Classifica FIMI: U2, Conte, Fedez i più venduti in Italia

01-u2-song-of-innocence-new-album-cover

La classifica FIMI/GFK degli album più venduti della settimana in Italia si apre con due importanti new entries: al primo posto ci sono gli U2 con “Songs of Innocence”, seguiti da “Snob”, il nuovo album di Paolo Conte. Sull’ultimo gradino del podio c’è Fedez con “Pop-Hoolista” mentre il trio Fabi-Silvestri-Gazzè si piazza in quarta posizione con “Il padrone della festa”. L’altra novità della settimana è “Ora” di Gigi D’Alessio, in quinta posizione davanti a “Senza Paura” di Giorgia. I Subsonica scendono al settimo posto con “Una nave in una foresta” mentre Francesco Renga resiste in ottava posizione con “Tempo Reale”. Al nono posto troviamo Chiara Galiazzo con il nuovo album intitolato “Un giorno di sole” mentre i Modà chiudono la top ten con “Gioia. Non è mai abbastanza”.

“Tie me down”, il nuovo ep di Jack Savoretti

Jack-Savoretti Ph Chris Faith

Jack-Savoretti Ph Chris Faith

“Tie me down” è il nuovo ep del cantautore londinese Jack Savoretti. I quattro brani che compongono questo nuovo lavoro annunciano una nuova evoluzione nella carriera dell’artista ed anticipano la pubblicazione di nuovo album, la cui è uscita è prevista per il 2015. L’ep, scritto insieme al produttore Matty Benbrook, intende mettere in luce la nuova direzione che il cantautore ha intrapreso e la sua nuova attenzione per nuovi ritmi e nuovi filoni musicali. Particolarmente intensa la title track “Tie me down”:“No man was born to be locked up,  No man is born to not be free. We’re here to live, we’re here to love. We’re here to touch, feel & see”, canta Jack, ipnotizzando l’ascoltare con la sua vocalità calda, graffiata e sensuale. Luoghi, colori, sapori, emozioni e sofferenze emergono attraverso la carica emotiva insita nella capacità interpretativa di Savoretti. Un riff insistente di chitarra acustica, una linea di basso tribale ed un groove di batteria incalzante lasciano spazio al mood decisamente più intimo e sofferto di “Last beat”, una struggente ballad amorosa perfetta per incarnare l’idea di un sentimento intenso e profondo al punto da risultare quasi distruttivo. Il fascino della melodia si avvicina a quello immaginifico di una tipica colonna sonora da film strappalacrime. Lo struggimento continua anche in “Jackie Blue”: sudore e polvere si intrecciano tra nuove strade e vecchi ricordi mentre  Jack abbraccia il suo ruolo di folksinger in maniera assoluta e totale. Questo piccolo e prezioso ep si chiude con “Solitude”, un brano che non si distanzia dai contenuti precedenti e che, anzi, sancisce con risoluta efficacia il mood malinconico ed intimista con cui Jack riesce a raccontare scelte, rimorsi e rimpianti che, pur riguardando un eventuale passato, coinvolgono anche e soprattutto il presente.  Per concludere, considerando gli ottimi presupposti di partenza, sarà interessante scoprire se Jack Savoretti seguirà questa scia contenutistica nel nuovo album o se, invece,  vorrà stupire il pubblico con nuovi contenuti e nuove scelte sonore.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Tie me down” su iTunes

Video: “Tie me down”

Earth Hotel, il nuovo album di Paolo Benvegnù. La recensione

1555348_10152545794724473_3770994257516480255_n

Una struttura ermetica e complessa attraversa “Earth Hotel”, il nuovo album di inediti firmato dal ottimo Paolo Benvegnù, pubblicato il 17 ottobre da Woodworm e distribuito da Audioglobe. A tre anni di distanza da “Hermann”, il cantautore attraversa le fasi del vivere umano contemporaneo attraverso 12 canzoni, metaforicamente associate a 12 piani di un posto che, per antonomasia, esprime l’idea di passaggio. Intrigante e destabilizzante al contempo “Heart hotel” rappresenta un non-luogo da cui osservare il mondo da vicino, pur rimanendo comodamente nella propria stanza. La solitudine rappresenta, infatti, un tema molto caro a Benvegnù, cantore di un mondo silenzioso eppure traboccante di pensieri e di emozioni descritte in maniera ermeticamente concettuale. La cura per i dettagli sia dei testi, che degli arrangiamenti, rende “Earth Hotel” un lavoro destinato a spiriti sensibili ed ad intelletti particolarmente sviluppati. La ricerca dell’equilibrio tra materia e forma, tra arte e sentimenti ha condotto Benvegnù a compiere un percorso complesso, spesso difficile da comprendere ed interpretare con lucida completezza. La prima traccia che l’artista propone all’ascoltatore è “Nello spazio profondo”, l’enigmatica ed impalpabile descrizione di un’illusione sentimentale. “Le parole sono pietre ambiziose”, canta Benvegnù, tra arpeggi di chitarra e volute di sintetizzatore. Appassionata e suadente è la trama di “Una nuova innocenza”, un brano dal fascino perturbante, addolcito dal fortunatissimo inserimento degli archi tra le sonorità profonde delle chitarre e delle tastiere. Carne e sangue sono gli elementi tangibili di questa potente mistura di parole e note.

Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù

L’amore e le sue molteplici declinazioni collegano gli intricati passaggi di  “Earth Hotel”: si passa repentinamente tra contrasti di chiaro/scuro, pieno/vuoto, presenza/assenza, passando attraverso i contrappunti affilati del violino e degli archi. La ricerca di un nuovo ordine del caos attraversa “Nuovosonettomaoista” mentre il surreale fascino e la suadente lunghezza di “Avenida Silencio” traghettano l’ascoltatore all’interno di imprevedibili  e cosmopolite dimensioni spazio-temporali . La delicatezza della ballad acustica intitolata “Life” si contrappone alla durezza semantica di “Feed the distruction” mentre la bellezza immaginifica di “Stefan  Zweig” incarna la perenne sete dell’animo umano, condannato all’insoddisfazione eterna. “Tutto ci parla senza farsi vedere”, così Paolo Benvegnù descrive in maniera minimalista eppure lucida il nostro tempo in “Divisionisti” mentre le domande senza riposta di “Orlando” si disintegrano negli anatemi contenuti in “Piccola pornografia umana”. I toni e le atmosfere si addolciscono con il sopraggiungere di “Hannah”, un’altra ballad ammorbidita dal carezzevole fascino delle corde arpeggiate. A chiudere l’album è il brano intitolato “Sempiterni sguardi e primati”: “verrà un tempo per la verità, per la gioia, per la solitudine, per la noia”, canta Benvegnù, rilanciando fino alla fine  l’insita bellezza del nichilismo improntato alla ricerca del profondo senso dell’esistenza umana.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Earth Hotel” su iTunes

Video: “Una nuova innocenza”

Intervista a Piero Fabrizi: “Primula? Un disco spontaneo e libero”

Piero Fabrizi

Piero Fabrizi

Musicista, compositore, produttore e arrangiatore, Piero Fabrizi è attivo nel panorama musicale italiano sin dal 1980. Dopo aver prodotto, nell’arco di 23 anni, 14 album e due DVD della cantante romana Fiorella Mannoia, nel 2002 Piero Fabrizi ha fondato l’etichetta discografica indipendente Brave Art Records, con la quale realizza progetti dedicati alla musica strumentale. Lo scorso settembre il chitarrista e produttore romano ha deciso di pubblicare “Primula” (un album d’esordio arrivato dopo una lunga carriera e oltre cento dischi), per raccontarsi senza limiti. In questa intervista, l’artista si è raccontato a 360 gradi dedicando un ampio approfondimento non solo a questo lavoro ricco di prestigiose collaborazioni, ma anche alla situazione generale del contesto musicale contemporaneo, offrendo numerosi spunti di riflessione.

Nel corso della tua carriera, iniziata nel 1980, hai ricoperto il ruolo di produttore, chitarrista, autore lavorando alla realizzazione di più di cento album. Quale di queste vesti senti più tua e perché? Come cambia il tuo ruolo a seconda della funzione che svolgi?

Mi sento soprattutto un musicista, la produzione è uno dei lati del mio fare musica, forse il più coinvolgente lavorativamente parlando, molto simile al ruolo di un regista nel cinema, una figura di riferimento che può realmente affiancare un’artista dall’inizio alla fine di un progetto, una figura importante in America o in Inghilterra, in Brasile perfino…un po’ meno da noi, dove il produttore è visto come colui che realizza un disco e lo consegna all’artista o alla casa discografica. In realtà, a mio avviso, non è questa la funzione fondamentale del produttore. La produzione parte a monte, con la scelta delle canzoni, interpretando al meglio l’orientamento dell’artista, aiutandolo il più delle volte a cercare il percorso ideale per esprimersi al meglio, attraverso le canzoni migliori, con quel filo di distacco che l’artista non potrebbe mantenere fino in fondo, nei confronti del proprio materiale. Il produttore è il vero alter ego dell’artista, colui che vede oltre e coadiuva nelle scelte importanti, con chiarezza e determinazione, fuori da ogni logica che non sia prettamente artistica. In tutto questo, il suonare, comporre e arrangiare, diventano elementi indispensabili per comunicare con il giusto linguaggio e per veicolare al meglio l’emozione trasmessa dall’artista nelle sue interpretazioni. Il rispetto della personalità artistica, unito al senso critico, alla creatività e ad una visione d’insieme, fanno di un musicista, chitarrista e autore… un buon produttore.

Hai lavorato per tantissimi anni con Fiorella Mannoia… ci racconti come hai vissuto questa speciale sintonia artistica con lei e come l’avete alimentata nel corso degli anni?

Lavorare per oltre 23 anni con Fiorella Mannoia è stato relativamente facile perché ci ha uniti la profonda passione e l’altrettanta sintonia, su tutto ciò che abbiamo deciso di fare, ma soprattutto, direi, la stima reciproca, che sancisce sempre le unioni creative e umane. L’essere due persone molto diverse – ma con grandi affinità – ha sicuramente arricchito ed alimentato per molto tempo il nostro rapport rendendolo molto speciale.

Nel tuo album d’esordio hai racchiuso i tuoi riferimenti musicali, i tuoi sogni di una vita e gli hai dato forma insieme ad alcuni nomi di spicco della scena musicale internazionale come Chico Cèsar, Tony Levin, Jacques Morelenbaum, Morneo Veloso, David Binney, Mauro Pagani, Maurizio Giammarco… Quando e perché ti è venuta voglia di lavorare ad un progetto tuo? Qual è stato l’elemento scatenante e quali sono le storie, i messaggi e le prospettive di questo lavoro così eterogeneo?

Era da tempo che sentivo l’esigenza di avventurarmi in qualcosa di personale e specifico come la progettazione di un mio album. In verità la musica ha preso il sopravvento sulla razionalità, nel senso che ho iniziato a registrare un paio di brani che avevo provato insieme al mio caro amico e mirabile batterista Elio Rivagli. Abbiamo improntato un ensemble molto scarno: chitarra elettrica, batteria acustica e percussioni elettroniche per appuntare delle idee ritmiche. Da lì a breve ci siamo ritrovati in studio con Dario Deidda al basso elettrico per registrare la prima traccia dell’album che dà il titolo a tutto il lavoro: “Primula”. Sono molti i momenti da ricordare, legati alle registrazioni del disco: ho ripreso gran parte delle sessioni in studio e vorrei riuscire a farne una sorta di “making of”, cosa sempre interessante dal punto di vista dell’ascoltatore che, in questo modo, può avere la possibilità di cogliere una maggiore “umanizzazione” dell’importante, (ma a volte oscuro) lavoro svolto in studio di registrazione. Non ci sono messaggi in questo mio lavoro, direi, piuttosto un pensiero costante: fare musica in piena libertà. Questo è il vero e unico intento, che io, insieme ai musicisti che hanno partecipato alle registrazioni, abbiamo perseguito fino in fondo. Ora c’è la voglia di portare questo progetto ambizioso fuori dallo studio, suonare dal vivo è il mio vero obiettivo, il più naturale e consequenziale, certo, ma anche il più gratificante.

Piero Fabrizi ph G. Canitano

Piero Fabrizi ph G. Canitano

Non solo musica ma anche solidarietà, con questo album sostieni la Onlus fondata da Barbara Olivi “Il sorriso dei miei bimbi”. Di cosa si occupa questo ente e in che modo il tuo album intende sostenerne i progetti?

Il lavoro svolto da Barbara Olivi e dagli altri volontari è proteso soprattutto alla scolarizzazione dei bambini (ma anche dei più adulti) in una realtà molto dura qual è la favela di Rocinha a Rio de Janeiro, (la più grande favela di tutto il Sud America),  dove il degrado è visibile e tangibile ad ogni angolo, e dove i ragazzi vengono continuamente a contatto con tutto ciò che di più dannoso e deleterio si possa immaginare in un “inter regno” costituito e gestito da spacciatori senza scrupoli, armati fino ai denti, impegnati in continue lotte intestine, feroci e sanguinose, per il controllo del territorio della favela. L’associazione di Barbara e compagni, garantisce per alcune ore giornaliere un cuscinetto ideale, per poter dare spazio e aree di pace e di aggregazione, gestite da insegnanti qualificati e psicologi, i quali si preoccupano del benessere dei bambini/ragazzi che aderiscono al progetto. Oltre alla scuola, ci sono corsi di danza, uso del computer, ginnastica e perfino un corso di botanica. La Onlus è una realtà che va sostenuta e difesa, questi volontari hanno cuore e coraggio da vendere!

Tu sei il fondatore della “Brave Art Records”, un’etichetta che si dedica alla musica strumentale. Come ti muovi all’interno del contesto contemporaneo italiano? Quali sono i filoni che ritieni interessanti? Cosa dovremmo assolutamente ascoltare in questo periodo secondo te?

Il contesto contemporaneo in Italia non consente ottimismi di nessun genere, resiste la passione e la caparbietà di molti di noi che, nonostante la totale assenza di un vero mercato discografico, continuano a pensare alla musica come un’idea più alta, un modo di pensare e di vivere che coinvolge e accomuna. Ritengo che tutto sia cambiato radicalmente con l’avvento di internet e della rete, si deve convivere con una maggiore promiscuità musicale e un minore talento creativo, c’è molta più offerta che richiesta di musica, ci sono molti più performers che compositori, i veri artisti sono addirittura difficili da scovare, dietro questa cortina fumogena formata da orde di prodotti e sottoprodotti musicali…difficile, orientarsi (da parte del consumatore) verso un prodotto qualitativamente alto. Gli stessi format televisivi (X-factor, The voice, ecc..) sono, a mio avviso, fuorvianti ed inefficaci, se pensati con la prospettiva di far ripartire un settore, ormai in caduta libera. Ci vorrebbe onestà e rigore per riuscire a ridare valore e vigore  alla musica italiana. La mia etichetta Brave Art Records, così come anche la Route 61 music, si impegnano a cercare di dare voce alle cose di qualità, qualunque sia la direzione e la tendenza espressa nei dischi prodotti, che vengono scelti esclusivamente sulla base di una proposta qualitativa alta. Se posso consigliare l’ascolto di un disco italiano, consiglierei sicuramente il disco di Tosca – “Il suono della voce”,  un lavoro di grande classe, che alza di netto il livello degli album usciti in questo 2014 in Italia.

Come nasce il passionale intreccio di corde e di pelli vibranti de “La Mirada del Che”? ( Bellissimo il solo di Mauro Pagani al violino… intenso, drammatico e straziante!)

Il brano mi è stato ispirato dalla lettura di una bella biografia di Ernesto Che Guevara, scritta dal francese Pierre Kalfon. Mi hanno colpito soprattutto gli appunti personali del Che e la drammatica imboscata che gli fu fatale a la Higuera in Bolivia, il pezzo vuole descrivere emozionalmente l’atto conclusivo della vita di Guevara. Il bellissimo solo di Mauro Pagani credo racchiuda in sè tutta la drammaticità e la tensione di quel momento, trovo che l’intervento di Mauro sia davvero eccezionale, egli è riuscito ad  interpretare alla perfezione l’andamento e l’intensità del brano. Lo considero un generoso regalo, fattomi da uno dei migliori musicisti italiani.

E la dedica ai “Meninos da rua” in “Clandestino”?

Questo è un brano che da sempre avrei voluto tradurre e riarrangiare e l’occasione di poterlo realizzare su un mio disco non poteva andare sprecata. Chico Cèsar ha scritto questo pezzo venti anni fa, e oggi più che mai,  le sue note e le sue parole risuonano attuali, inneggiando al senso di libertà e fratellanza che lega e unisce questi figli della strada. Chi ha visto e conosce questa dura realtà brasiliana può apprezzare ancora meglio il senso di questa canzone, che è al contempo dura denuncia e accattivante filastrocca. Quando mandai a Chico la mia versione, lui mi scrisse subito, proponendomi di cantare il pezzo insieme a lui, inutile dire che questa collaborazione è motivo di grande orgoglio per me.

Piero Fabrizi

Piero Fabrizi

La title track rappresenta davvero il punto di partenza di questo tuo progetto?

Si, “Primula” è stato il primo pezzo registrato (con Elio Rivalgi alla Batteria e Dario Deidda al Basso elettrico) e da qui il titolo emblematico del brano. Qualcosa che nasce in maniera spontanea e inattesa.

Come hai scoperto la meravigliosa voce di Elsa Lisa, che hai poi inserito in “Buzet Me Ishin Thare” ed in “Qan Lu Lja per Lulen”? Di cosa parlano questi brani così delicati e magici?

Elsa Lila è una cantante albanese di grande talento, ritengo che la sua voce sia oggettivamente una delle più belle al mondo. Il suo timbro è unico e la sua vocalità riesce a toccare corde emozionali profonde, con eleganza e sobrietà. Quelle cantate da Elsa, sono due canzoni d’amore…”Quan lulia per lulen” è un canto popolare, il cui titolo tradotto  dall’albanese è: “Piange il fiore per il fiore”, ovvero il canto di addio di un padre ad una figlia che va in sposa ad un giovane, il quale la porterà via per sempre dalla casa dei genitori, dai suoi affetti, dalla sua infanzia. Il pezzo è stato totalmente rielaborato e riarrangiato da Elsa Lila e da me per cercare di realizzarne una versione più internazionale, meno legata alla scrittura tradizionale del brano. Melodicamente e armonicamente la nostra versione è molto diversa dall’originale. Questo, comunque, è, in assoluto, uno dei miei pezzi preferiti dell’album.

L’estrema varietà del disco è confermata dalla presenza di “Uncle Frank”, il tuo tributo a Frank Zappa, dalla scelta di chiamare dei musicisti brasiliani ad interpretare “Kashmir”, dall’autentico blues di “Jff”…cosa ti ha spinto ad agire con tutta questa libertà?

La naturale propensione a fare soltanto ciò che mi piace è stata la vera costante che ha pervaso le registrazioni dell’intero album. Ho sempre pensato al fatto che ci fossero troppi luoghi comuni da sfatare (ad esempio) riguardo ai musicisti brasiliani. Ho voluto dimostrare che una band composta all’80% da musicisti brasiliani, potesse suonare in modo magistrale un classico del rock come “Kashmir”. Joao Viana (figlio di Djavan) è un batterista rock eccezionale e Jaques Morelenbaum, si è prestato a sottolineare i riff storici del brano con il suo violoncello. Il mio tributo a Zappa è nato dal cuore; la sua musica mi ha sempre affascinato. “Uncle Frank” è una dichiarazione d’amore dedicata al genio iconoclasta del rock. L’arrangiamento dei fiati, ad opera di Maurizio Giammarco, è in perfetto stile zappiano mentre il solo al violoncello, suonato da Jaques Morelenbaum, è una vera perla.

Il brano conclusivo del disco è “Now that you’re gone” un brano che hai scritto pensando a Michael Mc Donald. Se avessi la possibilità di incontrarlo come gli descriveresti questa canzone?

Si tratta di una canzone d’amore molto semplice. La musica non si descrive, si suona e si ascolta! Oltre la morbida voce soul di Lily Latuheru, c’è il notevole apporto sonoro di Tony Levin che sorregge con il suo riff di basso l’intero brano, insieme ad Elio Rivagli alla batteria. Gli archi dal malinconico sapore retrò – scritti e diretti da Maurizio Abeni – rappresentano l’ideale chiusura di questo viaggio personale, attraverso musiche e stili diversi.

Quali saranno i progetti collegati a questo nuovo album e quali, invece, quelli inerenti alla tua carriera da musicista e produttore?

Ho intenzione di fare una serie di concerti per portare dal vivo la musica di “Primula”. Parallelamente ho un paio di progetti, molto interessanti, da produrre nel corso dei prossimi mesi; si tratta di due cose molto diverse tra loro ma entrambe di grande spessore.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Primula” su iTunes

Dear Jack in concerto a Napoli: una band che lascia il segno

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Idoli dei giovanissimi, super trasmessi dalle radio e dai canali musicali italiani, i Dear Jack, scoperti dal “re Mida”della tv, Maria De Filippi, hanno dato il via alla loro prima tournée di concerti  sulla scia del grande successo riscontrato dal debut album intitolato “Domani è un altro film – prima parte”. Dopo la prima infarinatura di Forlì e di Roma, i Dear Jack si sono esibiti in concerto al Teatro Palapartenope di Napoli mandando in visibilio migliaia di giovanissimi/e fans. Vista la brevità del loro percorso artistico, Alessio Bernabei e soci hanno scelto di intervallare i loro inediti con una serie di cover, opportunamente rivisitate. Sorprendente la scelta de “L’anima vola”, grande successo contenuto nell’omonimo ed apprezzatissimo album di Elisa. I Dear Jack spiazzano e destabilizzano il pubblico attraverso continui saliscendi tra generi e rimandi musicali: si va da “Beat it” di Michael Jackson a “Demons” degli Imagine Dragons, da “Wonderwall” degli Oasis a “She will be loved” dei Maroon 5, passando per “Solo” di Baglioni, “Pensiero” dei Pooh, “Arrivederci” dell’indimenticabile Umberto Bindi.

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Un puzzle di note e parole che intende rispecchiare i gusti musicali e le influenze del gruppo che, pur essendo molto acerbo, dimostra di possedere una buona dose di carattere e personalità nello scegliere di proporre al pubblico un repertorio variegato e non necessariamente modaiolo. A surriscaldare gli animi del pubblico sono le hits, riproposte anche nei bis, “La pioggia è uno stato d’animo” e “Ricomincio da me”, due brani che, grazie ad una rotazione radiofonica e televisiva davvero incalzante, sono riusciti ad entrare nelle grazie della fascia di ascolto popolare. Guardando i presupposti da cui partono, i Dear Jack sembrano possedere le carte in regola per affermarsi all’interno dello scenario musicale italiano e nulla esclude che possano prossimamente presentarsi sul palco del Festival di Sanremo; se così fosse, sarà interessante capire in che modo essi sceglieranno di proseguire il proprio cammino musicale.

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

Dear Jack @ Palapartenope Ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lezioni di Rock: Assante e Castaldo al Teatro Parenti per raccontare Bob Dylan

Bob Dylan

Bob Dylan

Tutti a #LezionidiRock! Il Teatro Parenti di Milano si è eccezionalmente trasformato in aula studio in occasione del nuovissimo ciclo incontri tenuti dai super prof di Repubblica, Ernesto Assante e Gino Castaldo, i critici musicali più famosi del web. Al centro del primo affollatissimo appuntamento, la controversa figura dell’eterno ed immortale Bob Dylan, geniale precursore di idee e correnti musicali ad ampio raggio.  A più di 50 anni dalla pubblicazione del suo primo disco, la lucidità con cui Dylan è stato in grado di raccontare il suo tempo non smette di rapire e conquistare un pubblico transgenerazionale. Nato per sorprendere, destabilizzare, sconvolgere se stesso e gli altri, Dylan diede letteralmente il via all’evoluzione della musica. Carismatici, attenti ed appassionati, oggi come allora, Ernesto e Gino hanno accompagnato il pubblico lungo il percorso umano ed artistico di Bob partendo dai suoi inizi di folksinger, passando per la fase beat, fino all’evoluzione rock.

Ernesto Assante e Gino Castaldo

Ernesto Assante e Gino Castaldo

Dalla banale e paradossale efficacia di “Blowing in the wind” al cambiamento epocale introdotto da “The Times They Are A Changin’” , il brano in cui Bob racconta le nuove esigenze del mondo. Particolarmente attento lo sguardo di Assante e Castaldo sulle costruzioni testuali inedite di Dylan, sul suo essere un punk ante-litteram, sulla sua capacità di sfuggire alle etichette per poter cambiare in qualsiasi momento le carte in tavola. Particolare l’enfasi posta sulla rilevanza del brano “Mr Tambourine Man” e sul ruolo della città di Newport all’interno dello scenario della musica folk negli anni ’60. Con la pazzesca ondata di successo dei Beatles, anche Dylan trova il modo per inserirsi in un contesto completamente assoggettato ai Fab4. Con il primo tour in Inghilterra, Bob trova il modo per dare un significato ad ogni minimo gesto. L’apice di questo complesso percorso evolutivo avviene nel 1965, l’anno in cui Dylan pubblica “Highway 61 Revisited”: l’album definitivo.

Bob Dylan

Bob Dylan

Ad introdurre questo masterpiece è il destabilizzante colpo di rullante di “Like a rolling stone”, il brano della discordia, il racconto del crollo sociale, della perdita delle certezze. La teatralizzazione della nascita del rock si compie con la prima esibizione, in formazione elettrica, di Bob Dylan a Newport. La “mecca” del folk viene violata proprio da uno dei suoi miti di riferimento: è l’apocalisse. Il pubblico fischia, Dylan piange: è nato il rock, “non un genere bensì un modo di fare le cose”, spiega Castaldo. La parte conclusiva dell’incontro è interamente concentrata su “Highway 61 Revisited”: un omaggio alla cultura americana, alla strada per eccellenza, al collegamento tra nord e sud, all’asfalto che trasuda blues da ogni centimetro, al simbolo che testimonia un preciso modo di essere, un album che fa da apripista ad un cambiamento che non ammetterà ripensamenti e che, ad oggi, rappresenta la pietra miliare di una svolta senza pari.

Raffaella Sbrescia

Classifica FIMI: Chiara ed i Tokio Hotel sono le novità della top ten

Fedez

Fedez

Rimane invariato il podio della classifica FIMI/GFK degli album più venduti in Italia con “Pop-Hoolista” di Fedez in testa, “Il Padrone della festa” di Fabi, Silvestri, Gazzè in seconda posizione e “Una nave in una foresta” dei Subsonica sul terzo gradino. In quarta e quinta posizione troviamo le  new entries della settimana con “Un giorno di sole” di Chiara Galiazzo e “Kings of Suburbia” dei Tokio Hotel. Sesto Francesco Renga con “Tempo reale”, seguito dai Modà con “Gioia. Non è mai abbastanza”. Lenny Kravitz scende in ottava posizione con “Strut” mentre Biagio Antonacci resiste al nono posto con “L’amore comporta”. Chiudono la top ten i Club Dogo con “Non siamo più quelli di Mi Fist”.

“Sweet talker”, Jessie J torna con un nuovo album di inediti. La recensione

Jessie J_Sweet Talker album cover STANDARD_m

“Sweet Talker” è il nuovo album di Jessie J, l’artista che ha venduto, ad oggi, oltre 4 milioni di album e 20 milioni  di singoli nel mondo grazie soprattutto al disco di debutto “Who You Are”. Nominata ai GRAMMY® Award, premiata ai Critics Choice BRIT Award e al BBC’s Sound of 2011, Jessie J è stata Ambasciatrice alle Olimpiadi di Londra. Con “Sweet talker” l’artista ritorna sullo scenario musicale internazionale con un lavoro in cui traspare un approccio diverso, forse un po’ più distante dal songwriting degli esordi. Delle 15 tracce proposte nella versione standard del disco, ci sono almeno tre o quattro hit sicure anche se è nelle ballads che la potenza vocale di Jessie riesce a raggiungere i risultati migliori. Prodotto da Max Martin, Savan Kotecha, Ilya, Tricky, e The Dream, “Sweet Talker” si apre con “Ain’t Been Done”, una canzone energica, veloce  e con un testo grintoso. Decisamente riuscita la formula musicale di “Burnin’Up” (feat. 2 Chainz), un brano forte, sensuale, destinato a rimanere in loop a lungo. Non risponde, invece, alle aspettative la title track “Sweet Talker” mentre i ritmi ritornano ad essere travolgenti e scoppiettanti nel super singolo intitolato “Bang Bang” , in cui Jessie duetta con le colleghe e amiche Ariana Grande e Nicki Minaj, una hit che farà sicuramente da traino per quanto riguarda le sorti commerciali dell’intero disco.

Jessie J Ph Matt Irwin

Jessie J Ph Matt Irwin

La voce di Jessie ritorna finalmente protagonista in “Fire”, un’intensa ballad che evidenzia e mette in luce la potenza vocale della giovane artista e che, insieme ad un’altra bella canzone intima e delicata come “Personal”, ci offre l’occasione di avvicinarci di più agli aspetti meno artificiali della personalità piuttosto costruita di Jessie.  Le sovrastrutture ritornano in “Seal me with a kiss” (feat De La Soul), un brano intriso di richiami tipici degli anni ’80. Open names and sick games s’incrociano e si scontrano in “Said too much”, un testo furente e ricco di pathos che ritroviamo anche in “Loud” (feat. Lindsey Stirling). Ritmi filtrati dal groove r’n’b animano le parole di “Keep us together” anche se la parte conclusiva del disco offre davvero pochi che potremmo definire “memorabili”. Brani come “Get Away” e “Your loss I’m found” dimostrano, comunque, con efficace immediatezza il fatto che le ballads rappresentano il modo migliore con Jessie riesce a trasmettere qualcosa di più intimo e personale oltre all’ottima tecnica. In conclusione “Sweet Talker” non offre una svolta importante all’interno del percorso artistico di Jessie J anche se sono  comunque numerosi gli spunti offerti, sui quali l’artista dovrebbe lavorare per individuare la dimensione espressiva a lei più congeniale.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Sweet talker” su iTunes

Video: “Bang bang”

“Snob”, la recensione del nuovo album di Paolo Conte

SNOB - cover_RGB

 “Snob” è il titolo del nuovo album di Paolo Conte, giunto a distanza di 4 anni dal lavoro precedente e riassuntivo della nuova identità artistica di un cantautore abituato a stupire il proprio pubblico con una personalissima e spesso ermetica dimensione sonora e testuale. A comporre l’album sono quindici brani eterogenei, variopinti, immaginifici e metaforici. La chiave interpretativa di questo lavoro sta nella ricerca di una neanche tanto velata critica al modus vivendi contemporaneo. Sono tante le suggestioni letterarie con cui Paolo Conte spennella note e parole creando speziati connubi semantici. Momenti intimi e raccolti irradiano “Snob” che, sia nei fatti che nelle intenzioni, si presenta come un lavoro elitario e ricercato. Ad aprire le danze è la grinta giocosa di “Si sposa l’Africa”: una terra acerba adornata a festa con monili di legno saluta ed introduce “Donna dal Profumo di caffè”, un brano sornione e sensuale, inebriato da pensieri d’amore e dai vocalizzi dello stesso Conte che, a più riprese, si diletta ad utilizzare la sua stessa voce come un vecchio trombone.

Paolo Conte Ph Alessandro Menegatti

Paolo Conte Ph Alessandro Menegatti

Gli appassionati echi di migranti di “Argentina”, le erre arrotate del dandy che irrompe tra i provinciali della title track “Snob” si accompagnano ai ritmi swing e retrò di “Tropical” contrapponendosi in maniera piuttosto decisa al mood solitario ed intimista di “Fandango”. Surreale è la magica storyline di “Incontro”, riscaldata dal pathos e dall’intensità di “Tutti a casa”: “bimba, tu non sai tutto il freddo che ho nel mio cuore”, canta Paolo Conte, tra respiro che illude e caldi mugolii d’amore. L’imponenza ed il carisma dell’ assolo al sax in “L’uomo specchio”illumina e arrotonda gli spigoli delle tracce più introverse mentre le clessidre del ritmo di “Maracas” lasciano che lo spirito ripiombi in un vortice nostalgico. Piedi, mani, sguardi e anime si incrociano in “Gente” (CSIDN) mentre i sogni e le visioni di “Glamour” prendono nuovamente le distanze dal genere umano con un certo vigore. Originale e controverso il racconto proposto in “Manuale di conversazione”: un camionista peruviano dà un passaggio ad una donna dall’idioma indecifrabile testimoniando un fallimentare tentativo di comunicazione. A chiudere l’album sono le metaforiche “Signorina saponetta” e “Ballerina”, tangibili testimonianze di visioni artistiche eleganti e classicheggianti attraverso cui Paolo Conte si riconferma instancabile esploratore di geografie esistenziali e sentimentali.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Snob” su iTunes

Video: ” Tropical”

Queste le prime date del tour:

25 Ottobre 2014 Legnano Teatro Galleria
30 Ottobre 2014 Bologna Teatro Europauditorium
9 Novembre 2014 Munchen(D) Philarmonie
11 Novembre 2014 Barcelona(E) Auditori
20 Novembre 2014 Parma Teatro Regio
27,28,29 Novembre 2014 Milano Conservatorio Verdi
4,5,6 Dicembre 2014 Roma Teatro Sistina
26,27 Gennaio 2015 Paris (F) Le Grand Rex
27,28 Febbraio 2015 Amsterdam Theater Carré
14 March 2015 Frankfurt (D) Alte Oper
16 March 2015 Vienna (A) Konzerthaus
30 March 2015 Genova Teatro Carlo Felice

Intervista agli Strani Giorni: “Portiamo avanti con impegno e leggerezza il nostro piccolo grande sogno”

 

Strani Giorni

Strani Giorni

Gli Strani Giorni compiono dieci anni di attività. Il sound del gruppo strizza l’occhio al rock d’autore e si esprime al massimo in occasione dell’attività live coinvolgendo il pubblico con grande energia. In quest’intervista la band presenta il proprio ultimo lavoro, intitolato “L’invisibile spazio”, raccontandosi ad ampio raggio.

 Ci raccontate, a grandi linee, questi 10 anni di musica e di vita vissuta insieme?
Per raccontare dieci anni di Strani Giorni bisognerebbe scrivere un libro di parecchie pagine. La nostra band è il frutto di una profonda amicizia e nasce con l’idea e la voglia di creare un proprio spazio virtuale dove poter condividere idee ed esprimersi senza nessuna forma di censura, emozioni, pensieri, stati d’animo. Dieci anni indimenticabili di musica condivisa in giro per l’Italia a far concerti e a partecipare a innumerevoli festival con la forza di rimanere sempre uniti e di portare avanti con impegno e leggerezza il nostro piccolo grande sogno. Al nostro attivo abbiamo un Ep  “Strani Giorni” (2008) e due LP  “Un Passo Avanti” (2010) e “L’invisibile spazio” (2014).

Come siete riusciti a ritagliarvi un vostro spazio all’interno della sconfinata realtà musicale romana?
Credendo molto in noi stessi, mettendo passione ed entusiasmo in quello che facciamo; la nostra forza crediamo risieda proprio nel sound, nell’energia, nella semplicità ma soprattutto nell’onestà artistica. Le persone sono esseri molto sensibili e capiscono sempre quando un messaggio viene trasmesso con trasparenza…poi ci vuole volontà, pazienza, coraggio e tanta, tantissima fortuna!

Strani Giorni

Strani Giorni

Qual è la vostra dimensione live ideale?
Diciamo che il live in generale è la nostra dimensione!!! Si tratta sicuramente della parte più eccitante e liberatoria del percorso musicale di una band; ogni concerto è unico e irripetibile, anche quelli che non riescono benissimo ti insegnano tantissime cose che, alla fine, contribuiscono a formare la tua coscienza artistica. Sinceramente non abbiamo preferenze, suoniamo ovunque anche perchè dopo tanti concerti abbiamo capito che la differenza importante non la fa mai il posto nel quale ti esibisci ma la gente presente, attraverso la partecipazione attenta e la contagiosa voglia di divertirsi!

Che differenze ci sono tra “Un passo avanti” e “L’invisibile spazio”?
Con “L’Invisibile Spazio”, rispetto al precedente lavoro, abbiamo assecondato l’esigenza spontanea di rinnovarci, metterci in discussione, sperimentando con grande libertà tutto quello che ci è passato per la testa. Significativo l’inserimento dell’elettronica, del computer e dei sintetizzatori; abbiamo curato con minuziosa attenzione ogni piccolo dettaglio, parole, arrangiamenti, sonorità e grafica senza mai perdere di vista però la naturalezza e l’essenzialità che alla fine sono risultati essere i punti di forza dell’intero album

La vostra è una poesia urbana?
Questa è una domanda alla quale dovete rispondere voi. Amiamo semplicemente raccontare tutto quello che percepiamo intorno a noi in modo diretto, sincero, col nostro linguaggio!

cover cd

Quali tematiche affrontate in questo vostro ultimo lavoro?
“L’invisibile Spazio”, fondamentalmente è un concept album. Tutte le canzoni sono sempre in stretta connessione tra di loro,  alimentandosi in un rapporto di continuità. Ci siamo ispirati al concetto “l’essenziale è invisibile agli occhi”, tema centrale e ricorrente nel meraviglioso e famosissimo libro “Il Piccolo Principe”. I testi affrontano temi come il senso della vita, il significato dell’amore della fede e dell’amicizia…volevamo mettere in evidenza tutte quelle emozioni e cose astratte che non possono essere delineate e definite da uno spazio fisico e visivo ma che allo stesso tempo occupano un posto fondamentale nella nostra vita!

Il singolo intitolato “La speranza” racchiude un messaggio di rivoluzione concretamente realizzabile?
“La Speranza” è il brano che, in assoluto, focalizza e racchiude in sé il concetto di rivoluzione interiore: un inno alla gioia, al cambiamento…un vero e proprio canto di liberazione! La storia ci insegna che le rivoluzioni hanno sempre accompagnato e condizionato la vita degli uomini, noi crediamo che ci saranno ancora tantissime rivoluzioni e si manifesteranno in altrettante evoluzioni, in questo mondo niente è impossibile, “chi vivrà… vedrà!”

 Dove e quando potremo ascoltarvi dal vivo?
È appena iniziato il nostro tour invernale in giro per il nostro bel paese ma potete trovare il calendario delle date completo e sempre aggiornato sul nostro sito ufficiale www.stranigiorni.org o sulla nostra pagina www.facebook.com/ stranigiorniband

Avete altri progetti paralleli di cui vi occupate, anche singolarmente?
Per il momento gli Strani Giorni sono il nostro unico credo. Abbiamo realizzato un album nuovo di zecca che ci emoziona e ci rappresenta a pieno e sinceramente non vediamo l’ora di salire sul palco per trasmettere a più persone possibili tutte le nostre “strane vibrazioni”. Vi aspettiamo, veniteci a trovare e sempre buona musica!

Raffaella  Sbrescia

Acquista “L’invisibile spazio” su iTunes

Video: “La speranza”

Previous Posts Next Posts