Nadàr Solo: la recensione di “Fame”

"Fame" Nadàr Solo Ph Annapaola Martin

“Fame” Nadàr Solo Ph Annapaola Martin

“Fame” d’amore, di spazi, di certezze, di  emozioni, di vita. I nuovo album del lanciatissimo trio torinese Nadàr Solo, in uscita il prossimo 11 novembre , ci offre un interessante esempio di come il rock italiano di nuova o recentissima leva sia in grado di tenere botta, in alcuni casi, in maniera piuttosto convincente. Per questo full lenght Matteo De Simone (voce e basso), Federico Puttilli (chitarra) e Alessio Sanfilippo (batteria), scelgono un titolo semplice, immediato, inciso ed efficace centrando direttamente il nocciolo di una questione che attanaglia parecchi di noi. Una buona dose di chitarre ed una prepotente batteria accompagnano e scandiscono i racconti di storie e miserie umane. “Fame” è un termine che sottintende il concetto di mancanza, il quale determina, a sua volta, il desiderio di mostrare tutto lo spettro dei sentimenti ad esso correlati. “Mi ritrovo a stento quando cerco nel pagliaio”, canta Matteo in “La vita funziona da sé” mentre la paura del confronto con l’universo emerge con perturbante chiarezza in “Non volevo”.  Attenzione, affetto, contegno, rimorso e paura fanno capolino in “Cara madre”, impreziosita dal violoncello di Mattia Boschi, mentre “Jack lo Stupratore” è il racconto in prima persona di un mostro impotente. Il genere umano è messo con le spalle al muro ne “La gente muore” e, a dirla tutta, anche “Piano, piano, piano” è un brano che non conosce le mezze misure e le cose dette a metà. “Ignoranza, tanti soldi ed un po’ di religione” riassumono l’entità della “Ricca provincia” mentre storie di guerra, di morte e di fame attraversano le note di “Akai”. Il vigore e la foga contenuta in questo album trovano il loro naturale epilogo nella triade conclusiva composta da “Splendida idea”, “Shhh” e “Non sei libero”: una vorticosa immersione nei più reconditi angoli del cuore in cerca di cinica soddisfazione. Per colmare l’impeto, la vibrante energia e la puntigliosa cura con cui solitamente operano i Nadàr Solo, sarà necessario arrivare ai loro live consapevoli e pronti a lasciare l’anima sul parterre.

Raffaella Sbrescia

Video: “Non volevo”

Intervista a Giuseppe Capuana: “Il Sangue di Giuda? L’ album della mia rinascita artistica”

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Giuseppe Capuana, è un pittore, cantautore e musicista di origini siciliane e provenienza milanese che vive, ormai da tempo, in Toscana. Dal fortunato incontro con Giulio Iozzi (arrangiatore e produttore artistico) nasce “Il Sangue di Giuda”, l’ album in uscita il prossimo 7 novembre su etichetta Raimoon Ed. Musicali Srl, in cui parole e musica convergono seguendo i ritmi e le linee di stili diversi tra loro, eppure uniti dal fascino senza tempo del genere cantautoriale. Capuana racconta le storie di uomini e donne in potersi rispecchiare per emozionarsi al pensiero che determinate fasi della vita ci accomunano tutti, aldilà di qualsiasi preconcetto. Raffinato e sensibile, l’artista canta e sogna senza porsi troppi perché ed il risultato è di forte impatto emotivo.

Come hai maturato l’idea di scrivere, produrre e registrare questo album?

I testi e le melodie sono nate dal “bisogno” di ritornare ad esprimermi “artisticamente” e  visto che erano diversi anni che non riuscivo più a farlo, aver ritrovato questo “bisogno” nella musica è stata una rinascita. L’idea di produrre questo album è nata dopo aver conosciuto Giulio Iozzi, l’arrangiatore di tutti i pezzi, che ha creduto, anche forse più di me, nella realizzazione del progetto.

Di chi sono le 5 anime affacciate alla finestra del “Vicolo Carlotta”?

“Vicolo Carlotta” è la canzone dell’album a cui tengo di più perché legata a uno dei momenti più belli della mia vita. Questa canzone diversamente dalle altre è il mio primo “dipinto di parole”. Sono tanti piccoli fotogrammi che rendono visibile ciò che canto. Le anime affacciate alla finestra valgono quanto le persone che passeggiano nel dipinto di Van Gogh “Terrazza del caffè la sera”…semplicemente non possono non esserci, non sarebbe la stessa cosa.

Giuseppe Capuana

Giuseppe Capuana

Cosa racconti, invece, in “Il volo dei matti”?

“” il volo dei matti è il loro sorriso e cancella le pagine del loro destino”". Lucio Dalla cantava ” Il pensiero come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare” , così è per il sorriso di alcune persone, non lo puoi bloccare nè recintare e quando si apre sparisce persino quel briciolo di coscienza di appartenere a questa vita.

Alcuni brani sono ambientati in un contesto di registrazione differente dagli altri… cosa accomuna “Come un  dente di leone”, “Se”, “Se non si può ridere” e “Buonanotte a te”?

A volte mi capita di cominciare a scrivere una canzone e accorgermi che è finita dopo pochissime parole e non perché non so più portarla avanti, ma semplicemente perché aggiungere altro sarebbe superfluo. Così, io e Giulio abbiamo deciso di inserire alcuni di questi pezzi chitarra e voce e farli diventare degli “intermezzi” tra una canzone e l’altra.

Ci parli del bellissimo ed intenso brano intitolato “Incomprensioni”?

 ”Incomprensioni” e “Il matto Jim” sono gli unici due testi che non nascono dalla mia penna. Il primo è stato scritto da Domenica Borghese e quando Giulio mi ha proposto di dargli voce ho accettato subito perché prima di ascoltare l’arrangiamento ho letto il testo e l’ho trovato , come hai detto tu, intenso. Il secondo è stato scritto da Alessandro Secci, una tra le persone più “pazze”  nello scrivere testi che abbia mai conosciuto.

Giuseppe Capuana

Giuseppe Capuana

A cosa è dovuta la scelta della data 20.07.2011 come titolo di un brano e cosa si cela al centro della trama del brano?

“Di quel misfatto, sia chiaro il fatto, che di cantarlo non darò giudizio”". Racconto, col giusto peso che bisogna dare alle canzoni, uno dei tragici giorni del G8 a Genova…

Cosa rappresenta per te la musica e in che modo riesci a veicolare la tua essenza al suo interno?

In questo momento la musica rappresenta una rinascita, e l’interpretazione, più che la voce, è lo “strumento” che uso per filtrare ciò che è giusto esca dalle mie parole.

Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?

Spero prestissimo, stiamo lavorando per questo! Tutte le date e informazioni usciranno sulla mia pagina Fb: https://www.facebook.com/pages/Giuseppe-Capuana/664584030236289?fref=ts e sul sito giuseppecapuana.com

 Raffaella Sbrescia

Video: “Il Sangue di Giuda”

“Forgotten Dream”: la recensione dell’album di Luka Zotti

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Forgotten dream” è  il titolo dell’opera discografica dell’artista comasco Luka Zotti. Musicista, liutaio, pittore, membro fondatore della band ON, Zotti ha raccolto spunti, emozioni, suggestioni e idee strumentali in nove composizioni sospese fra atmosfere folk, acustiche e lievemente psichedeliche, di chiara ispirazione Pink Floydiana. Inventore di strumenti come la “Tree Pad Key Guitar”, che ingloba chitarra, tastiera, pad-percussioni e multi effetto, Luka scrive, compone, canta, arrangia testi e partiture dalle suggestioni oniriche, a tratti crepuscolari. Sebbene rimangano auspicabili alcuni necessari miglioramenti relativi alla resa vocale del cantautore, i  brani proposti da Zotti racchiudono un’intensa pregnanza semantica. Simili ad accennate bozze di piccoli affreschi, le visioni dell’artista comasco seguono fluttuanti linee evocative: si va dall’enigmatica “In tears tomorrow” alla struggente “The Sky was crying for me” , passando per la trama variopinta di “Floated away” alla folk  ballad “We could be one”, ulteriormente arricchita da dolci note di armonica. Le immagini figurate della title track “Forgotten Dream” lasciano poi il passo alla vitale energia di “Raise the earth” con la chitarra ritmica in primo piano. “Get in the game” determina la svolta evolutiva della texture emotiva intessuta da Luka Zotti e la sua band, il viaggio onirico prende, dunque, un’inaspettata piega stimolante.  Delicatissima la trama della love song intitolata “So fine” mentre il folk sound della conclusiva “Up to the stars” è l’ultimo step di un cammino intimo e personale, intriso di gradite e coinvolgenti spruzzate di eccentricismo.

Credits: Luka Zotti: vocals, guitars, piano, keyboards, harmonica. Paolo Benzoni: drums, percussion. Fabrizio Di Stefano: bass, backing vocals. Damiano Della Torre: hammond organ, piano. Virginia Lanfranconi: backing vocals. Beth Wimmer; backing vocals. Filippo Casati: saxophone. S.N. Dilush: percussion.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Forgotten dream”

Intervista a [K(s)A/L]: “Viva Terror! è la mia storia stravagante”

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“Viva Terror!” è l’ultimo disco di [K(s)A/L] Kaiser(schnitt)amboss/laszlo, uscito nel 2011 ma riscoperto e dato alle stampe solo ora da Spaceship Management, che pubblicherà anche il nuovissimo album nel 2015. Cecilia, questo il suo nome di battesimo, è una ragazza forte, decisa, ribelle e completamente dedita alla musica. Il suo album è eterodosso, sofferto, anarchico, in bilico tra blues, industrial, elettro wave con momenti acustici e sonorità visionarie ispirate dal costante abuso di droghe che si risversa anche nei testi ermetici, disillusi e diretti. In questa intervista, l’artista si è raccontata senza filtri, svelando molto di sé e della sua potente musica.

Perché il tuo album è intitolato “Viva Terror!”?

Il terrore è molto più penetrante della paura ma può valere la pena provarlo. Provarlo può essere anche tremendo, quindi tanto vale celebrarlo, magari con 11 canzoni, è un gran bel modo di farcela.

Cosa ne pensi del fatto che questo album stia avendo una nuova vita?

Mi fa piacere che questo disco sia stato “riscoperto”, dato che ha avuto una visibilità limitata, sino ad ora. Secondo me ha sempre qualcosa da dire, è diverso, eterodosso, libero, parecchio menefreghista e impertinente, pieno di piccole “trappole” e agitato da diversi colori. I suoni sono fantastici. E’ un long playing, quindi, volente o nolente, è una storia. Una storia stravagante ma una gran buona storia.

A che cosa stai lavorando per il 2015? Puoi anticipare quali saranno i temi delle nuove canzoni?

10 pezzi per il nuovo album completo sono stati già registrati, in attesa di uscire. Un album sostenuto da sole chitarre, acustiche ed elettriche, diverso per molti aspetti da Viva Terror!, almeno per quanto riguarda l’ortodossia degli strumenti utilizzati. I temi delle canzoni? Non c’è nessun tema, se non ciò che mi attraversa personalmente, se non quello che vivo e vedo e i ritratti di quelli che mi gravitano attorno. Qualsiasi cosa mi può muovere a scrivere un pezzo e il suono di una parola ha lo stesso peso del suo significato, nell’economia di un brano. È la mia realtà, che piaccia o meno, ed è così che la descrivo.

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo Ph Nikka Dimroci

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo Ph Nikka Dimroci

Ti ritrovi quando scrivono che ti piace infastidire, incantare e affascinare il pubblico?

No. Non mi P-I-A-C-E infastidire, incantare e affascinare nessuno. Perché dovrei? Può darsi che infastidisca o può darsi che incanti qualcuno, ma scrivere e suonare un brano non ha nulla a che fare con tutto questo. È tutt’altra faccenda. Sei solo. Hai una chitarra, e la fai cantare con te. E lavori col cesello. Come puoi avere in mente un pubblico da infastidire o incantare, in quel momento? È l’oggetto della tua canzone, la tua ossessione. Allora ti autodescrivi, ti sfinisci e ti completi.

 La tua musica a grandi linee viaggia tra blues ed electro wave, riesci a spiegare la formula sonora di questo disco? Quali sono i tuoi riferimenti?

La formula è semplice. “Viva Terror!” è un album di 11 canzoni nate originariamente per voce e chitarre e che, in corso d’opera, è stato letteralmente agitato da fantastici interventi eretici, a livello sonoro e suonato con molti strumenti. Chitarre, basso, piano, catene, body-percussion, ovviamente voce. Ma è comunque un disco immediato e, come spesso dico, composto da canzoni che possono essere suonate anche in un mondo dove la corrente elettrica venga meno. Ascoltavo e imparavo da Leadbelly, Cluster e i Public Image Limited in heavy rotation e ossessivamente, in quel periodo. E’ confluito molto di tutti loro, in Viva Terror!.

Perché e quando hai scritto una canzone come «Destroy your generation»?

“Destroy your generation” è un inno, una marcia, realizzata con povere cose (un basso, una voce, e una TR 505 filtrata da un flanger). È una canzone ossessiva e notturna, nata davvero velocemente, una vera e propria urgenza, condita da una rabbia precisa. È un inno all’individualismo e all’emancipazione, distruggere il concetto, la famiglia, la macchina, pensandole come strutture precostituite da cui è necessario liberarsi per rifondarsi da capo. O per non rifondarsi affatto!

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo Ph Nikka Dimroci

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo Ph Nikka Dimroci

E che dire di “Viva Anarchia”?

L’anarchia di questo brano non è quella politica, sempre che l’anarchia lo possa essere, visto che la sua grandezza è nell’impossibilità della sua etica. E cito il grande Malatesta, intendiamoci. Guyau e Stirner comunque sono sottilmente omaggiati. E anche Viva Anarchia! è un inno, eccome. “C’è stato un tempo in cui ero un tipo carino, non è vero, non lo sono mai stato …”. Un inno a pieni polmoni ai propri difetti, alla tua unicità, anche alla propria indolenza e contraddizione, necessariamente alla propria solitudine, intendetela come volete. Non è facile volersi davvero come individuo. Fa male, come arrivare in fondo al ritornello di questa canzone.

 Pensando al tuo passato, qual è il tuo rapporto con la droga?

Ho un ottimo rapporto con le droghe, passato o non passato. Che dovrei dire? Certo sono una compagnia parecchio esigente. Se mi si vuole sentir dire che “servono” alla scrittura di un brano, no, non è vero, per nulla. Spesso, anzi,  te lo impediscono. Incidono a loro modo, come qualsiasi altro stimolo, ma sono ben altri i meccanismi mentali e spirituali lì implicati. Che il mondo dell’illecito solletichi la tua fantasia e alzi il livello di adrenalina e la posta in gioco della tua vita, è vero. C’è a chi piace sentirsi così, e a chi no. E a me piace. A questo mondo c’è chi trova soddisfacente, che so, parlare di cibo vegano e complicarsi la vita in cucina. Io non cucino perché penso di impiegare meglio il mio tempo suonando. A ognuno la sua fetta di universo, semplicemente.

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo Ph Nikka Dimroci

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo Ph Nikka Dimroci

 Cosa ti aspetti dal futuro?

Niente, il futuro è qualcosa che non riesco affatto a prefigurarmi. Non riesco a pensare ad altro che a migliorare sulla chitarra e sulla scrittura delle canzoni. Quella è la mia ossessione, sentire vibrare le corde sotto i calli. Tutto il resto a quel punto può scomparire e nulla ha più importanza.

Raffaella Sbrescia

“Viva Terror!” è in streaming e download grautito su https://soundcloud.com/k-s-a-l/sets/viva-terror

Classifica FIMI: U2, Fedez, Paolo Conte sul podio

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Gli U2 resistono in cima alla classifica FIMI/GFK degli album più venduti della settimana in Italia con “Songs of innocence”. Al secondo posto c’è Fedez con “Pop-Hoolista” mentre Paolo Conte chiude il podio con “Snob”. In quarta posizione ritorna Francesco Renga con “Tempo reale” mentre Fabi Silvestri Gazzè si piazzano in quinta posizione con “Il padrone della festa”. La new entry della settimana è Slipknot con  “.5: The Gray Chapter” mentre al settimo posto c’è “Senza paura” di Giorgia. Scendono in ottava posizione i Subsonica con “Una nave in una foresta” mentre i Modà sono al nono posto. Chiude la top ten “L’amore comporta” di Biagio Antonacci.

Intervista a Marco Selvaggio: “L’Hang è il mio scrigno magico”

Marco Selvaggio Ph Fabio Florio

Marco Selvaggio Ph Fabio Florio

 “The Eternal Dreamer” è il nuovo singolo del percussionista catanese Marco Selvaggio. Il brano, che  anticipa l’uscita dell’omonimo disco, prevista per l’1 dicembre. Marco Selvaggio, ad oggi, è l’unico in Italia a suonare l’Hang dal vivo, sulla musica house ed elettronica, e a sposare le melodie dell’hang alla musica lirica e da ultimo pop. L’hang è uno strumento idiofono svizzero suonato da Marco e nell’imminente album, esso avrà un ruolo centrale insieme alle collaborazioni con diversi artisti italiani come The Niro, e internazionali, come Anne Ducros,  Daniel Martin Moore, Dan Davidson (dei Tupelo Honey), Sidsel Ben Semmane e altri ancora.

The Eternal Dreamer” è un suggestivo brano dal titolo eloquente… ci parli della scelta di un arrangiamento così particolare e dell’interpretazione testuale di Daniel Martin Moore?

“I’m gonna be beautiful, when you look at me, I’m gonna be beautiful, an eternal dreamer you will see”  The Eternal Dreamer è la canzone che rappresenta pienamente l’album e me stesso. E’ una di quelle canzoni che forse si scrivono una volta sola nella vita. Ha con se la carica di un sognatore che guarda in cielo con i piedi per terra. Sa bene che gli potrà cadere un giorno il mondo addosso ma ha la forza di non cadere mai sulle proprie ginocchia per andare verso l’amore incondizionato e per il raggiungimento del suo sogno. L’arrangiamento è molto delicato e l’hang appare e scompare tra le calde note della voce di Daniel. Lui l’ho conosciuto online e mi ha subito colpito per la particolarità della sua voce! Calda, soffice, dolce ma anche nostalgica e malinconica! Le sensazioni che maggiormente mi appartengono! Ho scritto musica e testi di “The Eternal Dreamer” circa un annetto fa e credo che Daniel Martin Moore abbia interpretato la canzone in maniera incredibile (basta pensare che per ogni canzone cantata del disco ho ascoltato circa 50 interpreti, quindi circa 350 voci diverse). Devo dire che son legato a The Eternal Dreamer in maniera davvero particolare, quasi viscerale, così come alla mia Sicilia.

Il brano anticipa il tuo nuovo album, in uscita il prossimo 1 dicembre…cosa puoi anticiparci di questo lavoro? Cosa ti ha spinto a lavorarci su? Con chi hai collaborato? Cosa racchiude di te, quali saranno i contenuti e le prospettive del nuovo disco che ci presenterai?

E’ un lavoro iniziato da più di un anno che non è stato semplice realizzare! Tutto ha avuto inizio nell’aprile del 2013 quando ho iniziato a fare ascoltare i miei brani alla Waterbirds Records, nella persona di Nica Midulla accompagnata da sua figlia Simona Virlinzi, supportato da mio padre – nient’altro che il terzo produttore del disco – che mi ha trasmesso la passione per la musica sin da piccolo. Ho iniziato a scrivere e a suonare l’hang circa 6 anni fa e poi è stato un crescendo continuo che mi ha portato a comporre melodie sempre diverse e provare sperimentazioni sonore molto particolari! The Eternal Dreamer è un album pop molto sognante! Lo strumento cardine del disco è chiaramente l’hang, e in questo siamo stati un po’ pionieri dato che nella musica pop non si riscontrano ancora produzioni con l’utilizzo dell’hang, o perlomeno saranno davvero pochissime e a noi sconosciute. Ho ascoltato moltissime voci per far interpretare le mie canzoni (io non canto, son davvero stonato, anche se mi sarebbe piaciuto molto) e al disco collaborano cantanti di tutto rispetto! Da Daniel Martin Moore, come ho accennato prima, a Anne Ducros (che ha inciso con Battiato) e canterà l’unica canzone in francese dell’album, a The Niro che arriva fresco fresco dall’ultimo Sanremo, a Dan Davidson leader del gruppo canadese Tupelo Honey che sta andando fortissimo, a Sidsel Ben Semmane dalla Danimarca la quale ha partecipato all’Eurovision alcuni anni fa, a Haydn Cox e Hazel Tratt dall’Inghilterra. Il disco affronta principalmente il tema della vita e dell’amore visto da diversi punti di vista e prospettive. Ci sono molte metafore nei miei testi che possono anche essere interpretate in base alle proprie sensazioni! Il disco, inoltre, ha un forte respiro internazionale e mi auguro insieme ai produttori che possa uscire fuori dall’Italia.

Marco Selvaggio Ph Andrea Ventura

Marco Selvaggio Ph Andrea Ventura

Ci saranno ponti di collegamento tra le tracce strumentali e quelle cantate?

La tracklist dell’album è stata studiata per molto tempo! Alla fine ho deciso di comune accordo con Toni Carbone (fonico, arrangiatore e produttore artistico) di seguire i suoi consigli e unirli alle mie intenzioni. Il disco si apre e si chiude con una traccia strumentale! Questo perché chiaramente non tutti conoscono l’hang (considerato ad oggi lo strumento più raro al mondo)! In tal modo s’introduce l’ascoltatore a nuove sonorità che ritroverà sempre all’interno del disco riuscendo anche a riconoscerle in maniera netta e distinta. Il disco poi si chiude sempre con un brano strumentale che inizia con l’accensione di una macchina… come ad iniziare un altro viaggio…

Si pensa già ad un collegamento con un progetto futuro… Chi lo sa!?

Da dove viene la tua passione per un strumento così raro come l’hang? Quali parole useresti per descrivere questo strumento al pubblico? Quali suggestioni è in grado di evocare, secondo te?

Non è semplice spiegare da cosa nasca la passione per questo strumento! Io dico sempre che è stata serendipità! Il termine serendipità indica la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra. Io non cercavo l’hang, mi è semplicemente capitato davanti un suonatore dell’est d’Europa mentre cercavo un locale di Roma per Trastevere! Da la è iniziata la sfrenata ricerca per lo strumento e l’amore folle per lo stesso che mi ha portato oggi a suonare e comporre tante musiche e canzoni e che al tempo stesso mi tiene incollato 4 ore al giorno, o meglio a notte, sullo stesso. È uno strumento incredibile che riesce ad evocare sensazioni mistiche. È quasi ipnotico ed è difficile separarsene. Non è semplice descriverlo, io dico sempre che se la magia è presente nella musica, per quanto mi riguarda, è dentro questo scrigno di metallo chiamato Hang.

Cover album Ph Valentina Indelicato

Cover album Ph Valentina Indelicato

Durante il tuo lungo percorso di studio, hai associato il suono dell’hang alla musica elettronica  e alla musica house…come hai creato questo connubio ritmico? Cosa ti ha ispirato e quali credi siano stati i frutti migliori di questa sperimentazione?

Ho iniziato a suonare musica tradizionale africana circa 13 anni fa. Tutto è iniziato come un gioco con le percussioni, col djembè per l’esattezza! Da lì mi sono avvicinato al mondo della musica house suonando le percussioni dal vivo in alcuni club della mia città! In fin dei conti si comincia sempre così… dal basso, per crescere! Avuto l’hang mi è venuta l’idea di associare non più solo la parte ritmica alla musica house, ma anche quella melodica! Con l’hang si è in grado di creare delle vere e proprie melodie e guardando online mi ero accorto che mai nessuno dal vivo aveva fatto tutto ciò nei club. Ho iniziato a sperimentare sulla musica house ed elettronica suonando con l’hang sul brano passato dal DJ di turno e costruendo melodie sempre diverse, a volte reiterando un motivo musicale, altre volte facendo dei veri e propri virtuosismi. I frutti di questa sperimentazione, non ancora compresa pienamente nel mio territorio, mi hanno portato a suonare e sperimentare questa piccola innovativa idea in giro per l’Europa tra club e festival (Monaco, Londra, Malta etc…).

Cosa stai ascoltando in questo periodo?

In questo periodo ascolto spesso Nick Drake, uno dei miei cantautori preferiti, William Fitzsimmons visto sempre nel 2014 a Berlino, Damien Rice visto qualche giorno fa a Milano e Jeff Buckley! Adoro la musica indie e folk. Le canzoni acustiche e il pop sognante e mai pesante.

Quando e dove potremo ascoltarti dal vivo? Che tipo di concerto proporrai al pubblico?

Una volta uscito l’album l’1 dicembre 2014 faremo una bellissima presentazione del disco partendo dal pubblico di casa e poi inizieremo a pensare ai live in maniera più concreta! Non mancheranno i concerti strumentali e sperimentali da solista con l’hang, quelli in trio con i miei musicisti e quelli con la formazione completa insieme a qualche featuring di voce che mi accompagnerà a seconda delle esigenze concertistiche! In fin dei conti nel mio disco ci son 7 cantanti provenienti da diverse parti del mondo! Sarebbe bello!

Raffaella Sbrescia

Acquista “The Eternal Dreamer” su iTunes

Saint Motel: il debutto italiano di “My Type” è un successo

Saint Motel @ Terrazza Aperol Ph Francesco Prandoni

Saint Motel @ Terrazza Aperol Ph Francesco Prandoni

I Saint Motel arrivano in Italia portando con se una bella ventata di freschezza. La band di Los Angeles si è esibita sia in tv, nella trasmissione Rai “Quelli che il calcio”, sia alla Terrazza Aperol di Milano per lo showcase di presentazione dell’Ep intitolato “My Type”, proprio come l’omonimo singolo balzato velocemente in cima alle classifiche. La formula musicale proposta da A/J Jackson (cantante), Aaron Sharp (chitarra), Dak (basso), Greg Erwin (batteria) si basa su una componente ritmica veloce e potente, in grado di conferire un elevato grado di ballabilità a tutti i brani del piccolo lavoro discografico che questi giovani ed intraprendenti musicisti hanno realizzato. I Saint Motel non sono solo “My type”, la loro verve carismatica ha scaldato subito gli animi di quanti sono accorsi ad ascoltarli dal vivo, testimoniando un’immediata capacità comunicativa. Abituati ad esibirsi nei contesti più inusuali  come un party in mutande in un magazzino, nel retro di un camion ad un party di San Valentino o in mezzo ad una pista di skate-boarding, i Saint Motel sono rimasti davvero colpiti dall’entusiasmo del pubblico italiano e, durante la round table che si è tenuta lo scorso 27 ottobre, presso gli uffici della Warner Music, i quattro musicisti hanno raccontato le loro impressioni: “ Ci siamo sentiti davvero a nostro agio. Il nostro primo live italiano ci ha fatto emozionare, il pubblico era caldo, entusiasta e partecipe. Non vediamo l’ora di tornare in Italia per i concerti di marzo, rispettivamente previsti il 10/03 al Tunnel di Milano, il 12/03 all’Orion di Roma, il 13/03  al Vox Club di Modena ed il 14/03 al New Age Club di Treviso”.

Saint Motel @ Terrazza Aperol Ph Francesco Prandoni

Saint Motel @ Terrazza Aperol Ph Francesco Prandoni

Insieme ormai dal 2009, i Saint Motel lasciano confluire i loro diversi background musicali all’interno di un unico contesto comune, in grado di esaltare echi che richiamano il soul, il rock, il pop latino e la disco anni ’70 arrivando fino al jazz, ovviamente suonato a modo loro. “Non chiedeteci di descrivere la nostra musica. Non ci piace farlo. Preferiamo prendere a prestito citazioni altrui”, spiega A/J Jackson, che, in effetti, più che utilizzare sproloqui sull’arcobaleno di note realizzate, preferisce concentrarsi sulla chimica che scandisce le composizioni del gruppo. Tra i punti chiave dell’incontro con la stampa anche un focus sul video non ufficiale di “My Type”, in cui Jackson balla con Raffaella Carra, grazie ad un brillante fotomontaggio, il visual album “Voyeur”, inciso nel 2012, e gli elettrizzanti feedback degli opening acts degli Imagine Dragons e degli Arctic Monkeys. Lo slancio, la grinta e la leggerezza dei Saint Motel rappresentano, dunque, i promettenti presupposti su cui la giovane band si baserà per i prossimi passi volti alla conquista della scena musicale mondiale.

Raffaella Sbrescia

Video: “My Type”

Amedeo Minghi “Suoni tra ieri e domani? Un progetto che racconta la mia vita”

Cover disco

Amedeo Minghi  torna sulle scene con un nuovo progetto editoriale e discografico intitolato “Suoni tra ieri e domani”. L’artista ha racchiuso alcuni dei più bei brani scritti da lui ed  interpretati dai nomi storici della musica italiana in un elegante cofanetto comprensivo di un cd audio, un bellissimo brano inedito “Io non ti lascerò mai”ed un libretto di 64 pagine in cui il cantautore ha ricordato aneddoti, artisti, poeti, musicisti, arrangiatori, produttori che hanno segnato le tappe salienti della sua lunga carriera artistica. Rilette e riarrangiate insieme al maestro Gangarella, le canzoni vivono una nuova identità  e, nella loro essenzialità piano e voce, si aprono con stupefacente facilità a nuove coinvolgenti interpretazioni. In questa intervista Amedeo Minghi si è soffermato a lungo non solo su questo importante progetto ma anche su numerosi aspetti strettamente collegati alla dimensione musicale contemporanea.

Così come ha spiegato nel libretto che accompagna il suo nuovo lavoro discografico “Suoni tra ieri e domani”, la scelta di pubblicare questa selezione di brani del suo repertorio è consequenziale ad una “spinta sociale”… ci spiega come le è venuta la voglia di recuperare queste gemme dal suo personale forziere di parole?

In questo album ci sono 10 brani che ho selezionato e che in passato ho affidato a miei colleghi interpreti. In realtà questo lavoro è una sorta di testimonianza di un modo di concepire la musica diverso da quello contemporaneo, un mondo in cui  i grandi compositori, i cantanti, i musicisti avevano una forte apertura verso gli altri, verso la collaborazione, non c’era l’individualismo che c’è oggi. Racconto un mondo in cui c’erano meno sovrastrutture, i cantanti non erano chiusi in torri d’avorio. Noi eravamo abituati a sperimentare, ricominciando ogni volta quasi daccapo. In ogni canzone c’è, inoltre, un piccolo aneddoto che svolge la funzione di collegamento tra brani composti in un arco temporale piuttosto lungo.

Tra tutti gli episodi citati, particolarmente emozionante è quello relativo alla registrazione del brano intitolato “Ma sono solo giorni” con Mia Martini…cosa ha reso quel momento così memorabile?

Mimì era considerata da tutti noi dell’ambiente musicale  la numero uno in assoluto. Lo dico con molta chiarezza, noi musicisti abbiamo amato moltissimo Mimì per cui, quando  mi chiamarono per scrivere questo brano per lei, si trattò per me di un vero e proprio salto di qualità. Scrivere per lei fu qualcosa di molto importante e lo fu anche il modo in cui avvenne: io nel box con la chitarra, lei al microfono. Eravamo da soli, tutto era sulle mie spalle. Il brano era anche molto difficile da suonare, non c’erano click, non c’era niente. Per me quello è un ricordo straordinario.

Nella presentazione del disco e del relativo volume, lei parla anche della crisi della discografia e della distribuzione musicale… quanti danni ha causato l’avvento del digitale?

Beh, il digitale ha sicuramente causato gravi danni soprattutto alle giovani generazioni perché magari un ragazzino potrebbe pensare che l’unico modo per ascoltare musica sia soltanto attraverso il pc, non si rende conto di quale sia la reale produzione di un album. A questo aggiungerei un problema tutto italiano: mentre in Germania per scaricare un brano paghi 4 euro, in Italia lo stesso brano costa 0.99 centesimi, un intero album in Germania però costa 7 euro qui, invece, viene 9.99 euro. Si tratta di un problema di impostazione. In casi come questo, in cui un artista propone un libro, il racconto di un percorso di vita, quello che offriamo diventa qualcosa di diverso, pensato per aggirare l’ostacolo: siamo sul digitale ma saremo anche nelle librerie e cercheremo di dare la giusta visibilità ad un lavoro importante e per certi versi addirittura utile per i ragazzi. Lo stesso libretto è stato realizzato dagli studenti dell’Università La Sapienza di Roma, che hanno voluto realizzarlo  in maniera del tutto volontaria e  sono stato davvero molto entusiasta di collaborare con loro.

Amedeo Minghi

Amedeo Minghi

Quale sarà, dunque, il futuro del supporto fisico?

Ci sono alcuni segnali secondo cui il vinile potrebbe riprendere vita, anche perché con i mezzi che abbiamo a disposizione si potrebbe riuscire ad ottenere un disco in vinile con dei costi molto più ridotti. Se si potesse togliere il 4% di iva, come avviene già con i libri, sarebbe un’altra storia. Non siamo ancora riusciti a convincere il governo del fatto che la musica è cultura, se ci riuscissimo potremmo ottenere la realizzazione di lavori fruibili, concreti, tangibili, da vivere e toccare con mano.

A proposito di impostazione del sistema,  il suo lavoro sarà presto protagonista di un grande evento organizzato presso l’Università La Sapienza di Roma… cosa dovrà aspettarsi il pubblico?

Anche per me sarà una grande sorpresa!  Il 30 ottobre scoprirò cosa hanno organizzato i ragazzi che, tra l’altro, hanno realizzato un bellissimo videoclip e anche questo libretto. Insieme ai suddetti progetti è venuta fuori anche questa cosa del tutto inaspettata, quel giorno saranno presenti tantissimi ragazzi e numerosi gruppi, che hanno realizzato delle cover version di brani miei, rivisitati in maniera del tutto spontanea. Ovviamente faremo una ripresa audio e video di quest’evento in cui ci saranno rock, pop, jazz, hip hop, rap, reggae, un balletto ispirato alla musicoterapia , un altro ispirato alle musiche di “Fantaghirò”, insieme a delle coreografie classiche.  Io sarò ovviamente in prima fila a godermi tutto dall’inizio alla fine, adoro stare con i giovani!

Cantare è d’amore?

Certo, tutti cantano d’amore! Alcuni si sono forse celati dietro altre cose, magari buttandosi sul sociale, ma alla fine  l’amore è anche politica.

“In ogni giorno ci sei per sempre. Io non ti lascerò mai, non ti lascerò mai. Quel respiro leggero che hai, l’onda del petto  che scende e che sale  e mentre sogno ti penso e fa male . Un’altra vita  eravamo oramai e adesso sì che sto imparando a stare nel mondo…ancora qui per noi”.  Il suo ultimo inedito è una dedica d’amore incondizionato…

Avevo già iniziato a scrivere questa canzone prima che mia moglie se ne andasse, lei l’aveva ascoltata e le piaceva davvero molto per cui ho lavorato molto su questo testo. Alla luce di tutto questo è importante rileggere il video pensando che i riferimenti al mito di Orfeo ed Euridice e alla poesia di Ungaretti sono pensati per dare un senso all’ amore che è più forte di tutto, anche della morte.

Perché  il titolo della raccolta “Suoni tra ieri e domani” presenta un riferimento al futuro?

Il brano “Io non ti lascerò mai” è proiettato al futuro. Io canto canzoni del passato ma le sto eseguendo come in un probabile futuro .

Come ha lavorato con Cinzia Gangarella agli arrangiamenti?

Cinzia ha fatto un lavoro enorme, ha lavorato per mesi scorporando gli arrangiamenti originali per riarrangiare i brani e costruire un’architettura sonora straordinaria.

Hai rimpianti o rimorsi particolari?

Sì, ci sono state occasioni perse ma fa parte della vita. La maggior parte delle volte che fai progetti non ti riescono poi magari ti capitano delle cose strepitose, completamente inaspettate. Il rimorso si può anche avere ma alla fine è completamente inutile perché la vita ti dà quello che vuole lei. Il caso ha un’importanza clamorosa nelle nostre esistenze.

Come saranno i live che presenterà a breve al pubblico il 29 novembre a Bologna, il 21 dicembre a Torino ed il 22 dicembre al Teatro Nuovo di Milano?

La prima parte del concerto sarà con il maestro Gangarella mentre nella seconda parte coinvolgerò il pubblico in un viaggio nel nostro comune passato.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Io non ti lascerò mai”

Invers: “In Montagne vi spieghiamo che la resa sta alla radice di una svolta”

Montagne

Gli Invers sono una band originaria di Biella  con una formula musicale a cavallo tra rock e cantautorato. La potenza delle melodie proposte da questi 4 musicisti italiani si sposa con la forza emotiva dei testi proposti al pubblico. Con un gran numero di concerti all’attivo e due Ep pubblicati negli scorsi anni, la band presenta un nuovo singolo intitolato “Montagne”, scelto per anticipare il nuovo atteso album “Dellʼamore, della morte, della vita” che sarà pubblicato ad inizio 2015. Registrato e mixato al MoscowMule Studio (Biella) da VinaBros, il singolo è stato masterizzato al The Exchange (Londra) da Mike Marsh (Franz Ferdinand, Kasabian, Savages).  In questa intervista  Marco B. / Mattia I. / Enrico B. / Mirko L. ci raccontano nello specifico la trama dell’inedito pubblicato lo scorso 17 ottobre, anticipando alcuni gustosi dettagli relativi al lavoro discografico in uscita nei prossimi mesi.

 

Alla luce dei vostri lavori precedenti e di quello a cui state lavorando oggi… chi sono gli Invers?

Quando ci si guarda in faccia, vedendosi ogni giorno, ci si dice che si è sempre uguali, ma sappiamo tutti che la realtà è diversa. Per noi questo è vero in parte, perchè se musicalmente dobbiamo riconoscere e quindi dire di essere cambiati, o meglio di aver intrapreso un percorso in cui ci sentiamo più liberi e forse anche cresciuti e consapevoli, dal lato personale siamo fondamentalmente i soliti quattro di sempre, ognuno con i propri gusti, le proprie idee, i propri modi di fare, costantemente in contrasto con quelli degli altri, che tra un confronto e l’altro riescono sempre a trovare un modo per andare d’accordo. Quattro amici, di cui due fratelli, e gli altri due praticamente fratelli acquisiti.

Avete definito il singolo “Montagne” un brano potente, serrato ed ossessivo…  come motivereste la scelta di questi aggettivi e come spieghereste il senso di questa canzone?

Partendo dall’idea primordiale del pezzo, passando attraverso il suo sviluppo e arrivando alla versione definitiva del brano, questi tre aggettivi sono rimasti intatti, dall’energia messa nelle prime prove alle sensazioni percepite ascoltando il risultato finale in studio. Il testo del brano descrive la condizione di inadeguatezza in cui si trova chi non si riconosce più in quello che vede, che fa, che vive, e solo dopo aver preso atto dell’immutabilità di tale condizione, riconosce che l’unica cosa da fare è arrendersi ad essa. La parte musicale è potente, ipnotica, quasi una cantilena tagliente proprio perchè ossessiva, serrata, a sostenere e rafforzare il senso di costrizione descritto dalle parole.

Invers

Invers

Quali saranno i temi, le storie, i personaggi e le scelte musicali che verranno incluse in “Dell’amore, della morte, della vita”?

I tre concetti che regalano il titolo al nostro secondo album sono i temi portanti di ognuna delle canzoni che compongo il disco. Alle volte uno solo, altre volte due, oppure tutti e tre nello stesso brano, sono l’amore, la morte e la vita i “personaggi” in scena in questo nuovo lavoro, che vengono riflessi attraverso storie di persone vicine e lontane, unite e divise, presenti e passate. Tutto ciò è avvolto da una componente musicale decisamente più dinamica rispetto al nostro precedente lavoro, volta a trasmettere nel modo più efficace e profondo possibile il significato e l’atmosfera di ogni brano.

Cosa vi hanno insegnato i tanti concerti che avete tenuto negli scorsi mesi in tutta Italia e cosa amate di più dell’interazione con il pubblico?

Sicuramente abbiamo capito che, nonostante i chilometri, gli imprevisti, le dimenticanze, i ritardi, le ore di sonno mancate, e tutti gli altri accessori inclusi, suonare è quello che vogliamo fare, ad ogni costo, cercando di arrivare a più timpani e cervelli e cuori possibili, per trasmettere la nostra visione e la nostra idea, per poterla mettere nelle mani di altre persone e vedere che effetto fa loro, se la giudicheranno, l’apprezzeranno o la demoliranno, avremo comunque raggiunto l’obiettivo più importante: condividere quel che siamo e facciamo con chi è lì con noi in quel momento.

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Se doveste spiegare la vostra musica a chi non vi conosce, quali parole usereste?

Ci piace usare una frase breve ma significativa per presentare quello che facciamo, ovvero “musica potente con testi particolarmente vicini al cantautorato italiano”, che di fatto descrive molto bene quello che siamo musicalmente parlando, sia sul palco che in studio. Tuttavia non si tratta solamente di una personale presentazione del nostro lavoro, è anche e soprattutto l’idea che abbiamo in testa, che vogliamo realizzare, e il modo in cui sentiamo di doverla esprimere.

La “resa” può rappresentare una svolta esistenziale?

Senza ombra di dubbio la resa sta alla radice di una svolta.Che sia per scelta o per forza, si arriva alla resa dopo un’ attenta analisi della situazione che causa malessere, e solo dopo aver raggiunto una posizione oggettiva rispetto ad essa, si può essere in grado di prendere la decisione di non curarsene più, e quindi lasciare perdere. La resa come atto supremo di presa di coscienza fa da spartiacque tra quello che è stato e quello che sarà, istruendoci su un nuovo e più lucido approccio nella visione della realtà.

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Dove e quando vi esibirete dal vivo?

Da qui alla fine dell’anno porteremo in giro una sorta di anteprima live completa dei brani che comporranno “Dell’amore, della morte della vita”, in attesa della sua pubblicazione ufficiale, nei primi mesi del 2015. Più precisamente, chiunque vorrà ascoltare il nuovo disco, potrà trovarci venerdì 24 ottobre alla Cooperativa Portalupi di Vigevano, sabato 1 novembre al Circolino Porta Torino di Vercelli, mercoledì 12 a Bologna, al Làbas occupato e sabato 22 al Kantiere di Verbania. Per quanto riguarda dicembre, invece, saremo dapprima il 13 a Torino, al Magazzino sul Po, e poi sabato 20 all’Otto di Biella, vicino a casa, giusto in tempo per prepararsi per un nuovo anno, un nuovo disco, una nuova vita.

Raffaella Sbrescia

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Kiesza: la recensione di “Sound of a woman”

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Ha conquistato le classifiche mondiali con la coinvolgente freschezza della super hit “Hideaway”, ora l’attrice e cantante canadese Kiesza è pronta per compiere il grande passo con il primo full lenght intitolato “Sound of a Woman”, un lavoro discografico eterogeneo, carico di contenuti e di sfaccettature sonore. Composto da ben 14 tracce, “Sound of a woman” si presta ad un ascolto leggero spaziando dal pop, alla dance, alla deep house, all’r’n’b.  Fresca, vitale, carismatica Kiesza sfrutta la potenza della propria vocalità limpida e trasparente offrendo un’ampia rappresentazione  di uno spettro vocale in grado muoversi nel tempo e nello spazio. Contenuti, melodie e ritmi si fondono in una miscela energica ed inebriante, adatta ai più disparati contesti.

Kiesza_Photo_Hideaway_300CMYK_foto di Meredith Truax

Ad aprire l’album è la già citata “Hideaway”, seguita da “No Enemiesz” un brano adrenalinico e stimolante. Ben diverso è, invece, il mood di “Losin’My Mind” in cui l’intro a cappella fa da apripista alle calde sonorità black del nucleo centrale del brano.  Calda, carezzevole e potente è la voce di Kiesza in “So Deep”mentre il flow  intrigante e misterioso di “Bad thing” lascia inaspettatamente il passo ad una riuscitissima cover di “What is love”, il grande successo targato anni ’90 di Haddaway, opportunamente trasformato in una  coinvolgente ballata pop . L’impulsiva e vitale creatività della title track “Sound of a woman” si sposa alla perfezione con il mood impattante di “The love” e di “Giant in my Heart”, arricchiti da ampie parentesi in cassa dritta 4/4.

Kiesza Ph Renee Cox

Kiesza Ph Renee Cox

La vera sorpresa dell’album è il brano di chiusura  “Cut me Loose”: piano e voce deliziano l’animo e l’orecchio con l’amore dichiaratamente in primo piano. Scritto nella sua quasi totalità a quattro mani con il producer Rami Samir Afuni, con le collaborazioni di Mick Jenkins e Joey Badass, “Sound of a woman” si muove, dunque, in maniera disinvolta tra nuovi e differenziati scenari musicali mettendo in luce la padronanza vocale e la versatilità artistica di Kiesza.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Hideaway”

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