A metà strada tra jazz, pop e musica classica, “Painted Notes” è il nuovo progetto discografico, pubblicato lo scorso 27 maggio, che porta la firma del chitarrista partenopeo Paolo Palopoli e della flautista americana Isabella Arbace (Flauti), a cui si aggiunge la fresca e sottile voce vintage di Valentina Ranalli. Il disco, su etichetta Full Heads, racchiude due anime e due universi molto diversi tra loro che, attraverso le 9 tracce che compongono l’album, trovano punti di dialogo, fusione e incontro. Jazz, musica classica, musica contemporanea e pop/rock sono i generi che possiamo riconoscere all’interno di questa originale miscela musicale che, sotto il titolo di “Painted Notes”, note dipinte, disegna i tratti di un percorso ineludibile, pronto a sorprenderci ogni volta.
Palopoli – Arbace
Sonorità eteree, dal fascino ancestrale, convivono con le tinte passionali e perturbanti del jazz di “All the things you are”. La versione live di “Painted Lives” fonde lo swing tipico del Manouche con il lirismo della vocalità di Valentina Ranalli, la quale, attraverso il proprio stile e la sua peculiare vocalità, tinteggia a proprio piacimento anche le sfumature di “Mirror Waters”, una melodia frizzante e minimalista e “Blue, blue, blues”. La suggestiva intro di “Central Park West” “ di John Coltrane si scurisce con la melodrammacitià di una chitarra scura ed implacabilmente solenne mentre “Il Mercante di sogni” rappresenta la perfetta miscela sonora per un esperienza extrasensoriale. In “Bach Orpheus” Palopoli e Arbace manipolano il suono classico, iniettandovi all’interno incursioni al flauto e spruzzi di samba brasiliana di Jobim, il risultato è veramente curioso e meritevole di numerosi ascolti. Immancabile l’omaggio al maestro Ennio Morricone in “Your Love” mentre la chiusura del’album è affidata a “Waves”: un leggero affresco del Golfo di Napoli: una miniera di emozioni dal fascino senza tempo.
In occasione della recente uscita del loro nuovo album, intitolato “Storia di uno”, i Rua Port’Alba hanno tenuto un concerto al Caffè letterario Intra Moenia di Napoli nell’ambito dei seguitissimi appuntamenti della rassegna Mercoledì Note. Marzia del Giudice (voce), Massimo Mollo (chitarra e voce), Martina Mollo (piano, fisarmonica e voce), Caterina Bianco (violino e voce) e Gianluca Mercurio (percussioni) hanno conquistato il centro storico di Napoli grazie alle loro canzoni, il cui nucleo centrale rimangono le storie e le leggende che, dopo tanti anni, ancora ci appassionano.
Rua Port’Alba Ph Luigi Maffettone
Non solo tradizione italiana però, i Rua Port’Alba ci prendono per mano e ci traghettano oltre le sponde a noi note, alla volta di luoghi e vicende apparentemente distanti, eppure vicine. Ispirati dai contenuti del loro album, edito dalla nuova etichetta musicale di Scampia, la Marotta&Cafiero Recorder e finanziato attraverso la rete del crowdfounding, i Rua Port’Alba si approcciano con leggerezza e trasparenza alla vita, raccontandoci il senso del coraggio, la lotta quotidiana e la cultura del lavoro a suon di note.
I Dear Jack riconquistano la vetta della classifica FIMI/GFK della classifica degli album più venduti della settimana in Italia. Al secondo posto ritroviamo i Coldplay con “Ghost Stories”, seguiti dai 5 Seconds of Summer che chiudono il podio con l’ep omonimo. Al quarto posto rimane, stabile, Ed Sheeran con l’album “X” mentre “Mondovisione” di Ligabue risale in sesta posizione. Ancora settima Deborah Iurato, seguita da “Recine Carree” di Stromae che, dalla tredicesima posizione risale all’ottava. Nono Francesco Renga con “Tempo Reale” mentre è Lana Del Rey a chiudere la top ten con “Ultraviolence”.
“Si narra di rane che hanno visto il mare” è il titolo del nuovo album di inediti di Paolo Simoni, compositore, arrangiatore e polistrumentista che, alla soglia dei 30 anni, offre una sua versione dei fatti e della vita servendosi di rime ironiche, fresche e soprattutto immediate. Privo di forzature e forte di una personalità versatile e pronta al rischio, Paolo Simoni, beneficiario dei consensi della critica e dei riconoscimenti che contano, si rilancia al centro della pista musicale italiana con un lavoro contemporaneo sia nei testi che negli arrangiamenti. L’orecchiabilità di queste 11 tracce si sposa, infatti, con la tradizione italiana ma anche con quello che oggi siamo noi, pregi e difetti annessi. Se nell’introduzione del disco, Paolo ci racconta l’iniziazione alla vita di una rana coraggiosa che, stanca della sua tranquilla esistenza nello stagno, decide di seguire il richiamo del sole, non possiamo esimerci dal seguire il suo esempio e lanciarci nella nostra personale ricerca del mare e dunque della vita e delle relative emozioni. Il disco, pubblicato da Warner Music e prodotto da Luca Pernici (Ligabue, Mario Biondi) si compone di musiche e testi dello stesso Paolo Simoni e questa cosa è, già di per sé, indicativa di una padronanza artistica di un certo spessore ma, prima di trarre conclusioni, addentriamoci nel dettaglio dei brani.
Paolo Simoni
L’album si apre con “La sfida del tempo”, un brano amarcord in cui parole come tenerezza e rammarico scandiscono il racconto di un’adolescenza turbata. Il salto nel futuro ci pone subito al centro della nostra quotidiana odissea con “Che stress”, il primo singolo estratto dall’album che ha conquistato numerosi e positivi riscontri, grazie ad un testo ispirato proprio dai dialoghi che Paolo ha ascoltato e raccolto in prima persona mettendoli nero su bianco. Tra politologi, urologi, opinionisti da strapazzo e la fiera dei luoghi comuni, Paolo Simoni mette a nudo discorsi da bar e populismi da social network. “Diamo aria a questo mondo, apriamo un po’ le finestre”, canta l’artista, mentre il desiderio di fuga si fa sempre più incalzante in “Andare via”: “Prendere una macchina, un po’ di dischi, una valigia da mettere nel bagagliaio e via! Non c’è nulla al mondo che mi renda più vivo. Se poi al fianco hai la donna che ami e un amico allora tutto intorno diventa migliore e leggero” scrive, ispiratissimo Paolo che ne “L’amore” racconta di come la percezione dei sentimenti cambia durante il periodo immediatamente successivo alla spensieratezza giovanile. Atmosfere tipicamente estive sono quelle raccontate in “15 agosto”, scelto, non a caso, come secondo singolo del disco, e idealmente perfetto per inquadrare un tipico giorno di festa nel pieno dell’estate romagnola.
Paolo Simoni Ph Massimiliano Natale
Decisamente intenso e delicato è, invece, il testo di “Stelle vicine”: un’incursione nella più recondita intimità di due persone che si nutrono e si sostengono a vicenda. Il miracolo dell’amore prende vita proprio in una delle ultime strofe del brano in cui Paolo scrive e canta: “Beati gli amanti che vedono il sole anche se fuori è buio, anche se fuori piove”, la perfetta metafora per raccontare la pienezza di un sentimento necessario, esaustivo, appagante. “A Montreux” è un brano molto utile per capire la versatilità della penna di Simoni, capace di cambiare forma, colore e registro senza porsi limiti ed etichette: un artista libero di pensare, scrivere, raccontare, conquistare. Una libertà, quest’ultima, che raggiunge una delle vette più elevate in “Aldilà”, una canzone che squarcia e lacera il cuore e lo spedisce oltre il muro, oltre l’ignoto, lì dove ci si perde, lì dove s’intravede il mistero, lì dove la paura diventa viva, autentica, ineludibile.
Paolo Simoni Ph Massimiliano Natale
Tocca all’ultimo brano stemperare i toni, “Lezioni di piano” rappresenta, infatti, un simpatico tuffo nel passato per l’artista che, accompagnato da un insegnante giapponese, un pianoforte, un organo, una chiesa, si è lanciato in un’avventura che non smetterà mai di sorprenderlo e di offrirgli spunti per riflettere e farci riflettere e, se a tutto questo aggiungiamo un arrangiamento al pianoforte travolgente, orecchiabile e manierista, non possiamo fare altro che desiderare di replicare questa felice esperienza dal vivo in un emozionante Vis-à-vis artistico.
Si è svolto lo scorso 11 luglio il secondo Venerdì d’Autore, l’incontro musicale ideato dalla giornalista Raffaella Sbrescia in collaborazione con il Caffè Letterario Intra Moenia di Piazza Bellini a Napoli. Protagonista della serata, la cantautrice siciliana Teresa Capuano, in arte Katres che, ad un anno di distanza dalla pubblicazione del suo primo ed apprezzatissimo album intitolato “Farfalla a Valvole”, ha cantato non solo alcuni brani estratti dal disco, di cui è autrice e produttrice artistica, ma anche deliziato i presenti con ben due brani che ascolteremo nel prossimo album, attualmente in lavorazione.
Venerdì d’Autore: Katres Ph Luigi Maffettone
Riconosciuta come una delle penne e delle voci più promettenti d’Italia, Katres ha preso parte a numerosi Premi riservati ai più talentuosi cantautori della penisola, riscuotendo, spesso, non solo l’apprezzamento degli addetti ai lavori, ma anche prestigiosi riconoscimenti. Tra i suoi numerosi pregi, spicca una vocalità calda, morbida, potente e vellutata che, associata alla padronanza strumentale della chitarra e ad una personalità forte e decisa, determina il ritratto perfetto di un artista da tenere assolutamente in considerazione.
Venerdì d’Autore: Katres Ph Luigi Maffettone
L’incontro a tu per tu con Katres si è svolto attraverso un incalzante botta e risposta, tra curiosità legate alle canzoni, agli ascolti, ai trascorsi e alle preferenze artistiche di un artista che ama scrivere di e per le donne. Proprio un percorso al femminile è quello che Katres racconta in “Farfalla a Valvole” ed è forse anche per questo che il primo brano in scaletta, eseguito rigorosamente dal vivo, voce e chitarra, è “Coiffeur”, il primo singolo estratto dall’album che tratta ironicamente dei cambiamenti e dei colpi di testa che, nelle donne, spesso implicano svolte esistenziali in atto.
Venerdì d’Autore: Katres Ph Luigi Maffettone
A seguire “Conto e canto”, un susseguirsi di idee che si confrontano, che si scontrano, si smontano e poi cadono fino ad alleggerirsi come sogni in dissolvenza. Spazio anche al doppio legame di Katres alla Sicilia a e alla Campania: nata e cresciuta tra due grandi vulcani, Teresa racconta se stessa in “Madre Terra”, un brano agrodolce che ben si sposa con la metaforica immagine madre-figlia. Dedicato a Bianca d’Aponte, cantautrice e figura femminile a cui Katres dimostra di essere molto legata, attraverso una costante e fortunata partecipazione al premio musicale a lei dedicato, “Farfalla a valvole” è un album davvero molto ricco di parole, di poesia, di storie. Una di queste è “Via dalla mia vita”, un brano forte, intimo e adatto a rispecchiare lo stato d’animo di tutte quelle donne che, per colpa di un cuore troppo debole, si arrendono ad una vita in compagnia di un uomo che non le ama per davvero.
Venerdì d’Autore: Katres Ph Luigi Maffettone
La musica, respiro del mondo di Katres, rappresenta lo spunto per tornare anche indietro nel tempo, ecco, dunque, spuntare in scaletta “Cu ti lu dissi”, un appassionato canto d’amore in siciliano, frutto della speciale penna di Rosa Balistreri. Piazza Bellini, in costante fermento, cede all’incanto della voce di Katres che, sulle note del brano intitolato “Non ho bisogno”, spicca il volo tra nuvole di leggiadri gorgheggi.
Venerdì d’Autore: Katres Ph Luigi Maffettone
Come accennato in apertura, Teresa omaggia il pubblico del centro storico di Napoli con ben due brani che faranno parte del suo nuovo album, il primo s’intitola “Bla bla bla”: un brano ironico e pungente, incentrato sulla sostanza delle cose che ci circondano, mentre il secondo è “Ormai ho deciso”, una testimonianza caratteriale che non ammette repliche e che rappresenta un’ulteriore prova di maturazione autoriale dell’artista. In concomitanza con l’arrivo dell’estate, Teresa si è anche divertita ad interpretare “Spensierati giorni”, il racconto di un’avventura amorosa di quelle tipicamente estive vissute al mare. In chiusura, ancora un bis, con “Coiffeur”, un brano che, come la voce di Katres, nel cuore e nella testa, resta, resta, resta.
Jan Luca Sestak is a nineteen year old pianist, born in Celle (Niedersachsen). “New Way” is the title of his new album. This work shows a complex musical world, a particular personality and a talented creative musician. Blues, Boogie Woogie, Jazz, Funk, Pop and classical music are mixed and matched in a project that will surprise and enchant many listeners. We have exlusively interviewed Luca in order to be acquainted with his charming music.
Jan Luca Sestak è un pianista diciannovenne, nato a Celle (Niedersachsen). “New Way” è il titolo del suo nuovo album. Questo lavoro mette in mostra un mondo musicale complesso, una personalità particolare ed un musicista creativo e talentuoso. Blues, Boogie, Woogie, Jazz, Funk, Pop e musical classica sono i generi musicali mixati in un progetto che sorprenderà e incanterà molti ascoltatori. Abbiamo intervistato Luca, in esclusiva, per entrare in confidenza ed approfondire la conoscenza della sua travolgente musica.
When and how did your passion for music begin?
Well, when I started playing – better said – when my father wanted me to start playing piano I didn’t like it, I hated it. Progress was very slow and I preferred to play outside with friends instead of practicing silly musical scales and everything. As far as I can remember the passion for music started when my piano teacher let me play a Beethoven Sonata. That was the first time I played something which I have heard before, something that sounded serious and the first time I said to myself: “Hey, this is fun!”. That was when I was about 11 years old, so 2 years after I started taking classical lessons. Then everything went very quickly, I discovered a jazz version of a classical song and that fascinated me immediately. I looked up the Internet for jazz and came to blues and boogie woogie. I was captured.
Quando e come è iniziata la tua passione per la musica?
Beh, quando ho cominciato a suonare, o per meglio dire, quando mio padre ha voluto che cominciassi a suonare il pianoforte, non mi piaceva, lo odiavo. I progressi erano molto lenti ed io preferivo uscire a giocare con miei amici invece di star lì a studiare scale musicali e cose simili. Per quel che ricordo, la passione per la musica è iniziata quando il mio Maestro di pianoforte mi lasciò suonare una sonata di Beethoven, Quella fu la prima volta in cui suonavo qualcosa che avevo già sentito prima, qualcosa che mi sembrava autorevole, e per la prima volta, mi sono detto: “Hey, questo è divertente!”. Tutto questo accadeva mentre avevo l’età di 11 anni, ben 2 anni dopo che avevo cominciato a prendere lezioni di musica classica. In seguito tutto è arrivato molto velocemente, quando scoprii la versione jazz di una canzone classica, ne rimasi affascinato. Cercai su Internet per capirne qualcosa in più e arrivai al blues ed al boogie woogie, sono stato catturato!
What did inspire the title of your new album and what are the messages that you would communicate to your public?
As I just said, I discovered Boogie Woogie and that was the genre that I played most of the time since then. Over the years I got to know other artists like Vince Weber and James Booker, which are both ingenious and very creative pianists in my opinion. Blues music from Muddy Waters, Eric Clapton, Ray Charles… Jazz by Oscar Peterson and Jaques Loussier fascinated me as well as funk and even contemporary pop & rock music. Last but not least, I listened more and more to classical pieces – Chopin & Liszt are my favourites.
I guess all of that affected my playing, as I was fascinated by the chords and the rhythms that were used in all those great songs out there, so slowly and maybe sometimes even unconsciously I mixed elements, chords and rhythms from all these music styles with the style I played before. Now, I tried to capture the result of that in this album and I think the mixture of songs and styles is somehow a “New Way” for me as well as for the listeners who know my first CD.
What messages I would like to communicate the public? I want to get people, especially young people to get into piano and blues/jazz music again. I want to show that piano music is neither boring nor always the same. To be honest, I just want to share my music with the world and I’m happy for every person whom I made happy with my music.
Cosa ha ispirato il titolo del tuo nuovo album e quali sono i messaggi che vorresti comunicare al tuo pubblico?
Come ho già accennato, quando ho scoperto il Boogie Woogie è subito diventato il genere che suonavo di più. Nel corso degli anni ho conosciuto altri artisti come Vince Weber e James Booker, due pianisti veramente ingegnosi e creativi, a mio parere. La musica blues di Muddy Waters, Eric Clapton, Ray Charles…il Jazz di Oscar Peterson e Jaques Loussier mi hanno affascinato così come il funk, la musica pop ed il rock. Penso che tutto questo influenzi il mio suono, così come sono stato affascinato dai ritmi e dagli accordi usati in quei fantastici brani, allo stesso modo mi sono messo, a volte anche in maniera inconscia, a mixare elementi, accordi e ritmi tipici di questi stili, con quello che io suonavo prima. Stavolta, ho provato a trarre le somme di questi esperimenti in questo album e penso che il mix di canzoni e stili rappresenti, in qualche modo, un “New Way”, una nuova via, sia per me, che per gli ascoltatori che conosceranno il mio primo disco. Quali messaggi vorrei comunicare al pubblico? Io vorrei conquistare le persone, specialmente quelle giovani, e avvicinarle alla musica jazz/blues da pianoforte. Voglio dimostrare che questo tipo di musica non è noiosa e non è nemmeno sempre la stessa. Ad essere sincero, vorrei condividere la mia musica con il mondo e sono entusiasta per ogni persona che io rendo felice con la mia musica.
Your compositions and interpretations express your personal style by including blues and boogie through jazz and funk… how do you mix and match notes and feelings?
That’s a good question, the answer is: I don’t know. As I said, sometimes it happens even unconsciously. I don’t tell myself: “Now I have to mix this with that!“ and so on. It just kind of “happens“. I play what my heart says, what my mood wants and what my feelings dictate.
Le tue composizioni e le tue interpretazioni esprimono il tuo stile personale ma includono anche blues, boogie woogie, jazz e funk… Come mescoli e misceli le note e le emozioni?
Questa è una bella domanda, la risposta è: Non lo so. Come ho già detto, spesso questa cosa succede in maniera inconscia, non mi dico mai: “Ora devo mischiare questo con quello” etc… Si tratta, piuttosto, di qualcosa che semplicemente “accade”. Io suono quello che il cuore mi dice, quello che la mia anima desidera, quello che le mie emozioni mi dettano.
Luca Sestak Ph Luigi Maffettone
Which is the theme you love the most?
What a difficult question! Every theme has its own character. If I’d have to choose I’d pick the themes of “Walk With The Devil” and “Blame Game”. They’re pretty catchy and I remember lots of people having an “earworm“ of their themes after they have heard them, which is important for a song, you know.
Qual è la canzone di questo album che ami di più?
Che domanda difficile! Ogni canzone ha dei tratti precisi ma, se dovessi scegliere, mi concentrerei su “Walk of the Devil” e “Blame Game”. Sono orecchiabili e ricordo che molte persone continuavano a canticchiarle dopo averle ascoltate e questa cosa, come sapete, è molto importante per una canzone.
Can you explain the birth of “Blame Game”? This song seems to inspire mystery…
Everyone argued sometimes about important or less important things. So did I (most often with my parents). For me “Blame Game“ kind of illustrates an argument, I don’t know which one, and I can’t remember if any one was the exact birth of the song but what I know is that “Blame Game” is pretty much how I’d express an argument through music.
Ci racconti la genesi di “Blame Game”? Questa canzone sembra ispirare mistero…
Così come ciascuno di noi litiga per cose più o meno importanti, così ho fatto io (molto spesso con i miei genitori). Per me “Blame Game” parla di una lite, non so quale, e non so ricordare se qualcuna sia stata l’occasione per la scrittura del brano ma quello che so è che, quel “Blame Game” è il modo più carino con cui io possa descrivere una lite attraverso la musica.
What about “Walk With The Devil” and “Dr James”?
“Walk With The Devil” is a song inspired by the great music of the New Orleans pianist, composer and singer James Booker. He always tried out new rhythms, melodies and mixed styles.
So you have that kind of modern bass in the left hand, which imitates the drums and bass like a rhythm section of a band, giving the tune its special groove and the theme/improvisations in the right hand.
“Dr. James” is also related to James Booker, as you can guess by its name. The tune was originally written by a pianist named Henry Butler as a tribute to Booker. I discovered it years ago on the Internet and for a long time I was sure it must be a song written for two pianos because I just didn’t know how to play all the notes, scattered all over the piano. I immediately fell in love with the funk rhythm and melody of this song when I heard it.
Cosa ci dici di “Walk With The Devil” e di “Dr James”?
“Walk With The Devil” è una canzone ispirata dalla grande musica di James Booker, un pianista, compositore e cantante di New Orleans. Lui si è sempre cimentato con nuovi ritmi, melodie e stili mescolati. Da un lato hai qualcosa di molto simile alla sezione ritmica di una band, dall’altro c’è un particolarissimo groove, frutto di improvvisazione estemporanea. Anche “Dr James” è legata alla figura di James Booker, così come si evince anche dal titolo del brano. Il tema è stato originariamento scritto dal pianista Henry Butler, come triburo a Booker. L’ho scoperto vari anni fa su Internet e, per molto tempo, sono stato convinto che si trattasse di un brano scritto per due pianoforti, dato che non riuscivo a capire come suonare tutte le note disseminate lungo tutti i tasti del piano. Mi sono immediatamente innamorato del ritmo funk e della melodia di questa canzone quando l’ho sentita.
Does “Maymories”include some remembrances of your past?
Well spotted. Very special remembrances of a very special time for me which I’ll surely never forget. I had the feeling that I had to sort of “archive“ these remembrances in addition to my memory, in a song. Although the song might seem sad, for me it’s a mixture of different feelings like nostalgia, happiness, sadness as well as hope.
“Maymories” include qualche ricordo del tuo passato?
Ottima intuizione. Sì, ci sono ricordi molto speciali per me che sicuramente non dimenticherò mai. Mi sono sentito come se una specie di archivio di questi ricordi si fosse infiltrato in una canzone. Sebbene possa sembrare triste, questo brano per me racchiude svariati sentimenti: nostalgia, felicità, tristezza e speranza.
Luca Sestak Ph Luigi Maffettone
Can you tell us something about your musical references?
I could tell you for hours! There are so many… I often mentioned James Booker as well as Vince Weber. Vince is a German Boogie Woogie and blues pianist who was mainly active from the 70’s to the late 90’s. In the Boogie Woogie scene he’s well known for his complicated and groovy bass figures. But there are so many like Ray Charles, Dr. John, B.B. King, Stevie Wonder, Muddy Waters and several other blues, jazz and new Orleans musicians. What also influences me is pop, rock, electronic and R’n’B music of today. Of course classical music plays a very important role too.
I think everything you listen to influences your music. As a musician, you can’t do anything about that.
Ci parli dei tuoi riferimenti musicali?
Potrei parlarvene per ore! Ce ne sono così tanti… Spesso ho menzionato James Booker e Vince Weber. Vince è un pianista tedesco, legato al blues e al boogie woogie, che ha operato soprattutto dagli anni ’70 agli anni ’90. Nello scenario Boogie Woogie, lui è conosciuto per le sue complesse scale musicali. Ad ogni modo ci sono tanti altri musicisti come Ray Charles, Dr. John, B.B. King, Stevie Wonder, Muddy Waters e altri ancora, coinvolti nella musica blues e jazz di New Orleans. Quello che, inoltre, mi influenza, è la musica pop, rock, elettronica e R’n’B di oggi. Naturalmente anche i grandi artisti della musica classica svolgono un ruolo importante. Penso che tutto quello che ascoltiamo possa influenzare la nostra musica. Da musicista, non puoi farci semplicemente nulla.
What are your perspectives for the future?
Of course, my dream would be to make a living from music. But I’m afraid that, that will stay a dream for now. This autumn I’ll go to university – and I hope that it won’t take too much time and effort so that my piano doesn’t have to suffer from it.
Quali sono le tue prospettive per il futuro?
Naturalmente il mio sogno sarebbe vivere di musica ma temo che questa cosa, per adesso, resterà solo un sogno. Il prossimo autunno andrò all’università e spero che questo non mi prenderà troppo tempo così che il mio piano non debba soffrirne troppo.
Where and when will you play during next summer?
There are few specific plans as yet. It’s hard to plan something because of the university. But I have a request from a jazz festival in Tunisia and I’m planning to do a lot of gigs here in Germany.
Dove e quando suonerai la prossima estate?
Ci sono pochi programmi specifici per adesso, è difficile pianificare qualcosa, soprattutto per il discorso legato all’università. Ad ogni modo ho avuto una richiesta per un festival jazz in Tunisia e sto organizzando una serie di tappe in Germania.
Will you came to Italy? Have you got any friends in our country or is there any musicians you would collaborate with?
I have a very good friend in Rome who helped me participate in a great jazz festival in May 2013 (the photos on the cover of the CD were made there). And yes! There are some plans to do some gigs in Italy in the spring/summer of 2015. I don’t want to promise too much but if everything goes well there will be some concerts there.
Verrai in Italia? Hai amici nel nostro paese? C’è qualche musicista con cui vorresti collaborare?
Ho degli ottimi amici a Roma che mi hanno aiutato a partecipare ad un bel festival jazz lo scorso maggio 2013 (le foto della copertina del disco le abbiamo scattate lì) e sì, ci sono delle tappe in Italia in programma, presumibilmente durante la primavera/estate 2015. Non vi prometto nulla ma, se tutto va bene, ci saranno anche dei concerti da voi!
I Muiravale Freetown sono un gruppo di origine pontina, Made in Terracina, attivi sulla scena musicale italiana dal 2009. Presenti, a pieno titolo, tra gli alfieri della rinascita del reggae in Italia, i Muiravale hanno un background artistico davvero variegato alle loro spalle ed è anche per questo che nel loro album di debutto, intitolato “Freetown”, essi hanno lasciato convergere una serie di influenze musicali e contenutistiche che hanno contribuito alla genesi di un progetto sempre più apprezzato dal pubblico. Li abbiamo, dunque, raggiunti per approfondire la conoscenza di questo album e della loro interessante realtà.
Il nome del vostro gruppo si ispira ad una località del Mozambico dove il medico missionario terracinese Alfredo Fiorini venne drammaticamente ucciso. In che modo la vostra musica ed i vostri testi intendono onorare la sua missione di altruismo e fratellanza?
Crediamo che la musica sia un mezzo potente per arrivare al prossimo, un mezzo che, sotto certi punti di vista, è anche più diretto delle sole parole, perché è più viscerale ed istintivo. Lo dimostra il fatto che tante volte, anche quando un testo è scritto in una lingua che non conosciamo o è del tutto assente, il significato di una canzone in qualche modo ci arriva lo stesso. Noi semplicemente cerchiamo di sfruttare questa efficacia comunicativa per diffondere i valori che Alfredo ci ha insegnato facendo, nel nostro piccolo, la nostra parte.
Quali sono state le vostre evoluzioni musicali e contenutistiche dal 2009 ad oggi?
Quali e quante siano state le cose a cambiare dal 2009 è difficile dirlo, perché sono state tante e perché spesso sono cambiate senza che ce ne accorgessimo, in modo del tutto spontaneo. Sicuramente oggi c’è un approccio più maturo e consapevole a quello che facciamo e crediamo che questo sia l’unico step evolutivo rilevante, perché ti porta a rispettare di più quello che fai e le persone con cui lo fai. Il resto, che va dallo stare in sala prove allo stare su un palco, viene di conseguenza.
Video: “Unnu Ina Luv”
“ Muiravale Freetown” rappresenta il vostro debutto discografico ufficiale e, in quest’avventura, la produzione artistica di Paolo Baldini ha avuto un ruolo rilevante… ci raccontate come avete vissuto questa importante collaborazione, come avete lavorato ai brani, agli arrangiamenti e quali pensieri hanno scandito la nascita di questo album?
Conoscevamo già Paolo di persona ed avevamo avuto modo di lavorare con lui alla produzione di un EP che peraltro non è mai andato in stampa ma che conteneva “Babylon Revolution”, il nostro primo singolo con video. Sapevamo quindi cosa aspettarci e soprattutto cosa si aspettasse lui da noi. Ci siamo quindi rimboccati le maniche ed in pratica abbiamo buttato le chiavi dello studio di registrazione dopo esserci barricati dentro. Quando ne siamo usciti, avevamo materiale quantitativamente e qualitativamente sufficiente da sottoporre a Paolo. Poi lui ha aggiunto la sua magia alchemica ed è venuto fuori un disco che a noi è piaciuto tantissimo sin da subito. A quel punto speravamo solo di trovare qualcuno a cui piacesse tanto quanto a noi. Fortunatamente così è stato e vedere che gli entusiasti hanno superato di gran lunga gli scettici è stata la soddisfazione più grande!
Quali sono le tematiche principali che affrontate nelle tracce che compongono il disco e quali sono i messaggi che vorreste arrivassero dritti al cuore degli ascoltatori?
Nel disco affrontiamo diversi temi che vanno, con una certa naturalezza, dal serio al faceto. Ci sono invettive piuttosto arrabbiate contro l’attuale classe politica o gli arrampicatori sociali senza scrupoli e poi magari ci sono canzoni sull’amore o sulla speranza che le cose possano andare meglio… l’unica cosa che li accomuna è che sono tutti temi che ci riguardano in prima persona, perché rappresentano una parte integrante del nostro quotidiano. Una quotidianità, la nostra, che ci accomuna tutti ed è probabilmente anche per questo che la gente sta iniziando ad apprezzarci così tanto.
Muiravale
Le sonorità proposte nel disco sono molto eterogenee eppure sembra che tutte seguano un filo conduttore stilistico…è così?
Probabilmente si, nel senso che indipendentemente dal tipo di brano proposto, che può essere un roots lentissimo o un rocksteady a mille all’ora, il “suono Muiravale” è piuttosto netto e riconoscibile. Un suono che spesso e volentieri finisce anche con il discostarsi molto dalle sonorità tipiche del reggae, perché influenzato dal background musicale dei membri della band che, in quasi tutti i casi, hanno iniziato a suonare in levare solo quando sono entrati a far parte del progetto. Quando si ascolta il disco, tutte queste influenze sono fortemente riconoscibili ma restano comunque a fare da sfondo a quello che è un tema centrale che è indiscutibilmente reggae. Questa sorta di paradosso interno crea il filo conduttore in questione. Quindi se ascoltando il disco, un brano vi sembra quasi rap, o quasi r&b, o quasi rock è perché, probabilmente, è così…
Partendo da ottimi presupposti e da diversi riconoscimenti passati, quali sono le vostre aspettative e con quale spirito affrontate questa fase del vostro percorso artistico?
In realtà viviamo molto alla giornata. Il periodo storico non consente una grande pianificazione, specialmente sul lungo termine, quindi estirpiamo il problema alla radice e ci godiamo quello che abbiamo adesso. Proprio ciò che abbiamo adesso è un progetto che ci piace, ci stimola e fortunatamente ci dà anche diverse soddisfazioni. Lavoriamo per crescere e migliorarci ma lo facciamo divertendoci, con l’entusiasmo che è lo stesso di quando abbiamo iniziato. Poi è fisiologico il voler suonare su palchi più grandi, avere budget maggiori per fare i dischi, magari avere l’opportunità di arrivare a vivere facendo solo questo, ma non è un’ossessione. Piuttosto è uno stimolo che ci spinge a migliorarci quotidianamente e a dare sempre il massimo per qualcosa che amiamo visceralmente e che, se non dal punto di vista economico, quanto meno emotivamente ripaga ogni singolo sacrificio fatto.
Avete altri progetti paralleli in corso o altre cose di cui vi occupate?
Si, molti di noi hanno progetti musicali paralleli. E già che se ne parla, ne approfittiamo per salutare la Savioli big band, la Chicken prod. inc. ed i Wogiagia!
Che rapporto avete con Terracina e con il vostro territorio più in generale?
Amiamo la nostra città in maniera viscerale. Perché ci siamo cresciuti, perché abbiamo sempre vissuto qui e perché anche chi di noi non è autoctono, ci si è sentito da subito come a casa. Nei nostri testi c’è tanto di Terracina e della gente che ci vive. Ma come spesso accade quando si ama così tanto qualcosa o qualcuno, si diventa molto poco tolleranti quando si denotano determinati atteggiamenti. Per queste ed altre ragioni andiamo in bestia nel vedere come qualche sciacallo stia facendo di tutto per spolpare questa sua preda inerme, ma ancora di più nel costatare come tutto ciò stia accadendo nella quasi totale indifferenza. “Babylon Revolution”, il nostro primo singolo, è nato proprio da questa rabbia, con l’idea di provare ad aprire gli occhi a chi troppo spesso non vede o preferisce volutamente non farlo.
Quando e dove potremo ascoltarvi dal vivo?
La prossima data è quella del 19 luglio a Roma, e anche se non eseguiremo il nostro solito concerto, avremo l’onore di condividere il palco con Bunny Wailler and the Solomonic Reggaestra. Saremo molto carichi. Se siete in zona vi consigliamo di cuore di non perdere questa occasione. Poi ancora un’estate intensa e il 25 luglio saremo al Castello di Breno, in provincia di Brescia, naturalmente vi invitiamo a venirci a trovare nella magia dei luoghi a noi cari nei due festival più belli e importanti che abbiamo dalla nostre parti. L’Anxur Festival di Terracina il 26 luglio, mentre il 24 agosto spetta a noi chiudere Exotique 2014 – il Festival alla corte della maga Circe che si svolge a San Felice Circeo. Il nostro profilo facebook è comunque il modo migliore per restare in contatto e dove poter anche dialogare oltre che essere sempre aggiornati su tutto.
Geko Luca Dimauro voce, piano e chitarra e Joseph Di Fraia (Batteria, sequencer, batteria elettronica) sono l’anima ed il cuore del duo denominato L’Essenza del 2. Insieme fin da giovanissimi, i due artisti hanno fuso i propri percorsi in un progetto che, se in un primo momento era incentrato sulla rilettura di note cover, oggi muove i primi decisi passi verso una nuova direzione fatta di emozioni, testi e note inedite. In questo caso specifico vi parleremo del brano intitolato “Nelle Favole”, il secondo singolo tratto dal primo ep del duo “Benedetta Pace”, prodotto per l’etichetta One More Lab, con la supervisione artistica di Maurizio Mariano e Francesco Valente.
“Nelle Favole” segue un filone intimista, velato di affranta malinconia ed inarrestabile speranza. Accompagnato da un dolce e suggestivo videoclip, realizzato sul Monte Soratte con un quartetto d’archi, con il patrocinio del Comune di Ponzano Romano nella valle del Tevere e della Provincia di Roma, il video del brano, girato da Massimiliano Gordiani converge l’eleganza armoniosa dell’arrangiamento con le immagini rupestri ed incontaminate di una location a metà strada tra sogno e magia.
Grande protagonista di questa ballad è l’amore, un amore fatto di sbagli che possiamo ritrovare nelle favole, piccoli peccati veniali da stemperare a suon di note. La consapevolezza di un sentimento che fatica a lasciare gli androni del cuore spesso ci spinge a prendere atto delle nostre paure, ci dà l’occasione di metabolizzare e, nel caso, di affrontarle a viso scoperto, in nome di un paio d’occhi limpidi in cui riconoscersi, ancora una volta.
Con l’estate 2014 torna il Coca-Cola Summer Festival, la manifestazione che raccoglie e premia i brani più trasmessi dalle radio e dalle tv italiane. Lo scorso 7 luglio è andata in onda la prima puntata del programma che, con il 19,86% di share e quasi 4.000.000 di spettatori, ha fatto registrare ottimi ascolti, anche grazie alla sinergia tra Canale 5 ed RTL 102.5. Condotto da Alessia Marcuzzi, insieme a Angelo Baiguini (speaker di RTL 102.5) e Rudy Zerbi, il Coca-Cola Summer Festival rappresenta un’alternativa ad un altro famosissimo format tv come il Festivalbar, un programma rimasto nei cuori di molti. Questa nuova formula, che coinvolge anche Maria De Filippi nella veste di produttore dello show, prevede 4 quattro puntate e, ogni singolo appuntamento, premierà un brano “vincitore di tappa”, risultato del gradimento ricevuto dal pubblico sul sito www.rtl.it e dai dati della classifica Earone. Durante l’ultimo appuntamento, che andrà in onda lunedì 28 luglio, verrà, invece, decretato il brano “vincitore finale” delle quattro puntate.
Laura Pausini Ph Massimiliano Natale
La prima star internazionale ad inaugurare il concerto gratuito tenutosi a Piazza del Popolo è stata Laura Pausini che si è aggiudicata l’Icon Award, il premio istituito da Fimi & Italian Trade “in considerazione del contributo fondamentale alla diffusione della musica e dell’arte italiana nel mondo con oltre 70 milioni di copie vendute in vent’anni di carriera”. Sul palco del Coca Cola Summer Festival anche i soliti noti come Emma, vincitrice della prima serata con “La mia città”; Alessandra Amoroso che ha presentato il nuovo singolo “Bellezza, incanto e nostalgia” e poi, ancora, i gettonatissimi Dear Jack, la neovincitrice di amici Deborah Iurato, i Modà, Anna Tatangelo con il nuovo brano firmato proprio da Kekko intitolato “Muchacha”, la scatenatissima Dolcenera ma anche Gianluca Grignani, ritornato in pista dopo 3 anni con “Non voglio essere un fenomeno”,Nek, Enrico Ruggeri, protagonista di un simpatico siparietto con Ale &Franz, Tiromancino con “Immagini che lasciano il segno”.
Timothy Cavicchini Ph Massimiliano Natale
Discorso a parte per i giovani che saranno protagonisti di una gara a 6. I big, ospiti della manifestazione, esprimeranno un voto sui loro brani. Durante ognuna delle quattro puntate verrà decretato, anche in questo caso, un vincitore di tappa e per l’ultima puntata verrà annunciato il vincitore finale del Coca-Cola Summer Festival. Ad aggiudicarsi la vittoria della prima serata è stato Timothy Cavicchini mentre lunedì prossimo la gara dei giovani vedrà sfidarsi: Marco Sbarbati e Santa Margaret (i giovani in gara saranno: Ginta Biku, Timothy Cavicchini, Santa Margaret, Raige, Marco Sbarbati e Violetta. Nonostante il grande impatto mediatico della manifestazione rimane da sottolineare un punto centrale: che fine ha fatto la musica dal vivo? A questo interrogativo ci saranno sicuramente tante valide risposte ma, di fatto, questa scelta ha suscitato parecchi malumori e, in attesa, di capire se nelle altre puntate ci saranno colpi di scena da questo punto di vista, non rimane che ragionarci su a colpi di hashtag #dilloconunacanzone.
“Instant Dialogues” è un originale progetto strumentale, prodotto dall’etichetta Jesce Sole, che racchiude la visione musicale di due artisti presenti da svariati decenni sulla scena musicale italiana, stiamo parlando del percussionista Ciccio Merolla e del sassofonista Riccardo Veno che, dopo tante collaborazioni live, si sono lasciati reciprocamente ispirare, dando vita a suoni, storie e ritmi dal fascino senza tempo. La loro perfomance creativa trae spunto dal puro istinto e da suggestioni estemporanee ecco perché abbiamo raggiunto i due artisti per lasciarci conquistare dal loro magico mondo in cui scambio, confronto, incontro, eclettismo sono le parole chiave.
“Instant Dialogues” racchiude la creatività e le suggestioni strumentali di due personalità forti, complesse e diverse… come siete arrivati alla genesi di questo progetto, quali sono i messaggi che intende comunicare questo lavoro e quali sono le ispirazioni a cui avete fatto riferimento?
Riccardo: I nostri primi concerti in duo risalgono alla fine degli anni ‘90, sentimmo forte, già da allora, l’esigenza di mettere insieme i nostri suoni e le nostre sensibilità. Da allora il progetto in duo è sempre andato avanti e stavolta abbiamo pensato che era il momento di fermare su disco questo lungo percorso… Fonte d’ispirazione è stata sicuramente la grande libertà espressiva che era presente nella musica strumentale degli anni ’70 e ’80 e abbiamo cercato di trasferire quella ricerca nei nostri suoni.
Riccardo, Lei è sassofonista, polistrumentista e attore, nonché autore di numerose colonne sonore e musiche sia per la cinematografia che per il teatro… come descriverebbe i tratti caratteristici della sua visione musicale e come si è trovato durante la lavorazione di questo disco così particolare?
Io adoro tanta musica, da Bach a Ornette Coleman, passando per le sperimentazioni elettroniche, anche estreme, fino ad arrivare a Nyman ma, in particolare, amo la musica barocca poiché, nella sua perfetta geometria, si esprime il trascendente. Amo pensare che la mia musica si rivolga sempre e comunque alla spiritualità e al desiderio delle visioni di chi l’ascolta. Per me suonare con Ciccio è un’esperienza molto forte, la lavorazione di “Instant Dialogues” è stata un vero è proprio viaggio emozionale: la creazione istantanea ti obbliga ad essere in costante contatto con le tue energie più profonde…
Ciccio, in questo progetto si è allontanato dal rap per avvicinarsi ad un mondo quasi mistico… In che modo la sua vicinanza al buddismo e la sua attività di musico terapeuta, nonché la sua abilità strumentale percussionistica, hanno influito in “Instant Dialogues”?
Ho 40 anni e sono cresciuto ascoltando da Merio Merola a Miles Davis, mi sono appassionato alla musica strumentale sin da quando ho iniziato a studiare le percussioni. Ho praticamente consumato tutti i dischi di Codona con Don Cherry e Jan Garbarek e molti altri. Io e Riccardo abbiamo iniziato a fare concerti insieme già dal ’98 poi abbiamo intrapreso strade diverse ma il desiderio di fare un disco insieme non è mai svanito, finché non ci siamo re-incontrati.
Ciccio, a proposito di parentesi particolari della sua carriera, come si è trovato a vestire i panni di un pericoloso capo banda nel film “Song ‘e Napule” dei Manetti Bros?
E’ stato bellissimo. Fin da piccolo ho sempre sognato di essere ogni giorno un personaggio diverso, lontanissimo da me, ovviamente, e ho scoperto che il cinema ti dà questa opportunità. Spero di lavorare ancora con i Manetti Bros, anche perché mi hanno fatto sentire a mio agio e tutto è andato liscio come l’olio.
Come siete riusciti a materializzare il vostro sodalizio artistico e come è avvenuta la scelta di melodie e strumenti da utilizzare per questo lavoro?
Riccardo: Siamo entrati in studio portando con noi il bagaglio di più di 15 anni di concerti, “obbligandoci” a comporre, a dialogare emozionalmente in tempo reale, nella stessa stanza di ripresa facendoci guidare solo dai suoni…la nostra empatia, creatasi in tutti questi anni, appunto, ha fatto il resto…
Ciccio: Ovviamente è Riccardo a comporre le melodie, quindi il mio lavoro è facilitato da questo, ho cercato timbri e suoni appropriati ad ogni brano e ho suonato strumenti acustici come se stessi eseguendo pezzi di musica elettronica. Si sente?
Quali storie hanno generato questo spazio bianco in cui ognuno può disegnare il frutto della propria percezione?
Riccardo: Le nostre passioni musicali comuni, gli anni passati a suonare insieme, anche in altri progetti, il nostro desiderio di libertà espressiva sono le “storie” che hanno dato vita a “Instant Dialogues”…
Ciccio: E’ la magia e la libertà che ci danno la musica e l’arte in genere, noi ci siamo abbandonati dandoci l’uno all’altro con tutta l’anima e l’ascoltatore non può fare a meno di avvertire questo.
C’è qualche brano in particolare a cui vi sentite più legati o più vicini per qualche ragione specifica?
Riccardo: Ovviamente sono legato a tutti brani…forse” Myo-on” poichè insieme al meraviglioso suono della caisa di Ciccio c’è una melodia quasi da musica barocca…e poi l’afro beat di” Madiba”…
Ciccio: Un disco è composto da diversi brani ma noi abbiamo registrato viaggiando ininterrottamente . E’ come una fiaba con un inizio ed una fine ed io la amo tutta.
Ci raccontate la nascita e lo sviluppo di “Gharbì”?
Riccardo: “Gharbì” nasce dalla nostra passione per i suoni del Maghreb, Gharbì infatti in arabo e anche in catalano vuol dire Libeccio, in vento di sud-ovest che porta con sé la sabbia del deserto…
Ciccio: E’ un ritmo arabo serrato, una tammuriata mediorientale che rispecchia la nostra passione e il nostro coinvolgimento per la cultura mediterranea.
E “Najla’s Chant”?
Riccardo: “Najla’s chant” è un brano molto particolare poiché mette insieme la magia degli Udu drums indiani con uno strumento della tradizione classica come il clarinetto basso; è come se due tradizioni spirituali, due mondi così diversi dialogassero sull’amore, un sentimento universale. In questo senso potrei dire che questo brano è molto rappresentativo del nostro lavoro.
Ciccio: Riccardo mi fece sentire il fantastico suono del suo clarinetto basso, ed io pensai subito all’ Udu Drum il resto è “Najla’s Chant”
Il brano intitolato “Madiba” rappresenta un omaggio a Nelson Mandela?
Riccardo: Nelson Mandela è un nostro eroe, una figura enorme del ‘900 e della storia dei diritti civili e Madiba è il nostro sentito omaggio a questo grande uomo, a questo grande spirito…
Ciccio: Io dedico tutte le mie opere a Nelson Mandela e a personaggi come lui che hanno cambiato il mondo. L’andamento e le sonorità inizialmente Jazz e poi africane ci hanno fatto venire in mente il nostro Nelson.
La copertina è il frutto delle visioni fotografiche di Mimmo Jodice… L’immagine rappresenta un incontro armonico tra spettacoli di luce, turbolenze, cumuli tempestosi e imponenti scenari di vento e di spumeggianti risacche in bianco e nero. Cosa ne pensate del risultato?
Riccardo: E’ stato per noi un grande onore avere un’opera di uno dei più grandi artisti del nostro paese come copertina per il nostro album… Le sue foto, le sue opere, sono misteriose ed al tempo stesso potenti. Ci piacerebbe che gli ascoltatori di “Instant Dialogues” pensassero la stessa cosa di questo album.
Ciccio: Per quanto mi riguarda il risultato è magico, il Maestro Jodice, fotografo del silenzio, è riuscito in una foto a raccontare tutto il disco e molto altro. Ma non c’erano dubbi…
Dove e quanto potremo ascoltare questo progetto dal vivo?
E’ in preparazione il tour che porterà “Instant Dialogues” in giro tra festival e rassegne in tutta la penisola, per essere sempre aggiornati sui nostri spostamenti, consultate le nostre pagine Facebook!
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Per altre infoclicca qui . Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok