Peole Keep Talking, Hoodie Allen presenta l’album d’esordio

People Keep Talking album cover

Steven Adam Markowitz, in arte Hoodie Allen,  è un giovane artista, classe 1988, bianco, ebreo, laureato in un’università della Ivy League che, dall’alto delle sue autoproduzioni, presenta il suo album d’esordio “People Keep Talking” insistendo subito su un concetto chiave come l’autenticità: “Per me autenticità significa accettare il fatto che non sono Kendrick Lamar e non vengo dal ghetto. Ognuno ha il dovere di raccontare la propria storia. E la mia è questa qua”. A metà strada tra rapper e pop star 2.0. Hoodie Allen negli Stati Uniti ha raggiunto la seconda posizione nelle classifiche Rap e R&B, l’ottava in quella generale ma è dal 2009 che il egli distribuisce in modo indipendente mixtape – il più noto è forse “Pep rally” del 2010 – ed EP come “All American” del 2012: “Mi piace scrivere, raccontare storie divertenti, costruire canzoni. All’inizio era un hobby poi ho imparato a usare internet per diffondere la musica e ho trovato un vero pubblico”. Dopo aver lavorato nel 2010 nel programma AdWords di Google, a Mountain View, Hoodie ha deciso, infine, di dedicarsi solo alla musica: “Lì ho imparato a pensare in modo critico, ad avere la mente aperta, a essere creativo. Ma fra Google e la mia musica, lavoravo venti ore al giorno. Lasciare l’impiego per dedicarmi al rap è stato un atto di fede”.

Hoodie Alllen ph Matty Vogel

Hoodie Alllen ph Matty Vogel

Ed ecco, dunque, “People keep talking”, un lavoro non propriamente esaltante che al suo interno contiene, comunque, un paio di messaggi interessanti: Il primo chiude il brano che dà il titolo al disco e riproduce la voce tremante una fan emozionantissima: “È un modo sarcastico per prendere in giro i superfan, quelli che dicono che ti amano e non sanno nemmeno i titoli delle tue canzoni”, spiega Hoodie, mentre il secondo messaggio è contenuto in “Sirens” dove un finto discografico – Todd Ferman della Gigantic Records – dice a Hoodie Allen che lo adora e lo vuole mettere sotto contratto, non prima di averne snaturato la musica: “È ispirata a un vero discografico, di cui non dirò il nome. Quando diventi popolare su internet gli A&R cominciano a chiamarti non perché credono in te, ma perché vogliono essere i primi a ‘scoprirti’ o per dire al capo di averci almeno provato”, conclude Hoodie. Da evidenziare anche la collaborazione con Ed Sheeran per il singolo ed il video di “All about it”: “Con Ed si è amici da tre anni, eppure non avevamo mai fatto musica assieme. Il video l’abbiamo girato l’ultimo giorno del suo tour nordamerican, pensare che lui non voleva nemmeno apparire poi l’ho convinto io a mostrare il suo lato più leggero, quello che la gente non conosce, ed il risultato è stato molto divertente”.  A dispetto dei ritornelli catchy e dell’ atmosfera easy che caratterizza album, Hoodie Allen è in ogni caso, piuttosto serio nel difendere le proprie scelte e la propria autonomia. Il senso è: potete dire quel che volete di me, ma non cercherò di compiacervi e continuerò a fare musica a modo mio, restando coi piedi per terra”.

Raffaella Sbrescia

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Video: All about it

 

Reason, il nuovo album di Selah Sue è un’equazione con molte variabili. La recensione

Selah Sue

Selah Sue

Appassionata, struggente, complessa. Selah Sue torna sulle scene di tutto il mondo con “Reason” un nuovo album di inediti che spazia tra electro-soul, trip hop e house beats, un lavoro in cui la cantautrice belga riversa tutti gli input di questi ultimi anni delineano un’identità musicale decisamente variegata. Durante la round table concessa ai giornalisti italiani, in vista del concerto in programma al Tunnel di Milano il prossimo 29 aprile, Selah ha spiegato che questo disco racchiude in sé  un’equazione con molte variabili. Il risultato, ascoltabile attraverso le 16 tracce che compongono “Reason”, è il frutto di svariate sessions di registrazione tenutesi soprattutto in Belgio, ma anche a Londra, in Giamaica e Los Angeles, insieme a  due esperti produttori: il danese Robin Hannibal (Little Dragon, Kendrick Lamar) e lo svedese Ludwig Göransson, conosciuto per i suoi lavori con il trio pop HAIM e il rapper americano Childish Gambino. Con quest’ultimo, Selah Sue ha scritto e registrato “Together”, una splendente dichiarazione d’amore hip hop, avvolta da percussioni urban e synth. “Abbiamo scritto questa canzone in poche ore a Los Angeles. E’ la mia prima canzone d’ amore, la melodia mi è proprio uscita dalla pancia. Childish Gambino ha portato i beats e il ritmo particolare del cantato”, ha raccontato l’artista. La variopinta tavolozza di suoni contenuti in “Reason” rappresenta, dunque, l’assemblaggio perfetto di una serie di idee e stili anche divergenti.

Selah Sue

Selah Sue

Muovendosi in una direzione più sperimentale, elettronica, aggressiva e ballabile Selah riesce a scardinare etichette  e preconcetti; la sua voce tocca le corte più basse e spesse ma anche quelle più alte e sottili smuovendo l’anima  a suon di scossoni. “I Won’t Go for More” e “Reason” sono nell’insieme un’eco della Selah Sue che già conosciamo, con melodie costruite intorno alla sua chitarra acustica, nella sognante “Always Home”, prodotta insieme ai suoi due produttori, Selah Sue colpisce per il suo virtuosismo vocale e per la disinvoltura con cui riesce a mostrare se stessa ed i suoi sentimenti senza alcun filtro: “Inizialmente volevo concentrarmi su un solo tipo di sound, ma non mi è stato possibile perché amo l’hip hop, il jazz, il pop, il soul, ecco perché il disco è così eclettico, rispecchia il mio stile”, ha spiegato Selah, aggiungendo, “Io ho bisogno di tanti tipi di input: ho scritto qualche canzone da sola con la chitarra, come Always Home e I Won’t Go For More, ma ho anche lavorato con i miei musicisti per una settimana di jam session e sono nate Daddy, Stand BackGotta Make It Last. Infine ho collaborato con produttori di Paesi diversi: mi hanno fatto ascoltare dei beat e ho iniziato a cantarci sopra. Trovo molto stimolante lavorare in questo modo”. Vincendo questa nuova sfida Selah si è rimessa in discussione scacciando la sua proverbiale malinconia, da adesso in poi sarà la vitale bellezza della sua anima soul a scaldare il pubblico durante i suoi appassionati concerti.

Raffaella Sbrescia

Video: Alone

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Giro del Mondo: Ligabue lancia l’album live con 4 inediti e continua il suo trionfale Mondovisione tour

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Da martedì 14 aprile è disponibile “Giro del  mondo” l’album live che conterrà tutte le emozioni del “Mondovisione Tour”, tra date in Italia e nel resto del Mondo, oltre a 4 brani inediti. Il disco si trova sia  in formato standard (doppio cd +dvd), che in formato deluxe (triplo cd + doppio dvd oppure triplo cd + blu-ray) e nelle versioni digitali.

Tra i 4 brani inediti contenuti in “Giro del Mondo” ci sono il primo singolo, già in rotazione radiofonica, “C’è sempre una canzone” e“A modo tuo”: entrambi sono brani scritti dal Liga e interpretati rispettivamente da Luca Carboni e Elisa. Questi brani vengono adesso riproposti, totalmente riarrangiati, in un’inedita e imperdibile versione.

“I campi in aprile” e “Non ho che te” sono i titoli degli altri due brani inediti che sono contenuti in “Giro del mondo” e che completano un progetto pensato per imprimere i punti più importanti di un percorso fitto di successi e grandi soddisfazioni per un artista che non smette di sorprendere il suo pubblico.

Le foto del concerto di Ligabue al Palamaggiò di Caserta – Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

 

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

 

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

 

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

 

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

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Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

 

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

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Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

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Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

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Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

Ligabue live @ Palamaggiò Ph Luigi Maffettone

 

9: il nuovo album dei Negrita è un’autostrada in fiamme con curve di miele. La recensione

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Spirituale, pensato, lavorato, sapientemente ritmato, “9”, il nuovo album dei Negrita, rimette in gioco il gruppo aretino che, lungi dall’appollaiarsi sui successi del passato, si getta nella mischia con sapiente consapevolezza e con il gusto dell’incognita raggiungendo un risultato veramente godibile. Forgiati dalla lunga ed estenuante esperienza live con il musical “Jesus Christ Superstar”, Pau e compagni hanno affrontato lo scossone dell’’abbandono dello storico bassista Franco Li Causi immergendosi nella scrittura senza distrazioni al Grouse Lodge di Rosemount (Irlanda).

Negrita live @ Forum Assago ph Carmine Arrivo

Negrita live @ Forum Assago ph Carmine Arrivo

In “9”, in effetti, traspaiono in bella vista tutte le caratteristiche che un album dei Negrita dovrebbe avere, su tutte spicca una verve fortemente rockettara nel sound e nell’animo, senza trascurare una varietà di stili che completa ed arricchisce il disco limando anche gli angoli più spigolosi.  Di acqua ne è passata da quel lontano marzo del 1994 ma Pau Drigo e Mac rappresentano ancora il nucleo centrale di un fertile connubio di suoni e anime. In questa nuova fase artistica, oseremmo dire la più matura, il gruppo dimostra di possedere la necessaria esperienza per potersi muovere con tutta scioltezza in territori musicali differenti senza perdere né carica né credibilità.

Negrita live @ Forum Assago ph Carmine Arrivo

Negrita live @ Forum Assago ph Carmine Arrivo

L’album si apre con la fortissima radiofonicità de “Il gioc”o: ci si muove tra strade di cera, tra amarezza ed allegria, sulle vie della vita, descritta come “un’autostrada in fiamme con curve di miele”. In qualità io cannibali travestiti da vegani, ci lasciamo facilmente conquistare dal riff catchy di “Poser”, un brano irriverente, scherzosamente critico, ispirato da una scuola vecchia più del pop e del rap.  Il terzo colpo in canna è “Mondo politico”, iniettato con spruzzi di elettronica e che presenta una foce direttamente annessa ad un rock denso e avvolgente. Briosa e frizzante la disinvoltura di “Que será, será”, in stretta connessione con le influenze latine tanto care ai Negrita attorno alla metà degli anni 2000. “Se sei l’amore” rappresenta, invece, un caso unico, un serbatoio da cui attingere sentimentalismo e delicatezza. “Giorni di velluto e poesie, disastri ed utopie” animano i flashback amarcord di “1989” mentre il fascino ancestrale di “Ritmo Urbano” riempie i vuoti del cuore alternando pop, rock e ritmi latini.

Negrita ph Dara Munnis

Negrita ph Dara Munnis

Libera, travolgente, estemporanea è la sensuale linfa vitale de “Il nostro tempo è adesso”. “Baby I’m in love” ci rigetta, senza preavviso e senza pietà, al centro di un violento riff rockettaro che riaccende i cuori e gonfia il cuore con una massiccia dose di adrenalina. Un rock più soffuso e stemperato accarezza le nervature di “Niente è per caso” mentre “L’eutanasia del fine settimana” critica con lucida oggettività quell’insulsa italianità fatta di presenzialismo e inutile apparenza. Subito dopo c’è “Vola via con me”, in cui i Negrita definiscono l’amore un tango che si balla sempre in due e la vita come una suadente milonga con un gran guitar solo nel finale. Chiude l’album “Non è colpa tua”: un brano atipico e cuorioso, dedicato a Shel Shapiro: “Da Woodstock a White, dai Beatles a Jim, da Hendrix a Dylan, da Yung agli Stones, uno è il messaggio: ricorre una frase, portiamo l’amore che trionferà. Milioni di cuori col sole negli occhi vanno sicuri incontro al futuro che promette tutto ma poi toglierà, la storia andò così”, cantano  con lucida consapevolezza e noi, ultimi arrivati, ne paghiamo ancora le spese.

Raffaella Sbrescia

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Video: Poser

“Ufficialmente Pazzi”, Pallante presenta il suo nuovo album. La recensione e l’intervista

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“Ufficialmente pazzi” è il nuovo lavoro discografico di Pallante. Elegante, creativo, stimolante, a tratti amarcord, questo disco lascia trasparire tutta la cura, l’impegno e la maniacale attenzione con cui è stato realizzato.  Ad affiancare Pallante, un gruppo di lavoro eccellente: Michele Rabbia (batteria e percussioni), Pino Forastiere (chitarra e supervisione del progetto), Alex Britti (basso, batteria, lap steel guitar e amichevole supervisione), Enrico Terragnoli (banjo), Filippo Pedol (contrabbasso), Eric Daniel (sax), Mike Applebaum (tromba e supervisione ai fiati), Massimo Pirone (tuba e trombone), Gabriele Benigni & The Gabbo 4th (violino e supervisione agli archi). Dall’alto della sua profonda conoscenza del pentagramma, Pallante crea e scrive tra suggestioni e ricordi di tempi andati, senza rinunciare ad un chiaro richiamo ai toni internazionali d’oltreoceano. Spaziando liberamente tra cantautorato, canzone popolare, swing e ballate, Pallante smuove l’animo con ferma delicatezza. La sua voce ruvida, ipnotica e coinvolgente accompagna, descrive, critica, racconta storie armonizzata da chitarre, arpeggi e pause  che veleggiano indisturbate tra tastiere e archi, senza soluzione di continuità.

 In questo lavoro si parla di follia ( Ufficialmente pazzi) ma anche di lavoro sommerso (King, un nome da re), di senza tetto ( Andiamo in pace), di povertà e ricchezza (La Caroppa e Carmelo casalingo), di rapporti famigliari (Fino alle ossa) e anche d’amore ( Per sempre). Ironia e disincanto si alternano ad un elegante ed irresistibile romanticismo metropolitano per poi confluire, infine, nella magia di “A night in Manduria”,  un brano strumentale dai toni crepuscolari, caratterizzato dalla travolgente carica di chitarre incalzanti e furiose, indomabili e lussureggianti, proprio come l’amore che Pallante nutre per ogni forma di espressione artistica.

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L’intervista

Perché il tuo album s’intitola “Ufficialmente pazzi” ? Dove hai trovato la forza, la tenacia, il coraggio di rifare il disco da zero per la seconda volta?

Ancora me lo sto chiedendo… in realtà dopo averlo azzerato e rifatto da capo ho dovuto fermarmi e ricominciare molte volte. Sono accadute cose impreviste durante il percorso ma anche cambiamenti di idea. Sai a volte capita che il risultato di un lavoro non sia esattamente quello che pensavi e allora puoi accettarlo così oppure ricominciare. Io ho ricominciato e oggi sono pienamente soddisfatto, so di aver fatto bene e anche se ho dovuto faticare un po’ di più ho esattamente il disco che pensavo, nel bene e nel male. “Ufficialmente pazzi” prende le mosse dalla poesia che ho avuto in regalo da Helèna, una mia amica. Contiene delle esperienze reali e delle riflessioni personali di grandissimo impatto e volevo che fosse chiaro che l’energia vitale di questo disco parte proprio da lì. In fondo chi decide cosa è folle o cosa è normale?

In una recente intervista hai dichiarato “non so suonare senza parlare e  non so parlare senza suonare”…potresti approfondire questo discorso spiegandoci questo tuo rapporto viscerale con la musica e con la chitarra, più nello specifico?

Sono sempre stato un chitarrista, un amante della musica e dello strumento ma poi mi sono accorto che mentre suonavo avevo voglia di parlare, di raccontare. Molti anni fa, mi ricordo, avevo un gruppo rock e già avevo preso il vizio di “condire” le canzoni con racconti, parodie, improvvisazioni parlate mentre giocherellavo con la chitarra. Un giorno un mio “collega” musicista, molto meno propenso alla parola detta o ascoltata, dopo un concerto mi disse: “ ma che te parli, la gente te vo senti sonà, mica ragionà”. Chissà, forse aveva pure ragione, ma da quel momento non ho mai più smesso di parlare. Quello che vuole il pubblico è la verità, la purezza, vuole che un’artista ci metta la faccia e non finga, scimmiottando le star d’oltreoceano che scorrazzano sul palco. Per il resto, non può essere certo il pubblico a decidere cosa devo fare o non fare.

Pallante

Pallante

Nelle 12 tracce che compongono l’album hai inserito ballate, swing, canzone popolare ed un lungo assolo nel finale. Quali sono le storie, le visioni, le suggestioni, i sogni e le speranze che hai racchiuso in questo lavoro?

Wow! Potrei dire che se c’ho messo così tanto a fare questo disco, potrei metterci sei anni a rispondere alla domanda. Cercherò di condensare: In questo album c’è un mucchio d’amore. Tutto qua. Veramente tanto. L’amore è stata la chiave di svolta non solo del disco ma anche della mia vita. Ho dovuto ricostruire tutto il modo che avevo di guardare fuori, di vedere gli altri. C’ho messo tanto e ho cominciato ben prima di questo disco. Devo dire che anche il mio essere vegano ha influito molto. La capacità di un artista di guardarsi intorno e trasformare in emozione ciò che vede è il fulcro dell’essere artista. In questo senso sono idealmente vicinissimo a Yodorowsky e al suo pensiero sull’arte. Artista è colui che crea emozioni, in ogni istante, con il linguaggio che in quel momento gli è adatto allo scopo. Un artista non replica e non cerca di replicare emozioni, non ripete delle cose perché funzionano. In questo lavoro è racchiuso ciò che ho visto in questi anni, con le sue continue trasformazioni che mi hanno costretto a ricominciare più volte affinchè trovassi una forma che potesse almeno per un po’ superare il tempo, che potesse essere guardata oggi o domani ottenendo lo stesso risultato. Non mi sono posto il problema del “quanto ci metterò” o del “funzionerà in radio”. Non me ne importa un fico secco. Ho cercato di fare del mio meglio e questo lavoro è un buon compromesso fra ciò che vorrei io da me stesso e ciò che me stesso può darmi oggi. Sono soddisfatto.

Come descriveresti gli anni durante i quali hai forgiato, attimo per attimo, ogni nota, ogni parola, ogni dettaglio della tua creatura musicale?

Splendidi, di ricerca, di pausa e rumore, di neve e colline assolate. E’ stato un tempo magnifico che ho goduto fino in fondo, sapendo che sarebbe stato unico e che non tornerà.

“King, un nome da re” narra delle vite di chi prova a sopravvivere nell’ordinaria irregolarità. A cosa ti sei ispirato e che messaggio vorresti trasmettere al pubblico?

King è un uomo, uno dei tanti, che, venuto nel nostro paese per scappare alla guerra, si trova a vendere calzini. Dieci anni qui, da fantasma, anche se ormai regolare, ma da fantasma. La sua storia è quella di altri mille e non contano i particolari, conta la sofferenza, l’umiliazione, il dolore. Eppure c’è una cosa di King che mi ha sempre colpito: il suo magnifico sorriso, anche nei momenti più faticosi, anche quando il padre era morto e lui non poteva tornare a casa e a casa non avevano neanche i soldi per seppellire quest’anziano uomo. Ecco, il suo sorriso è così illuminante per me, così pacifico e pieno di speranza che ogni volta che sto con lui tutto riassume i contorni giusti e le giuste prospettive. Il messaggio è speranza. Il messaggio è capire che non siamo il centro del mondo, anzi non siamo il centro di un bel niente e le nostre “tragedie” quotidiane sono quasi sempre dei piccoli, inutili e miseri vezzi di bambini egoisti.

Pallante

Pallante

Blues, jazz, musica sinfonica e musica napoletana hanno rapito il tuo cuore…in che modo inglobi questi generi nel tuo mondo musicale quotidiano?

L’arte è una forma espressiva, non credo che contempli un “genere”. E’ una scatola inventata da chi ha bisogno di etichettare ogni cosa. Nel mio mondo musicale quotidiano c’è musica, poesia, libri, dipinti…c’è arte.

Che valore ha la “parola” nel tuo microcosmo personale e professionale?

Amo la parola, credo nella parola, come diceva Gianni Rodari non perché tutti siano poeti o scrittori ma perché tutti siano liberi.

Come mai hai scelto i disegni di Manuel De Carli per il libretto che accompagna l’album?

Conoscevo e a apprezzavo il suo lavoro da un po’ di tempo. Poi ci siamo conosciuti e mi è sembrata la persona giusta a cui chiedere questo tipo di lavoro artistico. Ne abbiamo parlato per mesi, seduti davanti a un buon vino e poi è venuto tutto come desideravo. Quando gli artisti con cui ti confronti hanno determinate sensibilità, lavorare è facile e porta sempre a buoni risultati.

Nel tuo lavoro figurano diversi colleghi…come ti rapporti al contesto musicale italiano contemporaneo?

Non saprei… io mi rapporto con delle persone, in questo caso fantastiche. Sono degli amici, gli stessi con cui vado a prendere una pizza e sono anche grandi musicisti. Il contesto musicale italiano non lo conosco granchè, non riesco ad ascoltare la radio perché mi sembra che passino sempre la stessa orrenda canzone e non ho la televisione. Compro dischi e ascolto tutto quello che mi piace e mi sento felice quando trovo artisti capaci. L’Italia ne è piena. Ma non riescono a esser ascoltati.

In che senso ti “batti per il diritto alla vita”?

Sono antispecista, per me la vita è vita, sia la mia, sia la tua, sia quella di un fenicottero che quella di un riccio. Non faccio differenze. Battersi significa agire, improntare la propria vita e le proprie scelte a questa visione. Significa anche combattere, non solo sventolare la bandiera della pace ma agire concretamente nella direzione della pace. Non sono certo il primo a farlo. Ciò che mi conforta è che i più grandi pensatori e uomini della storia abbiano avuto gli stessi pensieri. Tolstoj scriveva che “Il cibarsi di carne è un residuo della massima primitività; il passaggio al vegetarismo è la prima e più naturale conseguenza della cultura”. Credo sia una palese verità e credo che sia una palese verità l’assenza totale di cultura nel nostro paese.

Cosa vuol dire “essere indipendente, sul serio”?

Vuol dire che ho prodotto, scritto, arrangiato, suonato, cantato, missato e gestito questo disco dalla a alla z. Per scelta. Non perché la Sony mi ha detto che il disco non voleva produrlo. Del resto non lo so neanche, visto che alla Sony non ci sono mai entrato. Per scelta.

Ci anticipi qualcosa sull’idea di “Ufficialmente pazzi a casa tua”  e del veg-tour?

Sarà un tour condominiale, per le case, con le famiglie allargate, gli amici. Suoneremo spesso in duo, io e Pino Forastiere, scegliendo solo i posti che davvero vorranno ascoltare la nostra musica. Non suoneremo accanto a banconi del bar o club-ristoranti mentre la gente chiede un piatto di penne al pesto. C’è una dignità da rispettare in quello che uno dei mestieri più difficili al mondo, quello dell’artista. Vogliamo azzerare la distanza tra il pubblico e il musicista, creare un vero rapporto di fiducia. Inoltre abbiamo superato il concetto di genere musicale, come dicevo all’inizio e suonare insieme con Pino, così diverso da me è un completamento, non un banale ostacolo. Usiamo la musica per comunicare e anche se la usiamo in modo diverso l’importante è comunicare, non conta la lingua che scegliamo. Sarà vegano perché non suonerò in posti che non assicureranno mangiare sano per me e per i miei ospiti. Sarà un bel divertimento.

Raffaella Sbrescia

“Guardare per aria”: la ricercata immediatezza di Bianco

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Il cantautore torinese Bianco torna in scena con “Guardare per Aria”. La sua terza fatica discografica, pubblicata lo scorso 3 febbraio per l’etichetta INRI Torino, distribuita da Artist First e Believe Digital, lo elegge rappresentante del cantautorato pop made in Torino e decreta il passaggio dell’artista oltre il bivio: la musica di Bianco conquista la leggerezza necessaria per mantenere la testa tra le nuvole senza tuttavia rinunciare alla cura per le parole e alla ricercatezza degli arrangiamenti. La chiave di questa svolta sta nella ricerca dei termini più congeniali per esprimere concetti profondi ed emozioni intime in maniera immediata, eppure poetica. “Guardare per aria” racchiude, tra l’altro, un buon numero di collaborazioni che pongono a diretto confronto il sound della scuola cantautorale romana con quello della Torino indipendente, grazie all’equilibrio creato da Bianco insieme al produttore Riccardo Parravicini, attraverso l’intervento di numerosi musicisti: si va da Niccolò Fabi a Roberto Angelini a Pier Cortese a Mr T-Bone, per arrivare a Nadàr Solo, Daniele Celona e Levante.

Bianco Ph Officine Sospese

Bianco Ph Officine Sospese

La tracklist dell’album si snoda attraverso nove tracce, piene di stelle, di mare e di tutto ciò che troviamo in mezzo; sogni, incertezze e paure ci tengono in equilibrio mentre proviamo a muoverci sulla corda della vita, sottile quanto un “filo d’erba”. Ogni brano ha la sua colonna portante, la chitarra, che accompagna la voce di Bianco sicuro di sé e delle sue intenzioni. Il filo conduttore del disco è un pop pulito e leggero, di stampo cantautorale moderno in cui Bianco è il demiurgo di un’atmosfera ottimista, sognante e melanconica al contempo. La prima traccia “Filo d’erba” rompe il ghiaccio: “Arriverà l’estate e i fiori si apriranno … le stelle ci invidieranno perché  è meglio guardare per aria che a terra”. Il “Volume” della vita, dell’amore e delle difficoltà ci regala la consapevolezza di possedere la forza necessaria per affrontarle ad una ad una. Il ritmo di “Corri corri” rompe gli schemi grazie alla presenza accentuata della batteria e al fresco duetto con Levante. Interessante l’intro elettronica  di “Drago”, un brano immaginifico, un viaggio onirico che ci riporta alla scoperta di noi stessi: “la felicità è un drago fatto di gesti piccoli, così piccoli, quasi invisibili”. Intima e delicata anche “Aeroplano”: “Spesso è la paura di andare lontano mi fa restare vicino alle cose che amo, a quelle che in fondo io merito veramente”. A godere del particolare fascino autobiografico è “Almeno a Natale”: “essere liberi è anche capire che per non passare la vita a fuggire, serve ogni tanto saper indossare, quel vestito buono che ti fa paura”. Chiude il disco il brano intitolato  “Le stelle di giorno”, una morbida e vellutata ninna nanna, ulteriormente addolcita da arpeggi,  chitarra acustica e l’ipnotico canto delle cicale che, come un balsamo, cura e lenisce gli affanni della lotta quotidiana a cui siamo destinati.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Filo d’erba”

Frasi & Fumo: il nuovo album di Nina Zilli. La recensione

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A tre anni di distanza da “L’amore è femmina” Nina Zilli torna sulla scena musicale italiana con un nuovo album di inediti intitolato “Frasi & Fumo”, un disco dall’impronta cantautorale, densamente lavorato, inziettato di blues e spunti retrò, come ormai Nina ci ha  ormai abituato, cavalcando l’onda del suo stile inconfondibile. Tra i 14 brani presenti in tracklist troviamo naturalmente “Sola”, presentata dalla cantautrice sul palco del teatro Ariston di Sanremo, in gara tra i “big” della 65esima edizione del Festival della Canzone Italiana e la cover di “Se bruciasse la città” di Massimo Ranieri. L’album, che gode della produzione di Mauro Pagani, si apre con “Intro (Cirromembi)”, un’avvolgente ballad che ci addentra subito all’interno del nucleo di questo lavoro in cui Nina lascia confluire le sfumature della sue voce, i pensieri e le suggestioni che hanno scandito i suoi ultimi anni ricchi di esperienze personali ed artistiche. L’eleganza, la versatilità, la qualità degli arrangiamenti si sposano con suggestive parole d’amore, tema portante della discografia prodotta da Maria Chiara Fraschetta.

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La title track  “Frasi & Fumo” lega tra loro i brani come un anello d’acciaio, un’inaspettata ed accattivante virata soul funky ci traghetta verso l’energico e divertente il piglio da sfida contenuto in “Luna spenta”. Deciso e volitivo il testo di “#RLL (Riprenditi le lacrime)”: “ridammi le mie favole, non perderti, non chiederti se ho ancora bisogno di te, lontani come un’isola i sogni più romantici, promettimi che torni qui con una parola per me”. Sofisticata e raffinata “Cadevo piano”, tra le più belle canzoni contenute nell’album. Il raggae doloroso di  “Lei dice”, coi fiati in evidenza, parla di un triangolo amoroso. Il file rouge jazzy attraversa anche “Una breve vacanza”. Sfiziosa e divertente “Schema libero”: “a che serve questo tempo che non passa mai? Tanto hai detto che non tornerai”, in duetto con Neffa. Tinte swing colorano le note di “Fra il divano e le nuvole” mentre richiami anni ’60 sfumano gli echi di “Dicembre”. Empatico il pathos trasmesso in “Unico re” che cede il passo a “Dormi, dormi”, la ballad soul che chiude in crescendo un album corposo ed elegante.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Sola”

Intervista ad Annalisa: In “Splende” racconto la vita senza compromessi

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Elegante, grintosa, matura. Stiamo parlando di Annalisa Scarrone che, forte di un’ottima partecipazione all’ultima edizione del Festival di Sanremo 2015, presenta il suo nuovo album intitolato Splende”, un lavoro discografico che rivela molto della personalità della giovane artista e che, finalmente, mette in luce anche la sua vena di autrice.  Nelle 10 tracce, più la cover di “Ti sento” dei Matia Bazar, Annalisa  intreccia i fili di un percorso individuale evolutivo in cui Kekko Silvestre (Produttore artistico) e Diego Calvetti (Arrangiatore), hanno ricoperto un  ruolo importante.  La forza impattante ed i forti messaggi contenuti in “Splende” racchiudono anche l’essenza dell’ intenso confronto fra Annalisa e alcuni fra i migliori autori italiani come: Campedelli, Cecere, Angiuli, Francesco Sighieri, Consortini, Morettini, Angelosanti, Esposito, Giulia Anania, Dario Faini e naturalmente Silvestre e Calvetti. Nel futuro della cantautrice di Savona c’è il tour di “Splende” con due anteprime al Teatro Nuovo di Milano (1 aprile) e al Parco della Musica di Roma (3 aprile). A conferma di un talento artistico a tutto tondo, a fine anno ci sarà anche il debutto di Annalisa come attrice nel film di Maurizio Casagrande “Babbo Natale non viene da Nord”.

L’intervista:

“Splende” è un album che mette in luce la tua vena di autrice, coinvolge anche tante altre penne importanti e vede Kekko Silvestre dei Modà nella veste di produttore artistico, come ci hai lavorato su?

Ho iniziato a lavorare a questo progetto due anni fa, partendo proprio dalla scrittura, da sola. Alla fine di quel periodo avevo messo insieme un po’ di cose, poi in autunno sono partite lavorazioni diverse e parallele. Ho portato quelle canzoni qui in Warner e ho iniziato a lavorarle con altri autori e mettendo insieme un sacco di brani, parallelamente ho fatto ascoltare tutto a Kekko, alla luce della grande sintonia che ha sempre contraddistinto il nostro rapporto d’amicizia. Al momento dell’ascolto, gli si accesa una scintilla e mi ha indirizzato verso una direzione piuttosto che un’altra . Nel frattempo io ho continuato a scrivere e a mettere insieme delle cose e anche lui ha composto due pezzi per me, ovvero “Una finestra tra le stelle” e “Sento solo il presente”; alla fine, visto che aveva partecipato a tutto il progetto, è diventato il produttore artistico del disco.

Il contenuto del primo brano intitolato “Vincerò” è davvero forte. Potremmo interpretarlo come un simbolo di rinascita personale?

Questa canzone va ascoltata rigorosamente ad alto volume. Dalle parole contenute nel testo emerge la volontà di rialzarsi ma soprattutto il coraggio di prendere delle decisioni che possono sembrare delle sconfitte per poi rivelarsi l’inizio di una vittoria. Proprio quando ti guardi allo specchio  e sai che c’è qualcosa in te che non va bene e fai finta di niente, è lì che scatta il  promemoria di avere il coraggio di affrontare quella difficoltà.

Sei molto legata a “Un bacio prima di morire”, perché?

Sembrerà assurdo ma, quando l’abbiamo scritto, questo pezzo era molto movimentato, un po’ sulla tipologia di “Splende” , eppure qualcosa non quadrava. Una notte io e Calvetti ci siamo messi a rifare le strofe perché non funzionavano. L’arrangiamento voce e pianoforte ci ha spiazzato, siamo finiti a piangere sulle note di quella che è poi diventata una ballatona struggente in cui ci sono tante mie emozioni e che mi travolge emotivamente.

Arriviamo alla performance sanremese, sei soddisfatta di come è andata?

Mi sono piaciuta, sono contenta anche di come ho interpretato “Ti sento”. Ero molto emozionata e si vede, infatti quando mi sono vista mi veniva anche un po’ da ridere, soprattutto quando al momento dell’acuto finale, a cui pensavo dall’inizio, mi hanno fatto un primo piano allucinante (ride ndr).

 “Una finestra tra le stelle” è stata scelta da Samantha Cristoforetti per la sveglia mattutina  ed è stata definita “un inno alla condivisione e al contatto umano”. In un contesto alienante come quello in cui ci troviamo  come si posiziona la tua canzone?

Sono onorata del fatto che Samantha abbia scelto la mia canzone, è stata una cosa che mi ha svoltato la giornata quando l’ho scoperto e la ringrazio tanto. Per quanto riguarda il discorso condivisione, ognuno ha il suo modo di condividersi e lo fa con i mezzi che ritiene opportuni. Quello che volevo fare io con questa canzone era raccontare e condividermi con il mio pubblico come dice il testo stesso: “Disegno una finestra tra le stesse da dividere col cielo, da dividere con me”. C’è voglia di aprire questa finestra e mostrarsi ed è anche un invito agli ascoltatori perché lo facciano anche loro  dall’altra parte della finestra in un affaccio reciproco. In un discorso più ampio, invece, spesso ci si accanisce contro i social network ma io credo che questi strumenti potrebbero anche diventare un mezzo utile per chi ha difficoltà ad esprimersi a parole. Lo dico perché quando avevo 15 anni, non parlavo ma scrivevo tantissimo. Quando ero in classe e volevo dire qualcosa, non parlando, scrivevo bigliettini a tutti. Alla luce di questo esempio, ritengo sia inutile imputarsi in modo anacronistico su questo discorso, bisogna sapere trovare un  giusto compromesso.

Annalisa

Annalisa

“Posizione Fetale” ha davvero dato il via all’intero progetto?

Sì, questo è stato il primo pezzo che ho scritto, il più vecchio, presente nel primo gruppo di brani a cui ho lavorato con altri autori. Quando l’ho fatto ascoltare a Kekko è impazzito, è stato il pezzo che mi ha fatto dire: “Bene, adesso ne scrivi altri 10 così”.

Ci sono diversi fotogrammi che richiamano il mare o comunque la tua terra di Savona, raccontaci il tuo legame viscerale con il mare…

Ho acquisito la consapevolezza che quello è il mio posto, questa cosa mi fa star bene soprattutto quando sono lontana. Senza togliere nulla ai posti in cui ho vissuto, come per esempio Roma, città in cui torno spesso sia per lavoro che per piacere, la casa di Savona è il mio mondo.

“Se potessi” si distanzia un po’ di più dal resto dell’album…anche in questo caso c’è una penna che si appoggia alla melodia che è quella di Giulia Anania. Com’è nata questa collaborazione con lei e come hai interpretato queste parole così intense?

È nata da me. Desideravo tanto che ci fosse un pezzo co-scritto con Giulia e sono partita da una sua poesia. I suoi versi vincolati ad una melodia perdono, è più giusto che la melodia sia al servizio dei suoi versi. Inizialmente lei mi ha mandato delle cose, poi da questa meravigliosa poesia, insieme ad altri due autori, abbiamo incastrato le cose, abbiamo individuato le parti che potevano essere strofa, ritornello e poi le abbiamo musicate. Abbiamo creato melodia, armonia sulle parole ed è stato un metodo vincente. Con Giulia ho parlato tanto, abbiamo trascorso meravigliose giornate a Roma anche per capire in che direzione andare. Lei ha individuato il mio forte legame con il mare e questa voglia di affrontare le cose a muso duro, senza compromessi. Il concetto alla base del brano è lasciarsi travolgere dalle cose, anche quelle negative. Se rimani sospeso a metà, se hai paura di un’emozione, finisci per non vivere.

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Come stai vivendo questo Post-Sanremo, quali impressioni ti ha dato l’instore tour?

Sono molto contenta, sto incontrando davvero tante persone. Una cosa che mi rende veramente entusiasta è che il pubblico è diventato variegato: ci sono ancora tante ragazze che conosco e che sono cresciute con me ma ci sono anche tanti uomini adulti, tante mamme accompagnate dai loro bambini. Questo Festival è stato veramente importantissimo…. Dovrebbe essere un Festival di Sanremo al mese!

Come procedono i preparativi per le anteprime del tour?

Appena finisco di dedicarmi alle tante attività post sanremesi sarò in studio con la band per  organizzare lo spettacolo. L’ 1 aprile al Teatro Nuovo di Milano ed il 3 aprile all’Auditorium della Musica di Roma ci saranno le due anteprime del tour. Vorrei fare una cosa semplice, nella scaletta ci sarà tutto il disco più le hits del mio repertorio. Per quanto riguarda l’aspetto visuale dello show vorrei che fosse tutto congruente, magari riprendere i colori della copertina come oro, nero, blu…insomma vorrei fare una cosa che abbia senso ma senza troppi orpelli,  sarà già bellissimo essere in un teatro!

 Raffaella Sbrescia

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Video: “Una finestra tra le stelle” 

Jack Savoretti: Con “Written in Scars” canto il Mediterraneo in inglese

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Estemporaneo, emozionante, intenso e delicato “Written in Scars”, il nuovo album del cantautore Jack Savoretti è uscito lo scorso 24 febbraio, via BMG, a due anni e mezzo di distanza da “Before the Storm” e contiene canzoni nate per salvare, fotografare, interiorizzare, precisi fotogrammi di momenti impercettibilmente fondamentali per l’evoluzione della propria anima. Al centro del nucleo semantico di questo lavoro c’è l’essenza più profonda di Jack, il quale ha definito “Written in scars” un album di cicatrici che l’hanno segnato nel bene e nel male. Nato dalla collaborazione con Sam Dixon (Adele, Sia), Matty Bembrook (Faithless, Paolo Nutini e Jake Bugg), Pedro Vito e Seb Sternberg, coautori assieme a Jack di dieci degli undici pezzi che compongono l’album (dodici per l’edizione italiana, che comprende in esclusiva “Fall”, scritta in collaborazione con il cantautore ligure Zibba, con cui è nata una particolare intesa artistica e umana), “Written in scars” è un album sincero, schietto, genuino:  “Abbiamo pensato di iniziare a comporre studiando ogni canzone a partire dal ritmo, dal groove e dalla linea di basso e i pezzi sono nati così, in maniera estemporanea“, ha spiegato Jack alla stampa italiana, in occasione della presentazione del disco al Vinile di Milano, insieme alla sua storica band, The Dirty Romantics. “Ogni canzone è stata registrata il giorno stesso in cui è stata scritta attraverso un metodo compositivo non pianificato, sviluppatosi spontaneamente”, ha aggiunto il cantautore.

Jack Savoretti photo shoot at Replay Clothing, Carnaby Street, London

Jack Savoretti photo shoot at Replay Clothing, Carnaby Street, London

A chiudere il disco è la bella cover di “Nobody ’cept You” di Bob Dylan, un brano molto caro a Jack. A disegnare i cardini del disco sono il ritmo e l’istinto, il Mediterraneo: “I vecchi album di Battisti e De Andrè hanno influenzato molto questo lavoro. Volevo portare la musica mediterranea in un contesto musicale inglese e, in effetti, ci sono molte contaminazioni ritmiche di area genovese. “Anime Salve”, ad esempio, è una master class di produzione nell’utilizzare elementi tribali dandogli una connotazione contemporanea”,  ha  raccontato l’artista, addentrandoci nelle viscere di un viaggio introspettivo,  un percorso di consapevolezza personale che si snoda con facilità alll’interno dell’ attuale contesto socio-culturale. Con la sua voce ruvida, appassionata e struggente, Jack Savoretti ammalia e rapisce l’ascoltatore, le sue melodie semplici ed eclettiche al contempo, dominate dal suono della chitarra acustica e da una peculiare attenzione ai testi, portano Savoretti, italiano d’Inghilterra, ad essere uno dei  ”singer songwriters” più quotati del cantautorato britannico contemporaneo.

Raffaella Sbrescia

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Tracklist:

1 - Back to Me 
2 - Home 
3 - Don't Mind Me 
4 - Tie Me Down 
5 - Broken Glass   
6 - The Other Side of Love 
7 - Nobody 'Cept You   
8 - The Hunger 
9 - Written In Scars 
10 - Wasted (feat. Lissie)
11 - Fight 'Til the End

Video: “Home”

Lorenzo 2015 CC: “Trenta canzoni che scommettono sulle relazioni”

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Un inesauribile serbatoio di energia, un vulcano inquieto, una personalità travolgente: Lorenzo Cherubini Jovanotti presenta “Lorenzo 2015 cc” alle Officine del Volo di Milano sulle due ruote di un motocross. A 48 anni, cantautore, nel senso letterale del termine, Lorenzo scommette su se stesso e sulle relazioni in maniera intrepidantemente coraggiosa. Nato sulla scia del grande entusiasmo creato dal forte successo ottenuto dal tour negli stadi nell’estate 2013, questo nuovo album si compone di ben 30 canzoni che l’artista ha voluto presentare con una serie di divertenti ed efficacissime infografiche.

L’idea del disco:

“Questo album  è il frutto di un lungo viaggio, ogni volta è sempre un’emozione diversa, sempre più forte. Il progetto prende vita dal tour negli stadi dello scorso 2013.Trovarsi di fronte a tutta quella gente per un essere umano non è una esperienza comune. Con le mie infografiche vi rendo partecipi di quelle che sono state le emozioni che mi hanno portato fino ad oggi, come in una sorta di ciclo vitale: sono passato dalla grande euforia, ad un sentimento di benessere sempre più flebile, finendo in uno stato sfiducia, poi sconfinato nel buio cosmico. Il periodo di calo è coinciso con una brutta polmonite, sono stato veramente male poi, una volta guarito, mi sono rimesso in moto, ho coinvolto i miei musicisti di riferimento e ho cominciato a lavorare in maniera febbrile a questo lavoro. Oggi sono euforico, gasato, felice, ho voglia di mettermi in gioco e dare il massimo”.

Il lavoro in studio:

“Con Canova, si sa, il tassametro corre veloce e bisogna fare le cose per bene. Siamo andati nello studio Electric Lady costruito nel 1968 da Hendryx e abbiamo coinvolto numerosi musicisti che frequentano l’ambiente di New York. Quando hai a fianco Marc Ronson, sotto gli U2 che provano e  Katy Perry a registrare una voce,  ti senti contemporaneamente piccolo ed importante, acquisisci una nuova consapevolezza di quello che stai facendo”.

I temi affrontati nell’album:

“Beh, ci sono un po’ tutti: le illusioni, l’amore ( di cui io amo scrivere), il vento, le risate, gli amici, la poesia, l’informazione, l’eros, la pioggia, l’estate, la vita. In Lorenzo 2015 cc ho inserito la dance per ballare, l’amore per sognare, le canzoni estive per celebrare la mitica estate italiana (archetipo dell’infanzia e della giovinezza), le combat songs (quelle che hanno il ruolo di scardinare la realtà e ridergli in faccia), l’Africa , il sud del mondo, il rock (con tante chitarre), il crowner, il funk ( la mia radice), il mio essere cantautore di fatto (aldilà dell’antica valenza ideologica del termine)”.

La scelta dei brani:

“Ho scritto le canzoni di questo album sapendo che erano già state comunicate le date del tour, ho quindi infranto un mio tabù. Ho lavorato sotto pressione, con delle scadenze, eppure non ho rinunciato a nulla. Il vero cambiamento sta nella scrittura piuttosto che nel sound. Ho affrontato un tipo di scrittura narrativa, partendo sempre dal rap e filtrando le mie esperienze vissute in giro per il mondo. Ho scritto tanto e ho tenuto tanti pezzi perché non mi piace tenerli lì nel cassetto. Questo disco è una nuvola, un cloud, da cui piove la musica di cui si ha voglia. Mi piacerebbe sviluppare l’idea di pubblicare un singolo a settimana, creare una sorta di streaming delle emozioni. Sarebbe ambizioso provare a fare un disco di 10 canzoni ma ogni tentativo di riduzione mi portava a degli sbilanciamenti”.

Jovanotti

Jovanotti

La grafica:

“Per la foto della copertina ho scelto una pettorina da motociclista per una doppia motivazione: la protezione non è una dichiarazione di attacco, non mi dichiaro invicibile, anzi mostro la mia fragilità, la vulnerabilità. Mi presento come un supereroe alla portata di tutti, con dei punti deboli. Seguendo questa linea di pensiero ho scelto anche il simbolo del fulmine perché, se da un lato cavalco l’energia, dall’altro sono nel mezzo di una crepa ed è proprio lì che succedono le cose, è lì che si intravvede la luce”.

Le parole chiave:

“In un mondo che impara ad interpretare le implicazioni dei senza, io scelgo la parola CON per scoprire come riuscire a mantenere attiva la nostra vitalità in una situazione di abbondanza”.

Africa:

“C’è l’Africa che conosco, quella che vorrei conoscere, quella che mi piace, quella che sogno. C’è Bombino che porta alle radici del blues. In questo disco c’è più Africa che in passato. Poi Manu Dibango un bambino di 81 anni, un uomo laureato i filosofia che ha precorso i tempi”.

Libertà.
“E’ quanto di più mutevole e granitico. Io ho lavorato intorno al sentimento della libertà. Il disco può avere tanti difetti, alcuni potrei anche enunciarli io, ma resta un disco libero. Istintivo e molto libero”.

Vita.
“Voglio evocarla ogni giorno. Inizialmente il titolo dell’album doveva essere “pieno di vita”, adoro scrivere e cantare canzoni che rendano migliore la giornata.

Rock’n’roll.
“Deve essere istintivo e non iper prodotto, va amato così com’è senza laccature, cerco la sbavatura che faccia divertire”.

Estate.
“Ho scritto “L’estate addosso” per il film che Gabriele Muccino girerà in estate. La sceneggiatura è forte ma io non potevo tenere la canzone ferma in un cassetto, ho pensato che se il brano avesse avuto successo magari ne avrebbe beneficiato anche il film. Con me ha collaborato anche Vasco Brondi,  il mio testo in alcuni punti era un po’ datato e gli ho chiesto di darmi una mano. Il risultato è un mash up comprensivo di alcune sue immagini più pregnanti”.

Zibba.
“Mi ha dato una mano su “Una scintilla”. Lui è uno che sa scrivere”.

Band preferita

“I Beastie Boys, la mia band preferita di sempre. E’ per loro che ho voluto fare questo mestiere”.

L’ombelico del mondo

“E’ Ceppagna, in provincia di Isernia”.

Fallih Ballah

“Un dj arabo immaginario, la mia icona protettrice che mi ricorda de “falli ballà”!”

Be weird

“Non riesco a taggare le cose, sono un inquieto, ho la sindrome di quello che deve saper fare qualcosa. Faccio parte dei nervosi, quelli che sono dentro le crepe”.

Renzi

2L’ho sostenuto in passato e continuo a farlo oggi. Qualcosa ce l’ha dimostrata, compresi limiti ed errori, tuttavia credo ancora che possa rappresentare un’opportunità per il paese. Renzi è un politico puro, trovo pretestuoso confrontarlo con Berlusconi, vediamo cosa saprà fare per il paese”.

Il tour

“Il concerto nello stadio è una festa, in quanto tale includerà tutte le hit. In scaletta metterò non più di cinque canzoni del disco nuovo, soprattutto i singoli. Attualmente stiamo anche pensando a come strutturare la parte pomeridiana pre-concerto: vorrei dare spazio a nuove band interessanti, ci sarà sicuramente un dj set e non escludo qualche flusso di apertura nelle diverse scalette.

Raffaella Sbrescia

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Ecco il calendario DEFINITIVO di “Lorenzo negli stadi 2015”

20 giugno – Ancona – Stadio del Conero

25 , 26 + 27 giugno - Milano – San Siro

30 giugno – Padova – Stadio Euganeo

4 + 5 luglio - Firenze – Stadio Artemio Franchi

8 luglio – Bologna – Stadio Dall’Ara

12 luglio  – Roma – Stadio Olimpico

18 luglio – Messina – Stadio San Filippo

22 luglio – Pescara – Stadio Adriatico

26 luglio – Napoli – Stadio San Paolo

30 luglio – Bari – Arena della Vittoria

Video: “Sabato”

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