Travelogue: le immaginifiche peregrinazioni strumentali di Amazio e Di Maiolo

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Viaggi reali, viaggi figurati, viaggi di note. “Travelogue” è proprio questo: un continuo peregrinare tra sogni, visioni e suggestioni multiple. Frutto del genio compositivo di due musicisti molto attivi nel campo della ricerca musicale quali sono Enzo Amazio, chitarrista professionista in grado di spaziare e padroneggiare con disinvoltura tecnica ed espressività, e Rocco Di Maiolo, sassofonista dotato di una capacità di espressione melodica davvero notevole.  Tra omaggi ad icone del jazz mondiale, echi di matrice popolare e temi sperimentali, il disco racchiude sette brani inediti registrati al BluMegaride Studio di Napoli e vede la partecipazione di Francesco Nastro e Francesco Marziani al pianoforte, Aldo Vigorito e Corrado Cirillo al contrabbasso e Giuseppe La Pusata alla batteria. Il risultato è una sessione d’ascolto fortemente evocativa in cui la tecnica viene spesso messa al servizio dell’espressività conservando un buon equilibrio tra composizione scritta ed improvvisazione. Frutto dell’interiorizzazione delle esperienze di Amazio e Di Maio, questo viaggio musicale si apre con la vivace “To Work Marvels” mentre la title track “Travelogue” è una travolgente e sensuale ballad, arricchita da un’appassionante linea melodica  che rievoca emozioni lontane nel tempo. Grande protagonista di “Revive” è il pianoforte di Francesco Marziani anche se il pezzo forte è “Mediterranean River”, brano attraversato da una grande energia  con evidenti richiami alla musica mediterranea, soprattutto nella parte finale. Intimista e crepuscolare il tema di “Solitude”,  una ballad seducente ed evocativa impreziosita dalle indovinate incursioni al piano di Francesco Nastro. Mr.R.D. s’insinua saldamente nei solchi dell’anima grazie ad una fitta rete di intrecci e rimandi alla tradizione jazzistica. “Travelogue” si chiude con “Unfailing”, un riuscito omaggio al jazzista  Michael Brecker,  testimonianza tangibile di un fortunato connubio artistico durevole nel tempo quale è quello tra Amazio e Di Maiolo.

Raffaella Sbrescia

Maledetto, un album senza peli sulla lingua per Maxi B

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“Maledetto” è il nuovo album di Massimiliano Bonifazzi, in arte Maxi-B, uscito lo scorso giugno per Latlantide. Diretto, immediato, sfrontato, sfacciato, “Maledetto” contiene ben 17 tracce e rappresenta il manifesto del Maxi B pensiero. Il rap hardcore dell’artista respinge e condanna in-stores, talent show e le dinamiche da rap commerciale decise a tavolino per vendere a tutti i costi. Ogni concetto viene espresso fuori dai denti, senza peli sulla lingua con rime che arrivano dritte allo stomaco: “Ho scritto questo disco guardandomi allo specchio, dovevo tirare fuori tutte le sensazioni amare che ho provato negli ultimi due anni, a volte allontanarsi serve per non perdersi, ora vedo tutto con più lucidità, soprattutto la delusione verso il mondo Rap, troppo superficiale e legato a stereotipi lontani dalla mia realtà”, dice lo stesso Maxi B che, in questo disco, si fa accompagnare da Ghemon, Amir Issaa, Michel, Daniele Vit, Big Joe, Dj Double S, Dj C.I, Jacques Moretti e Kay. I due anni e mezzo di silenzio sono quindi serviti a raccogliere le idee e capire come muoversi. A dimostrazione del fatto che le tendenze non gli interessano, Maxi B inserisce anche una serie di skit all’interno dell’album, la sua parte ludica, quella che ogni giorno sfoggia nella radio dove lavora (Radio3i).

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Se il brano più duro e diretto è la title track “Maledetto”, quello che invece evidenzia meglio i veri valori di chi vuole ergersi a difensore della cultura rap è proprio “L’arte del rap”: “L’arte del rap è dare voce a chi voce non ha”, canta Maxi B; un compito non facile e spesso ingrato eppure sempre più fondamentale. Nel parlarci della propria visione della vita, vissuta a cavallo tra le case popolari di Varese e la Svizzera, Bonifazzi regala forza e convinzione a chi ha paura di sognare in un mondo sempre più abituato a calpestarci. “Le medaglie più importanti non le metti sulla giacca ma sull’anima”, canta in “Parlo Chiaro” mentre un altro brano che sta riscontrando molto successo è “Da Solo”, cantato con Ghemon. Attraversata da una sorta di dolcezza innata, la canzone ha la forza di essere fruibile da tutti senza perdere l’autenticità del contenuto: “ Dove la mente mette i limiti, il cuore li spezza”, scrive Maxi B. Ambizioso e forse pretenzioso è “Le 10 Regole Del Rapper”, con Dj Double S e Big Joe, un pezzo che invita a seguire una serie di regole per “crescere” ed affermare la propria credibilità artistica. Tra i temi più quotati c’è ovviamente l’amore che fa capolino in “Senza Di Me” con Amir Issaa e Michel e “L’amore Inutile” insieme a Daniele Vit. In conclusione “Maledetto” è un progetto energico, carico di esperienza e di prospettive, intenso e pregno di contenuti, un album tagliente dedicato a chi non vuole abbassare la testa, agli ultimi della fila, a chi ha ancora voglia di mettersi in gioco.

Raffaella Sbrescia

We Are Waves, il secondo album è “Promises”

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Con “Promises” i torinesi We Are Waves (Fabio Viassone, Cesare Corso, Fabio Menegatti, Francesco Pezzali) sfornano undici brani attraversati dalle fragilità, le malinconie, i dubbi e le speranze del dannato vivere negli anni ’10. Muovendosi a cavallo tra il sogno synthpop di matrice anglosassone degli anni ’80 ed un disilluso presente, i We Are Waves  propongono melodie e suoni intensi, energici ed evocativi. Linee vocali espressive ed efficaci s’intrecciano con ritmiche sostenute e arrangiamenti impattanti come quelli del brano d’apertura “1982” o di “Wasted” o della crepuscolare “Midnight ride”. Il fascino ipnotico della strumentale “Monochrome” introduce i più pacati ritmi della bella “Lovers Loners Losers” e della raffinata “Silent Lullaby”. Nuove increspature sintetiche avvolgono la struttura di “Wreckage” mentre il synth rock decadente riemerge prepotentemente in “Children Lake” e nell’introversa  “What Happened Today Is Useless”, brano con cui i We Are Waves chiudono un disco che, pur rimarcando a grandi linee ritmi e tecniche degli anni che furono, va comunque ascoltato per l’attualità delle tematiche proposte.

Raffaella Sbrescia

Luca Sapio & The Dark Shadows presentano “Everyday is gonna be the day”, un disco potente e sensuale

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Ammetto subito la colpa di aver involontariamente trascurato l’uscita di un bellissimo album; sto parlando di “Everyday Is Gonna Be The Day”, il secondo disco dell’eccellente soul man italiano Luca Sapio. Pubblicato lo scorso 18 novembre, questo lavoro di pregevole fattura è stato registrato tutto dal vivo ed in analogico insieme a The Dark Shadows (Mecco Guidi: Organ,  Keys Christian Capiozzo: Drums,  Larry Guaraldi : Guitars,  Matteo Pezzolet : Bass,  Marianne Leoni: vocals,  Alex Tomei : Tenor,  Flute,  Antonio Padovano : Trumpet,  Claudio Giusti : Bari)  tra gli studi della Daptone e della Diamond Mine di New York e masterizzato dal Grammy Winner Brian Lucey nel Magic Garden Mastering di Los Angeles. Prodotto e arrangiato, come il precedente “Who knows”, dal guru della soul music Thomas “TNT” Brenneck.

Dai dieci brani inediti che compongono la tracklist emerge un suono caldo, avvolgente e ben rifinito. Richiami vintage provenienti dal soul blues degli anni sessanta s’intrecciano con messaggi di importante impatto emotivo e sociale, a fare il resto ci pensa la  potente ed inconfondibile voce di  Luca Sapio.  “Everyday Is Gonna Be The Day”, s’intitola il disco: Ogni giorno può essere il giorno giusto,  il giorno che tutti stiamo aspettando, quello del cambiamento. Il titolo dell’album racchiude l’essenza di uno stile di vita ma anche del modo in cui Luca Sapio concepisce la musica: niente effetti speciali, solo canzoni che arrivano dritte al cuore dell’ascoltatore rendendolo partecipe di un portentoso vortice di note e di emozioni.

Luca Sapio

Luca Sapio

Brani come “Dark Shadows”,  l’irresistibile “All round me” entrano subito sotto l’epidermide, il groove di “I’m So Tired” e la bellezza di “Telling Like It Is” ci regalano la certezza di essere di fronte ad  vera e propria rarità nel panorama italiano. “”We don’t want to grow into the darkness, we don’t want to fall to emptiness and blue step outside back to the shadows of the past”, canta Luca Sapio in “Nobody Knows”, sorprendendo, conquistando e coinvolgendo l’ascoltatore con la forza della sua voce ma anche con la personalità e lo stile con cui fa vibrare ogni singola parola. Riconosciuto come uno degli interpreti più apprezzati dalla critica e dal pubblico d’ oltreoceano, Luca Sapio è un cantautore che risplende di luce propria e prima o poi anche la madrepatria gli renderà i dovuti riconoscimenti che gli spetterebbero.

Raffaella Sbrescia

Video: Telling like it is

Così vicini così lontani, l’elegante e ricercata riflessione estetica dei Telestar

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I toscani Telestar (Edoardo Bocini, Marco Tesi, Francesco Baiera, Remo Morchi) tornano sulla scena musicale italiana a tre anni di distanza dal precedente lavoro discografico con “Così Vicini Così Lontani, un album intimo, morbido, profondo, godibile che testimonia un notevole impegno compositivo.  I dieci brani a metà strada  fra pop, indie rock e cantautorato si scoprono poco a poco, insinuandosi nei solchi più caldi e più reconditi  dell’anima. Suono, identità, contenuto ed estetica vanno a braccetto in un percorso che, pur avvicinandosi al folk, rimane saldamente legato al contesto cantautorale ampliandone il raggio d’ascolto con ricercata raffinatezza. Le premesse sono subito chiare con la bellissima traccia d’apertura “Mi Lascio Vivere”, una dichiarazione d’intenti impreziosita da chitarre e fiati: “In ogni promessa infranta mi lascio vivere, in ogni nuova scoperta, in ogni errore passato che non va più via mi lascio vivere”, cantano i Telestar, alleggerendo il tutto con l’elegante fragranza country di “Katy”.  Gli irrisolti quesiti di  ”Ancora Noi” lasciano affiorare domande, ricordi, dubbi in un susseguirsi di immagini prese dal calderone del passato che ritorna. Leggiadra e coinvolgente è la trama melodica di “Via Dal Tempo” mentre i due volti di “Idra” scandiscono il passaggio dal passato al presente, sancito da “Diversi”, un brano in cui decisi colpi di batteria s’intrecciano con gli archi mentre le parole ci scavano dentro.

Telestar

Telestar

“Insegnami a vedere un mondo diverso”, scrivono e cantano i Telestar in “Sulla Mia Pelle”, una canzone intensa, poetica, immaginifica da ascoltare e riascoltare più e più volte. Le derive folk introspettive e malinconiche di “Lontano” affrontano con decisione le fantasie che si trasformano in polvere mentre “Il Grano Nei Campi” è il monito con cui i Telestar ci invitano a resistere mantenendo ben saldo il nostro focus mentale.  A chiudere l’album è “Un Padre”, un brano che lascia trasparire tutta la consistenza della sincera riflessione estetica sul nostro “io” più profondo, ulteriormente arricchito da melodie oniriche e sottili velature folk.

Raffaella Sbrescia

Video: Idra

Gli Elefanti, l’universo immaginifico di Calvino

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La delicata poetica di Calvino trova una naturale forma di espressione nei testi e negli arrangiamenti de “Gli Elefanti”, un album da ascoltare con attenzione e doverosa lentezza per apprezzare, condividere, immedesimarsi, immaginare muovendosi a cavallo tra passato e presente. Tra i protagonisti delle otto tracce che compongono l’album di Niccolò Lavelli la città di Milano ricopre un posto di grande rilievo. Un luogo-non luogo che assume una connotazione sempre diversa in base allo sguardo, ai ricordi, al punto di vista di chi la osserva. In questo specifico caso la purezza dei ricordi vividi di un bambino, mai veramente divenuto adulto, viene costantemente minacciata da un cinismo latente, mitigato soltanto dalle costanti incursioni del subconscio del cantautore. L’identità vocale e autorale di Calvino si sviluppa attraverso una timbrica intensa e retrò, una tracklist controversa ed un immaginario particolarmente prolifico di pensieri. “L’amaro in bocca” apre l’album con sonorità delicate, parole sincere e morbidi giri di basso mentre gli spensierati ricordi d’infanzia de “Gli astronauti” si alternano tra ritornelli strumentali, tanti problemi e poche soluzioni. L’orizzonte di rotaie di Milano Centrale irradia di malinconia la pensierosa ed immaginifica “Milano Est”. Al centro di questo susseguirsi di spensierati ricordi d’infanzia rivisti in chiave post-moderna, la title track “Gli elefanti” rappresenta senza dubbio il brano cardine. L’enigmatica fuga raccontata ne “La perdita del controllo” racconta a grandi linee le evoluzioni di un disagio esistenziale costellato di suoni dilatati e sonorità oniriche. Lo stesso mood strumentale avvolge le istantanee favolistiche di “Ginevra” mentre il crescendo strumentale di “Blacky” rappresenta un fresco elemento di sorpresa completato da “Nuovo mondo”, il brano più sperimentale dell’intero progetto, in cui Calvino inserisce una rinascita sonora e interiore, un “nuovo mondo fatto di luci e ombre facili da distinguere”, un arrangiamento ben strutturato costruito ad hoc per concludere un percorso solitario eppure pensato per individuare di volta in volta un interlocutore diverso.

Raffaella Sbrescia

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L’ultima ovvietà, otto canzoni che descrivono l’altalena della vita per i Perimetro Cubo

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“La vita è come un aquilone, se non la tieni scapperebbe via e chiede vento come vele al sole, chiede aria, fino alla pazzia, perché la vita è anche uno sguardo in silenzio mentre intorno tutti fanno rumore”. Basterebbe anche solo questo stralcio di strofa di “Come un aquilone” per intuire immediatamente le intenzioni  espressive de Il Perimetro Cubo, il duo romano che pochi mesi fa ha pubblicato “L’ultima ovvietà”, un debut album che, in otto brani, riesce a raccontare l’animo umano tra sensazioni e stati d’animo altalenanti. Identità, storie e atmosfere eterogenee si muovono lungo i cardini dei più disparati generi. Si va dal rock, al country, al folk, al pop cantautorale. Partendo da un percorso di scoperta individuale, i Perimetro Cubo allargano la prospettiva di viaggio, racconto, condivisione virando verso altri lidi. Il viaggio, intenso come religione è il caleidoscopio attraverso cui conosciamo le vicende, i pensieri e i sentimenti che emergono dalle strofe dei  brani racchiusi nel disco.

Perimetro Cubo

Perimetro Cubo

“Si cambia come niente, inevitabilmente”, cantano i Perimetro Cubo nella title track, un pezzo rock dal sapore amaro, scandito da intermittenti riff di chitarra. La freschezza strumentale di “Bambole isteriche” veleggia tra poetiche richieste di carezze al vento. Incentrato sull’insensatezza della guerra “L’ora del tè” è un brano che offre flashback di forte impatto visivo mentre la leggerezza di “Dieci” stempera i toni attraverso un continuo e giocoso rincorrersi tra parole e violino. Curioso e brillante il “Puzzle” in cui uno stesso individuo è scisso in più parti che si incontrano, si scontrano, si incrociano, si conoscono. Litri di parole scorrono senza meta e senza sosta ne “Le Onde” mentre il desiderio di tenerezza si riaffaccia, prepotente, in “Sopravvissuti alla realtà”. Il disco si chiude tra i vizi e le virtù di “Come un aquilone”, la traccia più bella e più profonda del filotto proposto dai Perimetro Cubo in un questo primo progetto sicuramente degno di ascolto ed attenzione.

Raffaella Sbrescia

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La pelle racconta: il quarto album di Maurizio Pirovano è un’esperienza di ascolto intimo

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“La pelle racconta” è il nuovo lavoro discografico del cantautore Maurizio Pirovano. Intesa come testimone tangibile e reale di emozioni, ricordi, sensazioni, la pelle è il tramite tra la nostra anima ed il mondo circostante per cui, facendosi carico di questa verità, Pirovano dà vita ad un album intimo, diretto, sincero. Infiniti attimi, fotogrammi e flashback di vita vissuta fanno capolino nelle 10 tracce che compongono l’album a cui hanno preso parte anche Alessandro Sironi, Antonio Marinelli e Maurizio Cambianica. Aprendo le porte dell’anima, Pirovano utilizza le parole per mettersi in gioco con autenticità e coraggio uscendo da una realtà sempre più impersonale e assuefatta dal consumismo imperante. Aspettami, ascoltami, credimi: sono queste le prime necessità che emergono dal brano di apertura. Sgomento, rabbia e disillusione sono i sentimenti di cui è intriso il testo di “Cristo Santo”: “Non ho più risposte, non ho più domande resto qua in disparte mentre cado a pezzi”, canta Pirovano, mentre sullo sfondo forti riff di chitarra si librano nel rispetto della migliore tradizione rock italiana. E ancora: “Ti sei mai chiesto se un giorno avrai il coraggio di partire, buttare via i tuoi sbagli e non dover più tornare”, questi gli interrogativi di “Illumina”. Sangue che scorre, segni indelebili e sensazioni profonde irradiano il mood della title track “La pelle racconta”. Bellissima anche la trama di “Non ho più scuse”: “Non ho più scuse, non ho più storie nel tempo dei veleni”, un’intensa immagine che è fedele specchio di una realtà sempre più arida.  “Riparto da zero, riparto per sentirmi un po’ più vero,  che in fondo per qualcuno è ciò che sono, riparto da quello che mi hai dato, da quello che ho vissuto, da quello che ho lasciato e poi voluto”, questo il fulcro di uno dei brani più forti e più viscerali del disco quale è “Riparto da zero” che, insieme a “Una è la vita”, rappresenta la testimonianza più immediata delle intenzioni artistiche e personali di Maurizio Pirovano: aprirsi al mondo con un atteggiamento schietto eppure possibilista .

Raffaella Sbrescia

Attenta: il nuovo singolo dei Negramaro è nettare di ambrosia

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Parole che si cementano nella testa al primo ascolto e che si stampano irrimediabilmente nel cuore. Parole che emozionano, che scompongono i sentimenti, che sezionano i pensieri restituendo un caleidoscopio di immagini a metà strada tra sogno e ricordo. “Attenta”,  il nuovo singolo dei Negramaro è l’ennesima coppa di nettare di ambrosia che sgorga dalla penna di Giuliano Sangiorgi, un brano che rispecchia i momenti più esaltanti e quelli più controversi dell’amore proibito, quello clandestino, quello che attorciglia nervi, muscoli, sguardi, pensieri. La ballad precede l’uscita del nuovo album di inediti della band salentina, dal titolo “La rivoluzione sta arrivando”, che vedrà la luce il prossimo 25 settembre  e che rappresenta una sorta di sintesi di un percorso evolutivo fondato sulla credibilità e sulla qualità dei contenuti. “Stai attenta, ha avuto tutto inizio in questa stanza, fermati un momento a quel che sembra a volte è tutto quello che è abbastanza, non chiederti se qui qualcosa è persa tra quello che uno vede e che uno pensa stai attenta, stai attenta almeno a te”, canta Giuliano, accarezzando le pareti dell’anima lasciando riaffiorare nella mente le più recondite paure. “Un bacio non conosce l’innocenza e sei colpevole di questa notte lenta proprio come me non hai pazienza”, parole che restituiscono frame di momenti unici, destinati a ripetersi infinite volte nella mente e nei sussulti del cuore. “Ricordati degli angoli di bocca son l’ultimo regalo in cui ti ho persa stai attenta, stai attenta almeno a te non dar la colpa a me, la colpa a me se tutto è bellissimo se è come un miracolo, se anche il pavimento sembra sabbia contro un cielo che si innalza altissimo intorno a noi è bellissimo…”, Giuliano evoca e descrive la costruzione di un sentimento forte, irrefrenabile, incontenibile, inaspettato e travolgente mentre sullo sfondo un arrangiamento epico, dapprima classico poi ricco di synth e sfumature sonore, arricchisce e colora il tappeto strumentale di un brano che, anche solo letto, sa regalare intense vibrazioni.

Raffaella Sbrescia

Audio ufficiale: “Attenta”

Intervista agli Zois: “Le nostre creazioni seguono l’istinto”

Zois

Zois

 

Nato dall’incontro di Valentina Gerometta e Stefano di ChioZois è un gruppo musicale nato a Bologna e condensa l’esperienza maturata sul campo dai propri componenti in un progetto caratterizzato da una forte vena  sperimentale.
Il linguaggio musicale degli Zois mescola con leggerezza generi apparentemente anche molto distanti tra loro con un risultato sempre degno di considerazione.
Per l’album d’esordio gli Zois hanno coinvolto anche il chitarrista Alessandro Betti e il batterista Ivano Zanotti e, tra le tracce che lo compongono, spicca l’illustre collaborazione con il prematuramente scomparso artista Pino Mango, sia per la realizzazione di una originalissima cover del suo famoso brano “Oro” che per la scrittura a quattro mani di un brano inedito. Grazie a questa intervista, abbiamo avuto modo di conoscere da vicino il modus operandi degli Zois e la grande passione che li spinge a sperimentare per offrirci nuove esperienze di ascolto.

Zois in greco vuol dire “vita”; quali sono gli elementi che contraddistinguono questa forte connotazione dinamica della vostra musica e della vostra compagine più in generale?

La creazione di una cosa nuova, sia essa un essere vivente o una canzone, parte sempre da un’altra cosa che le è preesistente e il rapporto che lega questi due elementi è di appartenenza e indipendenza allo stesso tempo. Forse è questa l’idea che meglio spiega il nostro modo di intendere la musica: creare le nostre canzoni e contaminarle con tutto il patrimonio genetico musicale che siamo riusciti ad mettere da parte nella nostra esperienza. Ci piace rendere espliciti i nostri riferimenti, giocare con gli arrangiamenti e accostare elementi che solitamente appartengono a mondi separati. E’ così che catturiamo un suono dal mondo esterno e lo facciamo diventare un suono Zois. E, cosa più importante, cerchiamo di farlo seguendo l’istinto. Il risultato a cui arriviamo deve essere la strada naturale che quella canzone ci ha indicato, non un complicato esperimento fine a se stesso. Se ci si pensa, la vita, la “creazione” è la cosa più semplice che ci sia, nonostante porti dentro se processi complessissimi e ancora a sconosciuti.

Contaminazione e sperimentazione attraversano il vostro modus operandi… quali sono i vostri modelli e riferimenti?

Di musica ne abbiamo ascoltata davvero tanta e l’elenco dei grandi musicisti a cui ci ispiriamo, da questo punto di vista, è veramente lungo. Abbiamo cercato di attingere dall’esperienza di tutti quegli artisti che nei decenni hanno contaminato il pop e il rock: i Beatles, Bowie, i Talking Heads, Bjork, i Radiohead.

Quali, invece, le prospettive più specificamente legate alle vostre prossime creazioni musicali?

Ci stiamo spingendo più a fondo lungo la strada che abbiamo intrapreso con questo nostro primo album. Con questo disco abbiamo imparato a fidarci più delle canzoni e a seguirle senza timore anche in territori sconosciuti, mantenendo sempre le orecchie aperte su quello che ci accade attorno musicalmente. Personalmente mi piacerebbe approfondire il rapporto tra la voce utilizzata come strumento e l’elettronica…ma è tutto un percorso in via di sviluppo, chi può dire dove ci porterà!

La vostra originale rilettura di “Oro” ha incontrato il favore e la collaborazione di un grande artista come Mango. Potreste parlarci del vostro rapporto con lui e con sua moglie?

Con Mango è subito scattata un’empatia speciale. Dobbiamo dire che lui ha reso tutto facile, perché ci ha accolto con un affetto e un calore che non ci saremmo mai aspettati da un grande della musica. E questo affetto lo ha dimostrato anche con i fatti, non solo a parole, perché si è prodigato in ogni modo e con massimo entusiasmo per permettere a questo progetto di uscire. Quando provi a muoverti nell’ambiente musicale, speri sempre che arrivi qualcuno che creda in te, che ti prenda per mano e ti aiuti a capire, a imparare. Mango per noi ha rappresentato la grande conferma che aspettavamo e, per il poco tempo in cui abbiamo potuto stargli vicino, abbiamo cercato di assorbire come spugne tutti i consigli e le indicazioni che ci dava. Era un artista ed un uomo molto generoso, è stato un onore poter collaborare con lui.

Per descrivere il rapporto con Laura Valente ci riesce difficile usare parole più belle di quelle che lei stessa ci ha riservato, nella lettera in cui ha voluto presentare Oro. A Laura siamo particolarmente grati per averci sostenuto in un momento così duro della sua vita: è una donna dotata di una forza straordinaria e di una rara sensibilità. E poi lei è Laura Valente: potete immaginare cosa ha significato per noi ricevere quelle parole di apprezzamento da un’artista così?

A breve pubblicherete anche un album di inediti…cosa dovremo aspettarci? Quali saranno i temi e le linee guida con cui dovremo ascoltarlo?

Dal punto di vista del suono, l’album seguirà la strada tracciata da “Oro”. Innanzitutto è un disco di canzoni, con un’anima rock e una melodia pop. Il consiglio è di farsi prendere per mano proprio da loro, dalle canzoni, ed attraversare tutto il disco come se fosse un viaggio attraverso tanti scenari diversi. Di fatto è un disco che si può anche “vedere” oltre che ascoltare. Ogni canzone è nata da un’esperienza reale e racconta il mondo attraverso le emozioni che quell’esperienza ha generato. Il disco non parla solo di fatti privati, personali, ma anche del momento sociale che stiamo vivendo. Noi abbiamo scelto, però, di farlo sempre attraverso gli occhio dell’individuo e dei suoi sentimenti, perché la soluzione parte sempre da se stessi e da un sereno contatto con il proprio mondo emotivo.

Che tipo di inedito è quello che avete realizzato con Mango?

Il brano che abbiamo scritto insieme a Mango si intitola “Stella Contraria”, ha una grande importanza per noi. Quando Pino Mango ci ha proposto di scrivere il testo per la sua musica e di arrangiarla, eravamo entusiasti della grande occasione che ci stava offrendo. Ne è uscita una canzone molto intensa, con una particolare fusione tra la melodia, che porta il marchio inconfondibile di Mango, e il nostro mondo sonoro.

Avete altre collaborazioni in corso?

Al momento no: negli ultimi mesi ci siamo concentrati sulla chiusura dal nostro disco. Speriamo però di poter ripetere presto l’esperienza di lavorare con altri artisti. La condivisione e il confronto sono sempre il teatro dei migliori spettacoli.

Per quando riguarda il live, qual è il vostro contesto ideale e che tipo di concerto proporreste al vostro pubblico?

Il contesto ideale è qualsiasi palco con un pubblico disposto a dedicarci la sua attenzione e che abbia voglia di emozionarsi. Il nostro live è molto energico, è un concerto in cui bisogna lasciarsi andare.

Raffaella Sbrescia

Video: Oro

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