Dente chiude il tour a Napoli. Il live report del concerto

Dente Ph Olimpia Simonetti

Dente Ph Olimpia Simonetti

Si è concluso presso il Teatro Acacia di Napoli il tour teatrale di Giuseppe Peveri, in arte Dente. Il cantautore di Fidenza lascia subito cappello, giacca e sciarpino sull’attaccapanni, posto sul palco, per lasciarsi andare ad un concerto confidenziale ed intimo, seguendo il suo stile semplice ma efficace. Con lui i fidati musicisti di sempre: Signor Solo (tastiere multiple ed organi elettrici), Nicola Faimali (basso e contrabbasso), Gambo (batteria) e Effe Punto, nella veste di factotum.

Sullo sfondo una parete rossa ed una piccola porta bianca, la stanza dei sogni di una vita, quelli dolci e malinconici che ti lasciano sempre un po’ di amaro in bocca e nella testa. Ad aprire il concerto è “Chiuso dall’interno”: “il coraggio finisce qui”, canta Giuseppe, mentre il suo fare bohemienne e la sua fisicità tipicamente skinny ci riportano indietro nel tempo, il tempo di quei cantautori che, negli anni ’70, cantavano giornate perdute e amori appassiti. “Al Manakh”, “Casa tua”, “Saldati” sono i primi colpi a salve con cui Dente colpisce i fianchi del pubblico, smuovendone le budella.

Dente Ph Olimpia Simonetti

Dente Ph Olimpia Simonetti

“Chi semina poesie raccoglie dolore”, confessa Giuseppe, mentre “Dxg”, “Un fiore sulla luna” e “Miracoli” sono la triade di canzoni scandite dal dolce fluttuare di lampadine che, come lucciole luminose, rallegrano gli occhi e lo spirito. “Quest’anno l’amore inciampa a primavera, ho visto il diavolo ieri sera pensare che l’ho invitato io, gli ho dato tutto ciò che avevo ha digerito e se ne è andato via”, queste le parole più inquietanti, tratte dal testo di “Incubo”.

A seguire “Invece tu”, “Casa mia” e “A me piace lei”, caratterizzate dai particolarissimi manierismi attitudinali propri dell’artista. “Sicuramente ho visto più di quello che dovevo avendo gli occhi collegati molto bene con il cuore”, canta Dente in “Sinceramente”, il brano scritto per Arisa, fino al sopraggiungere del momento più immediato ed intimo del concerto. Giuseppe rimane da solo sul palco, si accende una sigaretta, aziona un registratore analogico e scava a ritroso nel suo repertorio, coinvolgendo il pubblico in una catartica parentesi ipnotica: Dente è un tutt’uno con la chitarra, accorda e scorda a suo piacimento lo strumento interagendo frequentemente con la platea. “Beato me”, “Solo andata”, “Da Varese a quel paese” (eseguita per due volte per una versione perfetta) sono i brani racchiusi nello spazio della durata di una sigaretta.

Dente Ph Olimpia Simonetti

Dente Ph Olimpia Simonetti

Subito dopo torna sul palco il Signor Solo per una deliziosa “Baby building”. “Ti regalo un anello” sancisce il ritorno sul palco della band, seguito da “Buon appetito”: “sapessi che felicità mi da l’idea di non vederti più”, canta malinconicamente Dente. Il concerto si avvia alla fine, “Le cose che contano”, “La settimana enigmatica”, “Coniugati passeggiare”, “Remedios Maria” (cantata con tanto di cappellino luminoso sulla testa) scandiscono l’ultima parte del concerto; l’atmosfera è distesa e rilassata, c’è voglia di ascoltare, ricordare, sognare.

Dente Ph Olimpia Simonetti

Dente Ph Olimpia Simonetti

Giuseppe si mette al pianoforte per cantare e suonare “Meglio degli dei”, prima dell’uscita di scena. Pochi secondi di attesa e tutti tornano sul palco per concludere il concerto ed il tour in bellezza con la “Cena di addio” e l’immancabile “Vieni a vivere”, il manifesto dell’amore ai giorni nostri.

Raffaella Sbrescia

“L’arte della guerra vol.1”, l’album di Giuliano Dottori

Giuliano Dottori cover“L’arte della guerra vol.1” è il terzo disco solista del cantautore Giuliano Dottori che, forte di un percorso artistico molto articolato, ha lasciato confluire in questo lavoro idee e tematiche di forte impatto emotivo. Il filo conduttore dell’album (Musica Distesa),  pubblicato lo scorso 1 aprile e suonato insieme a Marco Ferrara al basso e Mauro Sansone alla batteria, è un interessante discorso incentrato sulla rinascita, ispirato dalla lettura del manuale di saggezza e tattica bellica di Sun Tzu “L’arte della guerra”.

Giuliano Dottori

Giuliano Dottori

Nel primo capitolo di quello che diventerà un doppio disco, Giuliano Dottori apre a sperimentazioni ed arrangiamenti originali lasciando ampio margine all ’interpretazione sensoriale. L’album si apre con “Quando ritornerai a casa”; il brano riprende la parola casa con cui finiva il disco del 2009  “Temporali e Rivoluzioni”; l’intro onirica e la lunga parentesi strumentale sul finale del brano introducono “Estate #1107”, la millecentoesettesima canzone dedicata all’estate non si riduce al solito melanconico elenco di ricordi, anzi, il brano racchiude un’energica spinta verso il futuro: “un’altra estate ci porterà via tutte le nostre paure e le debolezze” mentre cadono le bombe nei cortili, crollano palazzi e precipita la notte. Giuliano spinge la vita nell’aria e proprio la vita, quella degli altri, è la protagonista de “Le vite degli altri”, il brano che argutamente analizza una mania molto più diffusa di quanto si creda: quella dello spiare i vicini di casa. Molto suggestivo è il mood new age de “La Nave”: un dolce fluttuare sospeso tra i pensieri. La title track “L’arte della guerra” è un pugno nello stomaco: “la felicità è un trucco a cui non credo più”, canta Giuliano, lasciandosi coccolare, al contempo, dal dolce suono del pianoforte.  A seguire c’è “Il mondo dalla nostra parte”, un brano profondo che parla di ciascuno di noi e della nostra voglia di lasciarci alle spalle tutti gli errori e le miserie del passato. Un sound allegro e trascinante distoglie in fretta la mente dai pensieri più bui in cerca di speranza e di sogni a cui appigliarsi.  “Occhi dentro gli occhi” è la canzone d’amore del disco, una presa di coscienza fredda e lucida: “…tardi è solo tardi”, sentenzia Giuliano, mentre un intenso ed elegante interludio strumentale comprensivo di tocchi al pianoforte, archi, arpeggi e cori lontani, ci introduce all’ascolto dell’ultima ermetica traccia del disco intitolata “I fiori muoiono quando ci rattrista perderli”: “mio padre piantava chiodi dentro il mare… mio fratello costruisce chiese con la terra…” sono le frasi che racchiudono il nucleo del brano che, attraverso pensieri retrò e innovativi spazi sonori, apre la via al secondo atteso capitolo di un lavoro piacevole e ricercato.

Raffaella Sbrescia

Video: “Estate #1107″

“Caustic Love”, il nuovo album di Paolo Nutini

PN_CAUSTIC_LOVE_PRESS_DIGITAL-300x300“Caustic Love” (Atlantic Records) è il nuovo album di inediti di Paolo Nutini, giunto a cinque anni di distanza da “Sunny Side Up”. A poche ore dalla pubblicazione il disco è già in vetta alle classifiche  iTunes di Italia, Uk, Irlanda e Netherlands e il fatto rappresenta sicuramente un incentivo in più per mettersi subito all’ascolto di questo lavoro che, già attraverso le note soul del singolo “Scream” (Funk My Life Up), aveva lasciato intravvedere una nuova bellissima veste del cantastorie scozzese.  Nonostante la sua giovane età Nutini è stato capace di reinventarsi attraverso un coinvolgente e caldissimo mix di elementi, facendo riferimento alla lunga e prestigiosa tradizione della musica black d’oltroceano.

I tredici brani contenuti nel disco sono stati scritti proprio da Paolo, insieme a Dani Castelar, e sono stati in gran parte autoprodotti e registrati a Valencia, Londra, Glasgow e Stati Uniti. L’aspetto più interessante di questo disco è il felice connubio tra la particolarissima voce di Paolo e una serie di arrangiamenti ispirati alle atmosfere della Motown, arricchiti da coinvolgenti ritmi funky per un risultato sensualmente vintage. Nutini è riuscito a fare tesoro del meglio che la musica black d’annata ci ha offerto tra gli anni ’60 e ’70 vestendolo con abiti sonori più contemporanei. La tracklist dell’album è davvero eterogenea: dal singolone “Scream” si passa alla dolcissima intro di “Let me Down Easy”, Nutini è semplice e complicato al contempo, delicato e rude a fasi alterne, il graffio della sua voce riesce ad infiltrarsi con grazia nell’animo. Il gioco di voci di “Bus Talk”  è la parentesi che introduce il lirismo sonoro di “One Day”: “I’ll be gone in a while”, canta Paolo, perdendosi in una sorta di puntinismo vocale sul finale.  Il fascino squisitamente jazz di “Numpty” lascia il passo alla intensa “Better man”, la canzone che, meglio di altre, descrive in maniera incisiva il titolo del disco. Il brano più osannato in assoluto è “Iron Sky”, il testo è cosparso di parole forti, maschie, decise e pungenti e, se a questo aggiungiamo la parte del monologo tratto dal “Grande Dittarore” di Charlie Chaplin, il risultato non può che risultare epico. L’eco dei riff di chitarra di “Diana” è lo stacco mentale perfetto per prepararsi all’ascolto di “Fashion” feat. Janelle Monaè, un brano amabilmente rythm&blues. “Looking for something, leaving with nothing”, scrive e canta Paolo nella bellissima “Looking for something”, la canzone dedicata alla madre mentre “Cherry Blossom” cede ad una più tradizionale carica rock. La chicca finale è “Someone like you”: la voce di Paolo si distende in un canto pulito, delicato e trasparente, quasi angelico, che rimanda la mente alle dolci canzoni dell’intramontabile Elvis Presley.

Raffaella Sbrescia

Video: “Scream” (Funk My life Up)

Intervista a Manuel Cardella: “Voglio creare qualcosa di nuovo”

Manuel Cardella

Manuel Cardella Ph Agnese DiVico Rubini

Il cantautore romano Manuel Cardella presenta “Rinascerò”. Il singolo è tratto dal disco d’esordio, di imminente pubblicazione, e racchiude la grande voglia di mettersi in gioco da parte del giovane artista che, lavorando a stretto contatto con il team di Cantieri Musicali, ha maturato l’idea di un genere musicale in grado di riunire i tratti tipici della tradizione pop italiana con le sonorità elettroniche tanto in voga oltreoceano. Abbiamo raggiunto Manuel al telefono per scoprire quali sono i contenuti del suo lavoro e cosa c’è alla base delle sue canzoni.

“Rinascerò” è il titolo del tuo nuovo singolo. Dal punto di vista musicale ci colpisce la fusione tra la melodia pop con il dub, la dance ed il funky mentre, per quanto riguarda il significato del brano, il tema centrale pare essere quello di un sentimento impossibile da cancellare…Qual è il tuo commento?

Il testo è scritto da uno dei più grandi autori della musica italiana che è Piero Calabrese il quale, tra l’altro, è uno dei miei produttori e fa parte del mio team di lavoro. Siamo partiti dai miei lavori precedenti, contraddistinti da suoni molto elettronici e vicini alla dance, per arrivare al pop più suonato con degli strumenti live, il tutto per cercare un mio stile personale in grado di differenziarsi dallo scenario musicale attuale. L’idea iniziale del testo è venuta da me è parla di un amore impossibile da cancellare e che segna per sempre l’anima. Il sentimento che contraddistingue il brano è la voglia di rinascere e ripartire da zero, lasciando comunque intatto il ricordo di una persona importante.

I movimenti delle tue mani nel videoclip girato dal regista Daniele Zed Berretta hanno un significato specifico?

Sì! Parlando con il regista mi sono soffermato su ciò che si può creare e ciò che si può distruggere e abbiamo preso come riferimento le mani. Proprio con le mani, nel video, costruisco forme come se tutto fosse possibile da realizzare…l’idea della rinascita è stata resa proprio attraverso la creazione estemporanea di forme con l’obiettivo di trasmettere a tutti la consapevolezza dei propri mezzi e del proprio potenziale.

Manuel Cardella

Manuel Cardella Ph Agnese DiVico Rubini

Quali saranno i temi e i generi presenti nel tuo nuovo lavoro?

Il lavoro che sta per uscire è praticamente il mio primo disco che è registrato al Biplano Studio per l’etichetta Cantieri Musicali. Si tratta di un lavoro che comprende diversi generi musicali, una miscela di diversi stili che va dal pop, all’elettronica, alla dance, al funky, al dubstep, senza, tuttavia, tralasciare pezzi piano e voce più malinconici. A questo aggiungo che vengo da un’esperienza di vita che mi ha un po’ cambiato: circa un anno e mezzo fa sono stato operato al cuore per una malformazione congenita, che avevo dalla nascita, e dopo questa esperienza ho voluto raccontare nel disco quello che ho vissuto. Trattandosi del primo album, avevo voglia di raccontare della mia crescita fino ad oggi. Si parlerà non solo di amore ma anche di rivincita, di rivalsa, di una crescita personale, che c’è stata sia a livello artistico che umano. Ci sarà, dunque, ampio spazio per fatti e pensieri molto più personali e intimi come la voglia di andare avanti e di lottare per quello che si vuole senza avere paura.

Alla luce del fatto che il tuo primo amore musicale è stato il pianoforte, com’è cambiato, nel tempo, il tuo approccio nei riguardi della musica?

Parto dal presupposto che la mia ricerca stilistica dura già da un po’ e ho da sempre l’obiettivo di fare qualcosa che non si sia già sentito in Italia, il mio background si rifà alle sonorità d’oltreoceano tuttavia, in tutti i miei brani c’è la presenza costante del pianoforte che da sempre mi accompagna nel mio percorso artistico. L’obiettivo finale è quello di trovare il giusto equilibrio tra tutti questi elementi mixando passato e  presente.

Quali saranno le prossime tappe del tuo percorso?

Nei prossimi mesi ci sarà la pubblicazione del mio primo album e alcuni live che stiamo organizzando per la promozione del disco in tutta Italia.

Raffaella Sbrescia

Video: “Rinascerò”

 

Si ringraziano Manuel Cardella e Marina Mannino per la disponibilità

Renzo Rubino in tour: un’altalena di emozioni

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Lo scorso 14 aprile il giovane cantautore pugliese Renzo Rubino ha inaugurato il Secondo Rubino Tour con uno splendido concerto al Teatro Bellini di Napoli. Ad introdurre la serata il cantante salernitano, ex The Voice of Italy, Manuel Foresta che, nelle vesti di estroso chansonnier, si è esibito sulle note di brani di Edith Piaf ed Adriano Celentano, senza tralasciare due sue canzoni inedite come “Dejavù” e “The Essence of Silence”.

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Una manciata di minuti più tardi il palco si trasforma in un romantico giardino di luci: piccole lampadine cadono sospese dall’alto, mentre un festoso sottobosco di lucine cinge gli strumenti dei musicisti. Al centro del palco un pianoforte, sorvegliato da una struttura luminosa simile ad un grande ragno fatto di zampe elettroniche. Renzo entra in scena tra lo stupore generale: nei panni di un mostro gentile, l’artista intona “La fine del mondo”, primo brano in scaletta, ad accompagnarlo Fabrizio Convertini (basso), Andrea Beninati (batteria e violoncello), Eugene (theremin e tastiere) e Andrea Libero Cito (Violino).

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Subito dopo il cantautore si libera agevolmente dell’ingombrante costume e si scatena sulle note di “Ora”, senza riuscire a stare sul seggiolino nemmeno stavolta: «Questo teatro è un luogo incantato, non sono mai stato qui in veste di musicista e sono davvero felice di esserci– spiega Renzo – Napoli è una grande città del Sud Italia ed era giusto iniziare da qui».

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

L’artista ha voglia di dialogare con il pubblico, lo si evince dai suoi sguardi, dal suo continuo interagire con la platea ma anche, e soprattutto, dai suoi testi così immediati e diretti. «Lulù è un brano ispirato ad una storia realmente accaduta – racconta Rubino – mio nonno è malato di Alzheimer, una malattia tragicamente comica, spesso dimentica le cose ma Lulù, che è il nome di mia nonna, è l’unica parola che lo tiene saldamente legato alla terra». Ecco, Renzo è così: è capace di risultare dissacrante un attimo prima ed incredibilmente dolce un secondo dopo. La sua fantasia viaggia velocissima e stargli dietro è davvero difficile, la sua poliedricità non contraddistingue solo i testi ma anche gli arrangiamenti delle canzoni: si passa dall’intimismo di “Sete” all’energia dance di “Amico”.

Renzo Rubino e Simona Molinari Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino e Simona Molinari Ph Luigi Maffettone

“Con Barry White che aiuta, con lui non sbaglio mai”, canta Renzo nell’esilarante “Paghi al Kg”, per poi lasciare il pianoforte sull’intro di “Non arrossire”, il bellissimo brano di Giorgio Gaber con cui Rubino accoglie l’ospite della serata: si tratta di Simona Molinari. I due artisti avevano già conquistato pubblico e critica durante la serata Club Tenco al Festival di Sanremo e, sulla scia di quella magica alchimia, anche stavolta il risultato è davvero emozionante; bellissimi da vedere e da ascoltare! Subito dopo la bella Simona regala un interessante cambio di prospettiva a “Il postino (Amami uomo)”, altro grande successo sanremese di Renzo e si scatena sulle note della sua “La felicità”.

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

I ritmi sono serrati e Rubino si riappropria subito del palco con “Mio”: “Le canzoni nascono dai sogni” – spiega il cantautore – ed  è così che è nata “L’ape, il toro e la vecchia”». Dopo il racconto della fuga da un sogno distorto, Renzo balla e scende in platea sulle note dello schizofrenico brano intitolato “Non mi sopporto”: la perfetta fusione tra teatralità e genialità.

Con i testi dei monologhi firmati dalla scrittrice Silvia Avallone, il giovane Renzo entra nel Dna delle sue canzoni riuscendo a fornire delicati ed efficaci input al pubblico come nel caso di “Monotono”. Subito dopo arriva la confessione: «A Sanremo preferivo l’altra, dice Renzo, riferendosi a “Per sempre e poi basta”, questa canzone da cantare è un’altra cosa», ed è proprio vero, questo brano è davvero ipnotico, la perla più rara di una collana preziosa.

La scaletta continua sulle note di “Bignè”, un breve pastiche strumentale introduce l’altra cover della serata, si tratta dell’irriverente “Che brutto affare”, il testo scritto da Franco Califano per Jo Chiariello. A seguire “Piccola”, la canzone dedicata all’amore per la musica.

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino Ph Luigi Maffettone

«Ho già nostalgia di questo presente», dice malinconico Rubino, rimettendo il cappello al fantoccio usato in apertura di concerto prima di lasciare il palco con i suoi bravissimi e poliedrici musicisti. Una manciata di secondi più tardi arrivano gli ultimi brani della serata: il primo è l’amatissimo “Pop”, accompagnato da piccole palettine sventolanti, ideate da un gruppo di fan del cantautore, a seguire c’è l’intensa versione originale de “Il postino (Amami uomo)” in riferimento alla quale Renzo dice:«Portare questo brano a Sanremo è come portare Wagner in Israele».

Renzo Rubino e la band Ph Luigi Maffettone

Renzo Rubino e la band Ph Luigi Maffettone

Davvero suggestiva è l’immagine del pubblico danzante sulle note di un valzer collettivo ma il tempo dei saluti finali è vicino: “L’altalena blu” è il brano con cui il piccolo-grande Renzo conclude il concerto salutando il pubblico dalla sua finestra dei sogni: “Prova a prendermi prova a prendermi prova a prendermi prova a prendermi. Tanto non mi prendi”.

Raffaella Sbrescia

Brunori Sas a Napoli: un sold out da raccontare

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Altro giro, altra corsa. Il Suo.Na porta Dario Brunori in concerto al Duel Beat di Napoli ed è subito sold out. Ad aprire l’affollatissimo ed atteso appuntamento musicale sono i partenopei La Bestia Carenne che, grazie al riuscito mix sonoro tra folk e musica etnica in set acustico, conquistano attenzioni e applausi nel corso di un’esibizione promiscua e, per questo, ancora più interessante.

Dario Brunori

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Pochi istanti più tardi Brunori e la sua Sas salgono sul palcoscenico: “Assiomi e teoremi non valgono niente”, Dario Brunori sa esattamente come esprimere le emozioni del genere umano e lo fa a suo modo, attraverso un mix di scanzonata nostalgia e brillante ironia. Padrone del palco e degli strumenti che utilizza, facendo la spola tra chitarra e pianoforte, il cantautore di origini calabresi riesce a gasare il pubblico in maniera semplice ma assolutamente efficace. La caratura testuale del suo repertorio affronta il quotidiano delle nostre esistenze in maniera ora goliardica, ora intimista, contornando il tutto con un’attenzione particolare alla costruzione di arrangiamenti curati e ricchi di sottili e preziose sfumature.

Dario Brunori

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Accompagnato dai puntuali e carezzevoli cori di Simona Marrazzo nonchè da validi musicisti come Stefano Amato, Dario Della Rosa, Massimo Palermo e Mirko Onofrio, Brunori inaugura la nutrita scaletta del concerto con due brani tratti dal suo ultimo disco di inediti Vol.3 Il Cammino di Santiago in taxi”, stiamo parlando di “Arrivederci Tristezza” e “Pornoromanzo”. A seguire “Il santo morto” e l’apprezzatissima “Lei, lui Firenze”, per quella che è stata ironicamente definita dallo stesso artista un’ agonia di tre brani e mezzo in veste rock’n’roll” fino al ritorno al piano sulle note di “Kurt Cobain”, il singolo cantato a squarciagola da buona parte dei presenti.

“Mangio quel che mangio per amore della compagnia perché è più facile restare al caldo dicendo qualche fesseria”, canta Brunori in “Nessuno”, nel pieno di una spettacolare catarsi strumentale, seguita da “Come stai”, la frase d’esordio del mondo. “Fra milioni di stelle” è il pezzo che Dario incita ad ascoltare con le proprie orecchie e a guardare attraverso la propria retina. “Meglio di niente”, “Paolo” e “Mambo reazionario” mandano il pubblico letteralmente in delirio, Brunori sente molto il calore del pubblico e la sua espressione emozionata e felice è più che sufficiente a testimoniare una sopraffazione emotiva impossibile da nascondere, nemmeno sotto fiumi di battute.

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Calano le luci, la Sas lascia Dario da solo al pianoforte per una splendida versione di “Una domenica notte”, salvo poi ritornare per la geniale “La vigilia di Natale”: ma poi ti fermi un secondo e rimani così.. a pensare che il peggio è passato, a un passo da qui. Immancabile la doppietta d’assi composta da “Le quattro volte” e “Italian Dandy”, seguita da un’esilarante improvvisazione durante un piccolo problema al settaggio di una delle chitarre da usare.

 Brunori Sas Ph Luigi Maffettone

Brunori Sas Ph Luigi Maffettone

Dario Brunori colpisce non solo chi lo apprezza da tempo ma anche, e soprattutto, chi lo ascolta per la prima volta, l’artista riesce a dire tutto di sé senza essere esclusivamente autoreferenziale e, a ulteriore conferma di quanto detto, una piccola session strumentale lo porta ad accennare “Back in black” degli Ac/Dc ma soprattutto “A me me piace ‘O blues” di Pino Daniele, esclamando sul finale “Teng ‘a cazzimm!”.

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

Dario Brunori Ph Luigi Maffettone

In chiusura Brunori cala il tris delle meraviglie: “Tre capelli sul comò”, “Guardia ‘82” e “Rosa” sono i brani che, più di altri, richiamano gli esordi del cantautore ma che luccicano ancor di più sotto l’effetto rinvigorente dei nuovi arrangiamenti. “Mi sono scialato”, dice Dario salutando il pubblico, e, a giudicare, dai volti di tutti possiamo affermare che non è stato il solo.

Raffaella Sbrescia

 Brunori Sas Ph Luigi Maffettone

Brunori Sas Ph Luigi Maffettone

“Gli Animali”, il nuovo singolo di Alessandro Mannarino

gli animaliDopo il clamoroso successo del “Supersantos Tour” e dello spettacolo intitolato “Corde: concerto per sole chitarre”, il giovane e talentuosissimo Alessandro Mannarino torna in pista con l’atteso terzo disco di inediti intitolato “Al Monte”, in uscita il prossimo 13 maggio  per Leave srl/Universal Music,  anticipato dal singolo “Gli Animali”, da oggi in rotazione radiofonica e disponibile negli store digitali.

Il nuovo singolo del cantautore romano rappresenta una brillante e controversa metafora del genere umano rivisitato e corretto alla Mannariniana maniera: “Gli animali ci somigliano? O siamo noi che somigliamo a loro? E in questa corsa a mangiarsi, annusarsi, inseguirsi, sbranarsi, ci sarà un modo per salvare la pelle?”,  si chiede Alessandro, mentre travolgenti sonorità latine si lasciano cullare da percussioni incandescenti e suadenti corde di chitarre cosmopolite. L’inconfondibile voce maschia e sensuale di Mannarino introduce, una dopo l’altra, una serie di immagini precise ma sempre dotate di significati traslabili all’interno di contesti figurati: Il coccodrillo è in cerca sempre di una preda. La preda fa di tutto perché lui la veda; il mondo dei media fagocita all’interno del proprio calderone gli esseri umani per poi ricacciarne fuori i resti mentre Il somaro va avanti e indietro da casa al cimitero.

Alessandro Mannarino 2014 Ph Simone Cecchetti

Alessandro Mannarino 2014 Ph Simone Cecchetti

I serpenti sono tanti, quasi quanto i santi. Cambiano i vestiti, son sporchi dentro, fuori eleganti. Stai attenta: parole forti per un monito diretto ed implacabile: fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, c’è bisogno di attenzione, premura e precauzioni per salvarsi dal bruttume che ci circonda.

Cambiano i governi ma non cambiano gli schiavi, scrive e canta lucidamente Mannarino, arrivando alla parte più intensa e più diretta dell’originale testo: Nonno, nonno posso farti una domanda sulla nostra vita dei pesci del mare? Perché ogni tanto qualche compagno scompare? Perché è stato preso dalla rete del pescatore. Ma ci sarà un modo per non farsi acchiappare? Bisogna saper distinguere la luce delle stelle da quelle delle lampare, a fornire il saggio responso è il vero Patriarca di casa Mannarino, una preziosa chicca che impreziosisce questo speciale assaggio di un album che si preannuncia ricco di contenuti.

Raffaella Sbrescia

The Gentlemen’s Agreement: Apocalypse Town, la recensione

cover gentlemen“Apocalypse Town” è il titolo del terzo disco del gruppo partenopeo The Gentlemen’s Agreement, pubblicato oggi per Subacava Sonora. Al centro di questo lavoro c’è l’uomo, un operaio senza nome che, esclusivamente grazie alla propria forza d’animo, riesce ad uscire dalla fabbrica di una metropoli apocalittica e a riappropriarsi del proprio cuore, dei propri sogni, della propria vita. Raffaele Giglio (Voce, Chitarra), Antonio Gomez (Contrabbasso, Basso elettrico, Cori), Gibbone (Percussioni, Pedaliere proto-industriale, Rumori, Cori), Mauro Caso (Batteria, Rumori), Pepo Giroffi (Sax baritono, Sax tenore, Sax soprano, Clarinetto, Flauto traverso) hanno dato vita ad un progetto davvero molto speciale ed avanguardistico, prodotto interamente attraverso il baratto e rilasciato esclusivamente con licenza Creative Commons. La tracklist del disco segue un preciso percorso scandito da sonorità esotiche, ispirate al lavoro di Tom Zé, ed ottenute grazie all’utilizzo di strumenti inventati ed auto-costruiti ( Psycho sitar, Mollofono) oppure trapani e lucidatrici sfregati su campanacci, rullante con freno macchina, macina bulloni.

“Apocalypse Town” è un disco artigianale, intagliato pezzo per pezzo e rifinito grazie ai rapporti di fiducia e fraterno rispetto che i membri della band hanno saputo instaurare con tutte le persone che hanno incrociato durante  il loro percorso.

The Gentlemen's Agreement

The Gentlemen’s Agreement

Ad aprire il disco è “Leitmotiv #1 Incubo”, il primo dei 4 divertissement strumentali presenti nell’album: ossessività, monotonia, rumori indistinti ricreano la frenesia di una fabbrica che ingurgita gli uomini privandoli della propria identità. La fabbrica è un orribile mostro adorato come una divinità, cantano i The Gentlemen’s Agreement in “Moloch!”:la sveglia esplode  demolendo sogni e rendendo la vita molto meno interessante. L’uomo è parte di un ingranaggio destinato a consumarci e a buttarci via. Molto suggestivo è il testo de “Il milione”: la mente veleggia tra le onde di sogni gratis, senza turni e senza debiti, mentre una leggera brezza strumentale allevia le pene del corpo martoriato da una routine asfissiante. “Dire…direttore” è il geniale singolo incentrato sullo sterile rapporto tra dipendente e datore di lavoro: lavoro qui da te, ma tu con me non ci sei mai, parlo tanto di te, ma tu con me non parli mai, perdo il tempo per te, ma tu perché non perdi mai? Il testo è incalzante e si sposa appieno con il coinvolgente ritmo di sonorità che rimandano l’immaginario al Sudamerica. A seguire c’è “Rumore su rumori”: il rumore del cuore è il perno centrale su cui regge tutto il testo, l’animo del protagonista sta per cedere alla resa fino ad un repentino punto di svolta: sento il mio cuore e non lo perdo più. Davvero incoraggiante ed energico è “Mordi! Prendi! Vivi!”, un brano incentrato su una serie di implacabili imperativi intesi come monito finalizzato alla rinascita indiduale di ciascuno di noi. Questa presa di coscienza trova uno sbocco naturale tra le note dei “Leitmotiv #2 Consapevolezza”: intuizione, coscienza, luce, scossa e infine fuga; il karma dello Psycho sitar orientaleggiante sullo sfondo sortisce l’effetto sperato.

In “KABOOM! Chiude la fabbrica” l’iniziale terrore è sostituito dall’esigenza di inventare un sogno, di occupare una campagna e riprendersi il proprio tempo, la città si svuota ma chi rimane gode. Il cammino prosegue con “I piedi lo sanno”, nuovo tempo e nuove strade guariscono le ferite del passato ed ecco sopraggiungere “Leitmotiv #3 Risveglio”, un samba di scombussolamento scuote i sensi e li rieduca all’amore per la natura.

“Adeus” è un brindisi alla libertà: decido il mio tempo, ora io ho tempo, ora il profumo di vita si sveglia anche in questa città. I The Gentlemen’s Agreement si lasciano ispirare dal fascino del Salento, la terra in cui hanno registrato l’album, proprio nel SudEst Studio di Campi (Lecce) di Stefano Manca la band ha lavorato per un mese alla costruzione di una delle sale di ripresa dello studio, in cambio di un mese di registrazione. Siedi, vivi, cerca, scopri, guardati dentro, viaggia, torna, cura il tuo centro, prova, riuscirai, queste le meravigliose parole di “Come l’acqua”, che non hanno bisogno di un ulteriore commento. “Il tempo del sogno” è un addestramento al mondo, la vita qui è un momento, qui non si aspetta nulla, cantano i The Gentlemen’s Agreement mentre “Leitmotiv #4 Evoluzione” sigla i titoli di coda di una rivoluzione intesa come evoluzione armoniosa.

“Apocalypse Town” è, in sintesi, un investimento per il proprio Benessere Interno Lordo, agisce in piccolo ma pensa in grande, provare per credere!

Raffaella Sbrescia

Video: “Dire…direttore”

Intervista ad Agnese Valle: “Anche oggi piove forte…”

agnese valle “Anche oggi piove forte…” è il titolo del disco d’esordio di Agnese Valle (in uscita il prossimo 11 aprile per l’etichetta Farfavole). Agnese  è diplomata in clarinetto al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma e ha conseguito numerosi masterclass e stage di perfezionamento musicali, canori e teatrali in Italia e all`estero. Il suo album rappresenta la fotografia del periodo storico corrente, in cui il brutto tempo sembra non avere fine, senza, tuttavia, rinunciare a nuovi moti di entusiasmo e di intraprendenza. Agnese Valle è anche supporter della campagna “Operazione fame”, promossa dall’organizzazione internazionale ActionAid, per la promozione del diritto al cibo in Italia e nel mondo, attraverso il videoclip del singolo “Lasciare riposare” che sarà proiettato, in anteprima, all’Asino che Vola di Roma il prossimo 11 aprile, in occasione della presentazione del disco.

Anche oggi piove forte…oltre che il titolo dell’album questo è anche un messaggio chiaro e forte?

Sì è un messaggio chiaro e forte perché racchiude la sintesi di questo momento, essere giovani, artisti e lavoratori in questo momento storico tutt’altro che semplice, “Anche oggi piove forte”…tuttavia ci attrezziamo!

Il disco è stato scritto da te e da Stefano Scatozza… cosa e chi raccontate in questi 13 brani?

Questo album racchiude un po’ tutto quello che mi è ronzato nelle orecchie fino ad ora. Potrei dire di aver raccontato la prima fase della mia vita a quattro mani con un grande amico, collega e maestro quale è Stefano Scatozza: dagli anni di conservatorio, agli ascolti da bambina, alle esperienze in orchestra a quelle da ascoltatrice e osservatrice di altre generazioni. Da un punto di vista musicale, abbiamo scelto di dividere il disco in 3 parti: ci sono dei piccoli interludi strumentali e la parte centrale del disco è quella dedicata al racconto vero e proprio.

Tu sei una clarinettista professionista, come motivi la scelta dei 3 divertissement strumentali inseriti nell’album?

La scelta di questi brani è dovuta alla voglia di dare spazio alla mia seconda voce, che è appunto il clarinetto, e, allo stesso tempo, volevo realizzare una fotografia di momenti al di fuori dello studio di registrazione: un brano è stato registrato durante una colazione a Colle Val d’Elsa, un posto vicino a dove eravamo stati a registrare, un altro è stato registrato durante una fase creativa mia e di Stefano, infatti è l’unico dei tre ad essere proposto in duo, chitarra e clarinetto. Il mio intento finale è stato quello di unire la parte ufficiale della registrazione a un momento di convivialità, di divertimento, di quotidianità.

Attraverso il brillante singolo intitolato “Lasciare riposare” detti le istruzioni per affrontare l’altro e sempre in relazione a questo brano, sei anche testimonial dell’ “Operazione Fame”, organizzata da Action Aid Italia… Ci racconti la genesi di questo brano e come stai vivendo questa esperienza?

 Partirei dal presupposto che secondo me l’artista non ha un ruolo fine a se stesso, la musica non deve solo preoccuparsi di se stessa deve, bensì,  partecipare al contesto storico e alla vita del proprio paese, io poi amo sposare cause inerenti anche ad altri ambiti oltre il mio. La ricetta che propongo in questo brano in qualche modo sostiene la campagna di Action Aid che prevede tutto un programma di educazione finalizzato a non sprecare il cibo. Da questa collaborazione è nato video, realizzato da Le Bain Production, che raccoglie e chiarifica una serie di cose.

Agnese Valle Ph Massimo Bottarelli

Agnese Valle Ph Massimo Bottarelli

In “Disposto a tutto” usi molte delle tipiche espressioni utilizzate nelle lettere motivazionali  di chi cerca lavoro ma soprattutto dai voce ad una richiesta di aiuto…

Canto questa canzone calandomi  nei panni di una portatrice neutra, non sono né maschio né femmina, sono un lavoratore con un curriculum privo di specializzazioni e qualifiche e,  nonostante l’inizio drammatico del brano, il ritornello torna sull’individuo che si mostra pronto a reinventarsi. Più passano i giorni e più trovo che questa canzone sia veritiera, la chiave è svegliarsi col piede giusto la mattina

Qual è il “lato caldo del letto”?

Il brano è ispirato ad uno dei racconti degli “Amori difficili” di Calvino in cui l’autore racconta la vita di una coppia di altri tempi che si rincorre all’interno di una routine giornaliera. Ho preso spunto da questa storia per raccontare un amore moderno, un amore dei nostri tempi in cui ci si rincorre, magari si vive distanti… Il lato caldo del letto è, quindi, quello che mantiene il tepore, il calore, la forma e l’odore dell’altro.

Chi è la “donna di pelliccia?

La protagonista del brano è una signora che vedo fin da quando ero bambina nel palazzo dove vivo, che in realtà è un enorme comprensorio con tante palazzine una interna all’altra. Le facce sono familiari ma spesso non si va oltre un buongiorno e un buonasera… La donna di pelliccia è una donna che ricordo da sempre, ha un aspetto bizzarro, sia nell’aspetto che nei modi, è difficile che parli, che comunichi con qualcuno, vive a metà strada tra una depressione alcolica e un mondo parallelo. Lei è l’emblema di tutte quelle conoscenze che ti risultano familiari ma che in realtà non conosci e su cui a volte ti ritrovi a fantasticare

Come mai omaggi Enzo Iannacci in “Io e te”?

Stranamente, pur essendo romana, sono cresciuta ascoltando anche  i cantautori milanesi che, alla fine, sono i più difficili… A mio parere Jannacci aveva un profilo artistico geniale e il brano “Io e te” mi è sembrato perfetto per creare un binomio con “Disposto a tutto”. La canzone è il ritratto di una realtà storica e sociale vista da una giovane coppia con tutte le problematiche annesse. Il brano è del ’79 e la cosa mi ha fatto molto riflettere, le tematiche affrontate sono assolutamente attuali e alla fine i due brani risultano complementari.

Come concili la tua attività performativa con quella di docente di propedeutica musicale, canto e clarinetto nelle scuole romane?

Insegnare è una cosa che mi piace moltissimo quindi cerco di farla bene lasciando sempre  il tempo necessario al mio progetto, che è prioritario per stare bene. Ho uno schema orario preciso però sono fortunata a fare un lavoro che mi piace e che è complementare alla mia attività artistica.

L’11 aprile presenterai il disco all’Asino che vola a Roma… tra gli ospiti dell’evento citiamo Renzo Rubino e Raffaella Misiti, come ti stai preparando al grande evento e come sarà strutturata la serata?

Sto praticamente facendo il conto alla rovescia! Sono orgogliosa di avere grandi artisti al mio fianco, Raffaella Misiti, in particolare, è una cantante straordinaria, una mia grande amica nonché mia maestra. Ci saranno dei duetti insieme agli ospiti per un battesimo festoso del mio progetto, l’organico sonoro sarà un quartetto, che è il mio gruppo, Stefano Scatozza sarà un ospite non ospite, in quanto parte della famiglia. Ci sarà anche Luca De Carlo e presenteremo il video di “Lasciare riposare”, prodotto da Le Bain…saremo tutti insieme e non vedo l’ora che arrivi il momento di salire sul palco!

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Agnese Valle e Artevox Musica per la disponibilità

Biagio Antonacci, la recensione del nuovo album “L’amore comporta”

VINILE_Layout 1“L’amore comporta” è il nuovo lavoro discografico di Biagio Antonacci, pubblicato, oggi 8 aprile, su etichetta IRIS/Sony Music, a due anni di distanza da “Sapessi dire no”. Il disco si compone di tredici brani inediti, arrangiati da Michele Canova e scritti da Biagio Antonacci, ad eccezione di “Le Veterane”, il brano scritto e arrangiato dal cantautore Paolo Conte  apposta per Biagio. Il leit motiv del disco è l’amore, un sentimento che Antonacci sviscera e approfondisce, cercando di coglierne anche le gradazioni delle sfumature apparentemente più deboli. Il filo conduttore, che lega tra loro le parti di questo progetto, attraversa gli estremi dell’animo umano focalizzandosi sui momenti e le sensazioni più intime e delicate. Le zone di confine, i momenti di smarrimento, i pensieri più reconditi fanno da sfondo a testi ora più allegri, ora più intensi. Muovendosi tra ansie e incertezze, Biagio scrive e canta per le donne e sulle donne con una consapevolezza nuova ed una maturità artistica che si evince dalla forte connotazione introspettiva dell’album.

Biagio Antonacci

Biagio Antonacci

L’apertura del disco è affidata a “Cado”, un brano ritmicamente molto movimentato, a tratti quasi dance, che intende essere un inno alla vita con tanto di stappo di bottiglia e bollicine sul fìnale. A seguire il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album “Ti penso raramente”: un continuo dissolversi ed estinguersi caratterizza la dicotomia tra cuore e mente mentre la bellissima title track “L’amore comporta” racchiude in una ballad la genesi dell’amore, inteso come motore della vita: “L’amore comporta un linguaggio a sé stante, ti annaffia e ti gonfia le guance… l’amore ti fa patire, subire, stupire…in sintesi l’amore ti salva”. Molto intenso è anche l’arrangiamento di “Hai bisogno di me”, il racconto di un amore senza forzature, in grado di tenere senza temere, un amore che non sa tradire. Biagio Antonacci fotografa gli attimi più intimi del rapporto a due ma riesce anche a tratteggiare con delicatezza i tratti di una dolce venere, attraverso l’intreccio di immagini e profumi di “Tu sei bella”.  Il clima si fa repentinamente più scanzonato in “Mai mi dici amore”: due tristezze che insieme non danno calore.  L’artista si lascia andare anche ad una sperimentazione in salsa reggae nel brano intitolato “Ho la musica nel cuore” tra rime alticce ed ego da smaltire.

Biagio Antonacci @ Milano Forum Ph Francesco Prandoni

Biagio Antonacci @ Milano Forum Ph Francesco Prandoni

Molto suggestiva è l’intro romantica e passionale di “Dolore e forza”: una piccola dedica ad un affetto ormai perduto. “No me olvides”è l’espressione spagnola ricorrente in “Ricordati chi sei”, il monito che Biagio lancia a se stesso e al suo pubblico, in omaggio alle proprie origini. La rinnovata figura della donna del nuovo lustro è racchiusa, invece, in “Barbara”, il brano in cui il cantautore tratteggia la personalità di una ragazza fatta di “tormento e vento” ma con tanta voglia di crescere. “Quando piangi mi piove dentro” è la frase più delicata e più suggestiva di “Ora e mai per sempre”, la descrizione di un amore fatto di eterne attese e nessun rimpianto. Il ritmo latino e l’atmosfera sorniona e gagliarda de “Le veterane”, il brano scritto per Biagio da Paolo Conte, ritaglia un piccolo spazio frizzantino all’interno del disco prima della chiusura, in chiave acustica, affidata a “Libera”: il dono dell’amore è attraversato dalla luce di un miracolo chiamato ancora vita.

Raffaella Sbrescia

Video: “Ti penso raramente”

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