero borghese senza rinunciare, infine, ad un omaggio a Gianni Celeste, esponente di un genere, quello neomelodico, sempre più forma di espressione dei mali e dei pensieri dei cosiddetti ultimi.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Ventre della città”

Classifica FIMI: Coldplay, Antonacci e Dear Jack sul podio

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I Coldplay rimangono stabili al comando della classifica FIMI/GFK degli album più venduti della settimana in Italia con “Ghost Stories”, alle loro spalle risale in seconda posizione Biagio Antonacci con “L’amore comporta”. Chiudono il podio i Dear Jack con “Domani è un altro film”,seguiti da Francesco Renga con “Tempo Reale” e da Alessandra Amoroso con “Amore Puro”. Al sesto posto ritroviamo Giorgia con “Senza Paura” mentre  risalgono in top ten, alla settima posizione, i Modà con “Gioia non è mai abbastanza”. Ottavo Ligabue con “Mondovisione”, seguito da “Racine Carèe” di Stromae. Chiudono la top ten i 5 Second of Summer con l’album omonimo.

“Life In A Motion-Picture Soundtrack”, il debut album dei The Circle. La recensione

life in a motion-picture soundtrack_coverLife In A Motion-Picture Soundtrack” è il titolo del primo album dei torinesi The Circle, la cui uscita è prevista per il prossimo 16 settembre 2014. Prodotto da Omid Jazi (tastierista live dei Verdena) per l’etichetta da lui stesso fondata, la Hot Studio, il disco è opera del cantante e chitarrista dei The Circle Federico Norcia, autore di tutti i brani e Marco Marzolla (batteria, ex membro del gruppo post rock Acid Food). I due studenti di medicina hanno concentrato le proprie energie alla ricerca di suoni e parole che potessero dare un senso alla propria grande passione, sancita anche attraverso l’ incontro con Giuseppe Gamarra (chitarra ritmica), Alessandro Strumia (chitarra solista, anche lui ex Acid Food) e Lorenzo Bevacqua (basso) che, con il loro contributo, hanno completato la line up definitiva del gruppo. Composto da 10 tracce, inizialmente composte nella classica versione chitarra acustica e voce, poi completamente stravolte con ricchi arrangiamenti tecnici e stilistici, l’album è caratterizzato da una linea melodica moderata e orecchiabile, incentrata su sonorità a metà strada tra brit pop e post-rock. Le suggestioni eteree dell’ “Intro” trovano una naturale continuazione nel ritmo sostenuto di “The End”. Forti delay sulle chitarre accompagnano il riverbero della voce di Federico Norcia lungo le note del primo singolo estratto dal disco, intitolato “Green Like Soul (Part I)” mentre tracce di isolamento esistenziale emergono dalla trame sonore di “Cold in the desert”. “My nerves are burning”, canta Norcia, in “Roll it over”, un brano fresco ed energetico, seguito da “Cherry Tree” e “Blues Shoes”, tra i meno incisivi dell’album. A ridare grinta e peculiarità al progetto è “Green Like Soul (Part II)”, immaginata e sviluppata come seconda parte del primo singolo ed arricchita da un interessante giro di batteria, dal carattere deciso e coinvolgente.  Molto romantica è, invece, la trama di “Troubled”, un invito a vivere la scoperta del mondo in coppia. A chiudere “Life In A Motion-Picture Soundtrack” è la bellissima “Outro”, una piccola parentesi strumentale in cui il risveglio dal sogno è accompagnato da una sottile e fredda pioggia autunnale mentre l’incanto onirico vive ancora attraverso i dolci e delicati tasti di un pianoforte.

Raffaella Sbrescia

Limes, la recensione di “Slowflash”

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 I triestini Limes presentano “Slowflash”, il primo album ufficiale, in uscita il prossimo 30 settembre, giunto dopo una prima interessante fase artistica che li ha visti inserirsi con determinazione e caparbietà all’interno di prestigiosi contesti musicali; su tutti ricordiamo l’Heineken Jammin Festival. Limes, termine derivante dal latino, significa “confini” e implica la ferma intenzione del gruppo composto da Mauro Mercandel (voce, chitarra), Piero Metullio (basso), Matteo Bologna (percussioni) di operare un’approfondita ricerca sia ritmica che contenutistica. Composto da 11 tracce, di cui due strumentali, “Slowflash” racchiude un’estemporanea immersione nel mondo giovanile, attraverso liriche e tematiche variabili: introspezione, insicurezze, rabbia e speranza fluiscono senza barriere regalandoci un genuino affresco di quello che avviene, oggi, nella mente delle nuove generazioni. Registrato e mixato da Abba Zabba al Palo Alto Studio di Trieste e masterizzato da Abba Zabba e Gabriel Ogrin presso Jork Studios, Slovenia, “Slowflash”  mescola le influenze derivanti dal rock più viscerale ed energico, alle più dolci melodie del pop. Ad inaugurare la tracklist è Plume I”, un’ovattata intro strumentale, arricchita da una buona dose di elettronica. “Hunting Party” è, forse, il brano più ottimista del disco: “C mon is a new day on a cloudy morning, c mon all the others are scared and running, i want face the hunter”, un pezzo grintoso, insomma, reso anche più melodico e catchy dal chorus finale e da un coinvolgente giro di batteria. “Tunng” racchiude, invece, un’attenta riflessione sul velocissimo flusso degli eventi. Sonorità vicine tra loro e delicate, al contempo, accompagnano un testo ipnotico. “Pressure variation”  offre all’ascoltatore una serie di piccoli flashback mirati. Suoni e sensazioni si fondono in un melting pot di visioni metropolitane. L’intenso pessimismo ed il gretto nichilismo di “The Fall” rendono visivamente l’immagine del fallimento umano: “I ve seen the world pass through, i can’t cover my skin blood and soul stop hiding from myself” e poi, ancora, “the ground is not too far”, cantano i Limes, accompagnati da una melodia non altrettanto incisiva. La profonda incertezza ed il perturbante senso di disorientamento  costituiscono il nucleo semantico di “Path of Mind”. A seguire i suggestivi frame metaforici di “Wood” regalano una nuova sferzata di freschezza all’ascolto, nuovamente coinvolto nelle beghe mentali di “Noise’s Room”, una vera e propria descrizione di un incubo: “I not still satisfied, I am not ready yet, I can’t feel a thing from my head to my toe, I want to be somewhere else, I want to take a break”, stemperata dal flusso sognante e disinvolto di “White”. La fitta ricerca di nuovi punti di vista e nuovi percorsi da intraprendere si conclude con i ritmi alternanti di “Ascent” e soprattutto con “Plume II”, una psichedelica conclusione strumentale, addolcita da un bella sequenza al pianoforte e che decreta un ottimo nuovo passo artistico per i Limes, di cui sentiremo molto parlare.

Raffaella Sbrescia

Noa e Mira Awad live: messaggi di pace al Negro Festival di Pertosa

Noa @Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @Negro Festival Ph Anna Vilardi

Dal cuore delle Grotte di Pertosa-Auletta, nel salernitano, si è levato un messaggio di pace per il Medioriente. Sul palco della seconda giornata del Negro Festival, incentrato sulla valorizzazione delle “terre di mezzo”, intese come luoghi d’incontro tra culture diverse, dove parole come confine, bandiera, patria e appartenenza vengono scardinate da intrecci artistici e musicali, due grandi protagoniste dello scenario musicale internazionale: Noa, celebre cantante israeliana e Mira Awad, nata nel Rameh villaggio della Galilea. Le due artiste sono stata anche omaggiate con un gioiello, creato come  simbolo e auspicio di fratellanza, per dare  ”un segnale tangibile della validità e dell’importanza della donna araba nella società”, in un luogo simbolico, le Grotte, fatto di millenni di storia e silenzio, che ora parlano al mondo per chiedere il silenzio della Pace, al posto del fragore delle bombe.

Noa & Mira Awad @Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @Negro Festival Ph Anna Vilardi

Tornata di recente sulla scena discografica (dopo quattro anni di lavorazione al fianco di Gil Dor, da sempre suo chitarrista e direttore musicale) Noa ha, da poco, dato alla luce un nuovo album intitolato “Love Medicine”, al quale ha preso parte anche Pat Metheny, il celebre chitarrista che, per l’occasione, ha scritto per lei il brano “Eternity in beauty”. Fra i  brani che l’artista ha proposto al pubblico di Pertosa ci sono “Little star”,  in cui l’artista israeliana affronta per la prima volta l’argomento della Shoah, l’intensa ballata intitolata “Shalom”, la felice “Happy song”, scritta da da Bobby McFerrin. A seguire “Pokeach” il brano che ha visto Noa  impegnata alle percussioni.

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

 Concentrata e travolgente l’artista ha snocciolato, ad una ad una, le perle contenute in  “Love medicine”, definito una medicina per il cuore e per l’anima. Il momento clou del concerto è racchiuso nel duetto tra Noa e Mira che, insieme, hanno cantato“Will you dance”, seguita da una canzone della Awad, “A word” e dalla toccante “There must be another way”.  Nei bis l’immancabile omaggio di Noa alla musica italiana con alcuni brani della tradizione napoletana come “Era de maggio” e “Santa Lucia luntana” e “Alla Fierra” fino all’irrinunciabile “Beautiful that way”, che è valsa all’artista una meritatissima standing ovation.

Fotogallery a cura di: Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

 

Noa & Mira Awad @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

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Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

 

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

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Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

 

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

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Noa @ Negro Festival Ph Anna Vilardi

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