Milano riabbraccia l’israeliano Asaf Avidan: il cantautore si è esibito lo scorso 12 aprile sul palco dell’Alcatraz per presentare il suo ultimo album di inediti “The Gold Shadow” con una performance di quelle che non si dimenticano facilmente. Quella sua vocalità così speciale, così graffiante, così ambigua, così emozionante ha ipnotizzato i numerosi spettatori accorsi all’evento. Quel suo timbro androgino, quelle sue parole tanto cariche di pathos e i significati intensi delle sue canzoni hanno ammansito anche i più distratti, canalizzando le energie di tutti in un biunivoco flusso di scambi emotivi. Un ‘atmosfera unica, dall’equilibrio fragile, proprio come un raro e difficile incantesimo. Al centro di questa dimensione parallela, non solo Asaf ma anche la sua particolare band, caratterizzata da una forte percentuale femminile. Pronti ad interagire tra loro per valorizzare ogni accordo o parola, Avidan e la sua band hanno conquistato il pubblico lentamente ma inesorabilmente, fino ad arrivare al tripudio finale. Cuori di tutte le età si sono intrecciati negli angoli più bui di parole ora urlate, ora sussurrate, ora cacciate fuori poco prima di annaspare affogando nel marasma dei sentimenti umani.
Dall’alto dei suoi numerosi live in tutto il mondo, Asaf sfoggia una nuova maturità artistica ed una notevole presenza scenica, perfetta per enfatizzare ogni singolo frame dei brani proposti in scaletta. Sinuoso e carezzevole, il suo canto è un balsamo per l’anima: si va “Over my head” a “Let’s just call it fate”, a “Ode to my Thalamus” a “Her lies, a “Different Pulses”; Asaf scava nel proprio passato regalandogli una nuova veste ricca di dettagli ed innesti importanti. Particolarmente riuscita la versione live di “The jail that sets you free” ed il cammeo voce e piano con la title track “The Gold Shadow”. Un cenno speciale va alla struggente “A part of this” mentre il fascino assoluto della celeberrima “Reckoning song” non accenna a spegnersi, anzi, con il tempo si fa sempre più strada la certezza che la rivisitazione di questo brano rappresenti il modo migliore per assaporare fino in fondo l’essenza di una voce unica al mondo come quella di Avidan. Sul doppio encore a fine concerto, l’artista ha appassionatamente ringraziato la sua band e tutto il suo staff dopo aver suonato insieme sui palchi di tutto il mondo, si è divertito ad interagire con il pubblico come poche altre volte prima ed infine ha letteralmente fatto scatenare tutti i presenti sulle note di “Hangwoman” fino all’affondo finale con un acuto da brividi, testimonianza metafisica di un talento che va oltre ogni definizione possibile.
Raffaella Sbrescia