Elton John ritorna con “Wonderful crazy night”, un album adrenalinico concepito per il live

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«Mi sto divertendo più di quanto io non abbia mai fatto in precedenza. Adoro la mia band, mi piace suonare dal vivo, ho 68 anni e mi sento come se fossi nel vivo dei miei anni migliori». Con queste parole Sir Elton John, indiscussa leggenda della cultura pop, attesissimo super ospite internazionale al Festival di Sanremo 2016, ha sintetizzato il particolare stato di grazia che lo accompagna a ridosso della pubblicazione del suo 32° album di studio intitolato “Wonderful crazy night,” in uscita mondiale il 5 febbraio in versione CD, LP, Deluxe e Super Deluxe Boxset. Scritto e registrato in soli 17 giorni e co-prodotto dalla leggenda americana T Bone Burnett (storico collaboratore di BB King, Willie Nelson, Robert Plant e Alison Krauss), l’album è il frutto di un’urgenza espressiva forte ed entusiasmante:  «Tutto è stato fatto alla stessa maniera di Yellow Brick Road o Honky Chateau negli anni Settanta, quando scrivevo la canzone al mattino, poi arrivava la band per imparare gli accordi, provavamo un paio di volte ed eravamo pronti», spiega Elton. Insieme a lui una manciata di ottimi musicisti: il batterista Nigel Olsson ha suonato con lui fin dagli esordi, il chitarrista Davey Johnstone dal 1971, mentre il bassista Matt Bissonette, il tastierista Kim Bullard e il percussionista John Mahon sono acquisizioni più recenti. L’amico di lunga data e collaboratore, il percussionista Ray Cooper, li ha raggiunti per registrare cinque tracce. Testi poetici e importanti, melodie eleganti e stratificate, messaggi positivi e carichi di speranza ma soprattutto una dichiarata predisposizione alla dimensione live: «Musicalmente è un disco molto energico, di cui sono molto orgoglioso perché anch’io sono pieno di energia. Tra tutti i mei album degli ultimi trent’anni questo dovrebbe essere il più semplice da suonare dal vivo”. A propsito di concerti Sir Elton John sarà in concerto in Italia i prossimi 15 e 16 luglio, rispettivamente al Festival Collisioni, a Barolo (CN) e all’Anfiteatro Camerini a Piazzola sul Brenta (PD).Entrando nello specifico dei testi di questo nuovo disco è importante sottolineare, infine, la speciale longevità della collaborazione storica con Bernie Taupin: nell’arco di 48 anni i due hanno composto centinaia di canzoni, di cui almeno 50 sono diventate vere e proprie global hits , compresa la più venduta di tutti i tempi, “Candle in the Wind”, del 1997. Nel nuovo album ci sono altre 10 gemme da aggiungere all’elenco, tra cui la tenera ballata “Good Heart”, la travolgente “Guilty Pleasure”, l’elegante e gioiosa “Blue Wonderful”, l’epica “Open Chord” e l’esuberante  titletrack “Wonderful Crazy Night”: «Io e Bernie non scriviamo mai nella stessa stanza insieme ma abbiamo lo stesso entusiasmo di quando abbiamo iniziato. Non voglio vedere i testi prima di andare in studio, mi siedo al pianoforte, c’è la gioia di vedere qualcosa per la prima volta, ti colpisce ed improvvisamente nella mia testa inizia un film, suono qualche accordo e tutto mi è chiaro. Semplicemente, rispondo ai suoi testi». Un modus operandi che testimonia in maniera tangibile una passione inesauribile ed un talento davvero unico al mondo.

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Video: Wonderful crazy night


Tracklist 

1. Wonderful Crazy Night

2. In The Name Of You

3. Claw Hammer

4. Blue Wonderful

5. I’ve Got 2 Wings

6. A Good Heart

7. Looking Up

8. Guilty Pleasure

9. Tambourine

10. The Open Chord

11. Free And Easy **

12. England And America**

**DELUXE BONUS TRACKS

 

 

This is Acting: nel suo nuovo album Sia è interprete delle proprie canzoni

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“This is Acting” è il titolo ma anche l’essenza del nuovo album di Sia Furler. Pubblicato proprio oggi, 29 gennaio 2016, in tutto il mondo, il nuovo lavoro è il settimo della discografia dell’autrice più prolifica degli ultimi anni. Nei 12 brani  che ne compongono la tracklist, l’artista australiana non esprime se stessa ma si cala nei panni altrui, esattamente come farebbe un’attrice interpretando pezzi che aveva inizialmente scritto per Rihanna, Adele, Beyoncé, Shakira e che loro hanno rifiutato. Il grande paradosso di questo disco è che, sebbene si tratti per la maggior parte di “scarti”, Sia è riuscita a ricostruire una specifica identità per ciascuno di essi grazie alla sua voce: potente eppure fragile, capace di lacerarsi in modo struggente ed incontrollabile.  “This is acting” finisce, dunque, con lo svelare in maniera del tutto inaspettata pregi e difetti della songwriter australiana.

L’album si apre con “Bird set free”:  una canzone che ha vissuto una lunga epopea e diversi rifiuti e che oggi si riveste di nuova luce grazie ad un ’interpretazione appassionata e convincente. Di grande spessore anche “Alive”, pensata per “25”, scritta con la cantante inglese Adele e con il cantautore Tobias Jesso Jr. Il brano racchiude la confessione di una sopravvissuta ai suoi demoni che celebra se stessa ed è veramente coinvolgente. “One million bullets” esce fuori dal coro, la canzone non è mai stata proposta a nessuno, Sia l’ha tenuta per sé impreziosendola con un’atmosfera sonora delicata e sognante. Di tutt’altra caratura è “Move your body”;  scritto e pensato per Shakira, il brano è vorticoso e movimentato. “Your body is poetry”, canta Sia, mentre in “Cheap thrills” si cala nei panni di una party girl. All’interno del disco c’è anche Kanye West, con cui Sia scrive e co-produce “Reaper”.  Arriviamo a “Footprints” estratto da un gruppo di canzoni scritte per l’album del 2013 di Beyoncé, a seguire troviamo la sorprendente “Sweet design”, costellata di influenze, richiami e spunti  che rendono l’ascolto del brano decisamente curioso. Il sipario si cala sulle note di “Space between”, una ballad in cui la potente vocalità di Sia si fonde con un insieme di fantasmatici riverberi, scelti per chiudere in modo suggestivo un disco  eterogeneo, in grado di offrire sfumature interpretative sempre nuove.

 Raffaella Sbrescia

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Video: Alive


TRACKLIST

Bird set free
Alive
One million bullets
Move your body
Unstoppable
Cheap thrills
Reaper
House on fire
Footprints
Sweet design
Broken glass
Space between

 

Guido Elmi: un album da “crooner” per il producer. Sogni, tormenti e riferimenti letterari ne “La mia legge”

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 “La Mia Legge” è il titolo del primo album di Guido Elmi, noto produttore musicale di grandi artisti italiani. Distribuito da A1 Entertaiment e artisticamente prodotto, suonato ed arrangiato da Guido Elmi e Vince Pastano (chitarrista di Vasco Rossi e Luca Carboni), il disco, pubblicato lo scorso 22 gennaio 2016, contiene 11 brani, scritti interamente da Guido e ispirati dalle più grandi leggende musicali mondiali. Canzoni dure, intense, fortemente autobiografiche popolano un lavoro intriso di affascinante malinconia e caratterizzato da suoni variegati e finemente curati nel dettaglio. Ecco come ce ne ha parlato lo stesso Guido Elmi.

Intervista

Dopo 30 anni “dietro il mixer”, eccoti davanti al microfono. Cosa ti ha fatto scattare la scintilla per dare sfogo alla tua vena espressiva?

Ho cominciato a lavorare in studio nel 1978 quindi sono molto più di 30 anni. Come vero e proprio produttore dal 1979. La voglia di fare un mio disco l’ho sempre avuta ma prima pensavo di non riuscire a cantare decentemente, a parte qualche canzone satirica per gli amici in vacanza. Poi quando alla fine degli anni novanta ci ho provato seriamente, non mi piaceva la mia voce. Poi improvvisamente poco più di un anno fa ho scoperto che se mi muovevo su tonalità più basse  e uno stile da “crooner” ce la potevo fare.

Belli, variegati e curatissimi i suoni. Quali sono le influenze, le scelte e le suggestioni che si celano tra le trame delle melodie?

E’ un mondo vastissimo che viene da lontano. Da Dylan a Leonard Cohen, dagli Steely Dan ai Little Feet. Dai Manassas di Stephen Stills a Neil Young. Poi Johnny Cash, Tom Petty e Bryan Ferry. Per arrivare ad oggi coi The Sins of Thy Beloved, Katatonia, My Dying Bride e Anathema. E poi ancora The War on Drugs, Adrian Crowley e Mark Lanegan. Ma l’elenco di chi mi ha influenzato è sterminato e qua e là nel cd c’è tutto il mio mondo pieno di ascolti notturni, in auto e in ogni luogo dove sono solo. La musica è una compagna perenne. Anche il jazz e la musica classica lo sono e parecchio.

Il disco contiene 11 brani scritti interamente da te in puro stile singer-songwriter. Cosa racchiudi in queste “frustate di vita intensa”?

Credo l’album racchiuda con sincerità le cose belle e brutte della mia vita. Gli errori e le cantonate che ho preso. I fallimenti. Gli amori che credevo eterni. E anche una certa incapacità di amare veramente. Le illusioni e la mia vera compagna: la malinconia. L’artificio, l’orrore dietro la maschera, le dee del passato, le musiche terribili del silenzio, le vestali scalze, gli animali immondi, il coacervo dei desideri inconfessabili, l’appagamento non pago… Tutto mi ha reso la vita fortunata e infelice.

Ti sei definito “un tormentato incauto e romantico, decadente e velleitario che si ciba della malinconia, dal carattere sensibile ma anche determinato”.  Potresti argomentare e motivare nel dettaglio questa definizione di te stesso?

Tormentato sicuramente. Mi tormento anche quando devo prendere un treno. Mi spaventa sempre il “prima” delle cose, quello che potrebbe accadere ma che non si sa ancora come andrà a finire. Quando invece devo affrontare un problema reale allora cambio e divento efficiente, determinato e risolutivo. Quest’attitudine al tormento non la porto sul lavoro o in mezzo alle persone: è tutta dentro di me. Incauto e velleitario perché a volte mi butto in cose che non hanno speranza ma che testardamente cerco di portare a termine ugualmente. Romantico e decadente deriva dalle mie passioni letterarie che sono tutte orientate in quel senso. Poi ascolto Schumann, Chopin e tanti altri che non sono proprio esempi di musica d’intrattenimento.

“La mia legge” dà il titolo all’album ed è il brano dalla lirica più dura e prorompente di tutto il lavoro. Cosa ci comunichi in questa canzone e con quale prospettiva?

Credo senza prospettive. Comunico un amore tradito in modo totale e crudele. Comunico la disperazione di chi, tradito, si rifugia nel nichilismo più nero e senza speranza. E butto giù frasi che rappresentano stati d’animo che forse, in modo non così estremo, tutti hanno vissuto. Specie quando finisce un amore per colpa di un’altro o di un’altra che ti ha illuso fino a pochi attimi prima. “E cosa dovrei fare di te adesso se questa è l’unica occasione di vita che ho, se nessun Dio veglia più su di noi…” Non c’è più rifugio, redenzione… Alla fine devo uccidere. Simbolicamente.

Quali sono i riferimenti letterari e musicali presenti nel disco?

Molti sono i riferimenti letterari presenti nell’album, anche se, a parte la citazione diretta di Baudelaire ne Il Re del Bosco, rimangono abbastanza nascoste.  Cito ad esempio “l’eleganza come scienza” rubata a Balzac o il “nessun Dio veglia più su di noi” del cui significato sono sicuramente debitore agli scritti di Nietzsche. Qua e là si può avvertire l’influenza di Lautréamont, J.K. Huysmans, Nerval, Cioran, Dostoyevsky e Bret Easton Ellis. Musicalmente posso dirti chi ascolto e a chi in qualche modo mi sono ispirato. Sicuramente Bob Dylan, Leonard Cohen, Johnny Cash, Nick Cave, Neil Young, Mark Lanegan e Steve Von Till ma anche Adrian Crowley e tanti altri cantautori americani e inglesi.

Tutto è cominciato da “Se la notte”?

Se la notte è il brano che mi ha spinto ad andare avanti. Una canzone che ho scritto per una donna che mi faceva sempre aspettare. E’ venuta spontanea e quando Vince Pastano l’ha sentita l’ha voluta incidere subito. Dopo ne ho scritte altre e ho anche rielaborato quelle che vengono dal passato.

In “It’s a beautiful life” partecipa anche il giovane rapper statunitense Rockwell Knuckles. Come è avvenuta questa collaborazione?

Ho un’amico a N.Y.C. che ha trovato il rapper. Gli ho mandato il file musicale e il testo. Hanno registrato la voce e poi mi hanno rimandato il file. In una notte ho scelto le frasi migliori, le ho montate e poi inserite nel brano.

E’ vero che l’album è dedicato ai tuoi genitori?

La dedica è scritta nella seconda di copertina. Dovevo farlo… si sono sacrificati per me.

Hai lavorato con Vasco Rossi, Edoardo Bennato, Skiantos, Stadio e molti altri… quali sono i più grandi insegnamenti che ciascuno di questi artisti ti ha lasciato?

Non c’è un insegnamento preciso ma tanti insegnamenti e tante esperienze che formano e aiutano la professionalità.

In “Sono un uomo” emerge  la tua grande passione per Chopin. Cosa ti lega al celebre compositore?

Come per tanti altri quello che mi lega a Chopin è la sua musica. Nel suo caso anche la sua vita. Un emozione forte per me  è stata quella di arrivare a Varsavia e vedere un’enorme insegna con scritto: Fryderyk Chopin Airport. Amo anche Richard Strauss, Gustav Mahler, Aleksandr Skrjabin, Debussy, Brahms, Zemlinsky e tanti altri. Il concerto di Vasco del 2015 apriva con un brano di Shostakovich scelto da me.

Romantico e immaginifico il breve brano strumentale che chiude il disco… come mai questa scelta?

Il brano non è altro che una parte della base strumentale di “Sono un uomo” che ho voluto estrapolare per farne una vera e propria suite classica. Due minuti di puro romanticismo musicale. Il titolo, voluto da Beppe D’Onghia (l’arrangiatore), è un omaggio a Chopin.

Hai pensato anche a dei concerti tuoi? Oltre alle tue canzoni, quali altri brani inseriresti nella tua “scaletta dei sogni”?

Spero di fare qualche concerto in piccoli club. E’ ancora presto per decidere perché occorre far combaciare gli impegni miei e gli impegni dei musicisti che vorrei con me. Mi piacerebbe inserire un brano di Piero Ciampi.

 Raffaella Sbrescia

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Video: It’s a beautiful life

TheRivati: un blues tutto da godere nel nuovo album “Black from Italy”

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Con “Black From Italy”, la band napoletana denominata TheRivati, composta da Paolo Maccaro (’85, voce e testi), Marco Cassese (’82, chitarra), Stefano Conigliano (’88, batteria), Antonio Di Costanzo (’87, basso), Saverio Giuliano (’84, Sax Tenore) arriva al secondo lavoro discografico ufficiale compiendo un nuovo importante passo verso la ricerca di un suono che, sebbene faccia riferimento al leggendario Neapolitan Power degli anni ‘70, sta riuscendo a tessere i cardini di un nuovo filone musicale valido e riconoscibile. Il progetto musicale del frontman Paolo Maccaro fonde, infatti, il blues e i suoi “derivati” con la musica italiana, le influenze della tradizione napoletana e i richiami di quella afroamericana. Con la produzione esecutiva dell’album firmata dal rapper Clementino, presente come featuring nella traccia “Emigrante”, nonché fratello del cantante dei TheRivati, quest’album intende tratteggiare a grandi linee un paese allo sfascio e la vita dell’italiano medio che si barcamena tra l’arte dell’acchiappanza” e una tragica mancanza di opportunità. Nelle dieci tracce che compongono questa cooproduzione tra l’ etichetta discografica napoletana Jesce Sole e della stessa band – i TheRivati continuano il loro personalissimo percorso musicale perseguendo un  concept specifico già a partire dal titolo: “Black from Italy” riconduce al duplice significato di nero, nel senso di “sporco che viene dall’Italia” e quello prettamente musicale di una delle poche band di black music nel panorama Italiano.  Pezzi come “Italy”, “Emigrante” (con la collaborazione di Clementino e Dario Sansone dei Foja) e “Addore”, dipingono il Bel Paese come una nazione fatta da individui che pensano a farsi la guerra tra loro invece di unire le forze per far funzionare il paese, la classica “guerra tra poveri” che non fa altro che inaridirci al centro di un circolo vizioso da cui desideriamo solo di poter uscire. In “Posteggia” (termine di uso comune tra i giovani napoletani) si esalta l’arte dell’ “acchiappanza” con tagliente ironia. Un sassofono imperioso ed un basso sornione ci introducono la trama di “Cassio’s blues” incentrata su un amore finito, dannata e fumosa “Black woman, ancora una commistione tra sacro e profano in “Hallelujah hallelujah!”. A metà strada tra mito e leggenda “Mr.Johnson”, un omaggio alla leggenda di Robert Johnson, il bluesman che vendette l’anima al diavolo per imparare il blues e lasciare una traccia nella Storia. Impareggiabile la bellezza fuori dagli schemi di “Comm è difficile”, una ballad d’amore autentica, verace, diretta, travolgente così lo è il suono dei TheRivati. Non rimane che ascoltarli live.

Raffaella Sbrescia

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Tracklist

01- Italy

02 – Addore

03 - Cassio’s Blues

04 – Posteggia

05 – Black woman pt.1

06 – Black woman pt.2

07 – Hallelujah hallelujah!

08 – Comm’è difficile

09 – Emigrante ft. Clementino & Foja

10 – Mr. Johnson

 Video: Black Woman

Black from Italy Tour:

29/01 | Parma – Circolo Arci Zerbini

30/01 | Sanremo (IM) – Torrefazione

06/02 | Noto (SR) – Voodoo

07/02 | Barcellona Pozzo di Gotto (ME) – Perditempo

20/02 | Milano – Ohibo’

21/02 | Roma – Le Mura

26/02 | Santa Maria a Vico (CE) – SMAV

03/03 | Perugia – Marla

12/03 | Bologna – Arteria

19/03 | Policoro (MT) – Absolute Cafè

Pop simpatico con venature tragiche: la freschezza di Irene Ghiotto

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Esce oggi  22 gennaio “Pop simpatico con venature tragiche”,  il primo album ufficiale di Irene Ghiotto, cantautrice nata e cresciuta nella provincia di Vicenza. Dopo aver ricevuto diversi riconoscimenti e aver calcato palchi importanti , Irene dimostra di aver raggiunto una buona maturità artistica, sia sotto il profilo autorale che interpretativo. Suonato e arrangiato da Irene stessa con la collaborazione della violoncellista Valentina Cacco, l’album è stato registrato, mixato e masterizzato da Max Trisotto presso True Colours Studio e Franz.Studio. Tutti i dieci brani che compongono il disco  sono stati artigianalmente costruiti attraverso il meccanismo del loop ritmico, composto da schiocchi di dita, mani, labbra, lingua e soffi e sbuffi d’aria. La voce racconta e avvolge le parole in maniera dinamica, leggera e colorata, fugace eppure la trama rimane sospettosa, rigida, intrappolata dai usi e costumi contemporanei. Un gioco di contrapposizioni autentiche e veraci completato da un particolarissimo artwork che accompagna l’album: la copertina gioca con l’errore e la distorsione, l’immagine che ritrae il volto di Irene è stata elaborata attraverso un software audio per ottenere un disturbo digitale, una rottura degli equilibri in grado di generare una sorta di incomprensione digitale. Il risultato è un’opera di “glitch art” all’interno della quale è proprio il malfunzionamento l’origine della sua valenza estetica. La bocca è al centro di questa “rottura” per i molteplici ruoli che ricopre all’interno dell’album: strumento ritmico, generatore di suoni e rumori, base e melodia vocale. Il risultato è fresco, originale, evocativo, raffinato. Irene Ghiotto dimostra di avere stile e la canzone “Ciglia” rappresenta, nello specifico, il surplus ultra di un lavoro essenziale ma curato nei dettagli.

Raffaella Sbrescia

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Questa la tracklist del disco: “Una Mosca”, “La strada sbagliata”, “La filastrocca della sera”, “Ciglia”, “Cinque anni” , “Canzone inutile”, “Gioco di parole”, “Lieto fine”, “La sposa”, “Il nostro orizzonte”.

Video: La strada sbagliata

Ritratti di…Sanremo: intervista a Miele. Stile, autenticità ed eleganza in “Mentre ti parlo”

Miele

Miele

Sarà sul palco del Festival di Sanremo con il brano intitolato “Mentre ti parlo”. Lei è Miele, all’anagrafe Manuela Paruzzo, una cantautrice autentica e raffinata che, dopo essersi aggiudicata la vittoria di Area Sanremo, si appresta a farsi conoscere dal grande pubblico e a pubblicare il suo primo lavoro discografico intitolato “Occhi”. Abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con lei per scoprire il suo percorso artistico, capire la sua concezione della musica e curiosare tra le nuove bellissime canzoni che presto potremo ascoltare tutti.

Intervista

Ciao Miele, come ti senti al centro di queste settimane catartiche?

Sono piuttosto emozionata, a breve arriverà quel giorno ma ancora non riesco ad immaginarlo. Mentre facevo  le prime prove con l’orchestra c’è stato un primo impatto non indifferente, non mi sembrava reale…

Quali sono stati gli accorgimenti e le modifiche all’arrangiamento del brano?

Il cambiamento più importante è stato aggiungere gli archi. La vivo come una bellissima occasione per impreziosire il brano. Non capita spesso che ci sia la possibilità di avere un’orchestra a disposizione! Quando il Maestro Massimo Zanotti ha dato il via alle prove e ha iniziato a far suonare soltanto gli archi, per quanto avessi già ascoltato la versione radiofonica del brano, sentire l’orchestra mentre suonava alcune parti del mio brano è stata veramente una forte emozione. Sono assolutamente soddisfatta!

Un surplus ultra per un brano che rappresenta molto di e per te…

Questo è il primo brano che ho scritto e lo considero un po’ come emblema di emancipazione. Non c’è nessuna menata da donna e da femminista. La canzone parla della definizione della propria personalità, un’evoluzione che spesso parte da una rottura; in questo caso quella con mio padre. Ad ogni modo non vorrei che l’attenzione si catalizzasse su quell’episodio, piuttosto vorrei che questo fosse considerato come un brano che vuole rispondere a delle domande, che in questo caso sono: chi sono e dove vado.

Sfuggi all’imposizione del modello perfetto ed esalti il concetto di imperfezione?

La mia attività di cantautrice è iniziata quando ho avuto il coraggio di scrivere in questo brano: “Troverai i miei occhi, magari meno storti”. Il mio punto debole è sempre stato lo sguardo, ho sempre avuto paura di guardare o di essere guardata mentre guardavo. Pian piano questo conflitto si è evoluto, mi sono affezionata ai miei occhi, non li cambierei, sono il mio orgoglio, il mio punto di forza. Sono felice di avere questo sguardo e del mio modo di essere anche quando mi vergogno.

A questo proposito ci racconti del tuo album che s’intitolerà proprio “Occhi”?

L’amore e il rispetto per se stessi, l’emancipazione dai condizionamenti, qualsiasi essi siano, è un argomento che mi appartiene da sempre, al punto tale che è diventato il filo conduttore di tutto il disco. Il lavoro racconta diversi lati di me che vengono scoperti attraverso la voce, attraverso i silenzi che ci sono nelle varie canzoni e attraverso la scelta dei brani. All’interno del disco, oltre al brano presentato a Sanremo, ci saranno altri sei brani: tre portano la mia firma insieme a quella di Andrea Rodini,  uno è una cover, si tratta di “Grande figlio di puttana”,  una canzone scritta a quattro mani da Dalla e gli Stadio, che ho sempre ascoltato da piccola e che mi diverte tanto cantare. Gli ultimi due brani scelti per il disco portano, invece, la firma di due autori ancora poco conosciuti al pubblico ma che amo e che mi hanno fatto un bellissimo regalo. “Questa strada” è un brano di Gina Fabiani, cantautrice romana dall’incredibile forza espressiva, un onore per me poterla cantare. “Gli occhi per vedere”, infine, è un brano di Eugenio Sournia, autore e leader della band Siberia, che ho avuto la fortuna di incontrare proprio durante il percorso delle selezioni per Sanremo Giovani. Un altro brano speciale è “Parole al vento”, scritto da me e Andrea Rodini, abbiamo deciso di tenere due brani piano e voce perché non hanno bisogno di un vestito stratificato, sono forti nella loro essenzialità.

Miele

Miele

A proposito del lavoro fatto con Andrea Rodini, come lavori con lui in fase di scrittura e che rapporto avete?

 Non riesco a definire il suo lavoro e a dargli un ruolo preciso nella mia vita, è stato il mio insegnante ma mi sta anche accompagnando in quest’avventura dedicando tantissima cura a vari aspetti del disco. È iniziato tutto quattro anni fa, mi ero iscritta al suo corso di interpretazione e scrittura e mi ha subito conquistato il suo modo di vedere la musica. Andrea mi ha fatto diventare curiosa, mi ha fatto venire voglia di andare a cercare dietro gli angoli, di spaziare. Successivamente abbiamo iniziato il percorso della scrittura, all’inizio non riuscivo a scrivere, lui cercava di darmi degli input, poi sono riuscita. Riesco a lavorare bene con lui perché abbiamo la stessa linea di pensiero, mi sono sempre sentita rispettata, compresa, mi è capitato quasi sempre di essere d’accordo con le sue idee e il suo modo di riordinare i pensieri perché mi piace il suo gusto.

Hai fatto qualche scoperta musicale che ti ha segnato in qualche modo?

Non conoscevo Nick Cave, Andrea mi ha fatto scoprire questo artista. Recentemente ho visto al cinema anche un documentario che parlava di questo artista e mi ha veramente colpita. Quando vedo che un artista ha fatto della musica il suo stile di vita mi viene fame di andare a casa e scoprire ancora più cose.  Sono rimasta incuriosita da una frase in particolare:  “A volte tormento mia moglie per continuare a scrivere, gioco con lei tormentandola perché ho bisogno di scrivere del materiale nuovo” . Questa cosa mi ha un po’ spaventata ma allo stesso tempo mi ha colpito il fatto che egli abbia guardato tutta la propria vita con un’attenzione diversa affinchè potesse raccontarla in una canzone.

Molti addetti ai lavori ti vedono come un cantautrice raffinata, elegante,  in controtendenza rispetto ai modelli che ci vengono imposti a tamburo battente dalle major americane. Come spieghi la tua esigenza di stare a contatto fisico con chi ti ascolta, nelle vesti di musicista di strada?

Si tratta di un rapporto con il pubblico completamente diverso da quello che poi puoi ottenere stando su un palco. Certo, anche il palco di un teatro sa essere intimo, soprattutto con una luce scura e soffusa e un pubblico che sia lì ad ascoltare in rapito silenzio. Allo stesso tempo, però, quello che succede in strada non succede da nessun’altra parte. Lì avviene un tipo di interazione diretta , sei allo stesso livello e alla stessa altezza del pubblico; non esiste un palco, la gente che passa e che va di fretta, quando si ferma dedica  cinque minuti del proprio tempo sia a te che a se stessa. Questa verità mi ha conquistata, a volte mi capita di stare in strada,  di chiudere gli occhi per poi riaprirli e vedere che ci sono lì trenta persone. La strada rappresenta per me la vita, la gente sono le persone con cui ti devi rapportare, solo lì si creano situazioni autentiche che rendono la musica una cosa vera, quotidiana.

Raffaella Sbrescia

Video: Mentre ti parlo

Intervista ad Alex Ricci: “Le cose semplici funzionano sempre”

Alex Ricci & Skinny Boy

Alex Ricci & Skinny Boy

 Alex Ricci degli Après la Classe è un bluesman e figlio d’arte. Musicista/cantautore appassionato ha cominciato la sua carriera da solista nel 2013 con “Gonna Rossa”, edito dalla pugliese Auand Records e distribuito da Goodfellas, disco dove blues e pop d’autore si mischiano riflettendo sulle tematiche più antiche e ricorrenti della vita di ogni ascoltatore.  L’abbiamo incontrato nel bel mezzo delle registrazioni per la realizzazione del secondo lavoro.

Intervista

Alex, raccontaci senza filtri la tua musica. Da dove nasce, cosa racchiude, cosa intende trasmettere e come vorresti che fosse interpretata dal tuo pubblico…

Ho avuto la fortuna crescere in una famiglia in cui la musica c’è sempre stata, mio padre è un chitarrista e per 25 anni insieme a mia madre ha posseduto un bellissimo negozio di dischi nella piazza di Atri. Fin da piccolo sono stato circondato da dischi e chitarre, ricordo che all’età 7 anni durante una festa di carnevale vinsi una armonica a bocca, da quel giorno questa forte passione per la musica mi accompagna, mi guida, parla di me. Quando scrivo una canzone parto da un concetto semplice, due accordi, un riff, qualcosa che possa rimanere stampato nella testa delle persone e magari farle appassionare alla mia musica; le cose semplici funzionano sempre.

Nel 2013 hai pubblicato “Gonna Rossa”. Parlaci di questo lavoro, come e con chi ci hai lavorato, quali sono le storie, i temi e le influenze musicali che lo attraversano…

“Gonna rossa” parte da lontano ed arriva in un momento molto particolare della mia vita artistica. Frutto di un percorso fatto di studio, gavetta, sacrifici ed esperienze che mi hanno dato la forza per affrontare e concludere con determinazione questo “primo lavoro”. Tutto il bagaglio che mi portavo dentro è arrivato ad una prima destinazione del viaggio. La maggior parte dei musicisti che hanno suonato nel disco sono Abruzzesi, professionisti e amici che stimo da sempre. L’Abruzzo è una regione zeppa di talenti musicali e questo disco ne è una piccola testimonianza. Altrettanto importanti sono i featuring con Raffaele Casarano nel brano “La Musica” e Après la Classe in “Faut Chanter”.Il Blues, il Rock e il Pop sono gli ingredienti primari di questo disco che vale la pena ascoltare.

In cosa consiste il più recente progetto Alex Ricci & Skinny Boy? Unite blues, rock e loop?

E’ una lunga storia quella fra me e Skinny Boy. Valerio Pompei è un batterista dotato di grande talento e sensibilità, volevamo realizzare da molto tempo questo progetto, tutto si è materializzato nel momento giusto, senza pressioni o tensioni, abbiamo suonato e basta. Il progetto percorre il Blues classico e le canzoni originali. La chitarra e la batteria, la semplicità di due elementi arricchita dall’elettronica e dai suoni campionati,  generano un “sound roots” più che mai attuale, mischiato ai rumori di questo tempo, alle vite che cambiano e tornano al punto di partenza, alle origini, alle radici appunto. Brani di Howlin wolf, Otis Rush si uniscono alle atmosfere più rarefatte dell’elettronica e i pezzi originali tratti dal mio album si riducono ad arrangiamenti essenziali e potenti.

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Stai lavorando al tuo secondo album? Che idee hai a riguardo? In cosa sarà diverso dal tuo precedente lavoro?

 Si, sto lavorando al nuovo album, tante idee mi passano per la testa in questo momento, registro decine di note audio ogni giorno, prima della fine dell’anno vorrei finire, ovviamente vi tengo aggiornati.

Cosa ci dici di “Idea Sonica” e delle lezioni di chitarra on line?

Idea Sonica è un bel progetto che ho ideato nel 2013 e adesso mi sta dando ottime soddisfazioni, le lezioni online sono il futuro dell’insegnamento, in questo modo si possono abbattere i tempi, le distanze e i costi, se vi va potrete fare un giro sul sito www.ideasonica.it e acquistare una lezione di chitarra online con Alex Ricci.

E con gli “Apres la Classe”? Siete al lavoro su nuovi progetti?

Si, con gli Après in questo momento stiamo lavorando al nuovo disco, nel 2016 la band compie 20 anni, ci saranno delle belle novità ma per il momento tutto resta top secret!

Ci sono live in corso o in programma?

Certo, farò dei concerti con Skinny Boy fra febbraio ed aprile, porteremo il nuovo live in giro per i club, il nostro booking www.ilpicco.net sta facendo veramente un buon lavoro, nella prossima primavera suonerò anche nella Super band Mei insieme Luca Amendola, bassista dei Kutso, Cesare Petulicchio, batterista dei Bud Spencer Blues Explosion, Angelo Trabace, tastierista di Dimartino, Danilo Vignola all’ ukulele, la voce maschile sarà di Simone Sartini (Il Sinfonico e l’Improbabile Orchestra) mentre quella femminile sarà di Veronica Lucchesi (La Rappresentante di Lista).

Raffaella Sbrescia

Shade presenta “Clownstrofobia”: Oltre le rime c’è di più

clownstrofobia_shade

Shade è un rapper, attore, doppiatore, freestyler e stand up comedian italiano nato a Torino. Lo scorso 15 gennaio Shade ha pubblicato il suo primo album intitolato “Clownstrofobia” (Warner Music), un lavoro in cui lo stile ironico e tagliente del rapper si sposa con contenuti anche più delicati. L’album rappresenta l’incontro tra il mondo del freestyler ironico e pungente e quello dell’artista più maturo e introspettivo. Spesso i panni dell’intrattenitore risultano stretti e si soffre di clownstrofobia. Ecco cosa ci ha raccontato Shade al telefono.

Intervista 

Dietro le rime, si nasconde una scrittura profonda e una voglia di lanciare dei messaggi ben  precisi.

Questo è un lavoro molto diverso rispetto alle cose fatte finora.  Nel precedente lavoro mi ero cimentato in pezzi molto divertenti e allegri, sono sempre usciti dei video  in cui facevo free style di intrattenimento incastrando le parole e le rime. In questo  album ho cercato di fare uscire fuori un lato di me che finora non avevo potuto mostrare. Un disco ufficiale in vendita rappresenta l’occasione giusta per farlo!

Perché il titolo “Clownstrofobia”?

Ad un certo punto l’etichetta di intrattenitore ti sta stretta e quindi ne soffri. In questo disco, a partire dalla cover, dimostro che non ne posso più di rappresentare un determinato tipo di cose e ho scritto dei pezzi che la gente non si aspettava da me…

In “Bar Mitzvah” canti “Gioco con le parole, me ne fotto delle persone”. Cosa intendi dire?

Non faccio giochi di parole per fottere le persone, gioco con le parole e me ne fotto delle persone. La critica si riferisce al fatto che molti mi dicono: “Sei bravissimo ma non hai contenuti”,  come a dire: “Sei una Ferrari a rappare ma ti limiti a fare il giro dell’isolato.  Secondo me sono magari loro che si limitano a guardarmi mentre faccio il giro dell’isolato. Forse il limite è più di chi segue questo genere di musica…

In “Patch Adams” parli di una storia importante e di una tematica delicata che si distanzia dal resto del progetto.

Sì, ho voluto inserirla come ultima traccia ed è il pezzo a cui sono più affezionato. Ho scelto di raccontare un brutto periodo della mia vita, ci si augura sempre di non avere a che fare con gli ospedali invece volenti o nolenti succede e a me è successo molte volte. In questo caso particolare si trattava di un’ altra persona che mi dispiaceva  vedere in brutte condizioni; andavo costantemente a trovarla fingendo che mi andasse tutto bene, vestendo un po’ i panni del clown per starle vicino poi, una volta uscito dall’ospedale, stavo malissimo ma non mollavo perché il giorno successivo sarei andato a trovarla di nuovo per convincerla che sarebbe andato tutto bene non sapendo se poi le cose si sarebbero risolte. Alla fine c’è stato un lieto fine ma è una cosa che mi ha segnato molto.

Il tuo stile richiama tematiche che rientrano anche nel repertorio di altri rapper però la tua ironia irriverente fa la differenza. Vai fino in fondo e te ne prendi la responsabilità?

Sì, questo è il mio modo di fare, non ho mai avuto problemi a tenermi le cose, non ho filtri e anche questa ragione ho dovuto rivedere tante cose che ho scritto in tanti miei pezzi. Chiaramente non vogliamo incorrere in denunce però se devo dire una cosa la dico. Faccio l’esempio di quando ho partecipato ad Mtv Spit: in quel momento non mi interessava di essere in tv, non ho cambiato nulla rispetto a quello che faccio quando giro l’Italia per i concerti. Sono sempre me stesso purtroppo o per fortuna!

“Stronza bipolare” è un brano divertente e spietato

La protagonista di questo brano è una persona con cui ho avuto molto a che fare e che mi ha fatto impazzire, attraverso litigi, crisi d’ansia, botte. Ho raccontato questa storia  in maniera tragicomica, il pezzo è quasi divertente ma la vicenda è stata distruttiva.

Netflix  è uno schizzo di quello che ci circonda al momento….

Le serie tv sono parte integrante della mia vita. Ho intitolato Netflix perché è arrivato da poco in Italia, ha rivoluzionato il mondo delle serie tv, prima avevamo solo lo streaming e quel poco che passa in nella tv tradizionale.

Dicci della collaborazione con Fred De Palma, sia nel singolo “Se i rapper fossero noi” che nella saga

Abbiamo fatto questa serie per caso, non sapevo nemmeno se volevo farla con lui. Volevo realizzare questo video intitolato “Se i rapper si facessero i complimenti”…. Lui si è mostrato subito super entusiasta e in effetti abbiamo realizzato questo video che ha superato i 3 milioni di visualizzazioni. La cosa ha rappresentato  lo stimolo giusto per realizzarne altri. Di solito ci mettiamo veramente pochissimo tempo a farli, credo al massimo  un’oretta e abbiamo culminato il tutto con “Se i rapper fossero noi”, il primo singolo estratto da “Clownstrofobia”.

“Disco d’horror” rispecchia un po’ il costume dei tempi delle querelle da classifica e lo fa in maniera dissacrante 

Ho un’ansia pazzesca per classifiche e cose del genere. La Warner ha puntato molto su di me e non voglio deludere nessuno. So che ci sono mille logiche che possono determinare il successo di un album ma voglio comunque fare il massimo e dimostrare che hanno fatto bene a puntare sul mio nome  e sul mio lavoro.

Questo è il pezzo più cattivo del disco, l’ho fatto uscire come primo vero estratto, ho postato il video su Facebook, dico cose cattive su altri rapper perché secondo me non esiste un migliore , esiste qualcuno che è più bravo ad incontrare il gusto delle persone. Il rap non è come il calcio, non è una cosa statistica, vendere tanto non vuol dire necessariamente saper fare buona musica.  Ho voluto smontare l’ego di certe persone approfittandone per realizzare un pezzo un po’ più tecnico.

Ti aspetta un Instore tour a tamburo battente…

Sì sarà un “instore tour de force”! Ho iniziato a Torino, l’anno scorso facemmo un concerto in metro, ci inventammo un instore che prevedeva pezzi eseguiti in metro. Purtroppo tanti mi scrivono di andare nella loro città ma non sono io a decidere. Chiaramente si tratta di un tour, ci sono  dei costi e ci sono persone che decidono cosa fare e perché. In ogni caso stiamo preparando una sorpresa per febbraio… sarà molto divertente!

Nel 2014 hai doppiato alcuni personaggi tra cui Eminem e 2pACm, nella nuova stagione di South Park in onda su Comedy central. Come hai vissuto il tuo ruolo?

Uno dei miei insegnanti mi mandò un messaggio vocale super serio chiedendomi di richiamarlo, ho subito pensato di aver fatto qualche cretinata delle mie. Ero al secondo anno della scuola di doppiaggio per cui credo siano i personaggi che ho doppiato peggio in assoluto, riascoltandomi mi “imparanoio”. I personaggi che doppio ora non sono di quel calibro lì, per me che faccio rap è stato  fantastico e poi South Park è il mio cartone preferito. Il direttore di doppiaggio è Walter Rivetti è colpa sua se South Park è così figo e rende bene anche in italiano rispetto all’inglese.

Cosa stai doppiando ora?

Ho doppiato una serie tv che si chiama “Bitten” che uscirà a breve in Italia, sul genere Twilight. Sto doppiando un cartone animato giapponese molto bello che si chiama “Sengogu Bazara, in questo caso il mio personaggio è un figo e dalla seconda stagione diventerà ancora più figo!

Raffaella Sbrescia

Acquista su iTunes

Instore – Le date

Dal 15 gennaio Shade incontra i fan negli store delle principali città italiane: il 15 gennaio a Torino (Feltrinelli Stazione h.15.00) e a Genova (Feltrinelli via Ceccardi, h.18.30); il 16 gennaio a Milano (Mondadori Duomo h.15.00) e a Varese (Casa del Disco, Piazza Podestà h. 18.30), il 17 gennaio a Verona (Feltrinelli via Quattro Spade, h.15.00) e a Brescia (Mondadori C.C. Freccia Rossa h.18.30), il 18 gennaio a Padova (Feltrinelli via S. Francesco, h.15.00) e a Bologna (Mondadori via Massimo D’Azeglio, 34h.18.30), il 19 gennaio a Firenze (Galleria del Disco, Piazza della Stazione h.15.00) e Roma (Discoteca Laziale ,via Mamiani h.18.30); il 20 gennaio aMarcianise (Mondadori C.C. Campania, h.15.00), e a Napoli (Feltrinelli, Stazione h.18.00); il 21 gennaio a Bari (Feltrinelli via Santa Caterina h.15.00) e a Lecce(Feltrinelli via dei Templari, h.18.30)

Video: Sei rapper fossero noi feat. Fred De Palma

Quique Escamilla: folk impegnato dal Sud America

Quique Escamilla @ Beba do Samba -Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba -Roma ph Roberta Gioberti

Di origine Messicana, e più precisamente della problematica area del Chiapas, Quique Escamilla è in tour in Europa.
Dopo il concerto di ieri sera al Beba do Samba a Roma, sarà questa sera a Valmontone, e successivamente a Milano, Torino, Parma, Brescia e Vicenza. Polistrumentista, folksinger, coniuga la tradizionale musica folk messicana e latinoamericana con sonorità rock e reggae, arrivando a creare un personalissimo e gradevole stile che accompagna testi che toccano temi di rilevanza sociale, come i diritti dei nativi messicani e la lotta all’oppressione, che dagli anni ’80 vede impegnato l’esercito zapatista con le vicende ben note nell’ambito della politica internazionale.

Quique Escamilla @ Beba do Samba -Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba -Roma ph Roberta Gioberti

Attualmente residente in Canada, a Toronto, ha vinto il Juno Award 2015 come miglior artista canadese e nel 2014 il Canadian Folk Music Award. In tour è con il suo nuovo album, “500 Years of Night“, già presentato in Canada nel 2014. L’atmosfera del live è calda ed intima, piacevole e divertente l’interazione con il pubblico, e non mancano alcuni brani del repertorio classico, da noi portati al successo negli anni ’90 dalla band dei Buena Vista Social Club, come “Dos gardenias”, e “Veinte años”. Per chiunque voglia conoscerlo più da vicino, sarà questa sera a Valmontone, al “Les Maudits”.

Successivamente a:
Torino: 20 gennaio al BlahBlah di Via Po.
Valle Imagna: 21 gennaio, Per Antiche Contrade
Brescia: 22 gennaio, Brick Lane Oldtime Club
Vicenza: 23 gennaio , Viaroma17, Dueville
Bergamo: 24 gennaio, Maite Social Club
Parma: 27 gennaio all’Art Lab, polo di fermento culturale cittadino nella zona Universitaria.

Due le date Milanesi, il 26 gennaio all’Ostello Bello e 28 gennaio al Piano Terra presso il quartiere Isola –
inizio spettacoli alle 21.00

Articolo e Photogallery a cura di: Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba - Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba – Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba - Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba – Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba - Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba – Roma ph Roberta Gioberti

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Quique Escamilla @ Beba do Samba – Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba - Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba – Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba - Roma ph Roberta Gioberti

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Quique Escamilla @ Beba do Samba - Roma ph Roberta Gioberti

Quique Escamilla @ Beba do Samba – Roma ph Roberta Gioberti

 

 

“Anarchytecture”, il nuovo album degli Skunk Anansie tra struttura e caos

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È uscito il 15 gennaio il nuovo atteso album degli Skunk Anansie “Anarchytecture” (in tutti i negozi e digital download su etichetta Carosello Records. Il sesto disco di inediti della band, formatasi nel 1994, racchiude una collezione di potenti inni dell’alternative rock e rappresenta l’apice di una ventennale carriera durante la quale il gruppo ha venduto oltre 5 milioni di album e ha registrato 7 tour sold out in tutta Europa. Il titolo del disco riguarda strutture intangibili e prende significati diversi per ogni membro della band. Per Skin, “Anarchytecture” indica il confine inquieto tra struttura e caos, tra costrizione e libertà. Il nuovo album è frutto del lavoro di tutti i componenti degli Skunk Anansie nella loro formazione storica, composta da Skin, il chitarrista Ace, il bassista Cass e il batterista Mark Richardson, è stato prodotto da Tom Dalgety (Royal Blood, Killing Joke) ai RAK Studios di Londra, mixato da Dalgety & Jeremy Wheatley e masterizzato da Ted Jensen agli Sterling Sound Studios di New York. Ritmi notturni, brani ricchi di brama, manipolazione, potere, senso di perdita  si lasciano guidare da desideri oscuri e intensi.

Skunk Anansie

Skunk Anansie

Attraverso un suono più asciutto e diretto, guidato dalla melodia e rafforzato da influenze elettroniche “Anarchytecture” è cadenzato da una massiccia dose di elettronica: «Già negli anni Novanta avevamo l’elettronica poi c’è stato un allontanamento ma ammettiamo che ci piace, siamo una band fresca, contemporanea, moderna e il fatto che siamo tutti anche deejay fa sì che la amiamo. Anche in Black Traffic c’era elettronica ma noi restiamo una rock band», spiegano gli Skunk Anansie e, in effetti,  “Anarchytecture” lascia emergere un groove profondo e pulsante a cui è impossibile resistere. La copertina dell’album è stata realizzata dall’italiano NO CURVES, artista contemporaneo, uno degli esponenti più in auge della urban art, famoso per le sue opere realizzate esclusivamente con il nastro adesivo.  «Il suo stile ci rappresenta alla perfezione, hanno spiegato i membri della band durante la conferenza stampa di presentazione a Milano. I nostri testi vanno dritti al punto e la sua arte si è sposata con le nostre parole». «Per quanto riguarda la scrittura della music, hanno aggiunto,  siamo più forti e maturi, abbiamo ridotto l’ego individuale, siamo meno pressati dal tempo, più rilassati e anche un po’ più stupidi, pensiamo meno al tempo.  L’impegno di Skin in televisione ci ha consentito di essere meno pigri, i tempi sono più compressi, lavoriamo meglio e più in fretta», hanno raccontato gli Skunk Anansie e, a proposito di X Factor, Skin si è lanciata in un’approfondita digressione:«Avendo lavorato a X Factor ho rilevato che servono belle parole, significati profondi e una storia da raccontare. Questo rende la musica pulita ma io vorrei vedere un po’ di sporcizia, di imperfezione. Alla radio c’è tanta poesia e lirica e un po’ troppa perfezione. Con Elio abbiamo rilevato che è difficile far cantare ai giovani in italiano».

Proprio ai giovani si rivolge, infine, Skin: «In Inghilterra oggi se vuoi avere una educazione base hai le scuole pubbliche ma se vuoi qualcosa di più, tipo scuole di musica o arte, devi affidarti a istituzioni private molto costose – spiega -. È sempre più difficile avere musicisti che arrivano dalla classe lavoratrice, che vivono sulla propria pelle certi temi e certe problematiche. Quelli che escono dalle scuole d’arte o di musica non sono arrabbiati con lo status quo. I giovani oggi sono forse cauti e anche un po’ superficiali. Inoltre la radio e la tv, che sono detenute da forze conservatrici, sono riluttanti a far passare determinati argomenti. Ci sono gruppi rock e hip hop sinceri e incazzati. Urlano molto forte, ma sono relegati in ambienti underground e li ascoltano davvero in pochi. Per il resto siamo circondati da pop music».

Raffaella Sbrescia

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Tracklist

Love Someone Else

Victim

Beauty Is Your Curse

Death to the Lovers

In the Back Room

Bullets

That Sinking Feeling

Without You

Suckers!

We Are the Flames

I’ll Let You Down

Video: Love Someone Else

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