Filippo Graziani: la recensione del nuovo album “Sala Giochi”

cover disco_Sala Giochi_crediti Fabrizio Fenucci

cover disco_Sala Giochi_crediti Fabrizio Fenucci

Quant’è bello prendersi il lusso di ritagliarsi tempo per investire energie, attenzione e ispirazione in un proprio progetto. Ancora più bello è constatare che c’è ancora chi riesce a farlo all’insegna della tranquillità e della consapevolezza. Questo è il caso di Filippo Graziani, un cantautore di 35 anni e con un cognome importante che è tornato sul mercato discografico nazionale con “Sala Giochi”, il suo secondo album nato a tre anni di distanza da “Le cose belle”. Nell’anno che osanna i dorati anni ’80, le relative sonorità e le sognanti atmosfere, Filippo decide di integrarsi in questo amalgama nostalgico utilizzando un tipo di approccio individualistico. L’estetica è quella comune ma le tematiche, figlie di sessioni di scrittura ambientate nelle colline romagnole, suonano anacronistiche con l’obiettivo di raccontare il presente in modo intenso e verace. Il pop elettronico si intreccia al cantautorato regalando un fascino casalingo a tutto il lavoro che, in effetti, profuma di artigianalità. In “Vero o no”, Graziani canta a scrive che l’amore trova sempre una strada, anche per chi non ci crede. Un punto di partenza che, in realtà, è anche quello di arrivo ma arriviamoci per gradi.

Video: Esplodere

Filippo offre molto di sé al suo pubblico e si sente. “Appartiene a te”, ad esempio, è il brano in cui il cantautore sceglie di mettersi a nudo senza perdere tempo a ragionare sui dettagli della vita. Bellissima la similitudine proposta in “Tutto mi tocca”: tutto mi tocca troppo come un nervo scoperto, scrive. Ecco: immaginatevi questa persona così sensibile da sentirsi urtata, schiacciata, manipolata, turbata, usurpata dal mondo circostante. Come vi sentireste al suo posto? Provate a fare questo esercizio, potrebbe regalarvi nuove preziose intuizioni. Questo discorso vale anche per “Mettici vita”: in ogni istante, in ogni nota, in ogni gesto. Ed ecco sopraggiungere l’amore nella parte finale del disco: quello travolgente de “La parte migliore”, quello urgente di “Esplodere”, quello indebolito dai dubbi di “Credi in me” ma soprattutto quello di “Vicini e lontani”. E poi c’’è “Vorrei”, così spontanea e trasparente, così piena di desiderio di vita e di condivisione, così autentica e reale. Infine il quesito che apre uno squarcio in tutti noi: “Dov’ è il mio posto”, un finale psichedelico per un disco che intende reagire alla frustrazione e che scava nel passato per ridare grinta al presente.

 Raffaella Sbrescia

TRACKLIST

1. Vero O No

2. Appartiene A Te
3. Il Mondo Che Verrà
4. Tutto Mi Tocca
5. Mettici Vita
6. La Parte Migliore
7. Esploder

8. Credi In Me

9. Vicini E Lontani
10. Vorrei

11. Dov’è Il Mio Posto

Ascolta qui l’album:

Fake Sugar: la potenza solista di Beth Ditto

Beth Ditto - Fire

Beth Ditto – Fake Sugar

Vulcanica e travolgente. Questa è la Beth Ditto che per 17 anni ha capitanato i Gossip. Oggi ritroviamo la cantante in veste di solista. L’occasione è l’uscita dell’album “Fake Sugar”, pubblicato su etichetta Virgin Records. Frutto della collaborazione con Jennifer Decilveo, questo lavoro mette in risalto la vocalità di Beth ponendo l’accento su variegate sfumature di suono. Nelle dodici tracce che compongono la tracklist, Beth Ditto si muove tra passato e presente con disinvoltura e carisma. Il graffio, la sensualità, il piglio glamour del suo tocco rivestono le trame delle sue canzoni tessendo le fila di un caleidoscopico insieme di blues, pop, rock e soul. Il disco si apre con la fortissima “Fire”: cruda, carnale, innervata di “sporche” spruzzate underground. Infuocata anche “In And Out”: un’aura anni ’70 avvolge un clubbing d’èlite. Il calore del sud fa capolino nella title track “Fake Sugar” mentre la ritmica definita e avvolgente di “Savoir Faire” apre la strada a “We could run”, il brano che forse più di altri racchiude l’essenza della Beth Ditto di oggi. Calda e pulsante l’anima di “Oo la la”, superfluo “Go Baby Go”, il tributo ad Alan Vega dei Suicide. Non mancano un paio di ballate, rispettivamente intitolate “Love in real life” e “Lover”. Il brano più interessante dell’ultima parte del disco è “Do you want Me To” in cui Beth Ditto si apre al conflitto interiore esternandolo servendosi di una cornice sonora molto corposa e variegata. La tracklist si chiude con  l’onirica “Clouds” (Song for John); un modo per offrire l’ultima pennellata artigianale ad un lavoro che si presenta come un modo per scoprire i lati di Beth Ditto che fino a oggi erano rimasti un po’ in ombra.

Video: Fire

Dopo i concerti sold out della scorsa primavera a Berlino, Parigi e Londra, e la partecipazione ad alcuni Festival come il  Montreux Jazz Festival, è stato già annunciato il tour americano. L’artista farà tappa anche in Italia per un’unica data al Fabrique di Milano sabato 30 settembre.

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album:

Pier Cortese e il suo messaggio universale: “Lasciateci la fantasia”. Intervista

gallery-1492611976-lasciateci-la-fantasia-pier-cortese“Lasciateci la fantasia” è il messaggio ma anche il titolo dell’ultimo progetto discografico di Little Pier, ovvero il cantautore Pier Cortese. Pubblicato lo scorso 20 aprile, dopo il primo Ep “Little Pier e le storie ritrovate “, l’ eclettico artista ha voluto condividere e arricchire il progetto coinvolgendo artisti come Niccolò Fabi, Simone Cristicchi, Gnut, Bianco e musicisti di grande talento come Andrea di Cesare e Michele Ranieri: «Questo progetto è nato letteralmente in casa» – racconta Pier Cortese. «Quando è nata mia figlia, ho semplicemente preso le canzoni che mi cantava mio padre quando avevo tre anni e ho effettuato questo travaso familiare con lo stesso scopo per cui erano state usate all’epoca. Nel 2013 ho preso queste canzoni così com’erano e ne ho fatto un disco dopo che mia figlia e i suoi amichetti me le chiedevano ogni giorno. In seguito il progetto ha cominciato a correre sempre più veloce, anche più di quanto io stesso potessi immaginare. A quel punto ho riflettuto sulla possibilità di rivolgermi ad un pubblico diverso prendendomi una pausa dal percorso di cantautore per dedicarmi ad un discorso legato a dei temi a me molto cari: la natura e gli animali, il rispetto per l’ambiente e le persone, i sentimenti, la fantasia e la creativita, l’aldiqua e l’aldila, la storia e l’ironia».

Il risultato di questo progetto è un concerto illustrato semplice ma efficace, un percorso ricco incentrato sulla compartecipazione, un modo immediato per arrivare al cuore dei bambini ma anche degli adulti senza sovrastrutture. Le canzoni e le storie raccontate diventano subito familiari e prendono vita grazie alle illustrazioni live di Mauro Delli Bovi: «Due anni fa sono stato a New York in veste di rappresentante della scuola italiana e ci sono ritornato anche quest’anno» – spiega Pier Cortese. «Ecco perché mi sono deciso ad incidere un altro disco, è stata un’ impresa veramente complessa visto che essere semplici è la cosa più complicata al mondo però sono molto contento del risultato. Ho coinvolto tanti amici, con cui mi trovo bene a prescindere. Niccolò Fabi, Simone Cristicchi, Claudio Gnut, Bianco hanno tutti un tipo di sensibilità simile alla mia. Con Niccolò e Simone ho condiviso tante cose, sono corsi subito da me, c’erano anche nel primo capitolo e mi hanno motivato molto». Il tour sta toccando scuole, teatri, piazze, festival dedicati all’infanzia e iniziative sociali. Ma non è tutto. A 40 anni appena compiuti l’artista si sente pronto al grande salto di qualità: «Mi sono preso una lunghissima pausa ma adesso comincia ad essere troppo lunga. In questi anni ho fatto in modo di non forzarmi a fare cose che non mi piacessero, ho avuto la fortuna di sperimentare tante cose diverse e raccogliere cose nuove da potare nello zaino. Ho aspettato, forse troppo però ora ho bisogno di tirare fuori un po’ di cose. Qualcosa di importante bolle in pentola, questo è il momento buono per tirare fuori il mio disco e spero di riuscirci. Ho delle aspettative alte e desidero fare proprio un buon lavoro».

Raffaella Sbrescia

Little Pier – Lasciateci la Fantasia

Tieniti forte: il nuovo equilibrio di Marco Carta. Intervista

Cover album Tieniti forte

“Tieniti forte” è il titolo del nuovo album di inediti di Marco Carta. Pubblicato per Warner Music lo scorso 26 maggio, l’album è stato anticipato dal singolo “Il meglio sta arrivando” e si compone di dodici brani che, in modi diversi, affrontano un discorso lineare. Marco è cresciuto, è cambiato, ha acquisito nuove consapevolezze e oggi lo ritroviamo più bilanciato e desideroso di proporsi con un messaggio preciso. Non solo ballads ma anche brani up tempo per affrontare diverse tematiche da un medesimo punto di vista. Giunto a circa un anno di distanza dal precedente lavoro “Come il mondo”, questo disco vorrebbe scardinare i pregiudizi che da tempo accompagnano il percorso di Marco Carta che racconta: «Tutto è partito da una forte esigenza di cambiamento. In virtù di questa mia voglia di evoluzione, ho sentito il bisogno di lavorare con nuove persone. Nel corso del tempo sono cambiato e così anche le mie esigenze, soprattutto quelle professionali. Parto col dire che il precedente album “Come il mondo” è stato lavorato in due anni e, dato che in questo lasso di tempo chiunque subisce dei cambiamenti, quando è uscito non mi ci rispecchiavo. Per questo ed altri motivi, ho scelto di lavorare con nuove persone. In genere sono molto epidermico e raramente mi sbaglio. Non ho mai lavorato tanto serenamente e in modo spedito. Tengo comunque a sottolineare che questa non è una critica al team precedente».

Chiarito questo primo punto, l’artista entra nello specifico del disco: «Il primo step di questo percorso è stato il singolo “Il meglio sta arrivando”» – spiega – «Si tratta di un pezzo uptempo, un electro-pop molto estivo e fresco che rispecchia pienamente la mia necessità di cambiare stile. Non volevo più fare solo ballate, volevo sentirmi completamente a mio agio». A proposito del ricorrente concetto del tenersi forte, Marco specifica: «Questo concetto è presente in diversi momenti nell’album. C’è sempre qualcosa a cui tenersi forte. In questo momento della mia vita, per esempio, il tenermi forte vuol dire tenermi stretto alla mia famiglia e alle piccole cose che in genere davo per scontato. Il tempo non è infinito, ci vuole coraggio per guardare in faccia la realtà». Un legame, quello con il tempo, che Marco sente molto forte, la testimonianza è tangibile nel brano “Dove il tempo non esiste”: «La canzone ha un riferimento molto chiaro al tempo e a come lo vivo. Il vero momento di svolta in questo senso è stata l’esperienza a L’Isola dei Famosi. In quel contesto ho sentito la mancanza dei miei cari. Una volta tornato a casa, ho cambiato tante cose nella mia vita e soprattutto nei confronti della mia famiglia. Pensavo che una volta rientrato in Italia avrei dimenticato certi pensieri, invece mi è rimasto tutto dentro». A questo proposito, Marco Carta si sofferma a lungo sul tema legato all’uso delle tecnologie: «In “Solamente la pelle” parlo del punto di non ritorno a cui siamo arrivati. Abbiamo perso la carnalità, quel contatto fisico che prima c’era e faceva davvero la differenza. Oggigiorno siamo un po’tutti malati di tecnologia e con questa canzone vorrei far riflettere sull’importanza di riavvicinarci alla realtà».

Marco Carta

Marco Carta

Alla luce di questi cambiamenti e delle nuove consapevolezze acquisite, lo stato d’animo di Marco Carta è di quelli che si sentono pronti a nuove sfide: «Il cambiamento fa sempre paura. Mi faccio tante domande ma i miei fan mi hanno già dimostrato una forte vicinanza. Anche il supporto delle radio mi sta incoraggiando. Oggi, dal punto di vista personale mi sento molto più concreto e determinato. Ho capito che devo ascoltarmi di più, talvolta ho perso tempo a non farlo lasciandomi condizionare. Anche professionalmente mi sento maturato. Grazie a questi anni di esperienza il mio orecchio è più attento a tutto. Anche durante i mesi di lavorazione dell’album sono stato in studio e ho vissuto una forte crescita. A questo punto, vorrei avere la possibilità di far vedere quello che sono  diventato anche se c’è ancora un certo pregiudizio nei miei riguardi. Non rinnego Amici, anzi, non posso che ringraziare il talent perché se sono quello che sono oggi è anche grazie al programma. Al pubblico vorrei dire questo: ascoltatemi senza pregiudizi, sentite cosa ho da dirvi!».

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album:

Prehension: il minimalismo confortevole di Joep Beving

Joep Beving

Joep Beving

Malinconia intesa come protensione ricettiva dell’anima. Questa è l’essenza di “Prehension”, il nuovo lavoro del pianista olandese Joep Beving il cui suono si muove con disinvoltura tra neoclassicismo e minimalismo. Musica alta ma fruibile è quella composta dal musicista dal tocco gentile. Senza l’ausilio dell’elettronica, l’artista si destreggia tra titoli ispirati ad un repertorio classico ma si rivolge ad un pubblico semplice. Il suo suono intende essere confortevole in modo essenziale: Beving pesca a piene mani dall’impressionismo classico ma anche dalla più contemporanea new age, alterna note rapide a note complesse creando un’atmosfera di tipo meditativo. Si comincia con “Ab ovo” in cui tutto il discorso viene racchiuso in momento unico e definitivo. Si continua con il flusso lunare con “Kawakaari” che ci immette nell’evanescente inconsistenza di “Impermanence”. Il nucleo dell’album si annida in “A heartfelt silence”, “Le souvenir des temps gracieux” e “Pippa’s theme”: la triade in oggetto spicca per delicatezza ed eleganza mai troppo forzata. Il piglio malinconico e solitario s’interseca con la solarità propositiva di “432” e la conclusiva “Every ending is a new beginning”, brano con cui Joep Beving porta a compimento un discorso strumentale di tipo circolare, capace di trovare una propria collocazione semantica in tanti contesti diversi.

Raffaella Sbrescia

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Relaxer: il nuovo album degli Alt J è pronto a confondervi le idee

alt-J-Relaxer

alt-J-Relaxer

Che cosa vuol dire saper conquistare i premi della sfera “alta” e la scena “mainstream” quando nel frattempo si continua a produrre musica che non segue correnti, mode e generi? La risposta la conoscono gli Alt J che, con il nuovo album “Relaxer” piazzano un altro bel colpo all’interno della propria discografia attraverso una elegante commistione di progressioni ritmiche, chitarre e fiati che lasciano l’ascoltatore incerto sul pronunciarsi. Diversi ascolti sono necessari per poter cogliere le sfumature, gli accenni e gli stravolgimenti di alcuni classici ma anche le progressioni proposte negli inediti. Gli Alt J lavorano per sottrazione ma sempre con l’intento di sorprendere: questo è quanto avviene in “3WW”, uno dei brani più interessanti del disco. Il piglio classic rock insito in “Hit me like that snare” conquista l’ascoltatore con la sua energia profumata di grunge. Due i rifacimenti: uno è “House of the rising sun” in cui tastiere, chitarre e melodia vengono solo accennate, l’altro è “The auld triangle”, incorporato all’interno di “Adeline”. L’ipnotico fascino di “Deadcrush” funge da spartiacque prima che il sipario cali con il sopraggiungere di “Pleader” che, nel sancire l’indefinibilità del  progetto in essere, ne decreta il pieno valore artistico.

Raffaella Sbrescia

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The Kolors presentano “You”: un album vario e sorprendente

The Kolors

The Kolors

Il 19 maggio  uscito “You” (Baraonda/Artist First), il nuovo album dei The Kolors. Stash Fiordispino, il cugino Alex Fiordispino e Daniele Mona tornano in pista con un disco di inediti registrato tra Milano e Londra con la collaborazione di Gucci Mane, Daddy’s Groove, Tommaso Colliva e la partecipazione di Andy Bell e Gem Archer (Oasis). La notizia importante è questo nuovo progetto spinge i The Kolors oltre confine e lo fa senza mezze misure. Il suono, curato, giovane, metropolitano esce dagli schemi e raccoglie influenze, richiami, idee sotto un unico tetto. Con questo nuovo lavoro, il trio prova a rimettersi in carreggiata mantenendo alcuni tratti della propria identità pop senza rinunciare a proporre un suono fresco. Assoli di chitarra melodie radiofoniche, contaminazioni e  influenze innescano un meccanismo di fusione tra rock, pop ed elettronica. “Abbiamo lavorato senza mai pensare che dovevamo fare qualcosa per restare sulla cresta dell’onda – hanno raccontato i The Kolors durante la conferenza stampa di presentazione del disco a Milano – Abbiamo voluto scrivere le nostre canzoni, fare la nostra musica e Lorenzo Suraci ci ha dato la libertà di poterlo fare esattamente come desideravamo. Per noi non esiste il ragionamento del “batto il ferro finchè è caldo”. Ci siamo chiusi in studio e abbiamo pensato a fare del nostro meglio. Il nostro unico mantra era: divertiamoci. Abbiamo lasciato la negatività fuori dalla porta e si sente. Non abbiamo lavorato pensando di dover sbarcare all’estero ma siamo contenti di avere in mano un lavoro che può sicuramente giocarsi qualche buona carta fuori dai confini dell’Italia”.

Video: What Happened Last Night

Ad arricchire il progetto anche uno speciale artwork realizzato in collaborazione con con Sergio Pappalettera di Studio Prodesign: “Con lui abbiamo elaborato una sorta di simbolo che potesse rappresentare una sfera globale della comunicazione visiva, un occhio psichedelico che potesse racchiudere un mondo in cui tutto è assuefatto dall’uso della tecnologia”. E così dopo aver collaborato con J-Ax e Fedez in “Assenzio” e aver prodotto alcuni dei brani del primo Ep di Thomas “Adesso più che mai”, Stash si concentra sulla nuova strada di un album ispirato a tanti momenti personali. Su tutti il brano strumentale “Souls connected”: “Ho scritto questo brano subito dopo la morte di mio nonno, una persona con cui sono praticamente cresciuto. Appena ho ricevuto la notizia, mi sono lasciato andare per esprimere tutto quello che provavo in quel momento. Credo che in questo caso la chitarra canti più di me”. Il risultato è un brano davvero notevole, psichedelico, di chiara ispirazione Pink Floydiana e di grande forza espressiva. Non solo riferimenti vintage, i the Kolors spaziano tra generi e generazioni, a dimostrarlo è la loro grande stima nei riguardi dei Twenty One Pilots: “Siamo andati a sentirli a Milano, li abbiamo anche incontrati e occupano un ruolo importante all’interno della vastissima rosa dei nostri ascolti” – ha spiegato Stash. “Le playlist oggi sono le più varie possibili, allo stesso modo anche il nostro album intende muoversi con disinvoltura tra tematiche e sonorità ricercate. Per quanto riguarda i contenuti, abbiamo cercato di analizzare il modo con cui le persone si rapportano con il web e con i social network in particolare. Noi, a differenza di molti, non investiamo emotivamente nel web. Proviamo, piuttosto, a viverlo come un normale veicolo di mutuo scambio. Non temiamo lo scontro con il pubblico e non suoniamo in funzione di quello che ci si aspetterebbe da noi. Quello che cerchiamo di fare è essere noi stessi in ogni contesto senza mai smettere di essere molto permeabili nei riguardi di quello che ci piace”. A questo punto non ci resta che immaginare come potrà essere il nuovo tour che, a giudicare dalla potenza delle tracce del disco, non deluderà i clubbers: “Le nostre sono storie di club life. In estate ci saranno dei concerti di “riscaldamento” poi in autunno partirà il vero e proprio tour in cui cercheremo di accontentare tutti. Veniamo dal mondo delle suite lunghissime, il nostro messaggio abbraccia gli anni ’80 e quando suoniamo dal vivo non amiamo ripeterci. Il live sarà sicuramente diverso dal disco, il nostro obiettivo sarà integrare il mondo della canzone alla produzione elettronica. Ci sarà da divertirsi”!

Raffaella Sbrescia

TRACKLIST

01. Intro
02. You
03. Crazy
04. What happened last night (feat. Gucci Mane e Daddy’s Groove)
05. Don’t understand
06. Chemical love
07. Souls connected
08. Crystallize
09. High
10. No
11. What happened last night
12. Dream alone (feat. Andy Bell e Gem Archer)

The Kolors partiranno oggi per il tour degli instore, e a luglio e agosto saranno in tutta Italia per una serie di appuntamenti live organizzati da F&PGROUP (Info www.fepgroup.it):

08/07 BELLARIA IGEA MARINA (RN) – Area Porto Canale 10/07 MAROSTICA (VI) – Piazza Degli Scacchi 15/07 COMO – Arena Teatro Sociale 11/08 MARINA DI CASTAGNETO (LI) – Marina Arena – Bolgheri Festival 12/08 MARINA DI PIETRASANTA (LU) – Teatro La Versiliana 16/08 PAESTUM (SA) – Teatro Dei Templi 18/08 ZAFFERANA ETNEA (CT) – Anfiteatro Falcone E Borsellino 19/08 PALERMO – Teatro Di Verdura.

Il Cile: La fate facile è il nuovo singolo. A settembre l’album di inediti

Il Cile - La Fate Facile

Il Cile – La Fate Facile

A tre anni dall’ultimo lavoro discografico “In Cile Veritas”, Lorenzo Cilembrini, in arte IL CILE, torna sulle scene con il video di “LA FATE FACILE”. La canzone inedita è scritta da Lorenzo e apre il cammino verso il nuovo album, atteso a settembre di quest’anno. Il video è online dal 15 maggio su Vevo e contemporaneamente il brano è disponibile su tutte le piattaforme digitali.

La Fate Facile” potrebbe avere come  sottotitolo “Lorenzo decide di spogliarsi”: è infatti un racconto autobiografico dove il cantautore svela il suo percorso di vita tra le difficoltà dell’esistenza fino ad arrivare alla consapevolezza e alla maturità, superando i momenti di disagio grazie soprattutto alla musica e alla scrittura.

 Il video, diretto Erica Mainini per “A Secret Family Film” raccoglie questi stati d’animo e li rappresenta in modo poetico, a tratti crudo,  con un’ arte visiva che traduce le frasi in un contesto intimo e sincero. In una casa/castello distrutta di Berlino, Il Cile interpreta la solitudine ed il rapporto con i mostri del passato, le dipendenze, attraverso una serie di metafore visive, giocando con la contrapposizione di colori e luce, utilizzando tecniche sperimentali, filmando attraverso sfere di cristallo e refrazioni di pezzi di specchi per dare un impatto unico al contenuto.

Ho approfittato di un day off a Berlino durante un mio tour europeo per girare il videoclip di “La fate facile”, che senza dubbio è stato uno dei più impegnativi della mia carriera.

La location che abbiamo scelto rappresenta metaforicamente la stanza della mia infanzia dalla quale uscivo con la fantasia, ma che in realtà mi proteggeva claustrofobicamente da una libertà che agognavo ma non conoscevo.

All’interno di questa stanza sono cresciuto con i miei mostri, i miei incubi e le mie preoccupazioni, riuscendo però a coltivare una speranza che col tempo mi ha dato la forza di reagire con la mia musica, le mie parole e costruendomi una vita dove riuscissi a camminare senza confini e con le mie gambe.

Girare questo video è stata una vera e propria catarsi rispetto a tutto quello che nel mio io umano, mentale e artistico avevo vissuto come dissidio.

(Il Cile)

 Video: La Fate Facile

http://vevo.ly/kLogpw

Il Cile si afferma con il brano “Cemento Armato”, anteprima del disco d’esordio “Siamo Morti A Vent’Anni”(2012). Partecipa alla 63° edizione del Festival di Sanremo con il brano “Le parole non servono più” aggiudicandosi il Premio Assomusica oltre al Premio Sergio Bardotti per il miglior testo in gara. Nel 2014 pubblica il suo primo romanzo “Ho Smesso Tutto” (Kowalski editore). Nel 2014 pubblica ilsuo secondo album “In Cile Veritas”. Nel 2015 collabora nella scrittura e interpretazione del brano di J-AX “Maria Salvador”, hit estiva di quell’anno.

 

Harry Styles: quando la fama non sazia la fame di arte. La recensione del disco da solista

Harry Styles- cover album

Harry Styles- cover album

Che cosa può portare un giovane cantante come Harry Styles che, con gli One Direction ha conosciuto il successo planetario, ad avere il coraggio, e forse il buon senso, di fare una grossa marcia indietro e ripartire da zero in veste di solista? Due cose: la saggezza e la stanchezza. In un mini-ecosistema protetto dove tutto andava studiato a tavolino, la sensazione di libertà deve essersi ridotta proprio ai minimi termini. Ecco perché Harry Styles, così come Zayn Malik, ha sposato la pausa “a tempo indeterminato” del gruppo per mettersi a scrivere con calma soppesando i tempi ma anche i suoni per un lavoro che ha sorpreso un po’ tutti, detrattori compresi. “Non volevo fare errori ma soprattutto non volevo avere fretta perché negli ultimi tempi la fretta la faceva da padrona. Ci capitava spesso di scrivere mentre eravamo in tour. Stavolta volevo godermi il piacere di realizzare un album senza pressioni, non mi è mai capitato di sentirmi così libero”, ha dichiarato il giovane cantante e, a giudicare dal risultato, l’intento è stato più che rispettato.

Registrato tra Inghilterra, California e Giamaica sotto l’egida del noto produttore Jeff Bhasker (già con Ed Sheeran, Alicia Keys, Bruno Mars, P!nk e molti altri), cui si sono affiancati alla produzione Alex Salibian, Tyler Johnson and Kid Harpoon, l’omonimo disco del 23enne (Columbia Records) si presenta ricco di riferimenti ai suoni tipicamente britannici: si va dai beat beatlesiani degli anni ’60 (Carolina) al britpop più vicino ai millenials (Meet Me in the Hallway) passando per ampie manciate di glam rock cosparso di vibranti chitarre elettriche (Only Angel e Kiwi). No ai dj producer, no all’elettronica, no alla dance, no ai tormentoni, Harry Styles intende raccontarsi lasciando il giusto spazio alla manualità. Forte del contributo dei musicisti che hanno suonato nel disco e che saliranno sul palco insieme a lui nel corso del tour che avrà inizio a settembre ( il 10 novembre all’Alcatraz di Milano), il cantante modula la voce, riuscendo ad avvicinarsi anche alle atmosfere folk, così come avviene in “Tho Ghosts” e “Sweet creature” ma anche e soprattutto alle corde del cuore come in “Sign of the Times”, il brano che ha fatto da apripista al disco e che segna lo spartiacque tra il passato del cantante e questo promettente presente.

 Raffaella Sbrescia

Video: Sign of the Times

TRACKLIST

Meet Me in the Hallway

Sign of the Times

Carolina
Two Ghosts

Sweet Creature
Only Angel
Kiwi

Ever Since New York

Woman
From the Dining Table

Renzo Rubino live a Milano: tra gioco, emozione e incanto

Renzo Rubino live @ Il Serraglio - Milano

Renzo Rubino live @ Il Serraglio – Milano

“Quando ero bambino, nella mia casa in Puglia c’era un pianoforte vecchio e scordato. Quello era per me il giocattolo più grande, qualcosa che potevo manipolare in maniera autonoma. All’inizio quel vecchio piano poteva generare solo 4 note ed erano proprio quelle quattro note a farmi compagnia. Nel tempo i miei genitori l’hanno aggiustato ma quelle quattro note mi sono rimaste nel cuore. Questo per dirvi: perché faccio musica? Lo faccio per gioco”. Così Renzo Rubino ha spiegato la scorsa notte al pubblico del Serraglio di Milano cosa significa per lui fare musica nell’ambito de “Il Gelato dopo il mare tour”. Gioco sì ma neanche poi tanto, le canzoni composte dal cantautore pugliese sono scritte seguendo il flusso dei pensieri e il battito del cuore. Nel corso di una serata fuori dal tempo, l’artista ha coinvolto i suoi musicisti e gli spettatori in un percorso avulso da scalette e siparietti costruiti a tavolino, anzi, si è sentito così a casa da lasciare da parte i costumi per un momento di autentica condivisione. Il suo racconto è partito dal caos per giungere ad una risoluzione logica e irreversibile, così come lo sono i ritornelli delle sue canzoni. Estroverso ma riflessivo, giocherellone ma attento ai dettagli, ironico ma sentimentalista, Renzo Rubino si è allontanato dai lustrini per dare spazio ai suoni e agli strumenti, almeno una trentina, avvalendosi, tra l’altro di una ricchissima sezione di fiati curata dal bravissimo Mauro Ottolini, che ha anche partecipato agli arrangiamenti dei brani contenuti nell’ultimo album di inediti di Rubino, prodotto da Taketo Gohara. L’atmosfera del club si rivela la più congeniale a Renzo che, attraverso la sua personalità variegata, le sue incursioni citazioniste, gli aneddoti di una vita e le parole più dolci possibili ha ipnotizzato lo spettatore all’interno di un contesto intimo traghettandolo in una dimensione leggera, ovattata, capace di mettere a proprio agio anche i meno convinti.

Raffaella Sbrescia

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