Mama Marjas racconta la sua fame di musica. L’intervista

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Mama Marjias torna sulle scene musicali italiane con “Mama”, un concept album di 12 tracce, promosso con il sostegno di “PUGLIA SOUNDS RECORD 2015 - REGIONE PUGLIA “, di cui l’artista è autrice sia delle musiche che dei testi. Giunto a tre anni di distanza dal precedente lavoro, “Mama” fonde al suo interno atmosfere latinoamericane e ritmi caraibici e afroamericani insieme alla lingua italiana. Una sfida sicuramente impervia eppure brillantemente superata per Mama, ormai considerata  punto di riferimento nella cultura musicale underground. Abbiamo avuto il piacere di poterle fare un pò di domande, principalmente incentrate su questo nuovo album. Ecco cosa ci ha raccontato.

Intervista

“Mama” è un omaggio alle musiche del mondo. Un viaggio in cui la tua voce ci accompagna in Giamaica, ma anche in America latina, con canzoni invase dai ritmi della cumbia e della rumba. Raccontaci il centro, l’origine e la destinazione di questo percorso.

Il centro è la mia crescita artistica e la mia “fame di musica”. Sentivo di dover assecondare la mia volontà di affrontare tutti i generi che mi accompagnano da sempre , che mi fanno vibrare. L’origine è stata l’istallazione di Logic sul mio pc! (ride ndr).  Nei miei 3 dischi precedenti ho sempre scritto su musiche non prodotte e pensate da me, mentre in questo ho “buttato su progetto” ogni mia idea, ogni mio desiderio musicale, anche perché sono un tipo di artista molto ispirata: ho bisogno del momento giusto per farmi venire un’idea e, quando all ’improvviso arriva, scappo al pc per imprimerla. La destinazione ancora non la conosco….seguirò come sempre la corrente delle buone vibrazioni!

Quale ruolo esercita nella tua musica “Mama Africa”?

Mama Africa con la sua triste storia di schiavitù ha portato la sua cultura e i suoi colori nel mondo, contaminandone la musica e le tradizioni. Nel Mondo, già dai tempi della comparsa dei primi ominidi, tutto è nato dall’africa subsahriana e il mondo non è che una grande MAMA per come la vedo io.

Sei autrice sia delle musiche che dei testi. Perché hai scelto l’italiano e quali sono i messaggi che intendi sottoporre all’attenzione del pubblico?

Ho scelto l’italiano anche un po’ per sfida, quella di far scorrere le parole sulla musica come se non fosse italiano, come se fosse inglese o spagnolo o francese e dimostrare il legame tra tutte le musiche del mondo, compresa la nostra Italia e la sua “scuola di melodia”. Il groove è una componente importante nella mia musica, amo intrattenere e far star bene il pubblico ma altrettanto importante è dare dei messaggi che siano quelli giusti. In questo disco lotto contro l’individualismo e il qualunquismo, per tornare ai veri valori di tempi in cui prima di giudicare una persona o di dire che “sei suo amico” la guardavi negli occhi, in cui la gente si conosceva di persona, in cui c’era maggior rispetto per le professioni altrui. Lotto contro il razzismo, perché ognuno è libero di vivere dove vuole nel mondo e lotto per la libertà di essere se stessi in ogni luogo indipendentemente da sesso, etnia, colore e/o religione, siamo tutti fratelli e figli di MAMA.

Hai dichiarato di voler portare in Italia generi musicali meno conosciuti come con la Soca di Trinidad il Dembow della Repubblica Dominicana. Ci parleresti delle caratteristiche e delle origini di questo tipo di sonorità?

Si tratta di musica urbana, popolare, è la musica del popolo piena di energia e spensieratezza ed unisce la gente grazie a messaggi di aggregazione e rispetto nel nome del divertimento collettivo.

In molti ti definiscono la “regina del reggae italiano”. Come vivi la cosa?

La vivo benissimo, perché dovrei vivermela diversamente? Sono chiaramente onorata di tale riconoscimento ho lavorato tantissimo per arrivare a questo. Non è semplice essere donna e fare musica “da maschi col vocione”. E’ per questo che nel 2009 davanti a Marjas misi Mama: mi piaceva l’idea di diventare il punto di riferimento femminile nel genere vista la gavetta e la quantità di dancehall che ho visto e alla quale ho partecipato alla pari con i miei colleghi maschi in Italia in lungo e largo dal 2004 al 2009.

Che rapporto hai con i 99 Posse?

Un fantastico rapporto di rispetto e amicizia vera. Siamo stati come fratelli dal primo momento, loro per me sono stati tra i tanti maestri e ora è un onore per me far parte della loro famiglia e essere “la loro sorellina” come mi dice sempre Luca Zulu’. E’ importante far divertire la gente per evadere dalla realtà almeno a un party ma è fondamentale comunicare e dare i giusti messaggi.

In che senso “Mai” è un atto di amore per la tua terra?

Lo è semplicemente perché amo ogni ulivo, ogni conca, ogni grotta della mia regione e mai me ne scorderò. La consapevolezza e il radicamento sono valori importanti, specie oggi: il Sud Italia vive una condizione drammatica e c’è bisogno di noi giovani per ostacolare chi vuole ammazzarci e contaminarci il territorio…casa nostra!

Mama Marjas

Mama Marjas

“La gente” ha riscosso un entusiasmante riscontro da parte del pubblico. Ci racconti come è nato questo brano e cosa racchiude al suo interno?

E’ nato nel giorno in cui ero a Firenze a lavorare su “Poco Poco” con Arge (numa crew), finito il riddim per il brano, mi ha fatto ascoltare delle sue produzioni “libere” e appena ho ascoltato quella che sarebbe diventata “La gente”, ho intonato il ritornello e scritto di getto le strofe. Al suo interno c’è il Messico, un po’ di Cuba ma anche molto Peru,Cile e Sud America. La canzone racchiude la rabbia di non poter cambiare le sorti della nostra società che sembra si rovini lentamente e inesorabilmente con le sue stesse mani e armi. E’ una canzone di rassegnazione, ma anche di lotta e speranza… “El frio que me hacen sentir nunca deja mi mission de decir”.

Con “Mare” riscrivi un classico della musica italiana “Se puoi uscire una domenica sola con me” portata al successo da Gianni Morandi…

Anche questa è nata per caso: Niam (produttore e batterista dei Dot Vibes) mi ha mandato una cartella di riddim per un suo progetto, tra i vari riddim appena è partito quello che sarebbe diventato quello di “Mare” ho iniziato istintivamente a cantare la strofa di Morandi. La prima melodia che ti viene su un riddim è sacra, è sicuramente quella giusta e lo so per esperienza, quindi ho deciso di sceglierla facendola però un po’ più “Mama Marjas”. Ho invertito i ruoli: in questa versione è la donna che va a prendere il suo lui sotto casa troppo impegnato tra calcio, amici e la pasta al forno della mamma: triste specchio della società attuale!

“Poco poco” decanta la possibilità di vivere con poco. Un messaggio in controtendenza rispetto ai nostri usi e costumi…

Rispetto a quelli declamati dagli ultimi modelli musicali e televisivi sicuramente! Io sono una donna del sud cresciuta sudandosi i soldi quindi mi sento in dovere di mandare un tipo di messaggio del genere guardando come sta diventando materialista e consumista la nostra società. La bellezza e “lo swag” lo fai tu con il tuo stile e la tua personalità, non lo fanno i soldi che spendi in una marca.

In “Dicono” ti sei ispirata ai tuttologi che affollano le timeline dei social network italiani?

Assolutamente! Ho scritto tutto quello che i tuttologi dei giorni nostri mi hanno scritto nel corso di questi anni, le ho messe insieme e ne è uscito un bel rock and roll! Menomale che c’è la musica! Ormai il network ha dato libertà di parola a tutti….ma proprio a tutti purtroppo.

Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?

Sarò in giro con il nuovo live dal 19 dicembre a Cassano Murge per continuare con 27 e 28 in giro per il sud a presentare il nuovo show a Bari, Taranto e in provincia di Benevento per le altre date ci sono i siti internet: www.mamamarjas.com, www.loveuniversityrecords.it  e chiaramente le pagine Facebook.

Stai organizzando un tour? Che idee hai a riguardo? Andrai anche all’estero?

Sarà un live-set carico di musica e tanto ritmo all’insegna della Negritude! Spero anche di fare un giro all’estero, il mondo è il mio pubblico. One Love… e Bless the Ladies!

Raffaella Sbrescia

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Questa la tracklist di “MAMA” (distribuzione digitale Believe Digital/distribuzione fisica Self): “MAMA intro”“Mai”“La Gente”“Più Guardo Lei”“Come Dimenticare”“Mare”“Chi Sei”“Alla Fine”“Tiene Tumbao”“Poco Poco”;“Il Pollo”“Dicono”

Video: Poco Poco

Le cose che non ho: montagne russe di emozioni nel nuovo album di Marco Mengoni

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In un momento storico particolarmente complesso, che cerca di atrofizzare i sentimenti in nome della più totale instabilità, la voce di Marco Mengoni rappresenta una calda certezza, un duttile e raro strumento a cui affidarsi per ricomporre il proprio puzzle emotivo. Con “Le cose che non ho”, pubblicato lo scorso 4 dicembre 2015 per Sony Music, Marco alza lo sguardo  e aggiunge un importante mattoncino alla sua carriera compiendo un ulteriore passo in avanti. Assecondando la sua indomita natura inquieta poco incline alla razionalizzazione del presente e in costante evoluzione, Mengoni si concede una libertà artistica e personale di cui pochi riescono a godere. Il suo intento è quello di trascrivere e cantare emozioni forti, intense, che ci regalano brividi ma anche dolorose lacrime. Tra suoni ricercati e testi molto curati, Mengoni scardina confini e retorica, sceglie struggenti ballad e, insieme a Michele Canova, le supporta con un’elegante veste elettronica che strizza l’occhio al meglio dello scenario musicale contemporaneo. Il disco si apre con “Ricorderai l’amore”: l’interlocutore immaginario con cui l’artista s’interfaccia è un alter ego che si muove a tentoni tra sbagli e riflessioni che, sebbene vengano reiterate nel tempo, non precludono mai un lieto fine. A metà strada tra consapevolezza e rassegnazione, “Ti ho voluto bene veramente” si muove lungo i sinuosi cardini di un dolce accompagnamento al pianoforte. “Il senso del viaggio è la meta, il richiamo”, canta Marco, ribadendo ancora una volta l’importanza del cammino, dell’evoluzione individuale, del cambiamento , della valorizzazione del tempo che ci è stato concesso. La potenza immaginifica di “Ad occhi chiusi” vive attraverso il prezioso contributo del trombettista Marco Tamburini, scomparso lo scorso maggio e si sviluppa lungo sentieri di parole fortemente evocative. Il racconto di un’anima dispersa tra i meandri di un limbo esistenziale, la sofferenza di un’attesa straziante popolano le strofe di “Resti indifferente”. A seguire “Parole in circolo”, il brano in cui Marco si racconta senza filtri, ci rende partecipi di della propria evoluzione personale, del suo modo per stare bene al mondo, della sua scelta di cantare di ciò che è in grado di procurargli un brivido. “Sognatore con i piedi per terra”, Mengoni ci regala nuove infinite sfumature sia musicali che testuali.

Marco Mengoni ph Emilio Tini

Marco Mengoni ph Emilio Tini

L’ascolto del disco prosegue con “La nostra estate”, un ipotetico proseguimento naturale di “Io ti aspetto”, canzone contenuta nel disco che soltanto 11 mesi fa inaugurava questa nuova fase artistica di Marco.  Un brano concepito direttamente per il live con loops di basso e sintetizzatori, percussioni tribali e un canto r&b. L’esercito di sogni raccontati da Mengoni si materializza più vividamente in “Solo due satelliti”: fotogrammi di una storia trascritta con colori a olio, singole pennellate che tratteggiano un dilaniante tira e molla. Il brano è il frutto della speciale penna di Giuliano Sangiorgi, si parte dall’amore carnale della prima strofa, si prosegue con la tormentata ricerca di un’affinità stabile tra anime diverse, si conclude con le urla di un basta che è tutto tranne che definitivo. Un amore tossico, figlio di un’elettricità corporale, padre di un legame legato a doppio filo ai cardini di un’orbita da cui non si riesce ad uscire.

Marco Mengoni ph Emilio Tini

Marco Mengoni ph Emilio Tini

Specchio del nostro sentire e del nostro vivere è “Rock Bottom”, il brano che Sia, autentica top performer, in egual misura sia in qualità di autrice che di cantautrice, ha donato a Marco esprime una viscerale vulnerabilità che, attraverso la voce di Mengoni s’impregna di una carica emotiva difficile da gestire con disinvoltura. «Ho sempre ammirato Sia, fin dai suoi primi dischi e ho sempre spinto per una collaborazione. Sono felice che abbia risposto alla chiamata e mi abbia regalato un pezzo così forte. All’inizio non ero sicuro di saperlo gestire, tanto che ho provato ad adattare il testo in italiano, ma non rendeva affatto; quindi, ho deciso di mantenere intatta la versione originale», aveva spiegato l’artista ai numerosi giornalisti accorsi alla presentazione del disco a Milano, e, in effetti, la scelta è stata decisamente quella più giusta. Radici e nuvole, ragioni e regole, affollano la titletrack  “Le cose che non ho” brano che, ancora una volta, fa leva sulla nostra personale forza d’animo.  Libera e disinvolta è la trama di “Dove siamo”, una nitida polaroid di anime in bilico, pronte a lasciarsi trasportare dalla corrente. Il disco si chiude con “Nemmeno un grammo“, una scelta precisa, in chiave rap/hip hop per chiudere un discorso intenso e ricco di spunti. Pensieri, parole, respiri convergono su unico binario chiamato speranza. “Le cose che non ho” è una montagna russa, è un percorso emozionale che non lascia scampo e che riesce a toccare diversi punti dell’anima in maniera incontrollabile ed estemporanea, è la fotografia di un artista pronto a raccontarsi, a sperimentare senza un approdo all’orizzonte ma con un’identità inconfondibile data dalla pregevolezza di una voce in grado di fare qualsiasi cosa.

Raffaella Sbrescia

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 Video: Ti ho voluto bene veramente

TRACKLIST

Ricorderai l’amore
Ti ho voluto bene veramente
Ad occhi chiusi
Resti indifferente
Parole in circolo
La nostra estate
Solo due satelliti
Rock bottom
Le cose che non ho
Dove siamo
Nemmeno un grammo

 #MengoniLive2016

TORINO - 28 Aprile 2016 - PalaAlpitour
PADOVA - 30 Aprile 2016 - Kioene Arena
BOLOGNA - 1 Maggio 2016 - Unipol Arena
FIRENZE - 3 Maggio 2016 - Mandela Forum
GENOVA - 4 Maggio 2016 - 105 Stadium
MILANO - 6 Maggio 2016 - Mediolanum Forum
MILANO - 7 Maggio 2016 - Mediolanum Forum
PERUGIA - 10 Maggio 2016 - Palaevangelisti
ROMA - 12 Maggio 2016 - Palalottomatica
ROMA - 13 Maggio 2016 - Palalottomatica
ACIREALE - 15 Maggio 2016 - Palasport
EBOLI - 17 Maggio 2016 – PalaSele
LIVORNO - 19 Maggio 2016 - Modigliani Forum
VERONA - 21 Maggio 2016 – Arena
VERONA - 22 Maggio 2016 – Arena


 

 

Damien McFly racconta i suoi “Parallel Mirrors”: musica genuina per sognatori puri

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“Parallel Mirrors” è il titolo del nuovo album di Damiano Ferrari, in arte Damien McFly. Pubblicato lo scorso 15 ottobre per l’etichetta Ferrari Records, il disco racconta di quanto tutte le nostre vite siano simili, di come per anni con persone ci si specchi costantemente senza mai incontrarsi davvero. Siamo tutti specchi paralleli e cerchiamo un po’ di noi stessi negli altri. Attraverso un suggestivo sound ottenuto registrando i brani all’interno di storiche ville e teatri veneti, ricercando ispirazione nelle diverse sonorità degli ambienti antichi, Damien ha realizzato un lavoro di grande qualità e forte spessore contenutistico. Ecco cosa ci ha raccontato questo artista dall’animo profondo e dalla voce che scalda il cuore.

Siamo davvero tutti specchi paralleli degli altri?
Siamo specchi paralleli rispetto alle persone che conosciamo nella nostra vita. É inevitabile, nel momento in cui c’è uno scambio a livello verbale o anche solo emotivo con qualcuno, avviene una riflessione delle nostre personalità dalla quale si prende il meglio dell’altro.

New Start “racconta di un riavvicinamento con una nuova consapevolezza. Una storia in controtendenza rispetto ai costumi dei tempi che corrono…

Al giorno d’oggi la maggior parte delle relazioni corrono velocemente, in modo particolare per quanto riguarda i più giovani. Chiusa una porta si cerca sempre di aprirne una nuova ed in molti casi è la soluzione migliore, questo non è stato il mio caso. “New Start” è un invito a non abbandonare quello che si è fatto, ma a provare a sistemare le cose senza paura.

Parlaci della costruzione del tuo suono, di come lavori per creare gli arrangiamenti, di come scegli di vestire le canzoni. Il metodo, le suggestioni, le tecniche, le abitudini…

Scrivo molto spesso parole quando sono in tour. In treno, bus o in aereo, dovunque abbia il tempo di mettermi a riflettere su quello che mi sta accadendo. Quando viaggi le emozioni sono amplificate e ogni persona che incontri ti lascia qualcosa dentro. Ogni volta in cui prendo la chitarra in mano cerco di buttare giù qualche giro di accordi o arpeggio interessante. Parto sempre con la chitarra solitamente. Spesso ci sento già un paio di strumenti sopra e li aggiungo, da lì poi costruisco una linea melodica e il resto dell’arrangiamento.

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“Parallel Mirrors” è stato registrato all’interno di storiche ville e teatri veneti, ricercando ispirazione nelle diverse sonorità degli ambienti antichi… ci racconti le fasi di questo processo creativo?

Non ritrovandomi molto nel sound italiano e non avendo ancora a disposizione un budget tale da poter lavorare con produttori stranieri ho pensato di creare un mio sound da solo utilizzando tutti strumenti acustici ho pensato di valorizzarli facendoli risuonare in ambienti particolari, da ville e teatri a ristoranti o capannoni. Ho spostato la mia attrezzatura di location in location e ogni canzone racconta ora una sua storia anche a livello di registrazione oltre che di puro sound.

Suoni tanto e in posti anche molto diversi tra loro. Tra le location più frequenti c’è il Nord Europa. Cosa ti lega a questi luoghi e come ti approcci al pubblico che vi incontri di volta in volta?

Mi ritrovo molto nei luoghi e nelle abitudini nordiche tranne per il costante freddo. Non è facile capire chi si ha davanti per questo solitamente uso qualche pezzo come test per vedere le reazioni. Spesso le durate dei concerti variano e intrattenere un pubblico per due ore non è sempre semplice. La cosa a cui tengo è che chi mi ascolta deve riuscire a conoscermi attraverso la musica, non solo a capire se sono bravo o meno. In UK il folk si muove in ogni pub e la competizione è molta, ma l’impressione che si ha è che tutti siano disposti ad aiutarsi, a voler darsi spazio l’un l’altro, perché valgono più le storie che si raccontano rispetto al voler arrivare da qualche parte.

In questo album racconti molto di te stesso, della tua personalità e della tua vita in generale. Perché hai scelto di esporti così tanto e così a fondo?
Credo la risposta stia nel fatto che non mi fa paura mettere a nudo me stesso o quello che ho fatto in questi anni. La musica che scrivo voglio sia sempre il più genuina possibile senza dover affrontare temi particolari solo per far notizia o per scrivere più facilmente.

Quali sono i brani a cui tieni di più e perché?

Tengo molto a “The Taste Of Rain” e a “Reflection”. La prima perchè parla di come ho affrontato gli ultimi anni, di determinazione, di colpe e della voglia di vivere il presente appieno. “Reflection” invece è il brano che fa da collante tra i primi pezzi scritti e gli ultimi. Parla di un linguaggio universale che va oltre le parole e si muove attraverso le emozioni. Dal titolo di questo brano sono poi arrivato a dare il nome all’album.

Cosa o chi ispira la tua musica e le tue canzoni?
Molto spesso sono le cose che mi accadono, dal ricevere una mail toccante al rompere una relazione o a riprenderla in mano. Cerco sempre di scavare a fondo per non essere scontato o finto.

Hai mai pensato di mettere la tua penna al servizio di altri artisti?
Ci ho pensato e l’ho fatto. Mi viene facile scrivere musica e arrangiamenti ma per un testo cerco sempre di confrontarmi con chi ho davanti, un po’ come funziona in America dove i songwriters incontrano l’artista e assieme creano i brani.

Hai aggiunto “Take me back” al disco dopo il tour europeo come mai? Di cosa parla questo brano?

Stavo attraversando un momento difficile in una relazione. Mancava il brivido che si aveva appena la storia era partita. “Take me back” significa “riportami indietro a quando tutto sembrava sbagliato, perché ora siamo intrappolato nelle abitudini.”

Damien McFly

Damien McFly

Che rapporto hai con il tempo?
Assente, nel senso che mi sembra non bastare mai. Odio sprecarlo e cerco sempre di organizzare gli impegni in modo fiscalissimo. Mi ripeto costantemente che la vita è una e non vale la pena sprecarne una grossa parte a valutare troppo ogni singola scelta.

E con i social network?

I social sono una fortuna per i nuovi artisti, ma più uso Facebook più mi accorgo che pur di diventare virali o di avere likes si perdono i contenuti. Suoni per 1000 likes o perché ne senti la necessità? Appena mi sono accorto che mi stavano rubando molto tempo ho deciso di concentrarmi più sul fare le cose alla vecchia maniera, suonando il più possibile e viaggiando costantemente.

Hai scritto ”Reflection” dopo aver ricevuto una mail dal North Carolina dove una ragazza raccontava la storia di bullismo che stava vivendo. Ci racconti come è andata ?
Questa ragazza americana, dopo aver visto un mio video cover, mi ha scritto subito invitandomi a suonare in North Carolina, ad un raduno contro il bullismo. La cosa che mi ha colpito è stato il modo in cui si apriva con me, pur conoscendo solo la mia voce e poco più. Mi è arrivata dentro come poche persone hanno saputo fare. Grazie a questa cosa ho capito che c’è un linguaggio fatto non di parole ma di emozioni e sensazioni, un linguaggio che viene dalla nostra anima e non dalla mente.

Il tema del lavoro è sicuramente uno dei più delicati al momento. Quali sono le tue idee a riguardo e come pensi che si possa uscire dalla situazione di stallo in cui ci troviamo, soprattutto in Italia?
Questo è il momento perfetto per creare una carriera o per provare a seguire i propri desideri. Il modo migliore è rimboccarsi le maniche e accendere la propria mente. Bisogna mettersi in gioco e reinventarsi perché è troppo facile ricercare in maniera quasi passiva un lavoro che ci dia solo da mangiare. Sicuramente da lì si può partire ma, ora come ora, bisogna investire il proprio tempo in qualcosa che possa dare anche soddisfazioni.

“The taste of Rain” è uno dei brani più suggestivi del disco… ci parli del testo e delle emozioni che ne hanno determinato la scrittura?
Il testo è molto introspettivo. Parla delle scelte che ho dovuto fare per arrivare ad essere chi sono, ovvero una persona che sta seguendo i suoi sogni ogni giorno. Ho perso amici per colpa delle corde della mia chitarra, che sono la cosa più importante.
L’ho scritta lo scorso autunno, mentre viaggiavo nella mia auto sotto una pioggia intensa.

Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?
Fino a fine anno farò alcuni concerti nel mio Veneto per poi tornare in Francia e Belgio a gennaio. Spero di riuscire a fare un bel tour italiano nei primi mesi del 2016.

Che tipo di concerto è il tuo? Cosa intendi comunicare al pubblico e cosa metteresti nella tua scaletta ideale?
Il mio è un concerto in cui cerco di far divertire il pubblico, allo stesso tempo di fargli conoscere chi sono raccontando le canzoni e le storie che ci sono dietro. Nella mia scaletta ideale al momento metto ancora alcune cover, la finalità è invogliare il pubblico ad ascoltare tutti i miei pezzi.

Raffaella Sbrescia

Giusy Ferreri presenta Hits: una raccolta per ripartire con nuovo slancio e tre ottimi inediti.L’intervista

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Esce oggi per Sony Music “Hits”, il best of che raggruppa i successi di Giusy Ferreri e li unisce a 3 brani inediti, a partire dal singolo “Volevo te”. La raccolta rappresenta una buona occasione per apprezzare alcune buone produzioni del repertorio dell’artista che, dal 2008 ad oggi, si è sempre messa in gioco con audacia ed intraprendenza mantenendo intatta una coerenza di fondo.  Sulla scia del clamoroso successo riscontrato Roma-Bangkok, in duetto con Baby K, Giusy Ferreri ritrova l’entusiasmo e, dopo averlo dimostrato nei nuovi brani, lo ha ribadito anche a parole durante l’ intervista rilasciata negli uffici della Sony a Milano.

Come mai hai scelto di pubblicare un greatest hits e non un album con soli inediti? 
La scorsa primavera stavo iniziando a lavorare all’album di inediti, poi il grande successo di Roma-Bangkok ha preso il sopravvento e ho preferito fare un punto della situazione su ciò che era successo fino ad allora, ho pensato che questo potesse essere il momento migliore per ripercorrere tutta la mia carriera, per me è stata una fortissima spinta emotiva e siamo stati tutti d’accordo nel voler portare avanti questo tipo di progetto.

Questa raccolta potrebbe essere considerata come un modo per riaffermarti?

Sempre partendo dalla grande gratificazione data dal successo di “Roma- Bangkok”, ho ritrovato un fortissimo entusiasmo e una grande voglia di apertura nell’affrontare questo percorso, un pò come quando lavorai con Ferro e Canova. All’epoca avevo voglia di confronto e di lavorare in team. Mi avevano proiettato in una dimensione pop d’avanguardia e quest’estate ho ritrovato quel tipo di spirito, ho pensato a quanto sono stata fortunata in questi anni ad aver provato diverse esperienze confrontandomi con  diversi produttori: Corrado Rustici, Marco Trentacoste e, in quest’ultimo periodo Fabrizio Ferraguzzo, con cui sto lavorando all’album di inediti. Con lui abbiamo trovato una formula pop con ritmiche incalzanti immaginando degli spettacoli live che potessero essere molto energici. Ho voluto conoscere giovani autori, ma soprattutto Fortunato Zampaglione, autore di “Volevo te”, a questo proposito avevo le idee piuttosto chiare: pensavo proprio di presentarmi al pubblico con un brano che potesse rappresentare l’evoluzione di “Novembre”, un brano malinconico con sfumature anni ’80.

Con quale criterio hai scelto i brani inseriti in questa raccolta?

Siccome era molto difficile realizzare questo tipo di scaletta e i brani del passato dovevano essere 17, ho preferito avvalermi dell’esperienza della direzione artistica che mi ha affiancato in tutti questi anni. Sono felice che siano riaffiorate alcune canzoni che in questo nuovo contesto hanno la possibilità di essere valorizzate. Probabilmente ne manca ancora qualcuna ma rischiavamo di togliere coerenza al progetto. In questo senso  un brano come “Rossi papaveri” ha preso il sopravvento su “ La bevanda ha un retrogusto amaro” che, sebbene affronti sempre una tematica sociale, risulta più aggressiva rispetto alla stessa “Rossi papaveri” che, pur affrontando un argomento delicato, risulta un inno alla vita.

Ci parli degli altri due inediti?

Daniele Magro in “Come un’ora fa” è riuscito a racchiudere nelle strofe una modernità vicina al mondo hip hop. Come? Svelando nell’apertura degli incisi sonorità più fedeli alla malinconia di una “Non ti scordar mai di me”. Poi, visto che ho adorato il coinvolgente ritmo reggaeton di “Roma-Bangkok”, mi sono innamorata subito di “Prometto di sbagliare”: mi piace tanto il testo, mi rappresenta tantissimo per l’approccio che ho sia in campo musicale che nei rapporti umani in generale.

Com’è arrivata “Roma Bangkok”?

Ero in studio di registrazione, stavo provinando alcuni brani poi è arrivata questa proposta di duetto con Babi K che conoscevo già soprattutto perché anche lei ha lavorato con Ferro e Canova.  L’avevo seguita anche sui canali tv dove intervistava i cantanti in qualità di veejay per cui mi sono subito esaltata pensando alla sua personalità e originalità.  Il brano mi è parso subito semplice, orecchiabile , coinvolgente, mi ha ricondotto alla spensieratezza di una mia canzone come “Il Party”, ho pensato istintivamente che potesse riscontrare dei risultati importanti.

Quale sarà il filo conduttore del tuo nuovo album?

Il filo conduttore sarà l’idea di avanguardia e modernità. Con “Roma Bangkok” mi sono affacciata ad una nuova dimensione. I lavori sul nuovo disco sono già iniziati nei mesi scorsi, mi sono confrontata con giovani autori: durante alcune sessioni abbiamo provato a scrivere insieme, in altre mi sono limitata ad ascoltare il loro repertorio. In altre ancora qualcuno aveva scritto pensando a me senza conoscermi direttamente. Poi dal confronto reale sono nati brani che mi hanno stupito perché hanno carpito cose della mia personalità che forse io avrei messo in musica in maniera meno efficace. Sono già innamorata di alcune canzoni realizzate.

C’è qualcosa di cui ti sei pentita in questi anni o che rifaresti in modo diverso?
Mi sono tolta la soddisfazione di realizzare tutto quel che volevo e sicuramente ripercorrerei nello stesso modo ogni cosa.

Giusy Ferreri

Giusy Ferreri

Che rapporto hai con i fan?

Per quanto riguarda l’uso dei social mi sto aggiornando, sto cercando di introdurmi in questo nuovo modo di comunicare ma in generale mi piace il confronto diretto con i fan, ritengo che sia molto gratificante nei confronti di persone che mi danno tanto affetto e sostegno. A volte ci scambiamo delle telefonate, ci scriviamo su Whatsapp, ci aggiorniamo a vicenda, abbiamo un reale rapporto d’amicizia.

Com’è nata l’idea della copertina del disco?

In questi anni mi sono sempre divertita a giocare molto con la mia immagine. Ad un certo punto ho sentito di aver completato un certo di manifestazioni, ho pensato alla mia età e ho voluto mostrarmi in una veste più elegante. La rosa rimanda sia alla mia sensualità che ai tratti più spigolosi della mia personalità.

Che consiglio daresti ai giovani di oggi?

Quello che avrei dato a me stessa, ovvero vivere le esperienze con una mentalità predisposta al confronto e all’apertura. La voglia di potersi scoprire anche sotto aspetti differenti e di non prenderli come allontanamenti dalla  propria personalità se non come una ulteriore sfaccettatura che appartiene comunque alla propria personalità . Ricordo che “Il party” era frutto di 3 anni  di lavoro in cui stavo provando a confrontarmi con varie case discografiche. La mia scrittura era introspettiva e con un certo peso, poi ho avuto l’idea di racchiudere tutte le tematiche che amavo affrontare all’interno di un brano più frivolo ed eccola là: la formula magica. Fu la mia prima vera occasione anche se i consensi non furono così importanti. L’apertura più grande è arrivata con X Factor è da lì che sono arrivate man mano grandissime opportunità. Mi sono riscoperta e ho capito che si stava aprendo un mondo nuovo.

Raffaella Sbrescia

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Hits – Tracklist

Volevo te (inedito)

Come un’ora fa (inedito)

Prometto di sbagliare (inedito)

Roma-Bangkok – Baby K feat. Giusy Ferreri

Non ti scordar mai di me

Novembre

Il mare immenso

Ma il cielo è sempre più blu

La scala (The ladder)

Ti porto a cena con me

Piccoli dettagli

Stai fermo lì

Noi brave ragazze

L’amore e basta feat. Tiziano Ferro

Cuore assente (The la la song)

Aria di vita

Rossi papaveri

Nessuno come te mi sa svegliare

Il mare verticale

Il party

Intervista ai Quintorigo: dopo la trilogia dedicata a Mingus, Hendrix e Zappa arriva un album di inediti

Quintorigo

Quintorigo

I Quintorigo rappresentano una delle realtà musicali italiane più complete e versatili. Valentino Bianchi  (Sax ), Andrea Costa  (Violino),  Gionata Costa (Violoncello) e Stefano Ricci (Contrabbasso) sono quattro musicisti romagnoli che da sempre si muovono lungo tre cardini principali: eclettismo, contaminazione, sperimentazione. Alla luce del loro percorso artistico costellato di cross over tra generi musicali ed influenze, abbiamo intervistato Valentino Bianchi per lasciargli raccontare l’evoluzione della trilogia di lavori rispettivamente dedicati a Mingus, Hendrix e Zappa e per conoscere quali saranno le novità che riguarderanno il prossimo album di inediti del gruppo.

A proposito della trilogia che avete completato, parliamo anche del fatto che vi ispirate a musicisti che hanno detto cose importanti non solo dal punto di vista musicale ma anche da quello politico ed ideologico.

Ad oggi ci ritroviamo ad aver pubblicato una trilogia che non era stata concepita a tavolino. Abbiamo cominciato a lavorare con Mingus, un autore estremamente stimolante da riarrangiare e reinterpetare, successivamente abbiamo pubblicato un disco di inediti che si chiamava “English Garden” poi ancora abbiamo deciso di dedicarci ad Hendrix,  unanimemente ritenuto da tutti noi uno degli autori più importanti della musica del secolo scorso, colui che ha maggiormente segnato a livello chitarristico, ma anche in generale, il costume della fine degli anni ’60. L’ultimo lavoro su Zappa, che stiamo per altro promuovendo maggiormente al momento, è nato da una proposta di Roberto Gatto alla quale non abbiamo potuto dire di no, sia perché Zappa incarna perfettamente la figura del musicista sperimentale, eclettico, contaminato (tutti elementi che nel nostro piccolo abbiamo sempre ricercato) sia perché Roberto Gatto è un artista con cui ci è sempre piaciuto collaborare e che ci ha sempre dato tanto, non solo in termini di ritmo, ma proprio in generale. Naturalmente si tratta di musicisti che hanno veicolato idee tendenzialmente positive e molto attuali. Mi riferisco al rifiuto delle discriminazioni razziali molto evidente in Mingus ma presente anche nell’opera di Hendrix. L’altro tema chiave è il pacifismo, minimo comune denominatore di tutti e tre, inteso come contestazione della politica aggressiva e di guerra, un messaggio che evidentemente non è stato recepito.  Vista la situazione attuale, riproporre le loro idee e la loro musica può farci solo del bene.

Avete mai pensato di proporre al pubblico un concerto che in qualche modo potesse racchiudere il meglio di questi tre progetti?

Certo,  lo scorso anno ci è già capitato di fare un concerto di questo tipo durante il quale ci siamo avvalsi della collaborazione di un’orchestra sinfonica. Vorremmo adattare gli arrangiamenti al nostro organico e proporli al pubblico. Mingus, Hendrix e Zappa sono musicisti diversi tra loro ma possono stare bene assieme, soprattutto se colorati dai nostri timbri e dal nostro modo di suonare. Stiamo pensando alla possibilità di presentare un live del genere durante la tre giorni di concerti che terremo a Roma a gennaio 2016; dobbiamo capire come organizzarlo anche dal punto di vista scenografico, ci piace curare anche l’aspetto visual del progetto, sarà il battesimo della trilogia e cercheremo di coinvolgere e divertire il pubblico il più possibile.

Quintorigo

Quintorigo

Alla luce di questo lungo percorso di ricerca che avete affrontato. Che tipo di discorso state portando avanti per il nuovo album?

Sarà sicuramente un disco di brani inediti anche perché i nostri “pochi” fans se lo aspettano e non vogliamo certo deluderli.  Per un musicista che reinterpreta un autore o che semplicemente si diverte ad ascoltare un disco di un grande autore, è inevitabile che la musica di questi si sedimenti, più o meno consapevolmente e che di conseguenza possa caratterizzare  in qualche modo la propria musica originale. Nel caso dei  mostri sacri che abbiamo reinterpretato, ciascuno di loro, sulla scorta di uno studio approfondito e filologico, ci ha regalato qualcosa: la tendenza all’improvvisazione libera e folle di Mingus, la straordinaria chiarezza di alcuni brani di Hendrix così come l’approccio sperimentale e contaminato di Zappa, sono caratteristiche che, qualora non le avessimo innate, ora le abbiamo sicuramente mutuate. In questa fase di scrittura ci stiamo rendendo conto che spesso salta fuori un fraseggio, un pattern, un groove ispirato a uno di questi tre artisti.

In che senso potreste definirvi “una spina nel fianco del panorama jazz italiano”. E’ una provocazione?

Certamente. Ci siamo affacciati sulla scena jazz mainstream italiana con il primo di questi album  non senza un po’ di timore reverenziale, consapevoli del fatto che spesso questa scena è abbastanza chiusa ed elitaria. Alla fine siamo stati smentiti da una calorosa accoglienza. Abbiamo suonato nei festival più importanti, a partire da Umbria Jazz, e questo disco, che ormai ha qualche annetto, ha anche conquistato diversi riconoscimenti. Non siamo jazzisti nel senso stretto della parola, il jazz è un mondo che ci ha sempre affascinato e che ritorna anche nel nostro modo di scrivere, risultiamo sicuramente atipici sia su un palco rock che su un palco jazz. In ogni caso siamo sempre stati ben accolti, questo ci ha portato a collaborare con musicisti di grandissima  fama come Enrico Rava, Antonelli Salis, Roberto Gatto, Gabriele Mirabassi, artistiche nel corso degli anni sono diventati non solo collaboratori ma anche fonti di ispirazione e amici.

Una serie di verbi potrebbe sintetizzare la vostra musica: cercare, inventare, sconvolgere, distruggere per poi ricostruire. Alla luce di ciò, come si svolge un vostro concerto? Cosa volete trasmettere al vostro pubblico e in che modo?

Uno dei nostri “pochi” punti di forza è sempre stata la voglia di trasmettere la nostra essenza con la musica dal vivo. Non che la cosa non emerga anche nei nostri lavori discografici però, da sempre, siamo una band live che ama stare sul palco e suonare in tempo reale, il nostro modus operandi è proprio espresso da questi verbi, forse anch’essi un po’ provocatori. Il musicista del XXI secolo ha il dovere di conoscere l’enorme passato musicale che gli appartiene per poi cercare la propria originalità spesso proprio ricostruendo, trasformando, distruggendo e ricomponendo il repertorio di autori importanti; questo è il nostro modo di scrivere e lavorare con grande apertura nei confronti di ogni forma di espressione purchè riconosciuta esteticamente valida. Abbiamo sempre avuto un atteggiamento di grande apertura attraversando la storia della musica dalla classica alla contemporanea, al rock, al jazz, al raggae. Certo, non è facile dire qualcosa di nuovo ma forse l’originalità risiede proprio in un’onesta e profonda conoscenza del passato.

Quintorigo

Quintorigo

Coinvolgerete anche Moris Pedrella nel nuovo progetto?

Sì, con lui ci siamo trovati molto bene fin da quando lo coinvolgemmo nel disco e nel live del progetto legato a Jimi Hendrix. Risulta chiaro che il gruppo risulta ormai da tanto tempo composto da noi 4 mentre il cantante è un elemento che scegliamo e aggiungiamo a seconda del progetto che andiamo a realizzare. In Moris però abbiamo trovato un musicista davvero molto preparato, lui è in grado di interpretare non solo i  grandi maestri ma anche il nostro repertorio.  Per il prossimo lavoro di brani inediti ci stiamo avvalendo della sua collaborazione anche in sede di composizione, siamo contenti ed entusiasti  di quello che sta uscendo fuori.

Facciamo il punto sui prossimi appuntamenti?

L’ 11/12 saremo all’Orion Club a Roma, il 12/12 a Cesena.  Ci sono date in trattativa a Perugia e  Prato, poi faremo tre giorni a Roma dal 29 al 21 di gennaio al Big Mama, sempre con Roberto Gatto come ospite. In linea generale vorremmo continuare questo tour vita natural durante perché abbiamo bisogno di suonare dal vivo, è una cosa che ci manca nei momenti in cui ci fermiamo.  La nostra politica segue l’idea di tour perenne,  il live è la nostra vita.

Raffaella Sbrescia

Laura Bono celebra l’uscita di “Segreto” alla Salumeria della Musica ed è grande festa

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“Siamo solo vizi e spiccioli. Ciechi e poveri. Siamo in astinenza di emozioni che non sai più vivere. Siamo diventati interpreti di una vita che solo noi possiamo ancora scrivere”, canta Laura Bono in “Diluvio”, uno dei bellissimi tratti da  “Segreto”, il quarto album in carriera pubblicato lo scorso 27 novembre per label indipendente La mia Isola, fondata dalla stessa Laura.  Prodotto grazie ad un progetto di crowdfunding di straordinario successo attraverso la piattaforma Musicraiser, questo disco mette decisamente in risalto la scrittura, la maturità e l’efficacia con cui Laura riesce a colpire l’anima senza perdersi dietro a concetti e ideologie.  Prima ancora di ascoltare le nuove canzoni in cuffia, abbiamo avuto modo di assaporarle in anteprima durante il concerto che Laura Bono ha tenuto lo scorso 29 novembre alla Salumeria della Musica di Milano. Più che un concerto, una vera e propria celebrazione d’amore incondizionato: quello dei fan che a più riprese hanno sorpreso, emozionato, coinvolto la loro beniamina con una raffica di sorprese studiate ad hoc. Forse è questa la più grande forza di Laura Bono che ha letteralmente travolto il pubblico con una performance a dir poco vulcanica. Lei, che ha lavorato a questo progetto con passione e dedizione, ha scelto la via dell’indipendenza e della libertà e l’ha dimostrato ancora una volta donando tutta se stessa alla musica. Alternando brani nuovi a pezzi storici, raccogliendone alcuni in un piccolo medley semi-acustico, Laura e la sua band hanno curato anche gli arrangiamenti lasciando uno spazio particolare all’energia delle chitarre per un sound particolarmente carico mirato alla pancia e al cuore degli spettatori.

Ad aprire il live è “Un minuto dolcissimo” brano in cui testo e melodia si muovono a braccetto tra fotogrammi di vita.  “Ci si abitua a tutto”, scrive Laura nella intensa “Dopotutto è normale” mentre “Sto pensando a te” è il manifesto di un’innamorata vittima di un sentimento ossessivo. Un piccolo passo indietro nel tempo con “La mia isola” per poi tornare nel nucleo del nuovo album con la malinconica, nostalgica e incazzata titletrack “Segreto”. Disarmante risulta l’efficacia di “Canzone semplice”: un brano che, senza grandi giri di parole, arriva dritto al nocciolo della questione. A poco più di metà concerto arriva uno dei brani più attesi, si tratta di: “Voglio te”,  una splendida ballad scritta a quattro mani con Gianna Nannini, il cui tocco è sicuramente riconoscibile ma non prevaricante. Tra i nuovi brani di “Segreto”, il più bello è “I Pescecani”, Laura canta e scrive senza filtri, sparando parole come pallottole: “Adesso faccio a meno della stima di certa gente qua. La gente che ti lecca il culo prima delle difficoltà perché succede che inciampi, cerchi una mano e ti arrangi  in un attimo intorno c’è il vuoto e dentro ci sei tu”, non c’è altro d’aggiungere a questa assoluta verità. Intenso e delicato il medley comprensivo di “Mattini”, “Invidia” e la celebre “Non credo nei miracoli”. Struggente e inaspettata la versione di “Fortissimo” il brano di Rita Pavone che Laura interpreta con una carica  vocale ed emotiva a cui non si può restare indifferenti. Non possiamo far altro che dare il bentornato a questa artista che sa come far vibrare le corde del cuore.

Raffaella Sbrescia

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 La tracklist:

Sto pensando a te
Segreto
Un minuto dolcissimo
Canzone semplice
Dopotutto è normale
Voglio te
Pietro torna indietro
Angolazione differente
I Pescecani
Diluvio
Fortissimo

 

Emma presenta Adesso: un album curato, intenso e consapevole. L’intervista

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Esce oggi 27 novembre “Adesso” (Universal Music). Il nuovo lavoro discografico di Emma Marrone è molto più di un semplice album, è la testimonianza tangibile di un inarrestabile percorso di crescita umana e artistica. Emma fa sul serio e lo fa con stile e competenza. Dalle tredici tracce che compongono l’album, in cui l’artista si è messa in gioco come autrice, interprete, musicista, produttrice lavorando fianco a fianco con il produttore Luca Mattioni, si evince una forte potenza espressiva ma soprattutto un sound davvero molto curato, coinvolgente e di respiro internazionale, frutto della collaborazione costante e generosa con il sound engineer Matt Howe che ha mixato l’album e che insieme a Mattioni ha sostenuto i desideri di un’artista pronta a sperimentare senza timori. Figlio di notti trascorse a lavorare, “Adesso” è l’album del canto consapevole, la polaroid di un’artista coraggiosa che sa quello che vuole e come ottenerlo.  Canzoni intense e sofisticate, ballate melodiche, groove elettronici si alternano in un susseguirsi di atmosfere che cambiano di canzone in canzone. Oltre ad accogliere storie scritte interamente da Emma, come la title track “Adesso (Ti voglio bene)”, e condivise, come “Per questo paese” scritta con Amara, Cheope e Giuseppe Anastasi e “Il paradiso non esiste”, con Diego Mancino e Dario Faini, “Adesso” racchiude al suo interno tante firme importanti come quella di Giuliano Sangiorgi in “Facciamola più semplice”, Giovanni Caccamo e Alessandra Flora in “Finalmente”, Ermal Meta, che ha firmato rispettivamente con Dario Faini e Matteo Buzzanca i primi due singoli “Occhi profondi” e “Arriverà l’amore”, Alessandra “Naskà” Merola in “Che sia tu” e “Argento adesso”, i fratelli salentini Nicco e Carlo  Verrienti che hanno scritto “In Viaggio” e la traccia di chiusura “Poco prima di dormire”. Stefano “Zibba” Vallarino, Giulia Anania e Marta Venturini sono gli autori di “Io di te non ho paura” mentre  Ancora Diego Mancini e Dario Faini hanno scritto “Quando le canzoni finiranno”. “Adesso” è, in sintesi, il risultato di due anni di vita che Emma ci ha raccontato nella bellissima Suite di Palazzo dei Segreti a Milano.

Intervista

Perché “Adesso” arriva a distanza di due anni e mezzo da “Schiena”?

 Avevo bisogno di fare un disco in maniera diversa, per me stessa. Arrivo da cinque dischi in sei anni, dai concerti ai dvd a condivisione di palco con colleghi e amici. Il bello di questo disco è che ho avuto il tempo di amarlo, odiarlo, capirlo. La gente s’immagina la cantante che entra in studio, canta e impacchetta il disco invece non è così, mi sono presa tempo per entrare veramente dentro le canzoni. In questo disco non c’è nulla di forzato, ho ascoltato circa 400 provini, ho risposto a tutti e mi sono sentita libera di scegliere tra brani pop ad altri con contaminazioni indie, comprendendo anche canzoni prettamente cantautorali.

Cosa è cambiato in questo lungo periodo?

Parto dal presupposto che siamo tutti predisposti al cambiamento. Si cresce, si matura, si assumono consapevolezze diverse e nuove. Io mi sento cambiata rispetto a due anni fa. Ho voluto prendermi questo tempo per capire che direzione volessi prendere a fare delle scelte artistiche  precise. Ho voluto fermarmi e considerare il fatto che volessi comprendere a pieno il senso del mio lavoro. In linea più generale sono molto melodrammatica, passo dalla battuta che fa ridere tutti a momenti di vuoto e di sconforto. Ogni tanto per capire il senso delle cose devo andare proprio a picco. Se non accetti il confronto con i tuoi demoni non capirai mai l’importanza della luce, alla fine è tutto un lavoro di costruzione di se stessi. Il mio percorso mi ha portata ad essere coraggiosa, ma soprattutto coerente, perché il coraggio necessita per forza di coerenza. In questo disco il coraggio si sente. Abbiamo fatto un lavoro diverso, ed è anche per questo che ci ho messo un po’.

Quanto c’è di autobiografico in questo album?

A dire il vero, molto poco. In “Adesso (Ti Voglio Bene)” racconto quanto sia importante considerare gli affetti personali, il valore della famiglia e del “ti voglio bene” che, ho capito, spesso ci dimentichiamo di dire. Viaggiando ed essendo spesso fuori casa, capita che telefono mia madre o qualche parente. In questo caso, mi sono resa conto che non mi capitava spesso di dire “ti voglio bene”.  L’altro brano che mi è stato cucito addosso è “Poco Prima Di Dormire”, scritto dai fratelli Nicco e Carlo Verrienti, che hanno saputo scrivere un pezzo che sento davvero mio, che parla di me. Per il resto, canto storie di cui è mi è capitato di essere partecipe o di cui sono venuta al corrente per caso.

L’aspetto più sorprendente del disco è la cura maniacale dei suoni…

L’80 per cento dell’elettronica presente nel disco è tutta analogica, frutto di una ricerca manuale; ho portato all’esaurimento Luca Mattioni in una maniera incredibile. Abbiamo fatto diverse volte le 4 di notte in studio, il groove l’abbiamo ricreato con musicisti che hanno suonato dal vivo con chitarre, basti distorti, tastiere, batterie. Il tocco d’autore l’ha dato Matt Howe, un grande ingegnere del suono,  ci chiamava da Londra gasatissimo poi è venuto anche in Italia alle Officine Musicali di Pagani e alle 17.00  in punto ci preparava persino il thè!

Anche la grafica del progetto è importante?

Rompo l’immaginario della diva: ci sono diverse anime che coesistono. A 31 anni ho accettato il fatto di poter essere una figa anche io. Sono una ragazza che vive da sola e che quando torna da Milano a Roma svuota le valigie e stira per tre giorni di seguito. La copertina non è stata studiata, ero stanca e nervosa, volevo mostrare l’istinto e il sentimento che attraversa il progetto. Luisa Carcavale ha curato il progetto il modo eccellente e ha comunicato tutto il senso racchiuso in questo disco.

Durante la fase di produzione del disco, avevi già in mente alcune idee per i live? 

Si, sono due lavori che faccio contemporaneamente, penso subito a come potrei rendere il senso del brano a cui sto lavorando. Lo ritengo un lavoro fondamentale che non amo suddividere in fasi. Spesso mi capita anche di avere delle immagini improvvise, delle idee che poi cerco di proporre al team con cui lavoro e che cerco di realizzare sul palco. Non suonerei mai il disco così com’è, mi annoierei a morte.

Cos’è per te il palco?

Un  posto sacro. Sul palco comandano i backliners e i fonici. Il palco è di chi lo monta, di chi lo gestisce. In genere quando sono in tour alle 16.00 sono già al Palazzetto, quando andiamo in allestimento seguo la costruzione della struttura perchè voglio conoscerla a fondo…

Perché “Argento Adesso” è l’outsider del disco?

Non ha una costruzione standard e non sarà mai un singolo. Per la prima volta parlo di sessualità senza essere fuori luogo, anche le donne hanno le stesse esigenze degli uomini. Mi sono sentita molto sensuale nel cantarla e dal vivo sarà una super bomba così come è successo con “Schiena”, il brano durante il quale facevo robe pazzesche sul palco.

Com’è arrivato il brano di Giuliano Sangiorgi?

Le cose arrivano perché c’è un senso, c’è un bisogno, c’è un’attitudine, in generale comunque non chiedo mai niente a nessuno. Non era un obbligo una sua canzone, ci conosciamo da 15 anni ma non significava che dovesse scrivere anche per me. Un pomeriggio mi  ha chiamato e mi detto: “Ho scritto un brano per te, dammi la tua mail che te lo mando, se ti fa cagare dimmelo che non mi offendo”. Me l’ha mandato, l’ho ascoltato più volte, l’ho richiamato e gli ho detto: “Tranquillo, non mi fa cagare me lo tengo”. Tra le varie cose Giuliano mi ha anche lasciato la produzione del brano, mi ha detto: “ Fai quello che vuoi”;  anche Caterina Caselli mi ha fatto i complimenti.

“Per questo paese” è il brano a sfondo sociale…

Non è la prima volta che ci metto la faccia per parlare del sociale, l’ho fatto con “Non è l’inferno” al Festival di Sanremo, ho partecipato  a “Se non ora quando”, non è un segreto la mia amicizia con Concita de Gregorio. Mi sento rappresentante della categoria dei giovani che si rimboccano le maniche e fanno delle cose. Questo pezzo è una visione sociale di due donne di trent’anni, Amara mi ha mandato una mail con scritto: “In Italia lo puoi cantare solo tu”. Ho chiesto di inserire anche cose più toste e pragmatiche, ho cambiato il ritornello, ho aggiunto la strofa sull’omofobia e sui problemi delle coppie omosessuali. Niente di politico c’è tanto sociale, storie che conosco, storie di persone che studiano e lavorano e di cui non parla mai nessuno. Questo brano è anche un modo per dire” nonostante tutte le offese noi questo paese lo amiamo”. In un’Italia così esterofila è bello quando i giovani rimangono legati alla propria cultura.

“Io di te non ho paura” invece  è contro la violenza sulle donne

Il giorno dell’elezione di Papa Francesco ero in auto con alcune amiche a Roma, all’improvviso un uomo ha cominciato a picchiare una donna, nessuno interveniva, io sono scesa dalla mia auto e sono intervenuta a mani nude per poi riaccompagnare la donna a casa. Ho scelto questo brano perché della violenza sulle donne non si deve parlare solo il 25 novembre, bisogna ritornare un po’ all’educazione civica. Gli esempi valgono più delle parole.

Cosa ci dici di “Quando le canzoni finiranno”?

In questo brano la mia voce si lacera. Se dovessi suddividere il disco in capitoli, questo sarebbe quello del cinema. Mi immagino una grande Mariangela Melato che si esprime al massimo delle sue capacità. Mi  piacerebbe inserire un brano di questo album in un film che parla di qualcosa di vero e di forte.

 In “We Love Disney” hai cantato con Antonino una canzone di Aladdin. Qual è il tuo personaggio Disney  preferito?

Mi sento un po’ Dumbo, sicuramente non una principessa.

Hai pensato di cantare “Poco prima di dormire” a fine concerto?

Sì, sarà sicuramente la traccia che chiuderà il live durante il tour perché sembra quasi fatta apposta. Non a caso nella parte finale ci sono gli archi, le voci dei miei fan prese dal 3.0. e gli applausi di uno dei miei ultimi dvd. Sì, sarà il brano che chiuderà il tour e io me ne andrò piangendo dal palco.

Raffaella Sbrescia

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Le date confermate dell’#AdessoTour sono: 16 e 17 settembre (Forum di Assago, Milano), 23 e 24 settembre (PalaLottomatica, Roma) e 30 settembre e 1 ottobre (Pala Florio, Bari).

Gli appuntamenti con il tour instore sono: il 28 novembre al Centro Commerciale Porta di Roma (Roma), il 30 novembre al Centro Commerciale Campania di Marcianise (Caserta) e l’1 dicembre al Centro Commerciale Casamassima di Casamassima (Bari).

La tracklist del disco:

01. Adesso (Ti voglio bene)
02. Occhi profondi
03. Quando le canzoni finiranno  04. Facciamola più semplice
05. Finalmente
06. Arriverà l’amore
07. In viaggio
08. Io di te non ho paura
09. Per questo paese
10. Argento adesso
11. Il paradiso non esiste
12. Che sia tu
13. Poco prima di dormire

Video: Arriverà l’amore

Intervista ai Simple Plan: “Stiamo lavorando al meglio per il nuovo album”

Simple Plan - Main Pub 1 - Photo Credit - Chapman Baehler

Simple Plan ph Chapman Baehler

I Simple Plan, la band pop/punk canadese che ha venduto milioni di dischi in tutto il mondo torna dopo quattro anni dall’ultimo album “Get Your Heart On!”  torna con il nuovo singolo “I Don’t Want To Go To Bed”, in radio da venerdì 23 ottobre. Il divertente video che accompagna il singolo è un omaggio a ‘Baywatch’, uno dei telefilm più amati degli anni ’80, e vede anche la  partecipazione straordinaria di David Hasselhoff. La band, che il prossimo febbraio 2016 pubblicherà un nuovo album di inediti, ha incontrato alcuni giornalisti a Milano.

Intervista

Siete reduci da un biennio piuttosto impegnativo… qual è il bilancio e in che modo queste ultime esperienze influenzeranno il nuovo album?

Abbiamo girato il mondo dal 2013 al 2015 ed è stato un periodo davvero intenso che ci ha fortemente ispirato. I temi e i suoni non si distanzieranno molto dal passato in compenso il disco è stato registrato con più attenzione e con la ferma volontà di fare la differenza in un momento in cui la scena Pop Punk non vive un periodo florido. Ci saranno anche delle collaborazioni con artisti che ci piacciono, sarà un disco che piacerà ai nuovi ma soprattutto ai vecchi fan, per noi questa è una fase di crescita, non faremo solo canzoni spensierate, nell’album tratteremo anche tematiche importanti.

Perché avete scelto di lanciare alcuni singoli prima dell’uscita del disco?

Volevamo far sapere al nostro pubblico che continuiamo a scrivere e che stiamo lavorando al meglio.

Dopo tanti anni godete ancora della stima di tante persone. Sarà forse per la grande energia che mettete nella vostra musica e nei vostri live?

Sì, chi ci segue è ormai parte della nostra carriera e della nostra vita. Ogni giorno viviamo un sogno di cui siamo grati ad amici e ai fan che ci danno l’energia per dare il massimo sia sul palco che in studio.

Siete molto attivi sui social media…per voi che non siete dei “nativi digitali” cosa significa interagire con il pubblico tramite il web?

Ci piace sentire le opinioni dei fans! Certo, può essere anche pericoloso, è facile sentirsi fighi ma è altrettanto facile non esserlo affatto.  La gente tende a essere molto diretta sui social ma, per fortuna, con noi sono piuttosto benevoli. La potenza dell’informazione digitale è ormai più forte della stessa musica, vorremmo concentrarci solo sul lato artistico del nostro progetto ma non è davvero più possibile. Cerchiamo di condividere sempre buoni contenuti.

Come rispondete alla forte negatività che ci circonda dopo gli ultimi tragici fatti di cronaca?

Noi ci divertiamo con la musica, siamo aperti e accogliamo persone di nazionalità diverse. Tutte cose che ai terroristi non piacciono. La nostra civiltà considera la musica qualcosa di sacro e di speciale. Noi come band, e in quanto artisti,  dobbiamo solo continuare a suonare e a far divertire le persone.

 Raffaella Sbrescia

Video: I don’t Wanna Go To Bed

Intervista a Omar Pedrini: “Chiudo il tour e poi mi dedico solo al nuovo album”

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Lo Zio Rock Omar Pedrini questa sera chiuderà il tour “Dai Timoria a Londra” al Druso di Ranica (inizio ore 22; ingresso 10 euro). Il concerto sarà ulteriormente arricchito da diversi ospiti a sorpresa. Tra gli altri Domenico Fiore, la “ragazza rock” Ambra Marie e il rapper Dargen D’Amico. Ecco cosa ci ha raccontato Omar durante una piacevolissima chiacchierata al telefono.

Oggi si conclude il tour. Qual è il bilancio finale?

La cosa fondamentale da dire è che non mi aspettavo assolutamente un sostegno così forte da parte del pubblico. Anche se il disco “Che ci vado a fare a Londra” ha riscosso subito un grande riscontro sia in radio, sia in termini di vendite, sono comunque sorpreso dai risultati. La cosa più bella è aver ritrovato i vecchi fan dei Timoria. Sono riuscito a riunire diverse generazioni in un solo concerto, è stato bellissimo vedere i vecchi fan, ormai quarantenni e con i figli piccoli al seguito, insieme al pubblico nuovo che magari mi ha scoperto con l’ultimo album.

Un’avventura live arrivata dopo un periodo molto difficile…

Sì, voglio ricordare questa cosa per dare uno stimolo a chi soffre e a chi sta male. Quando sono stato male e mi sono dovuto operare subendo un intervento molto pericoloso e delicato, ero sul palco per la trentottesima data di un tour che mi stava dando tantissime soddisfazioni. Dopo tutto il faticoso iter che è ne è conseguito, ho ricominciato direttamente dalla trentanovesima data, ovvero dal punto esatto in cui il destino mi ha fatto smettere.  Oggi siamo alla cinquantaduesima data e, vista l’occasione importante, ho deciso di invitare un po’ di amici. Ci saranno ospiti, poeti, attori, musicisti perché mi piace mescolare e contaminare le arti. La festa sarà aperta dagli Spleen, un gruppo che sto producendo io  e di cui sono molto contento,  erano 15 anni che non producevo dei gruppi e questo segna un mio ritorno alla produzione.

La tua natura artistica viene costantemente contaminata anche dal forte legame che hai con il territorio?

Certo! In passato ho fatto anche un programma televisivo per due anni su Gambero Rosso; si chiamava Gamberock, giravo l’Italia e  facevo conoscere al pubblico non solo le eccellenze enogastronomiche ma anche quelle umane come possono esserlo poeti, pittori, cantanti, intellettuali. L’esperienza si è ripetuta anche  in versione radio con il programma “Contromano” su Rai Isoradio e mi ha addirittura fatto vincere il premio Cuffie d’Oro.

Lo rifaresti?

Sì ma adesso però non ho tempo. Ho accantonato un po’ tutto in nome della musica. Ho mantenuto solo la docenza in Cattolica, dove ormai insegno da 12 anni e  la collaborazione con Sky Arte,  dove ogni tanto realizzo delle interviste a rockstar straniere.

Omar Pedrini

Omar Pedrini

Che rapporto hai con i tuoi allievi?

Mi emoziono sempre a sentirli, gli lascio il cuore ogni anno. Loro non lo sanno ma anche uno zio come me, che comincia ad avere una certa età,  impara sempre qualcosa. Adoro i giovani di oggi, sono delle bombe. Tutte le generazioni hanno il vizio di credere di poter plasmare i propri figli invece no: ogni generazione ha le sue bellezze e le sue bruttezze e merita di fare il proprio percorso liberamente.

È vero che la musica è tua moglie e le altre arti sono le tue amanti?

Assolutamente! La musica è un amore che mi mancava. Il teatro, il cinema, l’insegnamento, la radio, la tv, la poesia sono le mie amanti, la musica è mia moglie. Quando mi chiama la moglie non mi pesa affatto abbandonare tutto il resto. Siccome il mondo della musica è tornato a cercarmi, mi ci voglio dedicare h 24/24. In futuro ricomincerò a fare radio, tv e teatro.

Com’è nato il duetto con gli Stil Novo?

Sono un gruppo di amici, spesso presenti ai miei concerti. Ci siamo conosciuti poi un giorno mi hanno invitato in studio, ho sentito che sono bravi, ho visto che hanno dei testi intelligenti e impegnati, così come lo è “La guerra è un mestiere” e mi sono divertito a duettare con loro; gli ho detto che è un po’ la “Generale” di De Gregori  fatta con lo stesso sarcasmo. Gli faccio il mio in bocca al lupo!

Cosa ci dici del nuovo album?

Il nuovo progetto rappresenterà la chiusura della parentesi londinese. Dopo quattro anni le canzoni  sono già quasi tutte pronte, c’è un’influenza british, un sound vicino agli anni’70, che rispetta l’attuale trend londinese, e non mancherà la psichedelia. Ci saranno anche delle collaborazioni e penso che usciremo ad aprile. Ovviamente ci sarà anche il pezzo realizzato insieme a Noel Gallagher, s’intitolerà “Oh Cecilia” e sarà forse uno degli episodi più importanti dell’album.

Raffaella Sbrescia

Video: Che ci vado a fare a Londra?

I Modà presentano “Passione maledetta”, un album schietto dal suono più autentico

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«Passione Maledetta non sarà un disco fighetto o impegnato, io non sono un musicista, l’ho sempre detto, ma un “orecchista”: cerco di fare al meglio quello che faccio. Di diverso questo disco, forse, avrà che suonerà un po’ più live. Ripeto, se qualcuno si aspetta un disco impegnato o figo ne rimarrà deluso, se invece uno si aspetta un disco in pieno stile Modà, credo che questo sia il più bello che abbiamo mai fatto».  Con queste parole Kekko Silvestre ha introdotto “Passione Maledetta” (Ultrasuoni/Artist First), il nuovo album  di inediti dei Modà, in uscita il prossimo 27 novembre e distribuito in 200.000 copie, a distanza di quasi tre anni dal multiplatino “Gioia”. Coerenza e schiettezza sono i cardini lungo i quali Kekko si muove da sempre e lo ha fatto anche ieri in occasione della conferenza stampa di presentazione del disco presso il Samsung District di Milano. Nelle dieci tracce che compongono questo nuovo lavoro,  anticipato dal primo singolo E non c’è mai una fine , rieccheggiano richiami a storie quotidiane ma anche numerose schitarrate, considerate il surplus ultra di tutto l’album.

Dopo aver conquistato il disco di diamante e aver venduto oltre 1 milione e mezzo di dischi, con 327 settimane ai vertici delle classifiche e 240 milioni di visualizzazioni su Youtube, i Modà si riaffacciano sulla scena musicale italiana apportando un po’ di cambiamenti. Dall’apporto di Calvetti per quanto riguarda l’aspetto legato alla produzione del disco al coinvolgimento di Topside Multimedia per la realizzazione dei quattro videoclip che andranno a comporre un’unica storia.

Modà

Modà

Presentandosi con  naturalezza e senza pretenziosità, i Modà hanno fatto ascoltare il disco alla stampa insieme a loro commentando brano dopo brano. L’apertura del disco è affidata a “Ti Passerà”: «Ho scritto questa canzone per il mio amico Insigne del Napoli, squadra di cui sono tifoso. Il brano risale a quando Insigne si è fatto male e non ha potuto giocare. Si tratta di un pezzo che vuole dare la carica e che per questo è adatto a tutte le persone che vogliono affrontare la vita con la giusta grinta o che hanno bisogno di essere motivate. In parte è anche autobiografico, anche io mi sono infortunato spesso con la musica» – spiega Kekko. «“È solo colpa mia” precede il singolo “E non c’è mai una fine”. Qui  il tema centrale è il senso di colpa che uno si porta dentro alla fine di una storia. Ci sono ricordi che, bene o male, ti lasciano sempre qualcosa.  Per quanto riguarda “E non c’è mai una fine” – continua – vorrei farvi notare il tocco che ha dato Davide Rossi attraverso gli archi. Lui aveva già fatto gli archi di “Viva la vida”, per intenderci». Subito dopo si arriva a “Francesco”, la canzone più significativa e più bella del disco: «Questo brano parla del passaggio da figlio a genitore» – racconta Kekko senza nascondere l’emozione. “Ho scoperto di essere vivo fuori e dentro anche grazie a te”, canta Kekko in  “California”, il brano che, all’interno di questo album,  è stato scritto per primo da Silvestre: «Il testo parla di un viaggio bellissimo che ho fatto l’anno scorso in “California”, per l’appunto. Il viaggio era partito male perché avevamo perso la coincidenza dell’aereo a Londra. Avevo deciso di prendermi una pausa perché avevo appena passato quattro anni davvero intensi, addirittura mi veniva da vomitare quando mi avvicinavo a un microfono. Questo viaggio mi ha permesso di capire che dentro ero ancora vivo e che avevo ancora tante cose belle da fare. Sono tornato con ancora più voglia di prima», ha spiegato il cantante. La title track è “Passione Maledetta”: «Questo brano dà il titolo al disco perché la passione, benedetta però, è alla base di tutto. Nella canzone racconto il contrasto tra due persone che intendono la passione in maniera opposta: per una si tratta solo di sesso, per l’altra c’è anche l’amore» – racconta – “Forse non lo sai” è, invece,  una canzone ignorante- continua Kekko –  Sai quando vedi una donna in minigonna e una coi Moon Boot e pensi che quella con la minigonna deve essere una cosa e invece quella coi Moon Boot è un’altra? Insomma, è una canzone che parla delle apparenze…».  Diversi sono gli interrogativi che si rincorrono in “Doveva andar così”: «Il protagonista è un uomo che si fa tante domande. La canzone dice quasi per tutta la canzone la stessa cosa. Ma, in realtà, quando sei nel bel mezzo di un dubbio e le strade sono due, le domande sono sempre le stesse  – spiega Kekko .  La penultima canzone del disco è  “Che tu ci sia sempre”: «Quando certe cose finiscono cerchi sempre di metterle via in un posto dove non te le può toccare nessuno – racconta Silvestre – Si sa che i romantici anche quando va tutto bene si tormentano sempre. Qui c’è il tormento di due romantici che non hanno voglia di dimenticarsi e che si parlano». La traccia di chiusura è “Stella cadente”: «La canzone d’amore più bella che io abbia mai scritto, la più matura, la più sentita. È difficile parlare delle canzoni e di questa preferisco non dire altro. Di sicuro, per quanto riguarda questo album, è la canzone che preferisco di più insieme a “Francesco”. Mi piacerebbe che diventasse quella con cui chiuderemo i nostri concerti in futuro» – conclude Kekko.  L’appuntamento live con i Modà è per  sabato 18 giugno 2016 allo Stadio San Siro di Milano. I biglietti sono disponibili su www.ticketone.it . Tutte le informazioni su www.fepgroup.it

Raffaella Sbrescia

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Video: E non c’è mai una fine

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