Giuliano Palma presenta Groovin’: “Preferisco celebrare capolavori invece di sfornare canzoni mediocri”.

Giuliano Palma

Giuliano Palma

Torna sulla scena musicale Giuliano Palma con il nuovo album “Groovin’” in uscita il prossimo 1° luglio in tutti i negozi musicali e sulle piattaforme digitali. Prodotto e arrangiato da Giuliano Palma, Fabrizio Ferraguzzo, Riccardo Di Paola e dedicato a Carlo Ubaldo Rossi, l’album contiene tredici tracce che ripercorrono la storia più o meno recente della musica italiana ed internazionale, brani intramontabili reinterpretati dalla voce inconfondibile di Giuliano e da alcune particolari collaborazioni. Abbiamo incontrato Giuliano questa mattina negli uffici milanesi della Universal Music.

 Intervista

Giuliano, in “Groovin’” torni a divertirti con le cover…

Questo gioco mi piace assai, si adatta a particolari momenti della vita, un po’ come quello che ho vissuto di recente con un distacco importante. Il titolo del disco racchiude un po’ questo mio stato d’animo, il groove io ce l’ho dentro e amo provare a contagiare anche gli altri.

Cosa è successo?

Nel corso degli ultimi 15 anni, fin dall’uscita del mio primo album da solista, ho sempre lavorato con Fabio Merigo. Lui era il mio braccio destro, mi ha sempre appoggiato anche quando decidevo di reinventarmi un brano che magari ad altri non convinceva. Amavamo arrangiare e impacchettare le canzoni un modo a volte improbabile. Ad un tratto ha incontrato un’altra persona con cui collaborare e mi ha gettato da parte; di solito non così astioso ma devo confessare che è stato un boccone davvero amaro da buttare giù.

Come hai lavorato con i nuovi collaboratori?

All’inizio è stato strano, c’era bisogno di dare una svolta. Questo disco ha una storia particolare, di solito metto le mani in pasta dappertutto, sono sempre in studio a registrare e a fare le pre-produzioni… Stavolta invece mi sono affidato a dei nuovi bravissimi collaboratori quali  Ferraguzzo e Di Paola. Siamo entrati subito in sintonia, è stato bello affidarsi a loro e poterli lasciar fare, io sono un crooner e sono soddisfatto del risultato finale.

Come è avvenuta la scelta delle canzoni?

Con questo album faccio un balzo tra gli anni ’60 e ’70, l’imprinting arriva dall’infanzia quando mia madre mia faceva ascoltare Don Backy e i Camaleonti. Certo, i discografici mi hanno consigliato ma alla fine  ho scelto io i brani, se una canzone non la sento mia non riesco neanche a cantarla. Sono contento di aver ritrovato Vasco Rossi. Anni fa aprii un suo concerto insieme ai Casino Royale, tornare a riabbracciarlo, anche se non fisicamente, significa veramente tanto. “Una splendida giornata” è, tra l’altro, il pezzo beneaugurante del disco ed il contributo di Fabri Fibra è un plus importante, ci tenevo alla presenza del rap. Tra gli input esterni, invece, c’è la collaborazione con Cris Cab, mi sono divertito a lasciarmi coinvolgere.

Giuliano Palma

Giuliano Palma

Com’è andata la collaborazione con Clementino?

Abbiamo gozzovigliato spesso insieme, abbiamo un ottimo rapporto e trovo che in “I say I’ sto cca” del grandissimo Pino Daniele (che avrei coinvolto con molto piacere in questo progetto), abbia lavorato davvero molto bene. Si tratta di un pezzo terzinato e la sua abilità mi ha davvero lasciato senza parole. Sono stato contento di poter ricambiare il favore.

E con Chiara Galiazzo?

“Don’t go breaking my heart” di Elton John è un gran pezzo. Chiara ha una voce pazzesca e può cantare qualunque cosa, fa parte della mia scuderia ed è stato piacevole lavorare con lei.

Bizzarra la scelta di “You’ll never walk alone” ( Inno del Liverpool)…

Seguo con molta passione ed entusiasmo la Premier League. Benchè sia di fede milanista, sono supporter del calcio inglese in generale. Adoro l’enfasi ed il trasporto con cui i tifosi del Liverpool cantano l’inno e ho voluto lavorarci a modo mio.

Cosa ci dici del brano inedito “Un pazzo come me”?

Il titolo è piuttosto eloquente, sembra un clichè ma alla fine è molto veritiero.

Giuliano Palma

Giuliano Palma

“Alleluja! Tutti jazzisti” è il pezzo che avevi inciso per il progetto “We love Disney”…

Esatto! Adoro il cinema di animazione e ho particolarmente apprezzato il fatto di poter cantare una canzone che vogliono sempre cantare tutti.

Come mai ha preferito dedicarti nuovamente a delle cover invece di dare spazio a dei brani inediti?

Sono pigro, poco prolifico e provo molto gusto nel reinterpretare le canzoni. Inizialmente ero convinto di fare un disco di inediti, poi le varie vicissitudini mi hanno indotto a fare diversamente. Preferisco celebrare capolavori invece di sfornare canzoni mediocri. Sono figlio della cultura pop, ho voluto divertirmi e l’ho fatto soprattutto in funzione dei tanti concerti che terrò prossimamente

 Raffaella Sbrescia

Il Groovin’ Tour di Giuliano Palma, partito dal mese di giugno, prosegue nelle seguenti date: 1 luglio Torino; 23 luglio Palmanova (UD); 10 agosto Attigliano (TR); 17 agosto Palazzo S. Gervasio (PZ); 23 agosto Oliena (NU); 27 agosto Roseto (TE); 28 agosto Budoni (OT); 1 settembre Staranzano (GO); 2 settembre Venezia; 17 settembre Isola del Giglio.

www.giulianopalma.com

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“Bada Bing” Cris Cab feat. Giuliano Palma

The Strumbellas presentano Hope: “La nostra musica aiuta a superare i momenti bui”

TheStrumbellas_Hope

TheStrumbellas_Hope

The Strumbellas nascono nel 2009 con un EP omonimo che riceve riconoscimenti da numerosi settimanali di Toronto. La CBC inoltre definisce la band come “band to watch”, una band che merita di essere vista dal vivo. Nel 2012 la folk band pubblica l’album di debutto “My Father And The Hunter” un disco pieno di testi tormentati intrecciati con accattivanti melodie. È il 2013 quando viene pubblicato “We Still Move On Dance Floors”, secondo album che vede The Strumbellas vincere sei premi tra cui il loro primo JUNO award. Nei primi mesi del 2015 il gruppo torna in studio per registrare “Hope” il nuovo album pubblicato il 24 giugno 2016 e prodotto da Dave Schiffman (Johnny Cash, Haim, Weezer). Per questo nuovo lavoro in studio The Strumbellas non hanno voluto rinunciare all’uso di numerosi strumenti e ai cori, ormai marchio di fabbrica e segno di riconoscibilità. In diverse canzoni dell’album ricorre la parola “hope”, intesa come una sorta di leit motiv che possa aiutarci ad affrontare con il piglio giusto anche le prove più difficili. In cima alle classifiche delle hits più suonate in Italia con il singolo “Spirits”, la folk band canadese composta da Simon Ward (vocals, acoustic guitar), David Ritter (piano, percussion, vocals), Jeremy Drury (drums, percussion), Isabel Ritchie (violin, vocals), Jon Hembrey (electric guitar), Darryl James (bass) ci ha incontrato negli studi della Universal Music a Milano parlando a lungo di sè e di questi nuovi importanti traguardi.

 Intervista

Partiamo dall’ultimo singolo “Spirits”. Secondo voi da cosa è dipeso il grande successo ottenuto da questo brano?

La canzone rappresenta un invito a vivere al meglio il presente, ad affrontare e superare i momenti bui. Quando scrivi un brano non pensi se funzionerà o meno in radio, cerchi semplicemente di realizzare una bella canzone; sarà forse per questo che il successo di “Spirits” ha sorpreso anche noi!

Nella vostra discografia ricorre spesso il contrasto ancestrale tra vita e morte, come mai?

La nostra musica trae ispirazione dal country americano intriso di storie che parlano di uomini dalla grande personalità che cantano tutta la loro malinconia.  A differenza della tradizione country, però, le nostre canzoni sono come una specie di tunnel: alla fine c’è sempre la luce.

Così come in “Hope” anche in “My Father and the Hunter la natura è uno sfondo importante…

Il Canada è un territorio molto vasto e poco popolato. A due ore da Toronto, la presenza della natura, delle montagne e de laghi diventa davvero imponente; sarà forse per questo che la maggior parte delle  nostre canzoni  è stata scritta on the road.

Come vi siete conosciuti?
Ci siamo formati nel 2008 a Toronto (Ontario), grazie ad un annuncio di Simon pubblicato su Craiglist, un portale che ospita annunci dedicati al lavoro.

Come siete riusciti a raggiungere l’equilibrio all’interno del gruppo?

Il sistema è piuttosto “democratico” (ridono ndr). Diciamo che Simon comanda e il resto segue.  Sei persone sono tante, a volte gli animi si scaldano ma alla fine ognuno riesce a dare il proprio contributo. Siamo come una grande famiglia e ognuno di noi porta all’interno del gruppo le proprie caratteristiche e le proprie influenze musicali. La cosa più importante è mettere da parte l’ego e portare in studio solo la volontà di lavorare ad un obiettivo comune.

The Strumbellas

The Strumbellas

Qual è il concept che racchiude il significato della copertina del disco?

Volevamo riproporre anche graficamente l’anima del disco “Hope”. Abbiamo conservato l’oscurità e la malinconia contenute nei precedenti lavori aggiungendo elementi di speranza. Il risultato è veramente pittoresco.

Questa estate sarete in tour in Canada e negli Stati Uniti e poi arriverete anche in Italia, il 31 Agosto a Sestri Levante per il Mojotic Festival e il 1° Settembre a Milano per Unaltrofestival. Come descrivereste un vostro concerto?

Il nostro live è una grande festa dove tutti ballano, cantano e si divertono. Quando siamo sul palco saltiamo e coinvolgiamo il pubblico al massimo. Siamo dei pazzi scatenati, venite ad ascoltarci, non ve ne pentirete!

Cosa c’è nel vostro futuro immediato?

Sarà un anno davvero intenso, pieno di concerti e di viaggi in giro per il mondo, speriamo di divertirci il più possibile e di crescere sempre di più!

 Raffaella Sbrescia

Video: Spirits

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Tracklist

HOPE TRACKLIST

1. Spirits

2. Shovels & Dirt

3. We Don’t Know

4. Wars

5. Dog

6. The Hired Band

7. Young & Wild

8. The Night Will Save Us

9. I Still Make Her Cry

10. David

11. Wild Sun

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Walter Fontana: «Ricomincio da “Sono Qui”. La mia vita in musica»

Walter Fontana

Walter Fontana ricomincia dalle sue canzoni e da “Sono Qui”, il suo album solista. Dopo lo scioglimento dei Lost, il cantautore di Vicenza si è dedicato alla scrittura, alla ricerca, alla ricostruzione della sua carriera artistica. Ecco cosa ci ha raccontato in questa intervista

Come si esce in maniera coerente da un passato come quello con i Lost riproponendoti con un progetto tuo?

Ripartire dopo un’esperienza importante come quella dei Lost non è stato facile, quello che mi ha aiutato è essermi staccato dai riflettori, essere tornato nel mio vecchio paese dove tutto è iniziato, ovvero a Vicenza. Questo mi ha permesso di rimanere coi piedi per terra, di stare vicino alla mia famiglia, ai miei amici. Tutto questo è stato utile per mettere un punto e ripartire per crearmi una nuova strada.

Hai viaggiato tanto, hai vissuto diverse vicende e a questo proposito ci viene in mente “Questo sono io”, brano in cui  ti metti a nudo. Immaginando un pubblico che voglia sapere cosa è accaduto, cosa ti ha spinto a scrivere queste canzoni?

Sono successe tantissime cose che, nel loro insieme, mi hanno dato l’opportunità di scrivere questo disco. C’è stata una storia d’amore finita, lo scioglimento dei Lost, con cui comunque sono ancora in contatto. Luca Donazzan, il bassista, mi sta accompagnando in questo nuovo capitolo. Ho fatto diversi viaggi, su tutti cito quello a Barcellona, un viaggio che ho deciso di fare last minute durante il quale mi sono ritrovato alle 5 del mattino a suonare la chitarra insieme a dei musicisti che non conoscevo.

Qual è il filo conduttore del disco?

La ripartenza. All’interno del disco parlo spesso di momenti finiti male e di storie concluse ma lo faccio sempre con un approccio positivo.

A questo proposito viene da pensare anche al brano “Lo sbaglio più bello”…

Quando cadi torni ad apprezzare le cose più semplici, puoi ripartire con lo spirito giusto.

I vostri fan vi sostenevano davvero moltissimo, che rapporto hai con loro oggi?

Sì, avevamo creato un bel movimento! Ho ancora contatti con loro, mi scrivono e continuano a chiedermi adesivi e volantini da distribuire in città, un po’ come si faceva all’epoca degli street team che si sono un po’ persi negli anni. Ora che tutto gira sul web è bello vedere che i fan ci credono ancora e vogliono aiutarmi. Bisogna inventarsi nuove strategie, io nel frattempo ho tenuto dei concerti da busker perché volevo mostrare le canzoni così come sono nate nude e crude con la chitarra acustica. Ho molte idee che spero di mettere in atto molto presto.

Walter Fontana

Walter Fontana

Come affronti questa nuova fase artistica? Vuoi affermare qualcosa di te che ti era sfuggito in passato?

Beh, vorrei dimostrare che oltre ad essere un teen idol, così come mi avevano etichettato tempo fa, sono anche un musicista, le canzoni le scrivo io e questa è la cosa più importante perché può differenziarmi da tanti altri artisti presenti sulla scena attuale. Oltre a scrivere i miei testi, riporto la mia stessa vita nei versi che compongo. Quando metti te stesso nelle canzoni la gente se ne accorge, inoltre puoi cantarle in modo più coinvolgente quando sei sul palco e questo è un ulteriore punto di forza.

Per quanto riguarda la lavorazione dei brani e la realizzazione degli arrangiamenti, cosa hai da raccontarci?

Avere avuto più tempo per lavorarci è stato un punto a mio favore, ho potuto fare tantissimi ascolti, mettermi alla prova, scrivere canzoni, buttarle via, farne di nuove, poi c’è stato l’incontro con il produttore Salamone Placido che ha subito capito qual era il mio obiettivo, ovvero non fare una canzone uguale all’altra.  Volevo che ogni brano avesse una vita a sé anche se c’era un filo conduttore nei testi. Dal punto di vista sonoro volevo che ogni brano fosse unico e ci siamo riusciti. Non ci sono state grosse modifiche rispetto a quanto scritto durante la prima stesura dei brani e questa è stata una bella soddisfazione, vuol dire che avevo fatto un bel lavoro. Quando sei tranquillo e senza pressione, lavori nella mia maniera più serena possibile.

Che tipo di ascolti fai?

Parto da Bob Dylan, mi sono tatuato il suo volto subito dopo lo scioglimento dei Lost e sono ripartito dalla sua musica; in quel periodo sono entrato nel suo mondo, leggevo i testi, vedevo film e speciali, ora ascolto Twenty One Pilots, Walk the Moon, Mumford & Sons, poi ho le playlists di spotify. Mi piace molto anche Jovanotti, negli ultimi anni ha dimostrato di voler cambiare e di sperimentare, questa è una cosa che mi accomuna a lui…

Walter Fontana

Walter Fontana

Ci sarà un’evoluzione dei testi in inglese?

Non lo escludo anche se mi piacerebbe avvicinarmi allo spagnolo. Mio padre è argentino e vorrei arrivare nei paesi latino americani, lo sto imparando così mi porto avanti (ride ndr).

Come è arrivato il contributo di Giovanni Caccamo?

Ci siamo conosciuti nel 2008 poi ci siamo trovati poco prima della sua partecipazione a Sanremo Giovani e abbiamo scoperto di essere in sintonia. Quando poi ha saputo che avrei lavorato con Salamone Placido, che oltretutto è il suo produttore, gli ho chiesto di partecipare al progetto per rendere le mie frasi ancor più uniche e infine mi ha regalato il brano intitolato “Corro” perché voleva essere essere al mio fianco in questa avventura.

E la collaborazione con Pappalettera?

L’incontro con lui è avvenuto in maniera casuale dopo che aveva ascoltato il disco grazie ad uno dei miei discografici. Dopo aver ascoltato il brano “Questo sono io” ha voluto lavorare con noi e dare il suo contributo. Da lì è nata l’idea dello specchio e del concept pazzesco che accompagna il disco, è stato bellissimo lavorare con lui e spero di farlo ancora.

Per il live cosa hai in mente?

Voglio sfruttare l’idea degli specchi e portarli sul palco con me, voglio riprendere questo concept! La scaletta riprenderà ovviamente i pezzi dei Lost perché è giusto portarli avanti però suonerò anche tutto il disco nuovo.  Ci sarà anche spazio anche per delle cover, magari anche Dylan visto che suono anche l’armonica. Tutto questo però accadrà in autunno ora c’è la promozione ed un duro lavoro da fare per farmi conoscere dal pubblico. La cosa più importante è che sono sicuro di questo disco, essendo stato sincero in queste canzoni, lo sarò in ogni occasione che mi sarà data.

Raffaella Sbrescia

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Video: Perfetto

Chiara Grispo: tante cover e qualche buona idea in “Blind”

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“Blind” (Baraonda/ Artist First) è il titolo dell’album di esordio di Chiara Grispo, la  giovanissima cantautrice veneta in gara all’ultima edizione di Amici. L’album, prodotto da Diego Calvetti, contiene 10 tracce tra cui la hit “Come On”, primo singolo inedito che ha raggiunto già 2 milioni di visualizzazioni su Youtube, la titletrack “Blind” e “Spirito Fisico”, brano che Chiara ha inciso in duetto con Nek (suo coach durante il serale di Amici, insieme a J-Ax). Reduce dagli opening act dei concerti dei Modà allo Stadio San Siro e di quello di Gigi D’Alessio allo Stadio San Paolo, Chiara sta portando in giro per la penisola le sue canzoni e sono già in molti ad apprezzarne la voce limpida e cristallina.

Chiara Grispo

Chiara Grispo

Paga poco la scelta di inserire nel disco tantissime cover: tra le altre, le migliori sono “Wuthering heights” di Kate Bush, “Price tag” di Jessie J, “One” degli U2,  ”Next to me” di Emelie Sandé. Sebbene gli arrangiamenti siano piuttosto originali, in alcuni tratti cuciti su misura per Chiara, sarebbe stato più opportuno pubblicare più brani inediti e osare. L’insieme proposto funziona bene, Chiara Grispo non scimmiotta nessuno ed il lavoro di cesellamento sulle cover è evidente eppure avremmo apprezzato ancora di più una maggiore esposizione di quello che sembra essere un bel talento in erba.

 Raffaella Sbrescia

 Video: Come On

Tracklist:

1.    COME ON

2.    BLIND

3.    SPIRITO FISICO (con NEK)

4.    WUTHERING HEIGHTS

5.    LA MIA STORIA TRA LE DITA

6.    PRICE TAG

7.    ONE

8.    BELLA

9.    NEXT TO ME

10.  ALBACHIARA

 

Il periodo d’oro di Fabrizio Moro: un nuovo live, un nuovo album e tante canzoni di successo. L’intervista

Fabrizio Moro

Fabrizio Moro

Ritratti Di Note ha incontrato Fabrizio Moro in occasione del concerto all’Arenile di Napoli, tenutosi lo scorso 18 Giugno. L’artista ha raccontato delnuovo live, dei prossimi progetti e della lavorazione al nuovo album.

 Fabrizio, sei tornato nuovamente all’Arenile di Napoli per un concerto; tra l’altro so che tu ami molto questa città…

Ero stato in concerto all’Arenile di Napoli già due anni fa, ma ci avevano riservato il palco piccolino. Quest’anno ho suonato sul palco centrale, direttamente sulla spiaggia, a pochi metri dal mare e questa è stata una esperienza bellissima. Tra l’altro, a proposito dei live, io dico sempre che il concerto lo fa il pubblico, poi noi ci mettiamo tutta l’energia e l’amore possibile. Quello di Napoli è stato il quarto appuntamento di questo Tour 2016, dopo i concerti al Palalottomatica di Roma e all’Alcatraz di Milano, e il concerto di Maida (CZ).  Continuerò per tutta l’estate a suonare in giro per l’Italia, fino ad Ottobre. Tutte le date sono sui miei social e sul mio sito. Comunque Napoli è una città eccezionale, dal grande calore umano; ci torno sempre con piacere.

Da sempre nella tua musica c’è la compresenza di due elementi: una osservazione attenta e lucida della realtà che ci circonda ma anche uno sguardo profondo sull’individuo, sui suoi limiti e le sue paure. “Sono anni che ti aspetto” è una canzone che parla anche di questo…

Sì, soprattutto negli ultimi due album, e in particolare in “Via Delle Girandole 10”, l’album uscito lo scorso anno, ho messo al centro dell’attenzione la mia vita, i miei amori, i miei affetti, tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni, anni molto importanti non solo a livello artistico ma anche a livello umano. Le cose che sono cambiate, l’equilibrio che sono riuscito a ritrovare da qualche anno, tante belle sensazioni che ho cercato di mettere in musica. La musica è stata una valvola di sfogo fondamentale e attraverso questi due ultimi album sono riuscito ad esprimere a 360 gradi quello che è successo al mio stato psico-fisico. Per la prima volta sono riuscito a mettere al centro dell’attenzione la mia vita, cosa che non ero mai riuscito a fare prima. Essere un cantautore è tante cose; ci sono momenti in cui riesci a fotografare gli aspetti positivi e negativi della realtà che ti circonda e poi ci sono momenti in cui hai voglia magari di parlare solo di te e della tua vita. Io ho voluto esprimere agli altri quello che avevo nella testa e nel cuore. Essendo una persona intimista riesco a fare questo solo con la musica. Ecco perché oggi all’età di 41 anni continuo a farmi sempre la stessa domanda “Perché ho scelto di fare questo percorso?” La risposta è forse perché non credo di riuscire a comunicare in altri modi.

Fabrizio Moro live @ Arenile - Bagnoli ph Stefano Cicala

Fabrizio Moro live @ Arenile – Bagnoli ph Stefano Cicala

Questa è una di quelle domande che nella vita torna parecchie volte…

Le domande bisogna sempre continuare a farsele. Alcune volte si trovano le risposte, altre volte no. Io spesso mi sono detto “Ma davvero voglio trovare una risposta?”, anche perché sembra che quando hai trovato la risposta a questa e ad altre domande, qualcosa irrimediabilmente finisca, si spenga. Io sono un fan delle vigilie. Quando stai vivendo un momento, soprattutto un momento bello come la nascita di un figlio, il tuo compleanno, la pace ritrovata, è bello viversi il momento che precede il tutto, l’attimo intermedio. Forse è per questo che ho amato sempre di più l’autunno e la primavera rispetto all’estate e all’inverno. Io sono nato il 9 Aprile ma per me il giorno più bello è stato sempre l’8 Aprile. L’attesa è quella cosa che mi ha sempre permesso di cercare e di scavare… Quando poi arriva il momento bello e tutte le sensazioni finiscono, devi ricominciare a cercare. Mi si dice sempre che io non riesco a godermi il momento, forse è così, ma io mi godo le vigilie…

“Sono anni che ti aspetto” è il pezzo che prelude ad un nuovo album. Puoi darci qualche notizia su quello che sarà il nuovo lavoro?

Sono in fase di pre-produzione già da molti mesi. Sto scrivendo tantissimo. Ho già registrato una ventina di brani e a settembre passeremo a definire meglio quale sarà la vera entità di questo album. Ho fatto sempre dischi diversi l’uno dall’altro nella mia carriera. So solo che per questo nuovo album voglio tornare un po’ alle origini, ed intendo dal punto di vista della produzione e dell’essenza primaria del disco, degli arrangiamenti e del sound. Mi sto ispirando molto al rock degli anni ’80, alla musica con la quale sono cresciuto. Sto riascoltando tutti i dischi di Ligabue, di Vasco. Vorrei ritornare alla chiave di chitarra, basso e batteria e lasciare meno spazio al folk che ha caratterizzato “Via Delle Girandole 10”. Sarà un disco di matrice rock, questo è sicuro…

Fabrizio Moro live @ Arenile - Bagnoli ph Stefano Cicala

Fabrizio Moro live @ Arenile – Bagnoli ph Stefano Cicala

Fabrizio Moro autore per altri artisti; vorrei ricordare tra le tante, “Sono solo parole” scritta per Noemi, le canzoni scritte insieme a Gaetano Curreri degli Stadio, “Finalmente Piove” scritta per Valerio Scanu, “Un’altra vita” per Elodie…

Sì, devo dire che lo scrivere per altri mi ha dato anche la possibilità di produrmi i miei primi album. Questo ultimo anno poi è stato particolarmente proficuo. Ho scritto, come hai citato tu, il brano per Valerio Scanu, che poi è diventato “Disco D’Oro”; il brano per Elodie “Un’altra vita”; un brano per Fiorella Mannoia,  che credo uscirà a fine anno. Con il pezzo scritto per Fiorella tra l’altro, ho realizzato un grandissimo sogno, quello di scrivere per una delle più grandi interpreti italiane, se non la più grande, senza offendere le altre. Tra l’altro, sono curioso di ascoltare il pezzo perché è ancora in produzione. Continuerò con la mia attività di autore per altri perché è una cosa che mi ha dato sempre grandi soddisfazioni. In questo periodo sto producendo anche un gruppo, insomma non mi faccio mancare niente…

Fabrizio, le tue “attese” e le tue “vigilie”, mi hanno fatto pensare alla canzone “Un giorno senza fine”, che è una canzone che amo molto, e che tu hai portato al Festival di Sanremo nel 2000. Probabilmente i tuoi giorni sono sempre “senza fine”…

Questa è una bella sorpresa, perché in pochi conoscono quel pezzo, e sono felice che tu lo conosca. E’ un pezzo che ho scritto quando avevo 20 anni.  Faccio un po’ fatica a riascoltare quella canzone e l’album del quale faceva parte (“Fabrizio Moro” n.d.r.), perché non mi piace mai “rivedermi”, però in tanti mi hanno chiesto di riarrangiare e riprodurre quel disco. Magari riproporrò il pezzo riarrangiato  l’anno prossimo, con il nuovo tour. Non posso ancora svelare nulla ma stiamo preparando un grande evento…

Giuliana Galasso

“Nun tardare sole”: l’irresistibile richiamo ancestrale di Fiorenza Calogero

 iorenza Calorego - Nun Tardare Sole

Appassionata e viscerale da un lato, misurata e rispettosa dall’altro, Fiorenza Calogero è una cantante, interprete e attrice che, attraverso il suo percorso artistico, contribuisce in maniera incisiva e concreta alla ricerca e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio costituito dai canti popolari del Sud Italia. A tangibile testimonianza di cotanto impegno, arriva “Nun tardare sole”, un album scritto, diretto e arrangiato dal Maestro Enzo Avitabile e prodotto da Andrea Aragosa per Black Tarantella. Composizioni cadenzate dalle ritmiche battenti proprie della tarante, elementi medievali e rinascimentali nonché richiami stilistici vicini alle ricostruzioni musicologiche riproposte della prima Compagnia di Canto Popolare diretta dal Maestro Roberto de Simone, con cui Fiorenza Calogero ha più volte collaborato caratterizzano questo album da interpretare come una sorta di preghiera laica.

Enzo Avitabile e Fiorenza Calogero

Tra una traccia e l’altra Fiorenza si muove con disinvoltura rivelando una voce al massimo della maturità e dell’espressività ridando vita ad inni rivolti a un sole che è dio, padre, marito, amante. Genti lontane nel tempo, spiriti dell’antica campagna, madri, donne e amanti rivivono attraverso le perfette partiture eseguite da talentuosi musicisti con strumenti tradizionali e poco usuali, come lo è la chitarra battente di Marcello Vitale, la viola da gamba di Rodney Prada, e poi la chitarra spagnola di Carlos Pinana in “Megaris”. Intensa la voce di supporto di Pino De Vittorio in ‘A Carità, e le voci di Cristina Branco in “Lu Cardillo”, brano di anonimo del ‘700, e di Urna in “Uocchie Che Arraggiunate”, omaggio ad Eduardo de Filippo. Vecchi miti, nuovi riti si destreggiano in una problematica contemporaneità in cui la voce di una artista devota ed irresistibile, quale è Fiorenza Calogero, si presenta come un suadente richiamo ancestrale.

 Raffaella Sbrescia

Video: Tre fronne e tre ciure

“FunSlowRide”: GeGè Telesforo parla alle generazioni di domani

 “FunSlowRide” è l’espressione di una visione, uno zoom sulle responsabilità verso le generazioni future e sul mondo che verrà loro consegnato. Questo progetto collettivo, che sarà pubblicato anche in Canada, Australia, Sud America e Asia dal 24 giugno,  dall’ etichetta americana Ropeadope, nasce dal genio di GeGè Telesforo, cantante, strumentista, compositore, produttore. Seguendo l’obiettivo di aggregare artisti con radici comprese tra il pop, il soul e il soft jazz, Gegè ha lavorato per 3 anni a nove composizioni inedite con l’aggiunta di “I Shot The Sheriff” di Bob Marley. Nel bel mezzo della procedura di cesellamento degli arrangiamenti, Telesforo ha identificato le voci che avrebbero dato vita alle musiche e alle parole (scritte insieme a Greta Panettieri), si è dunque spostato in lungo e in largo fra la campagna di Roma Nord, Londra e gli Stati Uniti, Brooklyn e, con oltre 500 ore di registrazione in studio fra le mani, ha portato a termine il progetto che annovera al proprio interno la testimonianza artistica di Ben Sidran, in veste di ‘filosofo’, e di eccelsi musicisti quali Alan Hampton, Sachal Vasandani, Joanna Teters, Mosè Patrou, Joy Dragland, Ainè.

Video: Let the Children

L’album, anticipato dai singoli “I shot the sheriff” e “Let the children”, brano Unicef dedicato all’Infanzia, e da “Next”, di cui è stato realizzato un video artistico dal famoso storyteller Felice Limosani, parla di temi costantemente all’ordine del giorno. I ritmi sono leggeri, i vocalismi delicati e i registri medi, il tutto a favore di una comunicazione soffusa, sussurrata, mai urlata. I testi sono pregni di messaggi e di considerazioni più che di immagini, gli arrangiamenti sono finemente particolareggiati lasciando trasparire la mano di Gegè che, scegliendo di affrontare il lavoro più da compositore e produttore che da artista, riesce comunque a lasciare un inconfondibile segno di classe e maestria.

Raffaella Sbrescia

Graham Candy presenta “Plan A”: un album privo di etichette ma colmo di sogni

Graham Candy ph. Michèl Passin

Graham Candy ph. Michèl Passin

Graham Candy è un giovane cantautore proveniente dalla Nuova Zelanda, di recente ha abbracciato la cultura europea trasferendosi a Berlino, sempre più punto d’avanguardia in fatto di musica e non solo. “Plan A” è il suo primo lavoro discografico, prodotto da BMG e registrato con il duo di produttori tedeschi Feeling Valencia con i quali ha già collaborato per l’EP “Holding Up Balloons” uscito a marzo 2015 per BMG Rights Management (Italy). Proprio grazie all’ascolto delle tracce che lo compongono possiamo scoprire la fame, la grinta e l’entusiasmo con cui questo ragazzo lavora. Scoperto in un piccolo bar di Auckland, Graham Candy osanna la cultura del lavoro sodo in nome della realizzazione dei sogni, odia le etichettature, ama circondarsi di collaboratori che sono innanzitutto amici e nelle sue canzoni narra in primis di se stesso e dei propri trascorsi. Che sia attraverso un arrangiamento dance o una performance acustica, la voce di Graham Candy, riesce a fare esattamente tutto ciò che vuole. Parallelamente alla sua carriera musicale, il giovane artista ha trovato il tempo per la sua altra passione, ovvero la recitazione; tra tutte le sue esperienze citiamo il remake di Footloose, in “Spring Awakening”, e la prova con Keisha Castle-Hughes nel film “Queen of Carthagening”.

 Tornando a parlare di “Plan A”, citiamo subito “Home”, un brano decisamente intimo: «L’ho composta da solo al piano, per dire che sono andato via ma non dimentico da dove arrivo. Anche se adoro l’Europa, la Nuova Zelanda non è certo un posto facile da dimenticare. In questa canzone parlo della mia famiglia e di un momento particolarmente vulnerabile. Tutta la storia di “Plan A”, in effetti, è figlia delle pressioni che ricevevo dagli insegnanti e dei sogni che facevo in quel periodo. Questa è la mia rivincita nei confronti di tutti quelli che dicevano che non ce l’avrei mai fatta», spiega Graham. Carica e seducente è la ritmica di “Back Into It”: «Il ritmo è sempre molto presente. Questa canzone intente essere la spina dorsale del disco, parla di farcela e riuscirci nella vita, quindi anche se è molto ritmata, occupa un posto speciale nel mio cuore».

Album Cover_Plan A copia

A determinare un ruolo rilevante all’interno del progetto è anche la permanenza berlinese di Graham: «Vivo stabilmente a Berlino, in Nuova Zelanda per me era troppo facile rilassarmi. Mi ci voleva una città che favorisce l’incontro tra gli artisti. Il più delle volte ci si trova a Kreutzberg, il posto dove sono concentrati molti dei 45 studi di registrazione in città. Da quando vivo a Berlino sono molto più concentrato, posso dire di aver lasciato a casa il ragazzo ed essere diventato un uomo», racconta Graham Candy. Decisamente originali anche la copertina ed il booklet del disco: «La copertina dell’album è, in realtà, un lunghissimo poster che raffigura un torciglio di mille oggetti come orologi, vulcani in eruzione, piante, chitarre e mongolfiere. Il disegno ha richiesto moltissimo tempo ma ci tenevo a dare qualcosa di fisico a chi comprerà il disco, proprio come se si trattasse di una sorta di dono, una piccola opera d’arte che si possa toccare». Graham Candy sarà in tour in Europa fino a fine 2016, i live saranno divisi in due parti, la prima parte con la band e la seconda in versione acustica: «Voglio portare la mia stanza sul palco e ricreare un’atmosfera intima che mi porti ad un contatto vero con il pubblico», puntualizza. Se a qualcuno di voi la sua voce ha ricordato quella di Asaf Avidan, aspettate di ascoltarlo dal vivo e vi accorgerete che si tratta solo di una fugace apparenza, Graham Candy è  inetichettabile.

Raffaella Sbrescia

Video: Back Into It

Folfiri o Folfox: gli Afterhours tornano con un disco prezioso. La recensione e l’intervista

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«…Io sono fortunato perché posso usare la musica per cercare di spiegare a me stesso come mi sento, reagire, buttare fuori le tossine, riconoscere l’energia e, soprattutto, non andare in panico. Parlandone agli altri ho scoperto che nel gruppo stavamo passando tutti attraverso lo stesso sconvolgimento. Ognuno a modo suo, naturalmente, perché sono cose molto private. Così eccolo qua un disco sulla morte e sulla vita, sulla malattia e sulla “cura”, sulle domande senza risposta, sull’egoismo che ci fa sopravvivere, sulla rabbia e sulla felicità, sulle chiusure di cerchi che ci permettono di aprirne altri». Con le parole estratte da uno stralcio del comunicato scritto dallo stesso Manuel Agnelli in persona, scegliamo di presentarvi “Folfiri o Folfox”, il nuovo album degli Afterhours destinato a diventare un’opera antologica per eccellenza. Giunto al pubblico dopo una lunga gestazione, questo disco racchiude una scalata esistenziale intima, privata, singola eppure ampiamente condivisibile. Il titolo del progetto prende il nome da due cicli chemioterapici ponendoci subito di fronte ad una realtà da cui non si può prescindere: il cancro. “Folfiri o folfox” nasce dalla penna di Agnelli subito dopo la scomparsa di suo padre, passa per altri lutti che hanno colpito i membri della band e diventa, traccia dopo traccia, un cammino verso la ricerca della felicità. L’intensità di questo disco è data sicuramente dai testi ma anche da arrangiamenti veramente carichi di suggestioni sperimentali. “Grande”, gridata, sofferta e squarciata è un significativo punto di partenza, l’effettiva base che permette all’album di crescere ed evolversi. Struggente “L’odore della giacca di mio padre”, dolorosa e consapevole “Lasciati ingannare (ancora una volta)”, esemplificativa, dissacrante ed imponente la title track “Folfiri o Folfox”.  Ricche e preziose le tracce strumentali, da evidenziare, in particolare, l’ipnotico contributo di Rodrigo D’Erasmo in “Ophyx” e le contorsioni di Cetuximab”. Lascive sono le distorsioni racchiuse in “Fa male solo la prima volta”, curiosa e perturbante la ballata rock “Né pani né pesci”. Originale ed impattante la litania di “San Miguel”, un riuscitissimo gioco a due tra Agnelli e Iriondo. “Se io fossi il giudice” chiude, infine, il disco in modo deflagrante, emozionale, poetico, totale.

Intervista

Finalmente arriva “Folfiri o Folfox”

Abbiamo pubblicato questo disco dopo 4 anni cercando di raccontare non solo quello che è successo a me ma anche quello che è successo a molti di noi. Non facciamo un disco ogni anno, lo facciamo semplicemente quando abbiamo qualcosa da dire e questo, purtroppo, non succede ogni sei mesi. La funzione del nostro gruppo è quello di dire le cose con un linguaggio che gli altri faticano ad usare. Questo è un disco a tratti ostico, un disco che ha senso in questo momento. Abbiamo sfruttato il nostro studio, ci siamo andati tutti i giorni, ci siamo dati la libertà di sbagliare, eccedere, sperimentare. Con noi ha lavorato anche Tommaso Colliva, il top mondiale e ne siamo molto orgogliosi.

I due nuovi innesti nella band (Stefano Pilia, chitarrista dei Massimo Volume, e Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, ndr) hanno generato una grande energia. Come sono cambiate le sonorità, gli arrangiamenti e la scrittura dei testi?

Il cambio della line up ha influenzato non poco la musica, ha innescato un ricambio d’energia in una sorta di circolo virtuoso. Una direzione, quest’ultima, che avevamo già conquistato con “Padania” e che intendiamo mantenere salda. Nel frattempo lo stravolgimento della forma canzone vive un passo in avanti, sia in termini di suono che di scrittura.

A proposito di scrittura: com’è cambiato il tuo modo di scrivere in questo lavoro?

C’è un ritorno ad una comunicazione più scoperta, più aperta, una messa a nudo che ci ha coinvolto tutti. Ciò rende il disco più immediato e comunicativo proprio come sentivamo noi di dover essere. “Padania” era congelato così come lo era la sua estetica, questo disco è più caldo, ci tocca in modo più profondo e speriamo possa farlo anche con chi lo ascolterà.

C’è un’attenzione più viva e dettagliata ai testi…

Sì, i testi sono più centrali che in passato, parliamo di cose precise che non volevamo citare in modo oscuro, abbiamo condotto diverse ricerche per rapportarci con certi termini, c’è stato un bel lavoro di complicità e compartecipazione. Abbiamo composto prima le musiche, se avessi scritto prima i testi, ci sarebbero state solo ballate ed il disco sarebbe stato un’elaborazione del lutto e nessuno voleva questo. In questo album c’è voglia di reagire, parliamo di chiusure di cerchi…

Afterhours

Afterhours

Che rapporto c’è con Dio, nominato così spesso in questo disco?

C’è parecchia mancanza di Dio nel disco, lo cito perché c’è un continuo interrogarsi, quando ti manca una persona cara ti fai molte domande, Dio viene chiamato in causa perchè non lo si trova. Il disco parla di un passaggio di energia, la figura di Dio è la razionalizzazione di questo passaggio all’interno di una ricerca spirituale.

A 50 anni ti scopri vulnerabile nel bel mezzo di un’operazione di introspezione…

Mi sono ritrovato bambino abbandonato e, al contempo, definitivamente adulto una volta per tutte. Non pretendo che questa cosa venga condivisa da qualcun altro, ci sono voluti 4 anni per lasciar maturare questo disco, la musica rappresenta la possibilità di sublimare quello che è successo, una forma di autoanalisi utile per espellere le tossine, un modo per liberarsi dal dolore.

“Grande” è il brano più intenso del disco

Racchiude un grido di dolore ma anche un riscatto, una voce che va oltre, un pezzo che sarà difficile riproporre con la stessa intensità dal vivo. Finchè avrà un effetto terapeutico lo farò, poi smetterò, così come del resto avviene con gli altri brani.

Come è nato il brano “San Miguel”?

L’abbiamo improvvisato in sala prove, rappresenta il denominatore perfetto di chi non ha paura di fare tante cose diverse. Questo brano rompe gli schemi, definisce un’intenzione chiara con sonorità forti, una litania che non teme sfide nuove. Ci sono diversi modi di argomentare la superstizione: quella più volgare che detestiamo, una forma di violenza sociale mostruosa, poi c’è quella bianca che cerca energia oltre la scienza. Ecco, nel disco ci sono due o tre modi per affrontarla, “San Miguel” è uno di questi.

Afterhours ph. Magliocchetti

Afterhours ph. Magliocchetti

Da dove arriva l’idea della copertina?

Si tratta di un’idea di mia figlia. Recentemente ho curato una pianta che ha prodotto un nuovo getto di fori, le ho scattato una foto, leggermente mossa e mia figlia mi ha suggerito di usarla. Solo in un secondo momento abbiamo scoperto che l’orchidea si nutre di materiali in decomposizione, in quanto corrispondente botanico del cancro ci è sembrata perfetta.

Cinque anni fa eravate politicamente schierati… cosa è cambiato nel frattempo?

I politici non sono cambiati ed è per questo che molte cose non si sono realizzate, il cambiamento c’ è stato in ogni caso. Nel nostro piccolo abbiamo appoggiato i teatri occupati, continuiamo a portare avanti il nostro cammino senza fare cose per forza appariscenti, mi sono accorto che senza un certo tipo di visibilità si è limitati. La visibilità può essere di grande aiuto per portare avanti certe tematiche, mi sono impegnato per i diritti d’autore, la definizione professionale del musicista, voglio portare questi discorsi a buon fine.

Come si convive con la paura della felicità?

Ho sempre voluto essere felce ma forse ho sbagliato strada. Nel nostro ambiente ci sono tanti che fanno i maledetti al centro di un sistema di cose che non ci riguarda in ogni caso. Noi facciamo musica in modo libero, non dobbiamo rendere conto alle tavole della legge, facciamo le cose istintivamente perché ci piacciono, perché ci sembra il modo migliore per raccontarci al meglio. Abbiamo lasciato fuori dal disco, il più grande singolo della nostra storia perché non c’entrava nulla, siamo coerenti, siamo liberi di fare cose che non rientrano nell’immaginario, non vogliamo essere prevedibili, la prevedibilità è la morte di un gruppo rock, abbiamo più attenzione per il discorso estetico che per l’efficacia dei risultati; in ogni caso facciamo sempre quello che vogliamo, poco ma sicuro.

Afterhours ph. Magliocchetti

Afterhours ph. Magliocchetti

La musica è una trasposizione della società che rappresenta?

Negli anni ’60 e ’70 c’era una società in fermento, c’era gente che viveva nelle comuni, personaggi che non avevano paura di sperimentare, con l’arrivo delle tecnologie la gente ha cominciato ad impigrirsi e a viziarsi. Ci sono molti musicisti bravi ma troppo precisi, non ci sono più i freaks, quelli che non riesci a catalogare, ci sono piccoli circuiti, ognuno con la propria divisa, ogni più piccola realtà vuole avere il controllo sulla cultura ma non per difendere la gente. Pasolini andava tra la gente, tra gli operai, trai ragazzi di strada, portava la cultura tra la gente sporcandosi le mani. Oggi invece viviamo una situazione veramente pallosa. Il ruolo di chi fa rock non può essere fare la cultura per sé. La nostra missione è quella di portare la nostra visione della vita a quanta più gente possibile, la difficoltà sta nel portarla con un linguaggio molto preciso che non venga distorto senno facciamo avanguardia e sperimentazione.

Ad X Factor queste cose le dirai?

Mi hanno chiamato per questo, il motivo per cui sono lì è portarvi la mia visione della musica. Hanno avuto le palle di chiamarmi, io sono un’incognita, un rischio…

Cosa pensi delle polemiche che ci sono state?

Fa parte del gioco, in parte è anche strategia. In tante situazioni la polemica ha portato attenzione, non mi spaventa la contestazione, anzi, tuttavia non vi sono indifferente. Con la paura del rischio non avremmo fatto un cazzo negli ultimi anni, non me ne frega se sarò una scimmietta in gabbia, alla fine l’importante è far passare un messaggio preciso: “Le mani vanno sporcate, bisogna fare gesti piccoli ma farli tutti, non si possono fare le cose solo per il risultato, bisogna farle e basta”.

Il ricambio nella line up ha portato un cambio di energia nel gruppo?

Ci troviamo in un momento particolarmente felice, questi due innesti non sono né casuali né transitori. Questo ricambio ha avuto un impatto emotivo molto forte, con Giorgio andavo in giro per il mondo da 25 anni, ci guardavamo in modo sclerotico, non avevamo un dialogo modificabile. Dopo lo strappo non sapevamo se gli Afterhours sarebbero andati avanti, abbiamo funzionato ma navighiamo a vista, ecco perché in ogni disco ci mettiamo tutto il sangue possibile, pensiamo sempre che possa essere l’ultimo.

Cosa cambierà nel live?

Mentre “Padania” aveva delle sovrapproduzioni necessarie per riprodurre quell’urgenza, questi nuovi brani questa carica ce l’hanno da sé, la scaletta estiva proporrà un 50/50, sarà un live molto energico.

 Raffaella Sbrescia

Il tour:

 8.07 - Genova, Goa Boa Festival - NUOVA DATA
10.07 - Avezzano (Aq), Kimera Rock Festival
14.07 - Milano, Market Sound
15.07 - Torino, Flower Fest
19.07 -Roma, Rock In Roma
06.08 -Treviso, Suoni Di Marca
8.08 - Lignano Sabbiadoro (UD), Beach Arena - NUOVA DATA
13.08 -Lamezia Terme (Cz), Colorfest
27.08 -Empoli (Fi), Beat Festival

I biglietti sono in vendita su www.ticketone.it

 

Intervista ad Arisa: dopo “Guardando il cielo” arriva il “Voce d’Estate Tour”

arisa

Ritratti Di Note ha incontrato Arisa, occasione per riparlare dell’ultimo bellissimo progetto discografico dell’artista, intitolato “Guardando il Cielo” (Warner Music)

Arisa, il tuo ultimo album si intitola “Guardando il cielo”, proprio come la canzone che hai portato al Festival di Sanremo lo scorso Febbraio. La canzone è una delicata preghiera rivolta al cielo ma tutto l’album offre una chiave di interpretazione della realtà che ci circonda.

“Guardando il cielo” è una preghiera laica. Mia nonna mi ha insegnato che l’entità alla quale chiedo aiuto nelle preghiere è Dio, ma a 33 anni sono arrivata alla consapevolezza che questa entità è l’universo. L’universo regola i miei stati d’animo. Anche attraverso le credenze popolari possiamo capire quanto l’universo giochi una parte importante nella nostra vita e sulla nostra strada. A proposito delle credenze popolari, penso a quando aspettiamo che ci sia la luna crescente o calante per fare qualcosa, ad esempio tagliarci i capelli. “Guardando il cielo”e’ una canzone che mira a sensibilizzare l’uomo ad affidarsi all’universo, e a cercare di mantenere sempre un atteggiamento positivo nei confronti dei giorni. Non serve svegliarsi e dirsi che qualcosa non andrà, è troppo presuntuosa la previsione di una verità. Non possiamo cambiare le cose, tanto vale essere positivi e andare avanti…

In quest’album si respira un atteggiamento positivo e propositivo nei confronti del futuro, ma un futuro migliore passa necessariamente attraverso il rispetto della propria terra e dell’ambiente. Tocchi un tema delicato, caro a tutti noi…

Ti ringrazio per quello che mi dici. E’ un tema molto caro anche a me. Gli esseri umani fanno del male alla terra pensando che la terra non chiederà mai il conto, ma in realtà questo conto lo paghiamo tutti i giorni. Se avveleniamo la terra in cui seminiamo, i frutti di quella terra nasceranno malati e noi ci ammaleremo. Dobbiamo rispettare la terra perché la terra ci nutre, e quindi salvaguardandola facciamo del bene prima di tutto a noi stessi…

Arisa

Arisa

Questo è un album che parla molto anche d’amore. Ci sono amori che finiscono e amori che continuano per tutta la vita. Nel disco c’è una bellissima canzone che si intitola “L’amore della mia vita” e che tu hai dedicato ai tuoi genitori, a quell’amore che non finisce mai…

Sì, l’amore per i genitori davvero non finisce mai. Questa canzone l’ho ascoltata la prima volta quando mi sono fatta male ad una mano e mio padre mi ha portato al Pronto Soccorso. In sala d’attesa ero con il telefonino in mano e mi è arrivata questa canzone. Ascoltandola, ho guardato gli occhi di mio padre e ho visto lo sguardo di un genitore che guarda la figlia un po’ mattacchiona… in quel momento mi sono detta che io la dovevo cantare quella canzone perché io ce l’avevo gli amori della mia vita. MI ritengo molto fortunata per questi amori. I miei genitori sono fondamentali per me.

In quest’album sei anche autrice in due pezzi:  “Una notte ancora“ e “Io e te come fosse ieri”.  In quest’ultima canzone hai ricordato un grandissimo artista tuo conterraneo, che è Mango.

Secondo me, Mango è un’artista che non è mai stato ricordato abbastanza. Nella sua originalità, è rimasto un po’ di nicchia, soprattutto nella sua personalità tipicamente lucana, di grande cuore ma di poche smancerie. Noi lucani siamo un po’ così. Quando ho scritto “Io e te come fosse ieri”, mi sono ispirata un po’ a lui, al suo canto, alle inflessioni vocali di un pezzo come “Bella D’Estate”. Mango è stato un grande artista.

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Arisa, che cosa, oltre l’arte, può aiutarci a cambiare la vita?

L’amore. L’arte in generale può aiutarci a cambiare il mondo, ma l’amore ci cambia la vita, e anche quello è arte. Ogni tanto sento in giro qualcuno che dice che l’arte non può cambiare il mondo. Non sono d’accordo. L’arte è sempre stata al centro di grandi cambiamenti culturali. Credo molto in questa cosa.  Nel mio piccolo, con le mie piccole possibilità e con la mia musica, cerco di dare messaggi importanti, che possano illuminare le persone.

Oltre alla promozione del disco, ci sono i Live…

Cercherò di impegnarmi al massimo per dare a quest’album quello che merita e per presentarlo in maniera esaustiva. Ci ho lavorato tanto tempo, e con me, hanno partecipato al progetto tante persone. Ci sono brani che aspettano di essere cantati da cinque anni e anche di più.  Io non mi arrendo alla legge che oggi i dischi non si vendono più!

Giuliana Galasso

‪#‎Arisa‬ ‪#‎VoceDEstateTour‬ 2016
Tour organizzato da International Music And Arts

• 25.06 Teatro Romano di Verona
Acquista i biglietti
>> su TicketOne http://bit.ly/277abFx

• 12.07 Parco del Celio Roma [i concerti nel Parco]
Infoline 06.5816987 – 339.8041777
Acquista i biglietti
>> a breve su Ticketone, Ciaotickets e BoxOffice Lazio

• 14.07 Teatro Carcano di Milano [La Milanesiana]
Acquista i biglietti
>> su VivaTicket http://bit.ly/1TuI2lW
>> su TicketOne http://bit.ly/1Ve8XDB

• 29.07 Piazza del Sole di Santa Margherita Ligure (Ge)
Infoline: 0185286033
Acquista i biglietti
>> su VivaTicket http://bit.ly/215S5yR
>> su TicketOne http://bit.ly/24zVpDh

• 31.07 Pian Pilun Colle di Gilba (Cn) [Suoni Dal Monviso]
Acquista i biglietti
>> su TicketOne http://bit.ly/1WMJp2j
>> su VivaTicket http://bit.ly/1TWtL3A

EXTRA TOUR
• 26.06 Chiesa di San Marco – Milano (evento benefico a pagamento all’interno del Festival La Milanesiana)
Concerto di Antonio Ballista Hit Parade per Umberto Eco – Arisa ospite con una canzone

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