Prosegue la full immersion nell’Umbria Jazz Festival. E prosegue all’insegna dell’Incontro. Una delle parole chiave del Jazz, si sa, è “contaminazione”. Un termine che qui, nel contesto musicale, assume un significato positivo. Contaminazione è tutto quanto di nuovo nasce da un incontro. E’ unione. E’ dialogo. Un dialogo che solitamente esclude il raffronto. E’ dialogo, nel linguaggio universale delle note. I musicisti parlano così, e parlano con tutti. Uno dei valori più grandi della musica è proprio questo: l’universalità.
Così ci si chiede cosa possano raccontarsi una giovane pianista giapponese, ed un giovane suonatore d’arpa colombiano. Beh, possono raccontarsi e raccontarci storie magiche. Questo fanno i due giovani e incredibili Hiromi e Edmar Castaneta all’Arena Santa Giuliana, nel loro concerto per arpa e pianoforte, su composizioni originali, che lascia il pubblico basito, per la tanta bellezza e grazia. E’ un vento fresco e cordiale quello che accompagna i due musicisti sul palco. Molto presi nel tentativo di dialogare in italiano con il pubblico, il loro scopo sembra proprio quello di volersi far capire, senza possibilità di fraintendimenti, e ci riescono benissimo. Hiromi è una pianista dotata di grande talento ed originalità, molto vigorosa, nonostante la figura esile e la giovane età. Non vuole rinchiudere la musica dentro degli “argini stilistici”, per lei la musica è incontro, e quello che ne scaturisce. Un insieme pieno di elementi da accarezzare. Lui, un suonatore d’Arpa dotato di non minore talento e fantasia. Ma il talento spesso non basta. Ci vuole anima, ed è quella che ci mettono i due giovani musicisti, nel regalare al pubblico momenti di stordimento, strappando applausi durante le esecuzioni, (meritevole di menzione la sessione dedicata agli elementi “aria acqua fuoco e terra” e l’omaggio a Jaco Pastorius), ed una standing ovation della Santa Giuliana gremita, che non è cosa di tutti i giorni.
A seguire un altro “incontro”. Lei è una Diva della musica internazionale, ed un’icona della musica nera africana. Lui un percussionista dalla ritmica travolgente. Angelique Kidjo, accompagnata da Pedrito Martines, protagonista già lo scorso anno qui ad Umbria Jazz di numerosi concerti che lo hanno reso familiare al pubblico, rende omaggio alla regina della Salsa, Celia Cruz, che il palco di Umbria Jazz ricorda con affetto, per aver più volte preso parte alla manifestazione. La Kidjo è oramai consacrata star, dopo aver vinto tre Grammy, essere diventata ambasciatrice Amnesty International, Unicef, ed è considerata dai media anglosassoni una delle 50 icone d’Africa. Bella come il sole, nel suo abito coloratissimo, riversa il suo potente carisma sul pubblico al ritmo incalzante del percussionista cubano, dando vita ad uno spettacolo più vicino sicuramente alla Word Music che non al Jazz, ma che non stona nel prestigioso contesto musicale.
Dall’anima nera dell’Africa, all’anima Italo Argentina di Daniele di Bonaventura, che al Morlacchi, supportato dalla solida e paziente maestria dei solisti dell’Orchestra di musica da camera di Perugia, con il suo bandoneon rende liquidi anima ed occhi in un’ora e mezza di viaggio nel mondo del Tango, a partire dalle composizioni classiche di Burton Gardel e Villoldo, a finire alle sue personali, passando attraverso Astor Piazzolla (25 anni dalla morte), con una interpretazione di Oblivion “strazzacore”.
Bonaventura è un artista che conosciamo bene per la sua versatilità. dalla Word Music di qualità, alla musica etnica, al tango, al jazz, non gli fa paura nulla. Lo ricordiamo lo scorso anno presso il complesso di S Pietro, con Fresu e Michele Rabbia, il suo inseparabile bandoneon ed una competenza sopra le righe.
Ci racconta come nasce il bandoneon: come sostituto dell’organo nelle chiese. E con una dimostrazione di come veniva suonato in origine si accomiata dopo il secondo bis, ed un pubblico che, questa sera, si addormenterà sulle note di “libertango”, in attesa di una nuova entusiasmante giornata qui a Perugia.
R.G.