Fred De Palma presenta “Boyfred”, la svolta in un album autobiografico. L’intervista

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Si apre, da oggi, un nuovo capitolo per Fred De Palma che, con “Boyfred”, entra nella squadra Warner Music decidendo di raccontarsi in un disco autobiografico, in linea con i tempi, connotato da testi intimi, rime scomode e sonorità trap. Il giovane artista, classe ‘89, scrive e usa il rap, la canzone, il pop, la dance a seconda di quello che vuole raccontare liberandosi dai confini dei generi. All’interno delle 14 tracce che compongono il disco, abbiamo modo di capire ogni sfaccettatura di suo questo importante momento di maturazione artistica. Abbiamo incontrato Fred alla viglia dell’uscita dell’album e questo  è quello che ci ha raccontato.

Fred, è vero che il rap è diventato un canone?

Secondo me ci sono due tipi di rap in Italia: c’è il rap puro, più fedele alla vecchia scuola, poi c’è un nuovo filone molto più melodico, pensato per arrivare al maggior numero di persone possibile.

La melodia rende il rap più accessibile?

Anche in questo caso sono anche due tipi di ascoltatori: quelli che ascoltano i testi per scoprire le rime e quelli più casuali che badano solo al ritornello. Il pubblico, in ogni caso, deve ancora assimilare alcune cose. L’aspetto positivo è che prima non c’era tanta distinzione, ora, invece, noto che comincia ad esserci un approccio più critico ed il riconoscimento del valore specifico di ciò che viene fatto.

Tu tieni più al testo o alla musica?

Tengo molto alla scrittura e parto sempre dal testo. La ricerca del ritornello giusto è  la mia seconda preoccupazione, deve esserci un momento catchy non solo per il pubblico ma anche per me. Per il resto credo sia ovvio che, da qui a due anni, la melodia nel rap diventerà un trend di tutti quelli che fanno il mio genere.

Questo album segna un distacco ma anche un  nuovo inizio?

L’idea di questo disco è nata con la finalità di evolvermi. Tutto qui è diverso, a partire dal modo di scrivere.  A differenza di tanti, ho scelto di non duettare con nessuno perché “Boyfred” è un disco personale. Ho pensato che un featuring avrebbe tolto coerenza ai brani  e avrebbe reso un po’ dispersiva la storia che volevo raccontare. L’unico modo che ho per entrare davvero in contatto con il pubblico è far conoscere me stesso, oltre alle mie canzoni.

Come mai “Stanza 365” è il brano più importante dell’album?

Questo brano è veramente intimo, mi trasmette tanto e spero che lo stesso avvenga con il pubblico. Nel disco precedente avevo già iniziato questo tipo di percorso di scrittura ma non avevo ancora l’esperienza giusta per scrivere una vera e propria canzone. I rapper in generale scrivono pezzi piuttosto che canzoni. La differenza è alla base è in questa canzone c’è tutto quello che serve per definirla tale.

C’è una metodica in quello che fai?

Non ho mai scritto un pezzo in più di un’ora quindi si tratta di una cosa molto immediata. Mi sono sempre esercitato da solo a scrivere, all’inizio stavo 8 ore a cercare uno stile mio e spero che oggi riesca trasmettere al pubblico tutto questo.

Come è nata la collaborazione con Baby K per “Licenza di uccidere’?

Mi ha scritto mesi fa su Twitter.  Sono passato in studio da lei, ci siamo complimentati a vicenda e abbiamo deciso di fare un pezzo insieme scrivendo le rispettive strofe del brano. È stato tutto molto naturale.

Quanto si distacca questo disco dai tuoi lavori precedenti?

“Boyfred” è frutto di una ricerca minuziosa. In genere tendo a scrivere su canzoni di altri, che rispecchiano quello che voglio dire io, e, successivamente, mi faccio rifare tutte le basi da zero. Lavoro sul suono solo dopo aver finito la canzone, si tratta di un metodo abbastanza comune tra i rapper. Ho lavorato con MACE dei ReSet!, uno dei più  forti “trappisti” in Italia. Mi sono fatto consigliare molto da lui sul suono, i pezzi mi sono molto piaciuti e abbiamo continuato in questa direzione alternandoli ad altri più suonati. Poi c’è Davide Ferrario, un musicista particolarmente ispirato. Loro due, insieme, hanno creato qualcosa di nuovo.

“Serenata Trap” è un ovvio richiamo al brano di Jovanotti…

Sì, si tratta di un tributo ad un pezzo che è un cult della storia della musica italiana. La mia è una sorta di versione 2.0 di un brano in cui uso con lo slang e l’approccio contemporaneo. La gente mi critica perché a volte uso delle frasi molto forti però, in realtà, quello che faccio io è prendere quello che c’è e portarlo in musica.

Anche in “Fenomeno” ci sono un po’ di frasi che scuotono gli animi?

Questo brano è dedicato ai miei fan. Il testo parla dell’incontro tra me e un fan in metropolitana. L’episodio è accaduto realmente ed è per questo che ho deciso di scriverci una canzone. In questo brano colgo anche l’occasione per rispondere a tutti quelli che, vedendomi impegnato a fare musica, credono che io sia sempre felice, niente di più sbagliato. Ecco, questa è l’occasione per  raccontare l’altra faccia della medaglia.

Per quanto riguarda lo stacco tra “Lettera al successo parte 1 e 2” e questo nuovo album, che tipo di evoluzione c’è stata nei temi e nei contenuti?

Si dice sempre che quando un artista cambia, anche il suo pubblico cambia. Spesso le persone si affezionano ad una parte di te che, evolvendosi, viene messa un po’ da parte. In generale, cerco sempre di raccontarmi sui social, rendo le persone partecipi delle mie evoluzioni. Il nocciolo della questione sta nel mondo in cui si scrivono le canzoni: se evolvi in maniera coerente, il pubblicodovrebbe evolvere con te altrimenti non è un pubblico vero.

Cosa racchiude il concetto di “Web credibility”?

Ho realizzato dei video simpatici usando il rap e li ho caricati su Facebook. Tutti usano i social come mezzo per arrivare ad un pubblico più ampio per cui ho pensato di usare questo passatempo come una sorta di nuovo tipo di free style. Il web è la nuova strada.

Hai partecipato a tante competizioni di free style, ne senti mai la mancanza?

Fino ad un certo punto. Del freestyle non mi manca niente perché lo faccio tuttora con i miei amici. Magari mi manca quell’ansia positiva di quando facevo le gare girando l’Italia da solo partecipando a tutti i contest possibili.

Per concludere, come sarà il tuo nuovo live?

Tutto è ancora in via di definizione.  Dovrà essere una cosa diversa da quello che c’è in giro, sto cercando un nuovo approccio con il pubblico. Vi aggiornerò molto presto!

 Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST

1. Dov’eri tu 2. Serenata Trap 3. Stanza n. 365 4. Non scordare mai 5. Canterai 6. BoyFred 7. Buenos Dias 8. Slogan 9. Tutto qui 10 Due cuori e una caparra 11.Fenomeno 12. Noi due 13. VodkaLemonHaze 14.Chiudo gli occhi

 Video: Stanza 365

Intervista a Giuliano Dottori tra i protagonisti di Karel Music Expo 2015. Quando la musica è figlia di suggestioni autentiche

Giuliano Dottori ph Nicola Cordì

Giuliano Dottori ph Nicola Cordì

Dal 1 al 3 ottobre musica e cinema saranno i protagonisti del Karel Music Expo 2015 di Cagliari. La nona edizione del festival ospiterà un ampio ventaglio di generi musicali e stili cinematografici per una tre giorni dedicata anche alla valorizzazione del territorio. Tra i protagonisti della kermesse ci sarà Giuliano Dottori, un cantautore capace di scrivere testi tanto autentici ed espressivi quando semplici nella loro inusualità e che, oltre la valorizzazione della propria arte, ha imparato a sviluppare e produrre anche quella altrui. In attesa di ascoltarlo dal vivo, ecco cosa ci ha raccontato.

Dopo la pubblicazione dei due volumi de “L’arte della guerra”, chi è oggi Giuliano Dottori?
Un musicista un po’ più consapevole di ciò che sta facendo.

In cosa si differenziano e in cosa, invece, si compensano i due volumi?
Sono due facce della stessa medaglia. Anche con la grafica abbiamo giocato molto su questo aspetto. Una bambina che diventa donna, bianco e nero, nero e bianco, un pettirosso (morto) che prima è nelle mani di una bambina e poi vola nel vestito della donna. È un ciclo, è un disco unico che finisce con le parole “non c’è più” e comincia con le parole “quando tornerai a casa”. È un viaggio che ha una partenza e un ritorno, ma non nello stesso luogo. È come un cerchio che non si chiude perfettamente, perché dopo un viaggio si è sempre un po’ diversi da quando si è partiti.

Come lavori alla costruzione di testi tanto semplici quanto suggestivi?
Di solito parto da una suggestione, una frase, una parola, un’immagine. Questa prima suggestione è fondamentale: se nasce insieme a una melodia o un’atmosfera musicale precisa, ci lavoro, sennò la lascio sui miei taccuini in attesa che arrivi qualcos’altro a smuovermi. Ho imparato a non avere fretta, ad aspettare.

In che modo la città di Milano continua ad essere fonte di ispirazione per te?
Milano è una città. Una città vera, in evoluzione, viva. Mi fa incazzare e mi fa gioire. Ora siamo in un momento di grande orgoglio, c’è un sacco di gente in giro, tanti turisti (non siamo così abituati ad averne), tante infrastrutture finalmente completate che hanno risolto alcuni antichi problemi di viabilità. Ciò che vedo soprattutto è finalmente una visione lungimirante, un voler pensare al futuro e non solo a far quadrare i conti e a rattoppare le buche delle strade. Mancherà moltissimo Pisapia. Ma i milanesi hanno la memoria corta, come tutti gli italiani.

Stai definendo le date del tour invernale. Che tipo di concerto è il tuo? Sarai ancora in formazione con un quartetto elettrico?
Sì, continuerò a suonare in quartetto, anche se a distanza di quattro anni dal Casa tour comincio ad avere di nuovo voglia di fare qualche concerto in solo.

Perché “Siamo tutti degli eroi”?
Perché – come è giusto riconoscere le enormi conquiste sociali ed economiche fatte dai nostri genitori – credo sia doveroso cominciare ad essere meno dimessi e più orgogliosi di ciò che la mia generazione sta facendo. Perché ci siamo relazionati con un cambio epocale (globalizzazione, internet, precariato, un ventennio politico all’insegna del malaffare e della menzogna), eppure siamo qui, ci siamo reinventati, paghiamo le pensioni ai nostri vecchi e cerchiamo continuamente di essere creativi e vivi.

Come è stato lavorare al videoclip di “Fiorire” con DIMARTINO?
Credo che Antonio mi odierà a lungo per questo… sveglia alle 6, quattro ore truccati da cadaveri sotto una pioggia battente ad aspettare di essere convocati per le riprese. Io sono stato un’ora con la faccia nella sabbia bagnata e fredda. Per rendere più credibile la scena mi hanno trascinato per le braccia in mezzo a una sorta di pozza paludosa piena di insetti. Ecco. Questo è quanto.

Conosci la realtà del Karel Music Expo? Come vivi il fatto che suonerai lì?
Ci suonai qualche anno fa con gli Amor Fou e sono felicissimo di tornarci. Un bellissimo festival, con un cast molto coerente e (a che mi ricordo) delle location davvero belle. Da direttore artistico di festival (Musica Distesa) sono sempre felice di conoscere altre situazioni.

Quali sono le attività del Jacuzi studio?
Nasce come mio studio personale e negli anni ho scoperto l’arte della produzione e devo dire che fare il produttore – per lo meno in questo momento – è la cosa che mi diverte e soddisfa di più. Sono passati da me i Riva, Alia, David Ragghianti, Aria su Marte, ora sto lavorando coi Les Enfants. Mi piace lavorare sulle canzoni degli altri, sia perché credo sia un grande arricchimento per me, sia perché credo di aver raggiunto un buon equilibrio nel lavoro artistico.

Quali sono i tratti che caratterizzano il tuo approccio alla musica?
Cerco di essere autentico nei testi e musicalmente non scontato.

Sei un fervido sostenitore del crowdfunding. Cosa ha significato per te questo tipo di raccolta fondi e come ne spiegheresti l’utilità a chi ancora non lo conosce?
È il modo migliore per bypassare la discografia e poter stringere una sorta di patto di fedeltà con l’ascoltatore. La smaterializzazione della musica ha causato i disastri che già conosciamo. La domanda che tutti si fanno è: perché dovrei pagare 1 dollaro una canzone che posso avere gratis? Non c’è una sola buona ragione per pagare quel dollaro ormai. La cosa mi disturba, certo, ma ora è così e fine. Come dicono i saggi “no solution no problem”. La cosa che mi disturba è che la gente spende 60 euro per andare allo stadio o 1 euro per un pacchetto di cicche. O al supermercato prende il vino da 3 euro facendo del male innanzi tutto a se stesso. Discorso complesso. A cosa serve il crowdfunding? A dire: “ragazzi, se amate la mia musica dobbiamo tornare a come si faceva vent’anni fa, perché i dischi costano molti soldi”. Questo è il patto di fedeltà. Aiutate gli artisti che amate o sennò avremo solo platinum collection di Vasco e dischi dei talent. Oddio, è già quasi così in effetti.

Colgo l’occasione per chiederti di parlarci anche di MusicRaiser…
Ho usato Musicraiser più volte, mi sembra una piattaforma davvero ottima e non a caso è un servizio creato da un musicista che sa bene come funzionano le cose nel mondo della musica.

Raffaella Sbrescia

Video: Fiorire

Tutti i festeggiamenti per il 50ennale dei POOH: una storica Reunion per un indimenticabile addio

Pooh ph Luisa  Carcavale

Pooh ph Luisa Carcavale

Alla fine del 2013 i POOH avevano anticipato che si sarebbero presi 2 anni di pausa per preparare al meglio i festeggiamenti programmati nel 2016 per i 50 anni dalla fondazione della band più straordinaria e longeva d’Italia. Ora è arrivato il momento di annunciare l’eccezionale reunion che vedrà tutti insieme per la prima volta Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli per due imperdibili concerti-evento negli stadi nell’estate 2016: per la prima volta la band calcherà, infatti, i palchi dello Stadio San Siro di Milano (10 giugno 2016) e dello Stadio Olimpico di Roma (15 giugno 2016) per i due concerti-evento “REUNION – L’ULTIMA NOTTE INSIEME”  che celebreranno 50 anni di carriera attraverso le note di un repertorio che ha fatto la storia della musica italiana e che sarà riadattato a cinque voci per uno storico live della durata di almeno 3 ore. I biglietti per i concerti (prodotti e organizzati da F&P Group) sono disponibili in prevendita dalle ore 11.00 di oggi martedì 29 settembre, su www.ticketone.it,  punti vendita e prevendite abituali. Fino ad esaurimento disponibilità (in ogni caso l’offerta terminerà il 31 gennaio 2016) sarà acquistabile esclusivamente online su www.ticketone.it la #POOH50 CARD, una card memorabilia in edizione limitata che sostituisce il biglietto, quindi è valida come titolo di accesso (nel settore acquistato) allo spettacolo, e dà diritto a vantaggi, sconti e convenzioni. Le specifiche saranno pubblicate sul sito www.fepgroup.it.

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Tutte queste sorprese di cui stiamo parlando  sono state annunciate proprio dalla band al gran completo  presso l’Hotel Boscolo di Milano lo scorso 28 settembre. Il primo passo di questa clamorosa reunion è stata la presentazione di un’inedita versione di “Pensiero”, il grande successo del 1971, che vede per la prima volta insieme le voci di Roby, Dodi, Red, Stefano e Riccardo, e che da oggi, martedì 29 settembre, sarà in rotazione radiofonica e in vendita sui digital store (Believe Digital). A questo aggiungiamo che il prossimo 28 gennaio 2016, in occasione dell’anniversario dei 50 anni dalla fondazione della band, verrà pubblicato un doppio vinile Picture Disc che raccoglierà 20 “perle” dei POOH in una confezione a tiratura limitata, autografata, prenotabile in pre-order on-line su www.pooh.it. L’ultima grande sorpresa l’ha fatta, infine, Bibi Ballandi al gruppo annunciando che Rai Uno a trasmetterà una serata- evento in primavera, interamente dedicata alla band che, in un clima rilassato e disteso si è lungamente concessa alle domande della stampa italiana.

 Il resoconto:

«In questi due anni ci siamo riuniti spesso per parlare della celebrazione e abbiamo deciso che è il vero momento per finire alla grandissima: stiamo sul palco ancora tre ore e vogliamo lasciare questa fotografia, solo così possiamo dimostrare che si può essere amici per sempre». «La nostra carriera finisce qui non solo per i concerti ma anche per la produzione discografica» – spiegano i Pooh – «Da oggi al 2016 faremo di tutto per consacrare i 50 anni di carriera, saremo molto motivati perché questi i concerti a San Siro del 10 giugno 2016 e poi all’Olimpico di Roma il 15 siano indimenticabili. Faremo prove da subito, porteremo una scaletta pensata fin nei minimi dettagli. A tal proposito, il 28 gennaio 2016, così come avvenne il 28 gennaio 1966, uscirà un disco con 20 canzoni e vogliamo che sia il nostro pubblico a sceglierle. Puntiamo su brani che non hanno avuto magari il successo che meritavano ma che hanno un significato  importante. Visto che non possiamo essere giudici di noi stessi , chiediamo aiuto ai fan. Ovviamente questo progetto richiederà una colonna sonora inedita – continuano – non sappiamo ancora cosa ma qualcosa ci sarà».

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«Siamo l’unico gruppo che si riunisce senza essersi sciolto. Oggi sono cambiati un po’ tutti gli assetti del mondo ecco perché un gruppo musicale non potrebbe durare così a lungo: noi eravamo pionieri, uniti in un unico progetto, quello Pooh. Oggi i gruppi durano meno perché ci sono incomprensioni, il cantante ha più spazio, magari guadagna di più. Noi siamo nati negli anni Sessanta e lì i brani erano colmi di contenuti importanti: testo, musica, melodia, armonia. Oggi invece tirano i motivetti da 15 secondi, spiegano i Pooh». E quando, alla fine, viene loro chiesto cosa faranno dopo 31 dicembre 2016 specificano:« Dopo l’addio ai Pooh ognuno di noi continuerà a fare il suo mestiere. Siamo comunque musicisti, non smetteremo di fare il lavoro più bello del mondo anche se non sappiamo per chi e come». Prima di calare il sipario sull’ incontro, la band ha ricevuto un’ultima simpatica sorpresa: un filmato con i saluti e gli auguri di amici e colleghi musicisti. Una simpatica iniziativa voluta per sottolineare ancora una volta il seguito ed il grande affetto di cui gode ancora oggi la storica band italiana.

Raffaella Sbrescia

Video: Pensiero

Intervista a Matthew Lee. L’eclettico performer porta il suo “D’altri tempi” sul palco dell’Estathè Market Sound

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Lollipop 50s torna all’Estathé Market Sound in una domenica a tutto vintage per salutare quest’estate indimenticabile a suon di swing e rock and roll!
Sul palco del village ci sarà il travolgente Matthew Lee performer, pianista e cantante innamorato del rock’n'roll, che ha fatto propri gli insegnamenti dei grandi maestri del genere. Un vero talento, che, nonostante la giovane età, ha già sulle spalle circa 1000 concerti suonando in tutta Europa: Italia, Belgio, Inghilterra, Francia, Svizzera, Slovenia, Olanda, Germania, e si è inoltre esibito negli Stati Uniti ed in Africa. In quest’intervista Matthew Lee ci parla di “D’altri tempi” (Carosello Records). L’album, realizzato con l’intervento di autori e produttori sia italiani che internazionali come Luca Chiaravalli, Claudio Guidetti, Mousse T e Chris, racchiude 12 tracce (6 in italiano e 6 in inglese), tutte legate da un inconfondibile ritmo rock’n’roll rivisitato in chiave moderna.

Matthew, qual è il mood che attraversa  l’album?

Questo è il mio primo “vero” lavoro discografico.  Fin dal principio ho curato ogni canzone ed ogni dettaglio insieme ad alcuni dei più importanti produttori italiani ed internazionali. Il disco è stato registrato in tre paesi diversi (Italia, Inghilterra e Germania), ed è un lavoro in cui ho racchiuso tutti i lati della mia personalità: da quella rock’n’roll a quello più blues, fino al mio lato più romantico. Quello che mi ha dato maggiore soddisfazione è stato entrare in studi di registrazione veri e lavorare con eccezionali professionisti.

“E’ tempo d’altri tempi” è il tuo manifesto artistico?

Ho vissuto diversi anni suonando dal vivo il rock’n roll, il blues, lo swing, indie hop, boogie- woogie, tutti generi che son tornati in voga da poco tempo. Ho sempre guardato a questi ritmi con molto interesse per cui, quando mi hanno proposto di lavorare al disco, ho pensato di scrivere sulla base di quanto avevo fatto fino a quel momento. Tutto il disco è interamente pensato per il live, la cosa che mi interessa di più in assoluto.

Matthew Lee

Matthew Lee

Con più di 1000 concerti alle spalle, come affronti oggi il palco?

Con passione e spensieratezza. Nella mia vita ho girato davvero tanto. In tempi non sospetti caricavo video su Internet e sfruttavo  la visibilità del mio canale su Youtube. Mi hanno contattato spesso dall’Inghilterra, poi mi hanno chiamato in Olanda, in ,  fino ad arrivare in America (New York, Ohio) e persino in Africa (Tunisia e Capo Verde). Le cose sono andate sempre meglio anche se le mie idee vengono sviluppate dal mio ottimo management che lavora alacremente.

Come hai concepito l’arrangiamento de “L’isola che non c’è”, così distante da quello originale di Bennato?

Questo brano mi è sempre piaciuto molto; credo sia uno dei capolavori della musica italiana in generale. La prima cosa che ho fatto quando ho iniziato a lavorare a questo album è stato proprio riarrangiare questo brano con il mio stile ed è stato un processo davvero molto naturale.

Quale versione preferisci tra quella in italiano e quella in inglese?

Le due versioni hanno due storie. Quella italiana è quella che ho inventato, l’altra è giunta poco prima della chiusura del disco perché Bennato, dopo aver ascoltato la registrazione della versione in italiano, mi ha chiesto  di farne una in inglese con un testo fornito da lui stesso. L’ho realizzata subito, lui l’ha ascoltata, gli è piaciuta e l’abbiamo inserita. Visto che mi piacciono tutte e due, nei concerti ne faccio una ma la divido in due.

Cosa ci dici di “Così Celeste” di Zucchero?

In questo caso ci ho lavorato molto di più perché la canzone nasceva come un’autentica ballata. Ci ho dovuto ragionare molto ma per fortuna anche questa è piaciuta molto all’autore.

“Can I take a bit” è un pezzo molto energico.

In questo caso abbiamo fatto un lavorone. Siamo andati in Germania, ad Hannover, nello gigantesco studio di Mousse T, abbiamo ragionato pur senza avere un’idea ma alla fine è stata un’esperienza super.

Quanto c’è di te in “Place that I call home”?

Ho scritto questa canzone in Inghilterra durante una session prima delle registrazioni del disco. Di  solito vivo con la valigia già pronta ma, per quanto mi piaccia stare in giro, la vita vera è un’altra cosa. Quando sei in tour sei sempre di corsa, dormi in orari strani ed è sempre bello tornare nella mia Pesaro.

Come affronti questa vita così frenetica?

Non saprei, è talmente divertente che a volte non mi soffermo a pensare. Mi appaga fare  il musicista, si tratta di una passione che sono riuscito a trasformare miracolosamente in lavoro che non definirei neanche tale. Alla fine sono una persona abbastanza quadrata per cui cerco di bilanciare le cose.

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Che aspettative hai per questo album?

Sono contentissimo. Mi piace portarlo in giro perché ci abbiamo messo il cuore e tutta la passione possibile. Non ho paura, c’è tanto di me qui dentro ed è una bella sensazione.

Come ti rapporti con chi ti segue da tempo?

Cerco di parlarci, di essere partecipe e di tenermi in contatto il più possibile. Mi piacerebbe organizzare un bel raduno- incontro con tutti loro.

Raffaella Sbrescia

La Rivoluzione sta arrivando: la magica metafora della vita secondo i Negramaro

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Sono passati cinque anni da “Casa 69” e, da allora, i Negramaro non hanno mai smesso di cercare e trasmettere emozioni. Con “La rivoluzione sta arrivando”, un album interamente composto da brani inediti che li riporta nella veste di produttori, Giuliano Sangiorgi e compagni compiono un’ evoluzione che non snatura la loro identità. Questo nuovo lavoro è connotato da sonorità meno aggressive e testi particolarmente ricchi, visionari, per certi versi temibili per la loro immensa forza espressiva. In ogni angolo di ogni canzone, i Negramaro raccontano i sentimenti umani e il mondo circostante in modo semplice eppure fortemente impattante. Sono temi forti quelli che stanno alle base de “La rivoluzione sta arrivando” ed giusto così perché questi anni sono stati particolarmente ricchi di eventi e vicissitudini per tutti loro. Partiti da una masseria in Salento, i sei salentini sono finiti su una highway di Nashville alla ricerca del suono perfetto, un viaggio che ha fatto crescere l’album, attimo dopo attimo, fino al risultato finale che ci lascia col fiato corto ed il cuore gonfio. Anticipato da “Sei tu la mia città” e “Attenta”, lanciati rispettivamente ad aprile e agosto, “La rivoluzione sta arrivando” è un disco malinconicamente lucente ed è ricco di visioni e suggestioni che colpiscono l’anima. “Lo sai da qui”, ad esempio, è una piccola preghiera in cui qualcuno che abbiamo perso continua ad esserci e a mostrarci il cammino. Speciali anche le strofe de “L’ultimo bacio” in cui il flusso di coscienza per un amore finito, rappresenta, in realtà, un nuovo punto di partenza . Il nucleo dell’album è racchiuso, però, tra i versi de “Il posto dei santi”, brano in cui testo e musica si intrecciano intorno al difficile tema della morte offrendone una chiave di lettura speranzosa. Morte e rinascita si ritrovano anche in “Onde”. Bello anche il gioco di immagini in opposizione in “L’amore qui non passa”, brano che Giuliano ha voluto dedicare al gruppo nella sua interezza e che, con quegli archi in chiusura, ci lascia con la sensazione di aver vissuto un sogno da cui non vorremmo svegliarci.

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Il resoconto della conferenza stampa tenutasi al Museo Nazionale della Scienza e della tecnologia di Milano

«Questo album è la nostra evoluzione di questi anni. I titoli sono dei veicoli che devono far riflettere. Non siamo così presuntosi da credere che ci sia una rivoluzione in questo disco, eppure c’è una piccola rivoluzione in ognuno di noi. Durante la realizzazione dell’album mi sono più volte chiesto se fosse giusto affrontare le questioni personali che io e i miei compagni abbiamo vissuto in questi anni, compresa la scomparsa di persone care, e ho capito che la morte è solo una sfumatura dell’esistenza e ti porta a vivere il mondo esterno in maniera ancora più forte e intensa. La rivoluzione per me parte proprio da questo concetto: portare la vita al centro di ogni cosa – spiega Giuliano Sangiorgi.  Visto che viviamo in un’epoca segnata da 140 caratteri, dove spesso contano solo i titoli, vorremmo far riflettere, anche solo per un momento, sull’idea che la rivoluzione possa essere messa in atto ogni singolo giorno da ciascuno di noi – aggiunge il cantante – Nel nostro piccolo ci piacerebbe una piccola rivoluzione contro il cinismo culturale devastante che ci sta infettando».

I Negramaro durante la conferenza stampa a Milano

I Negramaro durante la conferenza stampa a Milano

«Da molto tempo condividiamo vita musica, storia, esperienze. La nostra vita musicale è passata per tante stagioni. “Casa 69” è di cinque anni fa, il discorso musicale era molto diverso. Da lì siamo arrivati a “La Rivoluzione sta Arrivando” attraverso un best off con sei inediti. Siamo stati per mesi in una masseria nel Salento e abbiamo iniziato a parlare e stare insieme tra rivoluzioni ed evoluzioni: ci siamo approcciati a questo disco in maniera tecnicamente diversa, con un discorso musicale immediato e scarno che non significa misero perché il lavoro di costruzione è stato pazzesco – racconta Andrea Mariano –“La rivoluzione sta arrivando” ha girato il mondo per arrivare al sound finale: dal Salento ci siamo spostati a Milano, nelle Officine Meccaniche di Mauro Pagani e in seguito a Madrid, New York e Nashville. Qui abbiamo collaborato con Jacquire King (Kings Of Leon, Bon Jovi, James Bay), un fonico straordinario che, dalla sala prove al mix, ha mantenuto un equilibrio incredibile».

«Per quando riguarda il tour – spiega Lele Spedicatosi tratterà di uno spettacolo, organizzato da Live Nation (in partenza il 4 novembre da Mantova) e sarà raccontato da immagini e visuals che seguiranno il concept grafico del disco. Stiamo lavorando molto sui contributi video, il 15 luglio avevamo già la scaletta pronta e questo non ci era mai successo».

Negramaro

Negramaro

Tornando a parlare dei cardini del disco, molto spazio è stato dedicato al brano intitolato “Il Posto dei santi”: «Questo è un brano in cui mi sono misurato con la metrica del rap, genere che ho sempre amato. Quando avevo  8 anni, il sabato scappavo dal catechismo e mi andavo a comprare i 45 giri rap di quel momento. “Mentre tutto scorre”, “Nuvole e lenzuola”, “Via le mani dagli occhi” racchiudevano un rap in rock e anche questo brano riprende un tipo di metrica rap con sonorità anni ’70», specifica Giuliano. Interpellato in un momento successivo, anche Ermanno Carlà ha commentato il brano in questione: «Il vestito di questa canzone è così diverso da quello che abbiamo sempre fatto, da essere diventato il punto di riferimento per  un cambiamento effettivo senza snaturare quello che siamo stati in passato. Per un gruppo il vestito musicale è molto importante, quindi si gioca sempre su quello che si può indossare più facilmente. Quando il pezzo è venuto fuori sembrava quasi non appartenerci – aggiunge Ermanno – Ora, invece, è come essere consapevoli che un centimetro di pancia in più o una ruga sul viso possono anche esibiti con naturalezza seguendo una prospettiva moderna».

In merito al concept grafico, il bassista del gruppo racconta: «L’uomo e la celebrazione della vita sono il perno intorno a cui si sviluppano le nuove tracce dei Negramaro. Il logo ridonda il titolo stesso del disco e i simboli che vi si leggono sono legati all’ im maginario che Giuliano ha sognato e tradotto in musica. Così è nata questa sintesi grafica tra morte, vita e ironia. Questo tipo di lavoro grafico è una cosa che avevo in mente da tanto tempo. Affascinato anche dal lavoro che fecero un po’ di tempo fa i Gorillaz, ho giocato un po’ con le metafore, quindi è come se i nostri sei alter ego fossero una traslazione del genio e della follia umana. Tutto questo vorrebbe offrire uno spunto di riflessione sul percorso che l’uomo ha compiuto dall’ età della pietra al microchip e far riflettere sul contrasto tra moderno e antico. Il concept vorrebbe essere uno stimolo a recuperare il contatto con la natura, che è vita e che comprende tutto. Nonostante il fatto che a volte si possa provare un sentimento di paura verso il cambiamento, noi attraverso  la musica siamo pronti ad affrontarlo. Certo, non siamo immuni alla sensazione di timore ma da noi in Salento si dice: “Metti un ramoscello lì dove riesci ad arrivare”, ovvero metti il segno dove sai che puoi arrivare perché quando segni un tuo limite stia già lavorando bene per riuscire a superarlo» – conclude Ermanno.

Raffaella Sbrescia

Video: Attenta

 

Le date del tour

4 novembre Palabam – Mantova

6 novembre Mandela Forum – Firenze

10 novembre  Unipol Arena - Bologna

12 novembre Palafabris – Padova

15 novembre Palarossini – Ancona

18 novembre Palaevangelisti -Perugia

21 /22 novembre Palaflorio – Bari

26/27 novembre Palalottomatica – Roma

2 dicembre Palasport – Acireale

5 dicembre Palasele – Eboli

8 dicembre Palamaggiò – Caserta

14/15 dicembre Mediolanum Forum – Milano

18 dicembre Pala Alpitour – Torino

22 dicembre Palageorge – Montichiari (BS)

Info su: www.livenation.it

Intervista a Petra Magoni e Ferruccio Spinetti: Musica Nuda, Little Wonder, concerti all’estero e un nuovo album in arrivo

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti ph Simone Cecchetti

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti ph Simone Cecchetti

Musica Nuda è un progetto che racchiude due anime speciali, quelle di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. Una voce sublime ed un contrabbasso magico e versatile uniti da dodici anni nel nome dello sconfinato amore per la musica. Lo scorso 31 marzo i due artisti hanno pubblicato “Little Wonder” (Warner Music), un album fatto di rivisitazioni di canzoni più e meno famose, la tangibile dimostrazione che nonostante lo scorrere del tempo, i dischi pubblicati e migliaia di concerti, la curiosità e la passione possono portare a volersi rimettere nuovamente in gioco senza limiti. Alle porte del tour che li porterà a girare l’Europa in lungo e in largo, Petra e Ferruccio si sono raccontati a cuore aperto.

L’intervista

“Little Wonder” è un regalo che avete fatto a voi stessi?

Ferruccio: Questo album ripercorre artisticamente quello che è successo nel corso di dodici anni: 7-8 dischi, più di mille concerti in giro per il mondo e tante belle esperienze. Dopo aver realizzato due album di inediti, che erano “Banda Larga”e “Complici”, abbiamo deciso di fare nuovamente un disco di cover per vedere con dodici anni di esperienza e, si spera, con una certa maturazione artistica in più, cosa ne sarebbe venuto fuori. Mantenendo intatte libertà e istinto, e in questo mi riferisco alla scelta dei brani, abbiamo scelto delle canzoni che ci piacevano, che ci emozionavano e le abbiamo trasformate in Musica Nuda.

Cosa vi ha sorpreso di questo lavoro? C’è qualche elemento che dopo tanti anni vi ha messo alla prova?

Petra: Sì, certo. A partire dal modo in cui è stato realizzato questo disco;  l’abbiamo registrato sul palco del teatro di San Casciano,  a porte chiuse, senza cuffie, in presa diretta e senza la separazione che c’è nello studio di registrazione, il tutto per ritrovarci nel nostro habitat naturale. Tutto il lavoro è stato molto immediato. Per esempio, la versione che abbiamo inciso di “Is this love” di Bob Marley è la prima e unica. Questo disco è simile al nostro primo album, anche quello fu registrato in presa diretta. Abbiamo scelto di fare cover di tutti i tipi, compreso un nostro stesso brano, con la curiosità di scoprire quale fosse stato il risultato. Little Wonder può sembrare un titolo presuntuoso ma in realtà “wonder” è anche lo stupore, la meraviglia di scoprire qualcosa di nuovo dopo 12 anni.  La meraviglia di voler fare nuove cose con più maturità ma con lo stesso entusiasmo.

Come mai hai avete scelto di rifare “ Io sono metà”?

Quella è la prima canzone che abbiamo scritto insieme, un giorno la stavamo suonando, ci è venuta in una nuova versione  e ci siamo detti: “perché no?!”

Dopo 1000 concerti e tanti palchi, fareste un parallelo tra le locations italiane ed estere? Come cambiano le vostre aspettative di volta in volta?

Ferruccio: Quando si va a fare un concerto è difficile avere delle aspettative, la sorpresa spesso giunge anche durante il concerto stesso. Come dice Petra, il live si fa in due: noi sul palco e il pubblico giù. Quando andiamo a suonare in una città che non conosciamo come può essere Lima,  Buenos Aires, Charleston o Belgrado siamo molto curiosi di vedere quale sarà la reazione del pubblico a questo strano duo. A dire il vero la scaletta che proponiamo potrebbe scatenare lo stesso tipo di reazione anche se all’estero ci chiedono di fare più pezzi in italiano perché il pubblico è curioso nei riguardi della nostra lingua madre.

Petra: Nonostante le differenze nel mondo è bello vedere che la gente ride per le stesse cose, si emoziona per le stesse cose. La musica è davvero un linguaggio universale che va oltre le parole.

Petra, usi la voce in tutti i modi possibili, dal sussurro al virtuosismo. Questa è una dote che in tantissimi ti riconoscono e che fa del tuo live un’esperienza da non perdere…

Petra: E’ una cosa di me che avevo intuito da molto tempo però, in effetti, fin quando non ho incontrato Ferruccio non avevo proprio gli spazi per poter fare quello che faccio adesso. Con un gruppo normale, ma anche solo con un chitarrista, non avrei la possibilità di far sentire tanti piccoli dettagli. Noi abbiamo tantissime dinamiche, andiamo dal pianissimo al fortissimo e  cambiamo spesso repertorio. Tutto questo fa sì che un concerto contrabbasso e voce, che io per prima sulla carta definirei palloso, in realtà poi non lo sia affatto.  Abbiamo una grande curiosità da ascoltatori e cerchiamo di trasmetterla anche in qualità di  interpreti. L’uso  che faccio della mia voce è frutto di necessità e virtù, anche Ferruccio si è dovuto inventare un nuovo modo di suonare. La prima volta che è venuto ad ascoltarci Peppe Servillo, con cui Ferruccio ha suonato per sedici anni negli Avion Travel, Peppe gli ha detto:“Ferrù ma tu suoni così?”

Ferruccio, a proposito degli Avion Travel, c’è qualche novità in vista?

L’anno scorso siamo stati in tour con 20 date, ricordo con particolare affetto il concerto al Castel Sant’ Elmo di Napoli. Quest’anno cercheremo di inventarci qualcosa di nuovo.

Parlando di sperimentazione, ci parli del progetto Inventa Rio?

Ferruccio: Inventa Rio è un gruppo che esiste dal 2010 formato da me, Giovanni Ceccarelli al piano, Francesco Petreni alla batteria, Dadi Carvalho alla chitarra. Alla base c’è l’idea di fondere la musica italiana con quella brasiliana in maniera innovativa. Il primo disco è uscito nel 2010 con brani in italiano e qualcuno in napoletano, nel 2012 abbiamo omaggiato Ivan Lins, con altri artisti compresa Petra, Bungaro, Maria Pia De Vito, Samuele Bersani, Chico Buarque.  La cosa bella è che Ivan è stato dieci giorni con noi a registrare il disco. L’anno scorso l’album è stato anche candidato ai Latin Grammy,  tra i cinque migliori dischi della musica popolare brasiliana; questo, però,  in Italia non l’ha saputo quasi nessuno.

Tornando a voi due, dopo la lavorazione di “Little Wonder”  avete continuato a scrivere e comporre?

Petra: Sono conscia di essere più forte come interprete che come autrice quindi non ho l’ansia di voler per forza scrivere cose mie. Ferruccio invece è più prolifico.

Ferruccio: Non mi definisco un compositore come prima professione. Già con gli Avion Travel, da strumentista lavoravo principalmente sulla musica. Oggi per i testi collaboro quasi sempre con Alessio Bonomo. Magari per un anno non scrivo niente poi magari in venti giorni vengono fuori tre pezzi.  Non c’è una regola fissa. Io e Petra abbiamo registrato molte canzoni inedite, scritte da tanti bravissimi autori, per cui il prossimo album è già quasi pronto. Questo “Little Wonder” è stato voluto perchè negli ultimi due album c’erano molte canzoni in italiano e, suonando tanto all’estero, il mercato esigeva un disco più internazionale.

EUTROPIA FESTIVAL 2014

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti ph Pasquale Modica

Il palco è la vostra linfa.

Ferruccio: La prima promozione per un’artista è, in effetti, proprio il palco. Il live ti dà credito anche tra gli organizzatori  e ti fa circolare negli ambienti musicali giusti.

Petra: Confermo. All’inizio venivano a sentirci dieci persone che ci hanno aiutato molto con il famoso passaparola. Non abbiamo avuto chissà quale battage pubblicitario; anche in tv non ci chiamano spesso.

Avete qualche collaborazione in programma o nel cassetto?

Ferruccio: Punto in alto. Per l’estero dico Sting e Paul McCartney.  In Italia cerchiamo le collaborazioni che sentiamo più vicine a pelle: per esempio Joe Barbieri, sempre presente nei nostri ultimi dischi, Pacifico con cui abbiamo collaborato in passato. Per il resto, vedremo…

Petra: Io aggiungo Fausto Mesolella e Benjamin Clementine!

Raffaella Sbrescia

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Video:

Tout S’Arrange Quand On S’Aime

Le prossime date del tour

Sab 26 Settembre MUSICA NUDA – Teatro Brancaccio – ROMA
Merc 7 Ottobre MUSICA NUDA – Maison de Georges Sand -Nohant -FRANCE
Gio 8 Ottobre MUSICA NUDA – Auditorium Jacques Coeur- Bourges-FRANCE Sab 10 Ottobre MUSICA NUDA – Centre Culturel Jean-Arp- Clamart-FRANCE
Lun 19 Ottobre MUSICA NUDA-Istittuto Italiano di Cultura- Belgrado – SERBIA
Mar 20 Ottobre MUSICA NUDA – Jazz Festival – Pancevo – SERBIA
Ven 30 Ottobre MUSICA NUDA – Teatro delle Ali – Breno – BRESCIA
Sab 31 Ottobre MUSICA NUDA-Reims JazzFestival-Caveau Mumm-FRANCE
Lun 9 Novembre Pippo Delbono, Petra N Magoni, Ilaria Fantin ‘IL SANGUE’- Liege – BELGIQUE
Mar 17 Novembre Delbono, Magoni e Fantin ‘IL SANGUE’ – PRATO
Merc 18 Novembre MUSICA NUDA – Teatro Puccini – FIRENZE

Doppelganger, MadMan è la rivelazione d’autunno

copertina album Madman Doppelganger (1)

La rivelazione dell’autunno musicale italiano è MadMan, balzato in cima alla classifica di vendita FIMI-GFK con il suo primo album intitolato “Doppelganger”, realizzato con l’etichetta indipendente Tanta Roba Label ed Universal Music Italia. Partito dalle autoproduzioni, con alle spalle un percorso di quasi 10 anni all’interno della scena underground, il rapper classe ’88 non è nuovo ad un risultato così importante;  in duo con Gemitaiz in “Kepler” nel 2014 raggiunse infatti lo stesso risultato e lo status di Disco d’Oro in soli due mesi. Grazie al web, ai concerti, ai videoclip e soprattutto incontrando la gente negli instore che sta facendo in tutta Italia per promuovere il suo lavoro, MadMan rappresenta un tipo di realtà musicale che piace molto ai giovanissimi e che riesce ad instaurare un tipo di fidelizzazione che va oltre il discorso legato alla vendita del disco.

Madman

Madman

 Nella tracklist del primo album ufficiale  ci sono 14 i brani e molte importanti collaborazioni: Fabri Fibra in “Ramadan”, Jake La Furia in “Top Player”, Luchè in “Non Credo”, Gemitaiz in “Tutto in un Giorno”, Jack The Smoker in “Tutto apposto”e una scommessa: Priestess nei brani “Devil may cry” e “Non Esiste”. Dalla vincita di Tecniche Perfette Puglia nel 2006 ne è passato di tempo e con questo nuovo entusiasmo generato anche dalla trainante spinta di Tanta Roba label, un’etichetta musicale che, al terzo anno di attività, può vantare la pubblicazione di 10 dischi, più di 150000 copie vendute, due dischi d’oro e 110 milioni di visualizzazioni su Youtube, MadMan sta dimostrando di avere le carte in regola per entrare nell’olimpo del rap italiano.

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Tracklist album:

KOURNIKOVA

DOPPELGANGER

TUTTO IN UN GIORNO feat. GEMITAIZ

RAMADAN feat. FABRI FIBRA

DEVIL MAY CRY feat. PRIESTESS

PATATRAC

NON CREDO feat. LUCHE’

TOP PLAYER feat. JAKE LA FURIA

LA MIA TIPA

TUTTO APPOSTO feat. JACK THE SMOKER

NON ESISTE feat. PRIESTESS

DOPO IL RISCHIO

VAI BRO

NON ESISTE sun version feat. PRIESTESS

Video: Tutto in giorno

“La vita com’è”, Max Gazzè torna in pista con un irresistibile nuovo singolo

max-gazzeMax Gazzè è pronto a tornare in pista con un progetto da solista. “La vita com’è”, il suo nuovo singolo inedito racconta con il consueto stile ironico il nostro tempo. “La vita è più semplice – racconta lo stesso artista – se ci prendiamo un po’ meno sul serio, soprattutto in amore: quando c’è di mezzo lui tendiamo a complicarcela, a dipendere troppo dall’altro, a dimenticarci di noi stessi. Certe volte invece la leggerezza di un pensiero o di piccoli gesti risolve le storie più complicate”. Mettendo i sentimenti in primo piano, Max ci spiega concetti profondi e significativi attraverso una formula musicale allegra, leggera, irresistibile. Con arrangiamento che spazia molto tra i generi e che s’insinua nella testa con fascino e leggerezza “La vita com’è” anticipa, tra l’altro, il nuovo album di inediti, il decimo in studio da solista, in uscita a fine ottobre per Universal Music. Seguirà poi un nuovo tour.

Il testo del brano:

Se fossi qui dipenderei dalle tue tenerezze
dette sul collo a bassa voce ma lo sai
l’amore porta guai si perde quasi sempre c’è gente
che facile non si riprede più ma tu
guarda me, prendo tutta la vita com’è
non la faccio finita ma incrocio le dita e mi bevo un caffè

Ammazzo il tempo provando con l’auto meditazione canto un po’
nella testa uh uh uh uh uh uh…
e mi rimetto ripulendo il mio salotto dal terribile ricordo che resta di te

Se fossi qui mi lascerei
tentare dalle tue carezze
però ringrazio Dio che non ci sei
l’amore fa per noi ma separatamente
c’è gente che come me non si riprende mai, lo sai
guarda te questo straccio di vita cos’è
non la faccio finita soltanto perchè è pronto un altro caffè

Ammazzo il tempo provando con l’auto meditazione canto un po’
nella testa uh uh uh uh uh uh…
e mi rilasso finché non ho più addosso quel terribile ricordo rimasto di te

Indifferente che mente c’è l’eco di quelle malelingue che…
mi han detto uh uh uh uh uh uh…
ci sono cose su di lei che è meglio non sapere mai
sai che ricordo mi resta di noi

uh uh uh uh uh uh…
e mi rimetto ripulendo il mio salotto dal terribile ricordo che resta di te

Guarda me prendo tutta la vita com’è
non la faccio finita ma incrocio le dita e mi bevo un caffè

Ammazzo il tempo provando con l’auto meditazione canto un po’
nella testa uh uh uh uh uh uh…
e mi rilasso finché non ho più addosso quel terribile ricordo rimasto di te

Indifferente che mente c’è l’eco di quelle malelingue che
mi han detto uh uh uh uh uh uh…
ci sono cose su di le che è meglio non sapere mai
sai che ricordo mi resta di noi
ma ci son cose su di me che forse non ci crederai
sai che ricordo ti resta di noi

Video: La vita com’è

“Pronti a salpare”, il nuovo album di Edoardo Bennato arriva il 23 ottobre

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A 5 anni di distanza dalla pubblicazione del suo ultimo album di inediti “Le Vie Del Rock Sono Infinite” (2010), Edoardo Bennato sta per tornare sulla scena musicale con il suo nuovo progetto discografico dal titolo “Pronti A Salpare” in uscita Venerdì 23 Ottobre per Universal Music.

Il nuovo album, prodotto da Brando (Orazio Grillo), è anticipato dal primo estratto “Io Vorrei Che Per Te” in radio dal prossimo 25 Settembre. Contemporaneamente sarà reso disponibile il videoclip, il pre-ordine dell’album in esclusiva per iTunes e lo streaming di 3 brani sulla piattaforma Apple Music. “Pronti A Salpare”, titolo peraltro già annunciato dal cantautore napoletano in un suo clip pubblicato su YouTube nel Marzo 2012, è un album ricchissimo di contenuti. 14 brani in cui Bennato fotografa con la sua caratteristica ironia diversi aspetti della nostra società tra cui politica, famiglia, figli, futuro, amore, menzogna senza mai dimenticare le proprie radici.

Edoardo Bennato

Edoardo Bennato

Viviamo un’era di grandi trasformazioni, di spostamenti biblici. Decine di migliaia, centinaia di migliaia di disperati cercano vie di scampo alle guerre, alla fame, alla miseria e si dirigono verso il conclamato benessere del mondo cosiddetto occidentale. Sono disposti a tutto, sono disperati, sono pronti a salpare! Ma tutti quanti noi dovremmo essere pronti a salpare. Il mondo cambia e dovremo entrare in una altro ordine di idee, guardare le cose da un altro punto di vista. Insomma, non solo gli emigranti ma tutti quanti noi in questo momento particolare dovremmo essere pronti a salpare. Ecco, il mio nuovo album si intitola proprio cosi, pronti a salpare!

Edoardo Bennato sarà ospite di Expo Milano per un concerto dal titolo “Bennato & Farmers” il prossimo 24 Settembre. L’evento, trasmesso in diretta su Rai 3 in prima serata, vuole celebrare tutti i coltivatori e i protagonisti che rappresentano l’eccellenza del settore agroalimentare italiano. Durante il concerto ci sarà modo di ascoltare in anteprima il nuovo singolo “Io Vorrei Che Per Te” eseguito dal vivo con la sua band.

Tracklist:

1.Pronti A Salpare, 2.Io Vorrei Che Per Te, 3.Povero Amore, 4.La Calunnia E’ Un Venticello, 5.Il Mio Nome è Lucignolo, 6.A Napoli 55 E’ ‘a Musica, 7.Al Gran Ballo Della Leopolda, 8.E’ Una Macchina, 9.Giro Girotondo, 10.Il Mio Sogno Ricorrente, 11.Niente Da Spartire, 12.La Mia Città, 13.Zero In Condotta, 14.Non è Bello Ciò Che è Bello

 

Tieniti forte, Le Scimmie Astronauta divertono e si divertono con stile e ironia

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Le Scimmie Astronauta, trio catanese formato da Michele Giustolisi (produttore, compositore e bassista), Giorgio Falsaperna (cantante, cantautore e chitarrista) e Luca Bajardi (batterista) presentano il primo album full lenght della loro carriera. Il disco s’intitola “Tieniti Forte”, racchiude dodici brani ed è stato registrato al Panic Button Studio di Londra, nonchè prodotto e mixato da Steve Lyon, già al fianco di Depeche Mode, The Cure e Paul Mc Cartney. Lyon ha curato la produzione artistica, la registrazione e il mixaggio del disco, il cui punto di forza è il giocoso compromesso cromatico ed estetico tra suoni, generi ed influenze. “Tieniti forte” è un disco prevalentemente rock con  evidenti venature elettroniche attinte direttamente dal mondo dei club. Il sound della band catanese traspare nelle chitarre distorte e nei groove di basso e batteria anche se l’uso dell’elettronica soddisfa la necessità di intercettare una chiave comunicativa innovativa e spiritosa nell’arrangiamento dei brani. Le Scimmie Astronauta suonavano già insieme negli anni ’90 in una rock band che durò qualche anno. Solo nel 2011 si sono ritrovati per mettere a confronto i relativi percorsi  e testare la voglia di creare qualcosa che potesse unire  il passato con il presente. Dopo aver pubblicato un Ep e aver solcato palchi piccoli e grandi in giro per l’Italia, il trio ha concentrato la propria visione della musica  in un lavoro pregno di messaggi e possibili spunti.

I tre riflettono sulla crisi economica, sulla condizione alienata dell’essere umano, sul senso di vuoto che pervade il modus vivendi dei figli dell’era digitale racchiudendo la propria essenza nella frase “Non capisco cosa sia la normalità”, lo special della titletrack “Tieniti Forte”. Tra i brani più intensi dell’album segnaliamo “Dio”,  testimonianza tangibile del comune passato artistico dei componenti del gruppo e “Stalker” una canzone che ribalta i punti di vista convenzionali raccontando una storia d’amore dalla prospettiva di uno stalker. Proprio questo approccio alla scrittura e la dirompente energia degli arrangiamenti rappresentano i principali punti di forza de Le Scimmie Astronauta; siamo curiosi di ascoltarli anche dal vivo.

Raffaella Sbrescia

Video: Polline

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