Antonio Castrignanò Ph Carlo Piro
Antonio Castrignanò è un musicista e cantante salentino, nonché voce e tamburo de l’Orchestra della Notte della Taranta. Riconosciuto come uno degli artisti più innovativi, Antonio si mostra tuttavia attento alla tradizione musicale, storica e culturale del territorio salentino. La ricerca strumentale e contenutistica di Castrignanò persegue, infatti, una linea di continuità tra passato e presente all’insegna del coinvolgimento emotivo e sensoriale del pubblico. In questa intervista l’artista rivela un’intima connessione tra la propria dimensione individuale e la sua musica che, nel corso degli anni, è riuscita a conquistare i contesti e i riconoscimenti più prestigiosi.
Sei un polistrumentista e cantastorie… da dove nasce il tuo sconfinato amore per la musica e cosa intendi comunicare attraverso le note?
La musica è un linguaggio universale che, a un certo punto della propria vita, ci si sente di sposare per comunicare quello che si ha dentro. Quello che intendo comunicare in “Fomenta” è parlare in maniera profonda di una terra che ha una dignità forte e una cultura musicale importante e che spesso si incontra con altre realtà simili, in questo caso il Salento incontra la Turchia.
Antonio Castrignanò Ph Carlo Piro
Quali sono stati i passaggi chiave del tuo percorso artistico?
Quello che mi ha formato è stato vivere e lavorare accanto a delle personalità molto speciali come quella di Uccio Aloisi e assorbire le loro sfumature artistiche. Queste persone rappresentano una cultura, una terra, una dignità antica, ancestrale che vale ancora la pena raccontare, senza trascurare le influenze attuali e moderne. La cosa importante è non creare fratture temporali e riconoscersi sempre nella matrice principale di questa musica.
“Fomenta” è il titolo del tuo ultimo suggestivo e coinvolgente lavoro discografico… quali storie, quali tradizioni e quali colori ci racconti in questo disco?
Generalmente si parte da un’emozione personale, la stella polare che ci guida è sempre lei e noi artisti, con istinto, con passione, e con musicalità, cerchiamo di raccontarla in un disco. “Core meu”, per esempio, è il racconto di un sogno che richiama alla mente varie esperienze personali, si tratta di un brano molto intimo.
Antonio Castrignanò Ph Giuseppe Rutigliano
Come hai lavorato con Mercan Dede e com’è nata l’idea di unire pizzica e musica turca?
“Fomenta” racchiude un po’ tutto quello che si vuole raccontare nel disco, il brano è una fotografia del Salento, una terra raccontata e filtrata attraverso la mia esperienza personale e quello che, invece, ha interessato un territorio che continua a cambiare, ad evolversi e ad assorbire storie e contenuti. Il Salento è una terra dotata di una dignità importante ma che non rinuncia a confrontarsi con il resto del mondo, in questo caso l’incontro umano e artistico è avvenuto con Mercan Dede e la Turchia.
Quali sono le suggestioni che hanno dato vita a “Terraferma”?
“Terraferma” parla di immigrazione, si tratta di un brano strumentale che avevo scritto per la colonna sonora dell’omonimo lungometraggio del regista Emanuele Crialese. Questo brano racconta il dramma degli immigrati che arrivano sulle coste siciliane e salentine, per me quelle immagini hanno rappresentato una suggestione visiva molto forte e ho, quindi, voluto includere questa composizione strumentale nel mio disco anche se si distanzia un po’ dal genere musicale che si voleva raccontare.
“Luna Otrantina” è l’unico testo di cui non sei l’autore esclusivo…ce ne parli?
Anche qui è presente quel filo rosso che attraversa le storie raccontate nel disco. Questo è un brano scritto da Rina Durante, una figura intellettuale di spicco nel contesto salentino. Questo testo racconta vari passaggi storici che hanno interessato il territorio come la presa di Otranto da parte dei turchi che, in questo caso, ritroviamo in veste di portatori di energia vitale e non di distruzione come invece avvenne nel 1400. Il brano è stato musicato dal Canzoniere Greganico Salentino.
Antonio Castrignanò Ph Carlo Piro
“Ci balla la pizzica nu more mai” è il messaggio che lanci al tuo pubblico nel packaging di “Fomenta”…
Si tratta di un’affermazione che mi rappresenta e che rispecchia quello che la musica mi ha regalato. La gioia che vedo negli occhi delle persone che hanno voglia di ballare e di sprigionare energia positiva appartiene ad ognuno di noi, questo è quello che sintetizza il senso di questo frase. Sono convinto che chi balla la pizzica non muoia mai perché è come se si andasse a pescare continuamente acqua vitale da un pozzo.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni e come sarà strutturato il tuo live?
Il concerto riassume l’insieme delle mie esperienze discografiche più importanti cioè “Mara la Fatìa” e “Fomenta”. Entrambe hanno un filo comune: la scrittura dei testi e dei brani attingono dalla tradizione ma raccontano con coraggio qualcosa di autobiografico che risente delle influenze attuali, pur mantenendo una matrice autentica. Prossimamente sarò in Polonia, a Modugno, e a Roma per la Notte della Taranta con Giovanni Sollima.
Raffaella Sbrescia
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