Biagio Antonacci, la recensione del nuovo album “L’amore comporta”

VINILE_Layout 1“L’amore comporta” è il nuovo lavoro discografico di Biagio Antonacci, pubblicato, oggi 8 aprile, su etichetta IRIS/Sony Music, a due anni di distanza da “Sapessi dire no”. Il disco si compone di tredici brani inediti, arrangiati da Michele Canova e scritti da Biagio Antonacci, ad eccezione di “Le Veterane”, il brano scritto e arrangiato dal cantautore Paolo Conte  apposta per Biagio. Il leit motiv del disco è l’amore, un sentimento che Antonacci sviscera e approfondisce, cercando di coglierne anche le gradazioni delle sfumature apparentemente più deboli. Il filo conduttore, che lega tra loro le parti di questo progetto, attraversa gli estremi dell’animo umano focalizzandosi sui momenti e le sensazioni più intime e delicate. Le zone di confine, i momenti di smarrimento, i pensieri più reconditi fanno da sfondo a testi ora più allegri, ora più intensi. Muovendosi tra ansie e incertezze, Biagio scrive e canta per le donne e sulle donne con una consapevolezza nuova ed una maturità artistica che si evince dalla forte connotazione introspettiva dell’album.

Biagio Antonacci

Biagio Antonacci

L’apertura del disco è affidata a “Cado”, un brano ritmicamente molto movimentato, a tratti quasi dance, che intende essere un inno alla vita con tanto di stappo di bottiglia e bollicine sul fìnale. A seguire il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album “Ti penso raramente”: un continuo dissolversi ed estinguersi caratterizza la dicotomia tra cuore e mente mentre la bellissima title track “L’amore comporta” racchiude in una ballad la genesi dell’amore, inteso come motore della vita: “L’amore comporta un linguaggio a sé stante, ti annaffia e ti gonfia le guance… l’amore ti fa patire, subire, stupire…in sintesi l’amore ti salva”. Molto intenso è anche l’arrangiamento di “Hai bisogno di me”, il racconto di un amore senza forzature, in grado di tenere senza temere, un amore che non sa tradire. Biagio Antonacci fotografa gli attimi più intimi del rapporto a due ma riesce anche a tratteggiare con delicatezza i tratti di una dolce venere, attraverso l’intreccio di immagini e profumi di “Tu sei bella”.  Il clima si fa repentinamente più scanzonato in “Mai mi dici amore”: due tristezze che insieme non danno calore.  L’artista si lascia andare anche ad una sperimentazione in salsa reggae nel brano intitolato “Ho la musica nel cuore” tra rime alticce ed ego da smaltire.

Biagio Antonacci @ Milano Forum Ph Francesco Prandoni

Biagio Antonacci @ Milano Forum Ph Francesco Prandoni

Molto suggestiva è l’intro romantica e passionale di “Dolore e forza”: una piccola dedica ad un affetto ormai perduto. “No me olvides”è l’espressione spagnola ricorrente in “Ricordati chi sei”, il monito che Biagio lancia a se stesso e al suo pubblico, in omaggio alle proprie origini. La rinnovata figura della donna del nuovo lustro è racchiusa, invece, in “Barbara”, il brano in cui il cantautore tratteggia la personalità di una ragazza fatta di “tormento e vento” ma con tanta voglia di crescere. “Quando piangi mi piove dentro” è la frase più delicata e più suggestiva di “Ora e mai per sempre”, la descrizione di un amore fatto di eterne attese e nessun rimpianto. Il ritmo latino e l’atmosfera sorniona e gagliarda de “Le veterane”, il brano scritto per Biagio da Paolo Conte, ritaglia un piccolo spazio frizzantino all’interno del disco prima della chiusura, in chiave acustica, affidata a “Libera”: il dono dell’amore è attraversato dalla luce di un miracolo chiamato ancora vita.

Raffaella Sbrescia

Video: “Ti penso raramente”

Coldplay, la recensione del video di “Magic”

Coldplay---MagicSi avvicina il 19 maggio, data di pubblicazione di “Ghost Stories”, il nuovo album di inediti dei Coldplay. Nel frattempo la band ha appena pubblicato il videoclip ufficiale di “Magic”, il primo singolo tratto dall’album. Il filmato porta la prestigiosa firma di Jonas Åkerlund e fa riferimento alla tecnica del film muto in bianco e nero. Il testo dolce, romantico e strappalacrime si presta molto bene a rivisitazioni filmiche. Nella versione proposta dal regista la protagonista è la diva cinese Ziyi Zhang nei panni di una maga, vittima di Chris Martin nel doppio e contemporaneo ruolo di fidato e sdolcinato assistente e di marito rozzo e violento.

Chris Martin in una scena tratta dal video ufficiale

Chris Martin in una scena tratta dal video ufficiale

Piccole didascalie conferiscono tono e vitalità alle vicende di una coppia legata a doppio filo al mondo della magia. A metà strada tra idealismo truffaldino e meccanica affaristica, gestualità e mimica facciale addolciscono l’insieme degli elementi propositi con il tipico happy end finale. L’attenzione al dettaglio e la cura per l’accessorio arricchiscono la fotografia d’insieme mentre la struggente melodia dei Coldplay muove i propri passi verso l’irreversibile fine di un amore che, in fin dei conti, non finirà mai… “And if you were to ask me, after all that we’ve been through, still believe in magic? Yes, I do. Of course I do”: e se tu dovessi chiedermi, dopo tutto quello che abbiamo passato, credi ancora nella magia? Sì che ci credo, certo ci credo! Un destino fatto di passione e dolci richiami è quello descritto dai Coldplay, un destino dove occhi lucidi e cuore puro sposano l’eterno dualismo tra poesia e realtà.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist di “Ghost Stories”:

1. Always In My Head
2. Magic
3. Ink
4. True Love
5. Midnight
6. Another’s Arms
7. Oceans
8. A Sky Full Of Stars
9. O7

Video: “Magic”

Enrico Ruggeri rinnova se stesso e quello che gli sta intorno in “Frankenstein 2.0″

ruggeriA distanza di tanti anni Enrico Ruggeri è ancora capace di rinnovarsi e rinnovare quello che gli sta intorno. Lo scorso 18 marzo è uscito, infatti, “Frankenstein 2.0″, che non è affatto una versione rimaneggiata e corretta del primo “Frankenstein”, pubblicato lo scorso anno dall’artista, si tratta, bensì, di un lavoro con un vestito sonoro realizzato ad arte in maniera del tutto artigianale, corredato da ben 4 inediti di pregevole manifattura. L’album è stato anticipato dal  fortunatissimo singolo intitolato “L’onda”, un brano assolutamente geniale che, dal punto di vista musicale, strizza l’occhio alla new wave e alla disco music anni Settanta e Ottanta. Il brano è destinato a rimanere a lungo in vetta in virtù di un testo pieno zeppo di riferimenti al sistema sociale, politico e culturale in cui ci ritroviamo a vivere. “Parlano di pace, politiche future mettono in campo congetture e poi seguono l’onda, l’onda. Indignazione, la contaminazione
immigrazione, religione e poi seguono l’onda, l’onda”; Enrico sa pungere e lo fa senza sconti, alla sua maniera, certo, elegante e puntuale, l’artista condanna la falsità e l’ipocrisia di una politica pronta a millantare promesse e a saltare sul carro del vincitore.
“Ecco l’onda che ti dice tutto quello che ti piace la colomba della pace che ti guida con la voce purchè si nuoti sull’onda… Poeti,santi, naviganti portati dall’onda, l’onda; europeisti tanto comunisti innovatori perbenisti plasmati dall’onda, l’onda”: il testo presenta parole forti, chiare, dirette, trasparenti ed eloquenti quanto basta per capire che Ruggeri ha inteso molto bene come stanno i fatti: l’onda ti dice quello che ti piace, decreta poeti e santi, stabilisce quali sono le idee vincenti e quali non lo sono, plasma modi di fare, atteggiamenti e modi di essere, il tutto mentre “fragili e smarriti senza direzione” viviamo “addomesticati dal miraggio della partecipazione”. Enrico Ruggeri  critica l’omologazione e il buonismo, il tutto portando in risalto il suono a presa diretta. All’interno di “Frankenstein 2.0″ sono presenti anche due collaborazioni: quella con Pico Rama (all’anagrafe Pier Enrico Ruggeri, primogenito del cantautore con cui Enrico duetta sulle note di “Insegnami l’amore”), e quella con Dargen D’Amico (con il quale Ruggeri ha riarrangiato “Per costruire un uomo”, già presente in “Frankenstein”).

Enrico Ruggeri

Enrico Ruggeri

Enrico Ruggeri fa dell’elettro-rock un punto di forza ed un tratto distintivo: “Non avrò paura di cercare ali dentro di me, canta l’artista in “La voce della Nave”, mentre “seguiamo la nostra ambizione e l’anima resta in prigione”. Frankenstein è un un simbolo di ribellione, una voce che segna i confini della condizione reale, un campanello d’allarme per un’umanità che ha oltrepassato il segno, un richiamo ispirato che, dietro il divertissement di un arrangiamento trascinante e ballereccio, nasconde messaggi forti, chiari, onesti. Autore e inventore di se stesso e delle proprie scelte Enrico Ruggeri non fa sconti e non fa calcoli; conoscenza, amore e voglia di cambiare sono i suoi assi nella manica, l’artista si muove fuori dalle consuetudini perché “chi sa stare solo è padrone della vita”, canta in “Aspettiamo i superuomini”. C’è tanta rabbia in “In un paese normale”: “C’è chi dovrebbe pagare il conto… di chi ha venduto le città non dovrebbe restare traccia”, scrive e denuncia Ruggeri, in una dichiarazione d’amore per un paese che non riesce a smettere di accumulare errori. Per concludere e completare il discorso l’artista sta portando “Frakestein 2.0” anche nei teatri con uno spettacolo ricco di sorprese ed una seconda parte dedicata all’interazione col pubblico attraverso i social networks.

Raffaella Sbrescia

Video: “L’onda”

Intervista ai Karbonio14: “La musica? Fa che sia per sempre”

Karbonio14

Karbonio14

I Karbonio14 sono quattro artisti emiliani: Valerio Carboni (voce, chitarre e pianoforte), Cesare Barbi (batteria), Luca Zannoni (tastiere) e Matteo Verrini (basso). Il loro mondo musicale rievoca e rielabora i suoni tipici della scena moderna inglese. Lo scorso 28 marzo il gruppo ha pubblicato “Fa che sia per sempre”, il nuovo singolo tratto dal disco d’esordio del gruppo,  intitolato “Tra le luci bianche”. A parlarci del gruppo, dei temi del disco e dei suoi progetti paralleli è Valerio Carboni, compositore, musicista, cantante e autore per vari gruppi e progetti.

Nel brano “Fa che sia per sempre” canti “io ci sono ma non posso farcela da solo”… quanto conta la reciprocità dei sentimenti in una storia e cosa intende comunicare questa canzone?

Più andiamo avanti in questo mondo cosmopolita, più sappiamo tutto di tutti, eppure allo stesso tempo ci chiudiamo nel nostro egocentrismo. Siamo sempre più egoisti ma, in realtà, per avere una vita serena e felice bisogna essere in più persone, è bello condividere la propria esistenza, le proprie paure e le proprie emozioni. In questo caso il brano parla di un rapporto a due e del fatidico momento in cui bisogna decidere di lavorare insieme per cementare e reinvestire quello che si è costruito insieme. Il concetto della canzone è darsi all’altro.

Come è nata l’idea del video che accompagna il singolo?

Visto che la canzone dice che non ce la si può fare da soli, ho prestato il labiale ad altri personaggi che si portano il telefonino alla bocca… in questo modo sembra che siano gli altri a cantare la nostra canzone. Ci sono arrivati tantissimi video anche da nostri fan che vivono a Singapore! Sono stati i nostri fan ed i nostri amici ad aiutarci nella realizzazione di questo video e, in questo senso,  la cosa ha allargato il significato della canzone, che si riferisce principalmente ad un rapporto a due, ma può essere anche universale.

Raccontaci l’essenza del sound dei Karbonio 14, come è iniziato e come si è evoluto il percorso artistico del gruppo?

Siamo in quattro e siamo partiti come band tributo ai Coldplay soprattutto per un discorso legato al sound british e alle ambientazioni sonore  con suoni apparentemente imprecisi, sporchi, graffiati. Oltre che suonare insieme, ci piace fare le cose insieme, uscire e divertirci quindi abbiamo provato a creare una canzone e abbiamo visto che anche il processo creativo andava molto bene. All’interno del nostro progetto sappiamo crearci i nostri spazi  e abbiamo visto che riusciamo a fare qualcosa di buono…

Cover Album carbonio 14“Tra le luci bianche” è un album molto ricco e completo, il tema ricorrente è una dicotomia di un’entità in due parti… Quali sono le parti in contrasto tra loro e quale prevale tra le due?

Al centro di tutto c’è il rapporto tra il sè ed un’altra persona ma il discorso può ovviamente essere riferito anche al rapporto che ciascuno di noi ha con se stesso.

Il brano intitolato “Ti verrò a cercare” entrerà a far parte della compilation del concorso ideato da Materiali Musicali?

Abbiamo partecipato a questo concorso per caso, abbiamo scelto un brano che non abbiamo fatto ascoltare molto  quindi è stato anche un modo per metterci alla prova su qualcosa che non aveva ancora ricevuto un responso, alla fine abbiamo avuto questa menzione e parteciperemo alla premiazione finale con nostra soddisfazione. Noi facciamo le nostre cose divertendoci, io faccio il musicista da tanti anni e vedo molte persone con grandi ambizioni il che, per carità, è un fatto molto giusto però bisogna anche divertirsi durante il percorso che si fa. Avere una band che fa pezzi propri,  in questo contesto, non è affatto semplice eppure noi ci divertiamo ancora e, pian piano, speriamo di mettere su un tassello alla volta.

“Ho bisogno di godere nel sentirmi un po’ colpevole” è la frase più forte di “Come follia”, come nasce questo testo?

Questo è il primo pezzo che abbiamo composto, il testo narra di un uomo che comincia a guardarsi dentro e ad analizzare i propri problemi. Alla fine siamo tutti un po’ colpevoli di qualcosa  e a volte è anche bello trasgredire  sapendo che poi si può tornare alla normalità. Tutti facciamo qualcosa di colpevole tutti i giorni… nel testo canto “dubito delle parole che sono scritte in arabo ma poi mi guardo dentro e mi viene il vomito…”; questa frase racchiude un’ammissione e implica, ancora una volta, il desiderio di darsi agli altri.

In “Catene” avete collaborato con Mistachic con un risultato molto originale… come si è innescata questa sintonia artistica?

Questo brano si discostava un po’ dalle altre canzoni presenti in “Tra le luci bianche”… All’epoca non riuscivamo a trovare la chiave dell’arrangiamento e abbiamo deciso, insieme alla nostra etichetta discografica Molto Recording di Modena, di provare a chiamare un dj per un arrangiamento. Mistachic ha lavorato per due settimane al brano ed era perfetto, si tratta di un sound che ci appartiene un po’ meno ma che ci piace molto inoltre Andrea Mazzali è un nostro amico ed è stato bello avere il suo contributo. La musica per me è liberta totale.

In “Pioggia” c’è anche la penna di Carlo Rizioli… Le parole del testo sono cadenzate e scandiscono l’evoluzione di un sentimento. Qual è il tuo commento ad una canzone così intima?

Si tratta di un brano che avevo scritto insieme al mio amico e collega Carlo Rizioli (autore di fama internazionale che ha scritto per Ramazzotti, Stadio, Emma Marrone …) uscivo da una storia importante e ci siamo trovati a scrivere questo pezzo di getto insieme, si tratta di un brano che sento particolarmente e che più mi rappresenta all’interno del disco perché è ispirato alla mia vita. Qui c’è la storia di due persone che non stanno più insieme ma che vivono ancora nella stessa città, il rapporto è finito ma ci sono ancora tutti gli strascichi da metabolizzare. Io mi ritengo fortunato perché attraverso la musica riesco a confinare le emozioni in un testo inteso un po’ come la fotografia di quel momento.

Karbonio14 Ph Studio Pagliani

Karbonio14 Ph Studio Pagliani

Come mai “One step to madness” è in inglese?

Anche qui è accaduto tutto in modo molto naturale, il pezzo è nato in finto inglese poi abbiamo avuto delle difficoltà e ci siamo fatti aiutare da Marco Ligabue  che ci ha scritto un bel testo, ci è piaciuto e l’abbiamo inserito nell’album come ghost track. La canzone è piaciuta molto a due dj Alex Barattini e Max Baffa di Radio 105 che hanno fatto un remix del brano e l’hanno messo in radio. A volte ci si fa tanti problemi ma fare le cose con tranquillità può portare anche a interessanti sviluppi!

Siete al lavoro su nuovi brani?

Ovviamente sì, abbiamo in cantiere due pezzi molto forti… Vogliamo capire quale tra i due potrebbe sposare meglio lo spirito della stagione imminente…

Hai tante collaborazioni all’attivo… tra tutte citiamo quelle con Aldo, Giovanni e Giacomo, Arturo Brachetti, Angela Finocchiaro, Antonella Lo Coco. Come riesci a reinventare ogni volta te stesso e la tua musica e come cambia il tuo approccio in base al ruolo che ricopri (compositore, cantante, musicista…)?

In realtà io sento un forte istinto creativo, tiro giù musiche e parole; alcune mi vengono alla Karbonio 14, altre sono per Antonella, collaboro con lei da ormai 10 anni e avevamo anche un altro gruppo insieme. Per Aldo Giovanni e Giacomo ho scritto le musiche del loro ultimo spettacolo teatrale, intitolato “Ammutta Muddica”. Anche in quel caso bisogna lavorare tanto, le idee non sempre vengono però è sempre una questione di dove veicolare l’input creativo. Per il film di Angela Finocchiaro “Ci vuole un gran fisico” mi son ritrovato a scrivere 60 brani, anche cose piccolissime e di pochi secondi… La cosa migliore sarebbe girare il mondo e osservare le cose, la creatività si vede in ogni cosa: in un cibo, in un odore….l’ideale è cercare di trasformare quello che si osserva in musica. Questo lavoro è un po’ strano, a volte sembra che non stai facendo niente ma in realtà non stacchi mai davvero la spina perché ogni momento può essere utile per scrivere e comporre.

Ci sono altri progetti paralleli al gruppo in programma?

Sto lavorando a dei pezzi nuovi con Antonella Lo Coco e sto collaborando anche con un altro artista ma per il momento è top secret!

Raffaella Sbrescia

Video: “Fa che sia per sempre”

Si ringraziano Valerio Carboni e Alessandra Bosi di Parole e Dintorni per la disponibilità

La recensione di “Recess”: Skrillex sfida se stesso.

Skrillex-recess-cover“Recess” è il titolo del primo vero e proprio album di Skrillex, il giovane produttore americano, all’anagrafe Sonny Moore, padre del “brostep”. Questo lavoro si compone di 11 tracce molto diverse tra loro e che, nell’insieme, danno l’idea di un progetto più ballabile e melodico del solito. La trasversalità di “Recess” ha già scatenato detrattori e seguaci del talento losangelino che, in verità, si è concesso diversi momenti meno autoreferenziali e molto apprezzati. Il disco si apre con “All is fair and Brostep” feat. Ragga Twins, un’apertura quanto meno paradigmatica: tutto è concesso in amore e nel brostep; seguita dalla title track “Recess” feat. Kill the Noise e Fatman Scoop: “Fight till up can’t fight, don’t let it stop, make it to the daylight”, cita il testo, in un’iperbole sonora. Killa Graham & Sam Dew accompagnano Skrillex in “Stranger”, una delle tracce che rappresentano le varie declinazioni di genere presenti nel disco. “Try It Out” feat. Alvin Risk è il singolone in auge mentre “Coast is clear” feat. Chance the Rapper è, in assoluto, il brano più commentato in rete: la liricità dell’arrangiamento si discosta parecchio dalle tracce precedenti grazie ad un’inedita formula composta da house, 2-step e soul. Un inaspettato cambio di rotta subito annientato da “Dirty Vibe”, il brano in cui Diplo, assieme a C-Dragon e CL, prende parte ad una infernale sessione di ghetto-tech: “We gon’ celebrate every fucking day, I’m as dirty as they could and there’s only one”, cantano i tre, mentre i Ragga Twins tornano sulle note di “Ragga Bomb”. Skrillex sconfina spesso in altri generi, altrettanto spesso senza un’idea precisa, il risultato è tuttavia gradevole e d’atmosfera ma la mancata ricercatezza nella cura del dettaglio c’è e si sente. Nel disco compare di tutto un po’, a metà strada da tradizione ed avanguardia: si va dalle sonorità miste di “Doompy Poomp” alla futuristica “Fuck That”, scandita da una massiccia serie di “Drop!”. “Tonight I want to forget”, questa l’essenza di “Ease my mind”, remix di Nicki and the Dove, mentre la conclusiva e affascinante aura onirica di “Fire Away” lascia in sospeso una serie di input che Skrillex segnala a se stesso per eventuali, ed auspicabili, sviluppi.

Raffaella Sbrescia

Video: “Ragga Bomb feat. Ragga Twins”

Zibba: “La mia intima visione delle cose sta vivendo dei nuovi input”

Zibba Ph Nicolò Puppo

Zibba Ph Nicolò Puppo

Zibba, all’anagrafe Sergio Vallarino, rappresenta una delle più valide  e interessanti realtà del nuovo cantautorato italiano. Sulle scene dal 1998 con gli Almalibre, Zibba ha raggiunto una maturità artistica dettata da una consapevolezza importante: uno sconfinato amore per la scrittura e per la musica. “Senza pensare all’estate” è l’ultimo lavoro, in ordine di tempo, del cantautore che pur avendo già  riscontrato importanti e prestigiosi riconoscimenti come il Premio Bindi e la Targa Tenco, ha avuto la voglia e il coraggio di rimettersi in gioco sul palco del Festival di Sanremo nella categoria giovani. Con il brano intitolato “Senza di te” Zibba si è aggiudicato il Premio della Critica “Mia Martini” e il Premio della sala stampa radio-tv-web “Lucio Dalla” nella Sezione Nuove Proposte e, ad oggi, è l’ artista indipendente più trasmesso dalle radio. In questa intervista il cantautore apre le porte del suo mondo fatto di parole calde e messaggi diretti al cuore.

“Senza pensare all’estate” raccoglie una serie di fotografie musicali del suo percorso artistico, tra disegni di sogni e intime confessioni… ci racconta la genesi di questo lavoro approfondendo, in particolare, la cura per la ricerca analogica del suono e aggiungendo qualche pensiero che risale alla fase di scrittura di testi così intimi?

Questo è un lavoro importante sia per il modo in cui è stato affrontato da noi come band sia per le sue canzoni. Alcune fanno parte della nostra storia, altre appartengono al nostro presente e in qualche modo anche al futuro. La ricerca è partita dalla scelta dei brani, accurata e piuttosto difficile, seguita da una serie di prove. Abbiamo scelto di registrare in diretta, utilizzando tecniche e modi che ricordassero il concerto. Registrato e mixato in analogico per mantenere questo spirito live, il tutto è stato processato come fosse un disco di quarant’anni fa. Le canzoni seguono un filo conduttore ed è per questo che non è stato facile sceglierle. La direzione artistica di Andrea Pesce ci ha aiutato molto sia nella fase post che in quella creativa in sala prove. Si tratta di un disco che ci è piaciuto nella sua idea e che ci piace per come è venuto. I testi racchiudono simbolicamente uno sguardo alla totalità del mio modo di scrivere, rappresentando fasi temporali diverse, che vanno dalla quasi adolescenza fino al mio domani.

“Senza di te” ha ottenuto un grande riscontro mediatico, anche grazie al successo legato al Festival di Sanremo, eppure è sempre opportuno sottolineare l’importanza della frase “ti chiedo perdono per le cose che do scontate”… Secondo lei la forza emotiva del brano può risiedere nella facilità di identificazione, da parte dell’ascoltatore, nelle parole della canzone?

Credo di sì. Lavorare in questi anni sulla ricerca stilistica di alcuni grandi autori, come Giorgio Calabrese, al quale abbiamo dedicato un album nel 2013, mi ha aiutato a riscoprire una semplicità di scrittura che è propria di un modo ormai quasi inusuale di fare canzone. Le chiavi sono sempre la semplicità e la fantasia di chi ascolta che vuole il suo spazio per immedesimarsi e sentirsi parte della canzone.

Come descriverebbe la particolarissima struttura de “La Saga di Sant’Antonio?

Si tratta di un omaggio alle sonorità del Tom Waits dei primi anni ottanta. Quello dei dischi con i quali ho iniziato ad amare il suo modo di fare musica. La canzone parla di un uomo solo lasciato a pensare a se stesso e alla sua morte. Questa è una canzone che continuo ad amare, nonostante gli anni, perchè racconta qualcosa che, anche se non strettamente mio, forse parla di un me che potrebbe arrivare a tutti.

In “Nancy” canta “Amo la musica perché mi porta ovunque e da questo ovunque mi riporta via…” Quali sono le strade che riesce a percorrere grazie alle note?

Tutte. Senza aver mai voglia di smettere. Nancy racconta della mia esperienza teatrale e di un amore viscerale per la vita, di quanto la musica sia sposa del mio modo di vivere le giornate regalandomi sempre stupore e bellezza. Le strade non sono mai abbastanza quando si ha carburante in abbondanza e questo lavoro è un continuo rigenerarsi e ricaricarsi di nuova energia.

Zibba Ph Nicolò Puppo

Zibba Ph Nicolò Puppo

Qual è, invece, l’idea da cui nasce “Bon Vojage”?

Una canzone estremamente autobiografica, che racconta di me in quei giorni del 2009. Anno strano, partivano amici e fidanzate e io rimanevo qui a sperare in un po’ di attenzione, che arrivò poco dopo grazie proprio a quel disco che nel duemiladieci ci portava sul palco del Tenco. Mi innamoravo di tutto perchè volevo amare a tutti i costi. Questa canzone è nata per le strade di Parigi nel mio vagabondare perso alla ricerca di nuove emozioni.

Molto delicata è la frase “oggi resto perché hai bisogno, domani vorrò farlo perché avremo un sogno… si tratta di un messaggio di speranza?

Si tratta di un messaggio chiaro che dice: “Oggi hai bisogno e mi sta bene stare qui anche se vorrei mandarti a fare in culo. Resto, ci provo. Perchè meriti cura e perchè io merito qualcuno come te ma troviamoci un motivo più grande, che non sia la debolezza, per stare insieme”. In qualche modo c’è anche speranza sì, intesa, però, nel modo meno romantico. Scegliersi per la vita è una cosa difficile ma poi quando ti scegli e ne sei consapevole è grandioso in tutti i suoi aspetti.

Come si è evoluto negli anni il rapporto artistico con gli Almalibre e come riuscite a trovare l’equilibrio necessario per creare gli arrangiamenti su misura per queste bellissime poesie?

La serenità è alla base di tutto. Per arrivare ad essere in armonia tra noi siamo dovuti passare dal peggio. Come diciamo nella canzone del festival è importante saper riconoscere i propri errori per ripartire proprio da quelli e costruire qualcosa di importante. Siamo diventati il gruppo di persone che volevamo essere. Amici, famiglia. Una super squadra che si conosce molto bene.

Zibba e Almalibre Ph Nicolò Puppo

Zibba e Almalibre Ph Nicolò Puppo

Qual è la sua forma mentis musicale, alla luce del fatto che è ormai giunto al suo sesto lavoro discografico?

Sempre e comunque in evoluzione come tutto. Fondamentale. Non smettere di aver voglia di crescere e imparare è l’unico modo che conosco per affrontare qualunque cosa nella vita e nella musica.

Uno dei suoi commenti più recenti, relativi al tour in corso, è stato “La musica è di tutti, le canzoni lo sono”… sarà ancora questo il suo mantra per le prossime canzoni che scriverà?

Assolutamente sì. La musica è un fatto collettivo: parte da un singolo per diventare di tutti e tornare di nuovo indietro in altra forma. La mia intima visione delle cose sta vivendo dei nuovi input e trova forza in un nuovo metodo creativo che mi sta divertendo e affascinando. Adesso ho proprio voglia di scrivere e ho scoperto che mi piace ancora farlo perchè lo faccio in modo diverso. La voglia di scrivere non si esaurisce, a volte si perde la strada ma basta fermarsi e osservare l’orizzonte o le stelle per capire dove siamo.

Come sta vivendo la dimensione live e che prospettive ha per il futuro?

Nel futuro ci sono concerti fino alla morte e dischi fino a che avrò voce. Inoltre sto prendendo le misure con l’essere padre, la sfida più grande che ci sia. Voglio continuare a stare bene, trovare sempre nuove cose per far vibrare il tutto. Un percorso meraviglioso che non ha mai fine.

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Zibba e Tatiana Lo Faro di Parole e Dintorni per la disponibilità

Video: “Senza di te”

Date tour:

8 APRILE 2014 | 22:00
9 APRILE 2014 | 21:00
10 APRILE 2014 | 21:00
12 APRILE 2014 | 21:00
13 APRILE 2014 | 00:00
24 APRILE 2014 | 21:00
30 APRILE 2014 | 21:00
1 MAGGIO 2014 | 00:00
3 MAGGIO 2014 | 00:00
4 MAGGIO 2014 | 00:00

Intervista a Gnut: “Prenditi quello che meriti”

cover_prenditiquellochemeritiIl prossimo 22 aprile Claudio Domestico, in arte Gnut, pubblicherà “Prenditi Quello Che Meriti”, il suo terzo album di inediti, edito dall’etichetta torinese INRI. Undici tracce delicate ed intimiste raccontano le avventure e le emozioni di Claudio che, nel corso degli anni, si è dedicato anima e corpo alla musica. Lunghi viaggi, notti insonni, mille progetti e mille sogni hanno dato vita ad un lavoro che intende seguire una direzione diversa dal passato. “Prenditi quello che meriti” racchiude un messaggio preciso, diretto, semplice ma efficace, un invito alla costruzione di se stessi e del proprio destino. A poco meno di un mese dall’uscita del disco, abbiamo sentito Claudio per lasciarci conquistare dal fascino dei segreti e degli aneddoti che hanno dato vita ad un piccolo grande capolavoro.

Perchè ti definiscono uno chansonnier errante?

Più che ad un motivo musicale, questo appellativo è forse dovuto alla vita che faccio, ho vissuto Milano dal 2007 al 2011 e sono due tre anni che mi sposto così velocemente da non avere fissa dimora. Sono napoletano ma quando mi chiedono dove vivo, la mia risposta è “non lo so”.

“Prenditi quello che meriti è, non solo il titolo dell’album, ma anche un monito importante…come lo motivi?

Mi piaceva molto l’idea di un usare un titolo del genere perché ha una valenza sia positiva che negativa: se non sei stato abbastanza bravo da costruirti un futuro che ti piace è anche giusto che tu non riesca a raggiungerlo. D’altro canto, però, se semini bene, raccogli bene altrimenti no. Inoltre penso che quando una persona si costruisce piano piano un suo obiettivo, a prescindere da quale esso sia, il raggiungimento di quest’ultimo rappresenta la più grande soddisfazione che si possa avere. In sintesi si tratta di un consiglio che do sia a me stesso che a tutti coloro che ascolteranno le mie canzoni.

Claudio Domestico Ph Alessandra Finelli

Claudio Domestico Ph Alessandra Finelli

Questo terzo disco nasce dopo una lunga gestazione. Quali sono i retroscena, i pensieri, le intuizioni che si nascondono tra le note di questo lavoro?

Sono canzoni che ho iniziato a scrivere nel 2008, quando ancora stavo registrando l’altro disco. Ho girato tantissimo e ho fatto tante altre cose, colonne sonore, produzioni artistiche, progetti paralleli… si tratta di testi che ho scritto di notte o quando avevo un po’ di tempo per stare da solo, quelle poche volte che non mi trovavo a condividere casa con qualcuno. Terminata la fase della scrittura, ho deciso di registrare andando in giro dai miei amici musicisti: ho registrato i violoncelli e le chitarre acustiche con Mattia Boschi, la sezione fiati nel soggiorno di un altro amico  poi sono sceso di nuovo a Roma  e ho registrato i pianoforti a casa di Fish, altre chitarre a casa di Roberto Angelini. Poi  ho raccolto il tutto e sono andato a Sorrento per rifinire il lavoro. In quell’ occasione riaffiorarono gli incontri, i ricordi, le emozioni, i viaggi… e, ancora oggi, mi emoziona molto riascoltare l’album.

Il tema portante dell’album è il viaggio. Rifacendoci alle parole del singolo “Non è tardi”, si tratta di un viaggio “contro un mondo che non ci risponde”?

I viaggi sintetizzano un po’ tutti gli aspetti della vita: ci sono momenti in cui ti senti capito, altri in cui ti senti solo, momenti in cui il tuo vicino di posto in treno diventa il tuo migliore amico… Si tratta di una sintesi della vita, una buona valvola di sfogo per raccontare il proprio percorso.

Claudio Domestico Ph Alessandra Finelli

Come nascono i featuring presenti nel disco e, in particolare, quello con Giovanni Gulino dei Marta sui Tubi in “Fiume lento”?

Io e Giovanni ci conosciamo da un po’ di anni perché anche lui si è trasferito a Milano intorno al 2005-2006, ci incontravamo alla Casa 139 e sono andato a sentire tante volte i Marta dal vivo. Spesso parlavamo di come sarebbe stato bello fare qualcosa insieme, qualche volta ho aperto qualche loro concerto, Mattia Boschi ha suonato nel mio disco e, anche se a distanza, Giovanni ha seguito l’ evoluzione di questo lavoro. Poi c’era questa canzone” Fiume lento” e una sera ho detto a Giovanni che, secondo me,  questo brano poteva essere quello giusto per cantare insieme e lui ha accettato. A Milano, durante un pomeriggio, abbiamo provato il pezzo, ci siamo emozionati perché ci è piaciuto un sacco. L’intuizione era stata giusta, mi ero immaginato dei cori che lui poteva fare nel secondo ritornello e alla fine è andata più che bene! Dopo le prove ci siamo abbracciati, siamo contenti e adesso non vediamo l’ora di cantarla insieme dal vivo.

“Prenditi quello che meriti e dona a chi merita quello che puoi, dona a chi merita la tua poesia… sono parole forti e dirette…

Per stare in pace con sé stessi , l’unica cosa che si può fare è cercare di realizzare i propri obiettivi guadagnandoseli, con questo brano vorrei cercare di spingere me stesso e chi ascolta ad essere migliore. Non ci sono doppi fini, se hai qualcosa da dare, dallo a chi lo merita… è un meccanismo simile al  karma “prendi e dai”.

Gnut Ph Alessandra Finelli

Gnut Ph Alessandra Finelli

“Nun saccio se è amore o guerra ma ‘o segno resta, ‘o segno resta”, canti nella drammatica “Solo una carezza”, come sei riuscito a rendere per iscritto il dramma di una storia vera?

In realtà si tratta di un brano che ho scritto dopo che mio padre mi raccontò la storia di sua nonna, una storia di fine 800. Questa donna fu costretta sposare un uomo che le aveva fatto violenza per costringerla a sposarlo e, quando mio padre mi raccontò questa storia, un paio di anni fa, rimasi completamente scioccato perché ero cresciuto inconsapevole di una cosa così allucinante. Fortunatamente c’è stato un lieto fine perché quel personaggio cattivo dopo un po’ è morto e lei, in seguito, è riuscita a trovare un altro giovane uomo che l’ha sposata e, insieme, hanno dato vita a mia nonna. La forza di questa donna che ha combattuto per la vita che meritava, il suo percorso, la sua reazione sono un esempio da seguire. Ecco perché dopo il racconto mi sono messo subito a scrivere per poter raccontare la storia nella maniera più lineare possibile. Il risultato è una piccola magia, tutti i parenti si commuovono quando la sentono…

“Foglie di Dagdad” ed “Estate in Dagdad” hanno un segreto in comune… qual è?

Sono sempre stato affascinato dalle accordature aperte ma sono molto pigro e, ogni volta che in passato ho cercato di usare un nuovo tipo di accordatura, dopo un po’ mi annoiavo e non riuscivo a trovare le soluzioni che cercavo. Due estati fa mi è capitato di fare un incidente in macchina e ho avuto dei problemi alla mano per cui non riuscivo a suonare con tutte le dita, potevo usarne solo due,  avevo voglia di suonare ma non sapevo cosa suonare e quindi ho accordato la chitarra in questo modo strano. Grazie all’uso di due dita sono riuscito a comporre “Estate in Dagdad”, me la sono suonata 20-30 volte al giorno perché era l’unica cosa che riuscivo a suonare, la volevo intitolare in un altro modo ma, memore del fatto che sono smemorato, ho scelto di intitolarla “Estate in Dagdad” così, tra dieci anni, se la dovrò risuonare, mi ricorderò dell’accordatura e non avrò problemi dal vivo (ride ndr). Dopo un po’ ho scritto anche “Foglie di Dagdad” e ho scelto di creare questo gioco di parole, guardando la lista dei titoli delle canzoni, mi sono reso conto che Dagdad faceva pensare sia un posto che ad una pianta e quindi ho sorriso pensando alle eventuali interpretazioni delle pubblico. Adesso, però, sto suonando “Estate in Dagdad” con accordatura normale e la chiamo “Estate in accordatura normale”…

“In dimmi cosa resta” ti esponi davvero molto in frasi come ”Guardami negli occhi e dimmi cosa vedi” cosa intendi comunicare in questo brano?

In realtà questa canzone è nata dopo un litigio con una persona a cui tengo molto, cioè mio padre. Ci sono un po’ tutte le cose che ciascuno di noi si sente dire o dice quando ci si scontra con una persona che si ama in un momento di forte rabbia. Si tratta di uno sfogo in cui,  nel ritornello in particolare, si evince che quando due persone si vogliono bene e ci sono dei legami d’affetto profondi, guardarsi negli occhi diventa ancora più importante, soprattutto nei momenti di rabbia. Questa canzone vuole quindi creare proprio un contrasto tra una musica allegra e  solare e questo rinfacciarsi cose cattive…

“Per ogni vittoria, ci sono cento sconfitte”?

Questa è una frase che ho scritto per “Torno”, un brano che ho composto dopo che ero tornato da 14 concerti e  200-300 km percorsi ogni volta… Gli ultimi live erano stati particolarmente avvilenti perché si erano tenuti in contesti poco carini come pizzerie dove parlavano tutti, una cosa allucinante. Dopo tutto questo giro incredibile, ero tornato a casa alle 5 e mezza del mattino, era quasi l’alba, quel momento del giorno in cui ritorna la luce e le notti che sono trascorse ti attraversano gli occhi  e il viso, mi sono guardato allo specchio e sentivo l’esigenza di dovermi sfogare, non stavo bene in quel momento e, mentre scrivevo le parole del testo,  mi sono reso conto che stavo raccontando un milione di ritorni a casa in cui torni deluso o soltanto stanchissimo per tutto quello che stai cercando di dare e non ti è tornato abbastanza. Ho scritto le parole in maniera molto veloce, ho registrato il brano su un piccolo registratore che avevo, si erano ormai fatte le 6.30, non riuscivo più a tenere gli occhi aperti, sono andato a dormire e l’ho messa nello scatolone con le altre canzoni che stavo raccogliendo. Ritrovandola mi ha colpito il fatto che, leggendo il testo, non ho rivisto solo quella notte, ne ho riviste davvero tante altre e quindi mi sono fatto un pò tenerezza nel constatare il tentativo di combattere tutte queste notti e di portare a casa un sorriso e di accettare tutte le sconfitte godendo delle piccole soddisfazioni. Scoprire che le nostre vite si somigliano e che, dopo essermi raccontato, possa trovare delle persone che si ritrovano in quello che ho scritto è una sensazione che mi fa sentire meno solo, si tratta di uno scambio magico e meraviglioso che mi fa alzare la mattina sentendomi felice.

Gnut Ph Alessandra Finelli

Gnut Ph Alessandra Finelli

Facendo un gioco di parole con il testo di “Universi”: Cosa prendi? Come spenderai il tuo tempo? Come ti senti?

Prendo tutto quello che posso e che penso di meritarmi, spenderò il mio tempo come ho fatto fino ad adesso, cercando di esprimere quello che sento quello che vedo, vivendo come ho fatto finora. Oggi mi sento molto bene, ogni tanto stanco, però mi stanco a fare cose che mi piacciono.

In “Passione”, la bellissima reinterpretazione dell’intensa canzone di Libero Bovio, hai creato un particolare passaggio dal temporale al canto degli uccellini…come mai questa scelta?

Si tratta di un discorso molto semplice: quando ho iniziato a registrare non sapevo quanto sarebbe durato il disco e, nel momento in cui ho realizzato che  chiesto in tutto durava 30 minuti, mi sono accorto che era troppo poco tempo e che mi serviva un altro pezzo, quindi ho deciso di fare una cover. Avevo scoperto “Passione” da 3-4 mesi , ero in una fase emotivamente sensibile a quelle parole, a quell’atmosfera, a quella melodia, inoltre era la canzone che suonavo ogni volta che mi trovavo da solo, alle 4-5 di notte mi chiudevo in una stanza e la suonavo, era diventata morbosamente mia. Dunque serviva un altro pezzo per il disco e decisi di inciderla; il fonico, dall’altra stanza, mi disse di chiudere la finestra perché in quel momento stava piovendo, io, invece, gli dissi di posizionare un microfono proprio vicino alla finestra per registrare la pioggia e ho realizzato questa versione chitarra e voce del pezzo. Il problema si presentò, quando, alla fine della canzone, c’era ancora questo temporale in corso e,  considerando che volevo sceglierla come finale del disco, stavolta il mio intento era quello di lasciar emergere un mio lato più solare per cui ho inserito il cinguettìo finale sfumando il temporale.

A che punto è il progetto legato alla realizzazione di un libro per bambini, che vedrà anche la collaborazione di Alessandro Rak?

Un paio di anni fa regalai a mio nipote un tamburo e, mentre eravamo ad un cenone di Natale, lui arrivo da mE e mi disse che aveva scritto una canzone intitolata “Il Pupazzo strapazzato”, poi tornò e mi elenco altri titoli meravigliosi, li segnai tutti sul cellulare e li ho tenuti in bozze per mesi. Dopo un pò mi sono ricordato di avere questi 8 titoli sul cellulare, sono tornato a casa  e mi sono messo a scrivere queste canzoncine durante un’estate di due anni fa. Ho iniziato a registrarle piano piano e infatti non ho ancora finito perché, nel frattempo, ho fatto tante altre cose. Intanto è uscita “L’arte della felicità”,  il film di Rak e lo staff del film ha lavorato pomeriggi interi a queste canzoncine durante la lavorazione del film. Ci siamo organizzati per curare il progetto insieme con delle illustrazioni da abbinare a queste canzoni e piccoli corti animati… vorrei realizzare un libro con tutte le illustrazioni, come quelli con le copertine morbide, organizzare dei concerti per bambini, ma ci vorrà un po’ di tempo perché Rak è impegnatissimo tra vari lavori e anche io…

Che rapporto hai con i Foja?

Sono molto amico di Dario Sansone da 3-4 anni. Ci siamo conosciuti meglio grazie a Gino Fastidio, che è un amico comune, poi ci siamo inventati il progetto Tarall &Wine con dei pezzi in napoletano, su tutti “L’importante è ca staje buono” e, verso la fine di quel periodo, c’erano anche i Foja che dovevano registrare il loro secondo disco. Io venivo da un altro paio di produzioni che avevo fatto tempo prima, si era creato un ottimo rapporto di amicizia, conoscevo bene tutti i membri del gruppo e, in virtù di una stima reciproca molto forte, mi hanno chiesto di rimanere in famiglia e io ho accettato. Ci siamo messi a lavorare per quattro mesi alle loro bellissime canzoni ed è una bella esperienza sia dal punto di vista umano che artistico. Sono molto soddisfatto del risultato e, quando posso, sono ospite ai loro concerti.

Cosa ci anticipi del progetto “Nevermind” in napoletano con Gino Fastidio e Jonathan Maurano?

E’ nato tutto per caso anche questa volta. non vedo l’ora che esca questo progetto perchè è la cosa più divertente che abbia mai fatto in vita mia! In realtà è nato tutto all’Angelo Mai a Roma, che in questo momento sta vivendo un momento molto difficile, l’ si tenevano delle serate a tema intitolate “Long Play”: diversi artisti si esibivano interpretando un disco intero con la scaletta originale e mi hanno chiesto di partecipare al progetto. Il fatto è che io sono molto pigro nello studio dei pezzi degli altri: o mi viene come passione o diventa solo studio. Da ragazzino suonavo i Nirvana con Gino Fastidio e gli ho chiesto di rifare “Nevermind”. Lui è stato molto contento e, durante le prove, ci siamo molto divertiti perché lui si inventava delle cose che facevano davvero ridere e mi è venuto in mente che a Napoli, durante gli anni 70 /80, c’erano gli Shampoo, un gruppo che interpretava i pezzi dei Beatles in napoletano, per cui  e ho pensato che, in omaggio a questo gruppo, potevamo chiamarci i Balsamo… ognuno di noi ha un alter ego, io, per esempio, suono il basso…

In conclusione, tra Tarall &Wine, le mie serate, i Balsamo e i pezzi per bambini la mia vita è molto piena. Il percorso per sentirsi arrivati è ancora lungo ma, forse, è meglio non sentirsi mai arrivati perché altrimenti ti spegni e non hai più voglia di fare le cose.

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Claudio Domestico e Stefano Di Mario di Metratron per la disponibilità

Video: “Passione”

Discodays: Guido Harari, una mostra sui Queen e musica live tra migliaia di dischi

Guido Harari

Guido Harari

DiscoDays, la Fiera del Disco e della Musica, giunge alla XII edizione con un nuovo atteso appuntamento previsto per domenica 6 aprile,  dalle 10.30 alle 21.00 (ingresso 4,00 euro gratis sino a 18 anni) presso il  Palapartenope di Napoli, in via Barbagallo. Il format del team guidato da Nicola Iuppariello rimane consolidato senza, tuttavia, rinunciare a nuovi spunti creativi.  Punto di riferimento per appassionati e cultori della musica di tutto il mondo, la fiera offrirà come di consueto numerose rarità: vinili made in UK, edizioni giapponesi, Ep dei Beatles autografati. Ad arricchire la preziosa giornata numerosi eventi organizzati ad hoc.

Tra tutti, spicca la premiazione di  Guido Harari, riconosciuto come uno degli autori più significativi nel campo del ritratto fotografico. L’artista dell’obiettivo riceverà il Premio DiscoDays «Fotografia per la Musica» ed incontrerà il pubblico presente raccontando aneddoti legati alle leggendarie storie impresse nei suoi storici scatti.

La Maschera

La Maschera

DiscoDays è da molti anni anche occasione di visibilità per numerosi gruppi. In occasione della dodicesima edizione sarà La Maschera a ricevere il Premio Rete dei Festival e a presentare il proprio progetto anche al M.E.I. – Meeting degli Indipendenti, l’evento che si terrà a Faenza tra il 26 e il 28 Settembre 2014. Grazie alla partnership con Godfather Studio, il gruppo potrà anche incidere un brano in analogico su un ATR 24tracce. Sul palco del Discodays quest’anno ci saranno anche altre interessanti realtà musicali come The Burlesque e Dreamway Tales, Massimo Bevilacqua e i True Blues Band.

Queen_Museum_ExhibitionPer concludere, la Fiera del Disco e della Musica sarà anche la sede di una mostra esclusiva dedicata ai Queen a cura di QueenMuseum.com, tra i maggiori siti mondiali di riferimento per gli appassionati del gruppo inglese: dischi rari, edizioni ricercate, pezzi unici come dischi d’oro, lettere, foto da collezione, riviste d’epoca, poster, biglietti, volantini dei concerti ripercorreranno la storia del leggendario gruppo rock. In questa edizione ci sarà anche lo speciale contributo di Ferdinando Frega, che da oltre 25 anni colleziona oggetti unici provenienti da ogni parte del mondo e collabora a pubblicazioni internazionali su riviste specializzate.

A completare il ricchissimo parterre, la mostra fotografica di Valeria Bissacco, intitolata “Musica in Faccia”. Vincitrice della scorsa edizione del concorso nazionale di fotografia indetto da DiscoDays “Musica a Scatti”, l’artista proporrà un percorso fotografico incentrato sull’emozione che si legge sulle facce dei musicisti.

Per tutte le info sul programma consultare il sito discodays.it

Raffaella Sbrescia

 

Classifica fimi: Rocco Hunt, 99 Posse e Shakira sul podio

Rocco Hunt "'A Verità" cover album

Rocco Hunt “‘A Verità” cover album

La top ten della classifica degli album più venduti in Italia della settimana, secondo i dati FIMI e GFK, presenta ben quattro new entries nelle prime posizioni: sul gradino più alto del podio c’è Rocco Hunt con “ ‘A Verità”, seguito da “Curre curre Guagliò 2.0”, l’ultimo lavoro dei 99 Posse. Medaglia di bronzo per “Shakira”, l’omonimo album della superstar d’oltreoceano. Al quarto posto c’è Giusy Ferreri con “L’Attesa” mentre scivola in quinta posizione Stromae con il suo “Racine Carrèe”. Al sesto posto ritroviamo Ligabue ed il suo multiplatino “Mondovisione” mentre alle sue spalle c’è Francesco Renga con “Tempo reale”. Solo ottava posizione per “Ma che vita la mia”, l’album solista di Roby Facchinetti. A chiudere la top ten sono George Michael con “Symphonica” e Pharrell Williams con l’album “Girl”.

Monaci del Surf II: Que viva la fiesta dei luchadores mascherati!

MONACI DEL SURF COVER“Monaci del Surf  II” è il titolo del nuovo lavoro discografico degli omonimi luchadores mascherati, firmato INRI e pubblicato lo scorso 25 marzo con distribuzione Believe. Il disco si compone di 15 tracce assolutamente eterogenee tra loro. Si tratta, per lo più, di personalissime rivisitazione di brani piuttosto noti al pubblico italiano in cui il massiccio intervento sonoro dei Monaci del Surf esercita un ruolo demiurgico. Mattia “Mat” Martino (il Cobra), basso e voce,  Eugenio “Gege” Odasso (il Tigre), chitarra e voce, Claudio “Metal” De Marco (il Panda), batteria,  Fabrizio “Nikki” Lavoro (il Toro), chitarra,  animano un travolgente surf party, in grado di divertire e coinvolgere anche l’invitato più spocchioso possibile.

L’intro dell’album comincia esattamente da dove era finito il primo disco, con il finale di “I want you” dei Beatles e gli organi psichedelici suonati da Davide Cuccu. “Yakety Sax” riprende la celebre sigla del programma televisivo “The Benny Hill Show” con una versione leggermente meno veloce dell’originale. Molto insolita è la scelta di inserire “Il pranzo è servito” di Augusto Martelli, sigla dell’omonimo quiz televisivo condotto da Corrado Mantoni nell’ormai lontano 1982. Il primo e unico inedito del disco è “Que viva la fiesta!”, il brano è subito diventato l’ ”inno” della cosiddetta Cuervolución, la nuova campagna della Tequila José Cuervo che vedrà i Monaci del Surf protagonisti di un tour promozionale nei principali locali italiani. Una sfida a colpi di riff, impossibile resistere al ritmo energico e goliardico di un brano che lascia ampio spazio al potenziale creativo del gruppo.

La festa sonora continua sulle note africane di “Day-O” (The Banana Boat Song) con l’ottima performance canora del Tigre. Molto energica è anche la versione di “The Locomotion”, uno dei brani più reinterpretati di Gerry Goffin e Carole King. Decisamente più cupi i toni di “Can’t get you out of my head” e di “Sweet Dreams” (Are made of this). I Monaci del Surf non disdegnano un massiccio utilizzo dell’elettronica raggiungendo risultati spesso insoliti ed originali. Il loro contributo si riveste, dunque, di personalità senza mai relegare nulla alla ben nota fama dei brani presenti in tracklist. Spazio anche a “Stadium”, la famosa sigla del programma sportivo  Domenica sprint che, nella versione dei Monaci, parte dalle telecronache di Pizzul per poi evolversi in un crescendo di percussioni. “Monaci del Surf II” è un calderone musicale in cui si possono trovare chicche come “Sway” (Quien Sera), un mambo beat del 1953 scritto dal messicano Pablo Beltrán Ruiz, Il Tetris theme di “Korobeiniki” e la hit da discoteca “Better off  Alone”, il tutto artigianalmente rivestito di potenti riff. Bellissima è la versione di “Teach me tiger” arricchita dalla calda e coinvolgente vocalità di Levante: notevole.

Il party si avvia alla chiusura con “Have love will travel” muovendosi tra atmosfere surf, blues e grunge e la voce del Toro. L’ultima traccia è “Senza fine” di Gino Paoli. Letteralmente infinita è questa lunghissima versione del brano, della durata di 35 minuti e qualche secondo, registrato  in un’unica take semi improvvisata in presa diretta. Questa traccia include l’intervento strumentale di numerosi musicisti torinesi e milanesi che hanno voluto esprimere, con la propria interpretazione, il senso di  questa bellissima canzone d’amore. Paolo Parpaglione, Mario Congiu, Gianluca “Cato” Senatore, Enrico Allavena, Lord Theremin, Stefano “Piri” Colosimo, Giovanni Maggiore, Fabio Merigo, Matteo Pozzi, Alberto Bianco, Ivan Bert, Matteo Rista, Miriam Gallea e Chris Lavoro accompagnano i Monaci del Surf lungo una session molto speciale: stremati da tanta energia, come fossimo davvero alla fine di un mega party, a noi ascoltatori non rimane che sdraiarci in un angolo della nostra vita mentre lasciamo scorrere nella nostra mente una serie infinita di immagini, suggestioni e pensieri. Fiati, percussioni, chitarre acustiche, elettriche, fischi, sonorità aliene ed elettroniche lasciano lo spazio ad un nuovo giorno tra il richiamo alla vita di un gallo ed un orientaleggiante gong finale.

Raffaella Sbrescia

Video: Que Viva la fiesta!

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