Attesissimo Lenny Kravitz a Perugia, come del resto attesissimo in Italia, dove ha deciso di dedicare tre date alla presentazione dell’ultimo album “Blue Electric Light”, di recentissima pubblicazione.
E, va detto, non delude le aspettative, la rockstar statunitense, riuscendo a coinvolgere in circa due ore di cori, salti, balli e riprese video come se non ci fosse un domani i 13000 presenti in Arena Santa Giuliana: lo spettacolo sono già loro.
Arena gremitissima, pubblico variegato e di tutte le età, moltissimi stranieri, ma si sa: Umbria Jazz attira tanti turisti da fuori Italia, che colgono l’occasione per ascoltare musica eccellente e godersi la bellezza incantevole dell’Umbria.
Non delude da subito rispondendo a un richiamo che è feedback in anticipo. Le luci si spengono, e una marea di telefonini si accendono. Visto dall’alto della gradinata lo spettacolo è a dir poco suggestivo, e va da sé il pensiero: “Perché no?”- Leggendo di Chris Martin che chiede di spegnerli all’Olimpico, a maggior ragione: “perché no?” visto che oramai sono diventati parte imprescindibile delle nostre vite. E se può avere un senso per Bob Dylan, innanzitutto perché Bob Dylan col suo carattere oramai storicizzato, e poi per il genere di musica che propone, ne ha molto meno nella performance di un concerto rock: soprattutto quando il rock è glam. In questo senso la scelta di Kravitz di concedersi interamente al suo pubblico, facendo diventare il cellulare coreografia, è a nostro avviso da profondo inchino. Tanto più che, ripeto, visto dall’alto lo spettacolo è entusiasmante.
E lo diventa ancora di più quando le prime note di “Are you gonna go my way” saturano l’aria tiepida ma non caldissima, in termini meteorologici, dell’arena. Comincia un delirio che continuerà per oltre due ore, senza soluzione di continuità.
Ha fatto parlare recentemente di sé, l’icona sexy pop, più per l’incredibile forma fisica e per la “talebana” condotta di vita, che non per la musica, ma tant’è. Che si tratta di musica di altissima qualità ce lo racconta da quel palco. Security annullata dalla scelta, proprio di Kravitz, di eliminare le sedie e dare vita a un vero concerto rock con tutti i crismi: le danze innanzitutto. E’ un professionista, Kravitz, uno che non lascia niente al caso, a cominciare dalla scaletta. Ma questo non gli impedisce di rompere immediatamente ogni barriera e coinvolgere 13000 anime, portandosele tutte sul palco. Si susseguono brani recenti e meno recenti, ma, a giudicare dalla partecipazione canora della quasi totalità dei presenti, in poco più di un mese questo ultimo album devono esserselo ascoltato e riascoltato. Al di là di qualsiasi valutazione di carattere squisitamente tecnico, l’album è piaciuto, e questo ci rallegra. Ci rallegra, perché l’intelligenza va premiata, e Kravitz è sicuramente una rock star intelligente, che però non tralascia di metterci il cuore.
E così, TK421, I’m a Believer, Minister of Rock and Roll si susseguono fino ad arrivare alla fusione fisica.
Stilness of Heart è il brano giusto per immergersi tra il pubblico: ed è amore.
Per scelte di carattere organizzativo, pit fotografico blindato, e squisitamente personali, una schiena provata, e per concerti così ci vuole il fisico, come Kravitz insegna, la postazione di Ritratti è praticamente aerea, e, va detto, mai scelta fu più felice. Vedere quella marea di teste, di mani, di schermi sostenere il ritmo senza mai un piccolo indugio è uno spettacolo immenso nello spettacolo immenso. Due ore intensissime, per le quali ci sentiamo di dire, dal più profondo del cuore: Grazie Lenny.
Nel pomeriggio, al Morlacchi, tutto un altro sound, ma non meno importante: Kenny Barron, vera cariatide del Jazz, votato a Thelonious Monk, in trio con il batterista Savannah Harris e il contrabbassista Kiyoshi Kitagawa, ha dato vita a un live di eccellenza. Anche qui, teatro stracolmo, e, quel che è bello, un pubblico attento e interessato, nonostante l’ascolto fosse tutt’altro che facile.
Standard imprescindibili, come “How deep is the ocean”, e composizioni originali, per amanti del genere, ma anche meno amanti: la musica, quando è ben eseguita, cattura tutti, e l’esibizione del trio è stata ipnotica.
Contuinuano le proposte di qualità a Umbria Jazz, a costi accessibili e con un’organizzazione da encomio.
Nei prossimi giorni ne racconteremo ancora.
Roberta Gioberti