Patrizia Laquidara presenta l’album “C’è qui qualcosa che ti riguarda”. Intervista

patrizia_laquidara

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“C’è qui qualcosa che ti riguarda” è il nuovo album di Patrizia Laquidara che a distanza di 11 anni di distanza da “Funambola” e sette da “Il canto dell’Anguana” (premiato con la Targa Tenco), torna con un progetto indipendente , autoprodotto e finanziato anche da un’operazione di crowfunding che fin da subito ha superato il doppio della cifra stabilita in partenza. L’album ha visto la produzione artistica del compositore, pianista e arrangiatore Alfonso Santimone che definisce l’album: “Un lavoro che desidera prestarsi a un ascolto paziente e duraturo nel tempo, in netta opposizione a una musica che vuole essere consumata in fretta. Tony Canto e Joe Barbieri, autori rispettivamente di “Amanti di passaggio” e di “Il resto di tutto, sono gli altri due nomi che impreziosiscono questo progetto.
Intervista
 
Che cosa c’è che riguarda un po’ tutti noi in questo album?
Il titolo racchiude un messaggio molto diretto, un messaggio a tu per tu. Il concetto è: guarda dove ci sono le parti più oscure, quelle che tendi a nascondere, le parti di scarto, lì dove ci sono tutte le sensazioni e i pensieri e i rifiuti che tendiamo a mettere da mettere, ecco lì, proprio lì, può esserci una grande capacità di rinascita, lì possiamo ritrovare la bellezza. Nell’ alchimia si dice che possiamo attraversare periodi, anche molto dolorosi, in cui siamo chiamati a trasformare la materia putrefatta in oro. Quando si riesce a fare questo, c’è una trasformazione di noi stessi.
La dimensione filmica che attraversa la tracklist crea zone rarefatte e poetiche
Sì esatto. Questo anche grazie agli arrangiamenti di Alfonso Santimone che ha seguito la produzione artistica, a lui devo tantissimo, ha fatto un grande lavoro di ricomponimento di canzoni che arrivavano da zone molto lontane e ha saputo unirle inserendo elementi poetici con pochissimi strumenti. Alfonso è senza dubbio il miglior produttore artistico che potessi trovare.
Un altro grande tema del disco è il femminismo
Sì, anche se non è stato un fatto preventivato. Finito il disco, mi sono resa conto che c’era l’elemento della grande madre, la forza che accoglie e che accudisce in contrasto con una forza di cui siamo succubi e che ci conduce verso qualcosa di non buono. L’elemento femminile qui ha un valore salvifico. Ne Il Cigno, in Acciaio e Preziosa c’è sempre questa donna che sa rinascere, che sa trasformarsi.
E poi c’è il discorso di militanza.
Chiaro, il percorso di indipendenza, l’aver scelto di affidarmi al crowfunding, di appoggiarmi a un pubblico che diventa partner, che diventa investitore mi ha reso felice soprattutto perché sento che il disco non è un disco soltanto mio ma di tutti quelli che hanno partecipato attivamente.
Il progetto viaggia di pari passo con la tua evoluzione personale?
Questo è un album che mi vede molto diversa da quella che sono stata prima, riesce a mettere insieme delle cose che ricordano quella Patrizia, ci sono anche elementi nuovi e preziosi che richiamano il rock e il blues che rispecchiano quella che sono oggi.
Come hai lavorato in studio con la voce?
Alcuni brani hanno la voce del provino, lì la voce è rimasta sporca non troppo curata per mantenerne intatta l’autenticità. In questo album ho scelto di dare meno importanza alla voce a favore della musica e delle liriche.
Cosa ti hanno lasciato tanti anni di concerti dal vivo?
Sono esperienze che ho riportato nel disco e che mi porto dentro, il palco è il posto in cui mi sento più a mio agio, il mio luogo di salvezza. Ad un certo punto però ho voluto fermarmi e scrivere.
Video: Marciapiedi

Nel dettaglio delle tracce, parlaci di “Amanti di passaggio” e “Il resto di tutto”:
Sono i due brani che non sono stati scritti da me, una è di Tony Canto e l’altra di Joe Barbieri che ha saputo scrivere un testo magnifico perché mi rispecchia perfettamente senza che ne avessimo mai parlato. Abbiamo voluto omaggiare il brano facendolo suonare solo dagli archi e mettendolo alla fine della tracklist per chiudere il cerchio. Il brano di Tony invece l’avevo sentito molti anni fa ed era rimasto nel cassetto, nasceva come una bossanova, grazie all’arrangiamento di Alfonso ha trovato nuova vita.
patrizia laquidara ©barbara_rigon

patrizia laquidara ©barbara_rigon

Come ti contestualizzi con questo progetto e come ti poni davanti al pubblico che non ti conosce?
La mia posizione è molto particolare: ci sono persone e addetti ai lavori che mi conoscono da tanto tempo e che mi considerano quasi un classico, c’è chi invece non mi conosce affatto per cui sono totalmente un emergente. Devo imparare a navigare a vista e a muovermi a seconda del contesto in cui mi trovo. Ci vuole molta umiltà e capacità di giocare con questa cosa e di capire cosa può succedere, non mi sono fatta particolati aspettative, voglio solo essere il più vera possibile. Sarà molto importante la dimensione live, ci sono delle date in programma a partire da da gennaio, parto dai club poi arriverò nei teatri.
Sei impegnata anche su altri fronti?
Sì, sto scrivendo un libro di racconti autobiografici che uscirà in primavera.

Elisa ritrova la sua dimensione ideale in “Diari Aperti”. Il racconto a cuore aperto dell’artista

Elisa-DiariAperti

Elisa-DiariAperti

Elisa ritorna in grande stile con “Diari Aperti”, un album intimo, profondo, coraggioso, autentico, necessario. Undici tracce, volutamente tutte in italiano, racconti e ricordi ripresi e rivestiti di musica, pagine reali di vita vissuta. Cantante, autrice, polistrumentista e produttrice multiplatino, in Diari Aperti  Elisa mette tutta se stessa, quella di ieri e quella di oggi,  aprendosi al suo pubblico senza sovrastrutture.

Intervista

“L’album nasce dal desiderio di trovare una centralità che fosse completamente essenziale. Dopo i concerti all’Arena di Verona e i festeggiamenti per i 20 anni di carriera, il compimento dei 40 anni e alcune vicende personali importanti, mi sono trovata a fare i conti con tanti cerchi che si chiudevano. Mi sentivo davanti a una possibilità di ripartenza anche questo album è stato fin da subito più importante di altre volte. Tutto mi sembrava più definitivo e carico di peso. Questo mi ha portato a una fase riflessiva e di introspezione, ho voluto lasciare da parte tutto quello che poteva sembrare anche solo lontanamente un esercizio di stile. Ho cercato di realizzare un progetto a cui sarei stata legata in maniera profonda ed emotiva, sono ripartita da quello che veniva e usciva da me ed è qualcosa di completamente diverso rispetto ai tempi passati. In questi nuovi brani ci sono delle confessioni, dialoghi molto più diretti, parlo a me stessa ma anche ad un interlocutore intimo, così come può essere un diario o un migliore amico.Questo mi ha portato al titolo del disco per cercare di dare senso e spiegarne il contenuto. Per la prima volta, inoltre, i testi hanno trainato tutto il resto. Le melodie sono venute a seguire mentre normalmente capitava spesso il contrario”.

La ripartenza artistica

“Più di altre volte mi sono sentita messa alla prova. Sono la prima a mettersi sempre in gioco, stavolta però dopo i 4 concerto kolossal di Verona, sentivo di aver lavorato alla cosa più importante della vita. Tutti questi elementi insieme mi hanno fatto sentire un peso, mi si è aperto un flusso di coscienza, un dialogo interiore, ho messo in discussione tante cose per poter trovare risposte più solide. Ho investigato su me stessa, mi sono chiesta cosa volessi dire. Ho lasciato l’inglese da parte, anche se dolorosamente. Avevo tante canzoni pronte ma non le ho volute includere, avevo timore che sarebbero state fuorvianti, cosa che per me non erano. Alla fine ho scelto di seguire un filone unico. Per raccontare sentimenti ed emotività sono partita dal gruppo di canzoni a cui ero più legata: “Quelli che restano”, “Promettimi”, “Anche Fragile”, “L’amore per te”. Queste canzoni sono nate nello stesso periodo e rappresentano il centro dell’album. “L’estate è già fuori”, “Vivere tutte le vite”, “Tutta un’altra storia” sono episodi singoli, più leggeri, un boccata di respiro da un’immersione emotiva che temevo potesse essere troppo pesante. In questo album parlo tanto di me, sono molto centrale, vado a fondo sulla scia di una mia scelta consapevole”.

Il concetto di fragilità

“In questo album sono andata a riscoprire me stessa. Scavare a fondo per me è sempre terapeutico. La musica deve essere scambio, dire la verità è importante. La musica deve poter scuotere, inquietare, questo è il suo ruolo. In caso contrario sarebbe una facciata annacquata. Per me è sempre stato così, a conferma di questo il brano “Qualcosa che non c’è” si sarebbe potuto trovare tranquillamente in questo filone. La fragilità è sempre un argomento difficile da trattare. Ho scelto di tirarla fuori e di non nasconderla soprattutto in un’epoca storica in cui vige la negazione della fragilità, di tutto quello che è noioso, normale, non bellissimo. Tanti aspetti della debolezza umana vengono occultati, ignorati e messi da parte. Questo è pericoloso, ti lascia da solo in quel frangente. La solitudine finisce per non essere raccontata a nessuno anche se è una condizione comune a tanta gente. Questa sensazione tende a montare nelle persone e tante volte succede che si trasformi in qualcosa di rabbioso”.

Video: Se piovesse il tuo nome

Le scelte musicali e gli arrangiamenti di “Diari Aperti”

“Quando ho capto che tipo di lavoro fosse questo, volevo che la musica facesse da supporto e non distogliesse l’attenzione dai testi. Si trattava di misurare un po’ tutto, di trovare equilibri delicati e difficili. Ho parlato a lungo con Patrick Warren, premio Oscar che ha realizzato tutti gli arrangiamenti degli archi. Patrick ha lavorato con Lana Del Rey, James Taylor, Tom Waits, Bob Dylan, Green Day, ha scritto gli archi di “Road Trippin’” dei Red Hot Chili Peppers ed anche un cultore delle string machines anni ’60 come il mellotron. Gli ho chiesto di fare un lavoro classico e retrò e così è stato. Abbiamo lavorato a distanza, io gli mandavo le bozze di quanto realizzavamo in studio con l’obiettivo di lasciar fondere le cose tra loro. In alcuni casi abbiamo rimesso le mani su qualcosa e riaggiustato pezzi quando la strada da inquadrare era più difficile. Su 7 brani c’è l’orchestra, è stato fatto tanto lavoro. La chicca: Su quelli che restano c’era tutt’altro arrangiamento, era pomposo e celebrativo, ho chiesto a Patrick di essere più solenne, doveva essere una marcia, volevo che fosse il manifesto dei caratteri coraggiosi con delle ritmiche bolero che danno l’idea di carica e movimento”.

Il tour in teatro

“Teatro vuol dire profondità, ascoltare le cose per davvero, avere modo di fare introspezione, di capire come stai e come sta la tua voce. Metterò in luce la mia parte più autentica e avrò modo di improvvisare creando un’atmosfera speciale con chi mi verrà a sentire”.

Le contaminazioni

“La musica moderna per me è stata linfa. In questi ultimi anni ho sentito la musica più bella da un bel pezzo a questa parte. Questo tipo di emozioni, di autenticità l’ho sentita negli anni in cui sono usciti i Tiromancino, Fabi, Silvestri, Gazzè. Una nuova onda di veri song writers mi mancava tanto. Mi sono quasi commossa ad ascoltare tutti questi dischi, aldilà dei linguaggi a volte distanti dal mio, sento empatia per alcune cose che mi emozionano. Sento bontà, autenticità. Mi piacciono Motta, The Giornalisti, tantissimo Cosmo, alcune cose di Coez, Calcutta, Coma Cose e tanti altri”.

Elisa-DiariAperti

Elisa-DiariAperti

Il duetto con Francesco De Gregori

“Per me era semplicemente impensabile riuscire a duettare con lui. Sono rimasta una settimana a trovare il coraggio di inviare la mail dove gli dicevo di aver scritto questa canzone. Non volevo sembrare presuntuosa, non sapevo da parte iniziare, ero davvero tesa. Lui invece mi ha risposto in modo molto positivo e mi sono subito sentita come se avessi vinto la lotteria della vita. Il momento topico della mia carriera, stento ancora a crederci. D’altronde non è andata subito bene. C’era un’altra canzone di un altro autore molto bella e gliel’ho proposta per un duetto. Nonostante gli fosse piaciuta, non l’ha ritenuta nelle sue corde ed era una cosa che un po’ mi aspettavo, avevo sfiorato l’obiettivo. Meglio così, il fatto che abbia cantato in una mia canzone è una soddisfazione che non riesco a descrivere a parole. In qualche critica mi hanno detto che ho fatto il compitino perfetto e posso dire che non è così. Ho scritto il brano pensando alla sua voce, non avevo un piano B, se avesse detto di no, la canzone non sarebbe mai uscita”.

Raffaella Sbrescia

Di seguito le date del tour: 18 marzo Firenze (Teatro Verdi), 21 marzo Bari (Teatro Team), 25 marzo Catania (Teatro Metropolitan), 27 marzo Roma (Auditorium Parco Della Musica), 30 marzo Napoli (Teatro Augusteo), 3 aprile Milano (Teatro Degli Arcimboldi), 6 aprile Torino (Auditorium Del Lingotto), 12 aprile Padova (Gran Teatro Geox), 15 aprile Parma (Teatro Regio), 16 aprile Brescia (Gran Teatro Morato), 19 aprile Trieste (Teatro Rossetti), 23 aprile Reggio Emilia (Teatro Romolo Valli), 26 aprile Bergamo (Teatro Creberg), 29 aprile Cesena (Nuovo Teatro Carisport), 2 maggio Bologna (Europauditorium), 9 maggio Saint Vincent (Ao) (Palais), 14 maggio Genova (Teatro Carlo Felice). Prevendite aperte su ticketone.it dal 30 ottobre e in tutti i punti vendita dal 6 novembre.

Radio 105 è la radio ufficiale di “Diari Aperti Tour”.

 

Il ballo della Vita: i Maneskin fanno sul serio e hanno le carte in regola per poterlo fare.

Maneskin

Maneskin

Venerdì 26 ottobre uscirà “IL BALLO DELLA VITA” (Sony Music), primo disco di inediti dei Måneskin, giovane band rivelazione dell’anno, composta da Damiano (19 anni), Victoria (18), Thomas (17) ed Ethan (18). L’album è stato scritto nella sua interezza dagli stessi Maneskin ed è stato prodotto dalla band insieme a Fabrizio Ferraguzzo. Le 12 tracce che compongono il disco riflettono le quattro anime dei componenti che si rivelano all’interno della figura di Marlena, la Venere del gruppo, la personificazione della creatività, della libertà, della vita. I testi fluttuano tra l’italiano e l’ inglese, prendono vita da diverse ispirazioni, musicali e non e si lanciano verso pubblico attraverso l’attitudine rock della band. Il ballo della vita è quindi una metafora della libertà di movimento e, soprattutto, di pensiero.

“In questo album ci siamo noi al 100%”, raccontano Damiano e compagni. “Le ispirazioni sono tante, quello che scriviamo è figlio di riff estemporanei e suggestioni figlie di estenuanti sessioni in sala prove e in studio. Il singolo “Torna a casa” ha spiazzato il pubblico e un po’ era quello che volevamo. Il filo rosso del disco si sviluppa attraverso la figura di Marlena, la nostra musa ispiratrice, una grande anima che racchiude le nostre. Il nostro messaggio è quello di andare dritti per la propria strada e di non lasciarsi inibire. La nostra forza è la passione, non ci interessano i soldi, d’altronde viviamo ancora con mamma e papà, al massimo ci compriamo un po’ di vestiti succinti e ci paghiamo le vacanze”. All’interno del disco, una sola collaborazione con Vegas Jones in “Immortale”: ” Stimiamo molto Vegas, ci siamo proprio trovati a condividere un punto di vista comune. Il riff l’abbiamo scritto noi ed è molto aggressivo e distorto. Il mondo trap ci affascina, le tematiche rientrano nel nostro mondo. Con lui non siamo entrati in competizione, anzi, ci siamo messi a disposizione a vicenda, abbiamo scritto insieme e mescolato le nostre idee in un mood vincente”, spiegano i ragazzi. “L’altra dimensione – aggiungono- è il brano che contiene il ballo della vita, è un pezzo ballerino dal testo molto profondo che spiega molto bene il nostro messaggio. Il ballo della vita ha tutti i ritmi al suo interno, racchiude tutta la gamma di emozioni che l’essere umano possa sentire. In questo album non abbiamo avuto nessun blocco o imposizione, abbiamo provato tutto e abbiamo seguito la pancia. Ci siamo sentiti sempre a nostro agio, il processo è stato naturale e divertente”.

Se qualcuno viene a chiederci che strategia abbiamo seguito dopo X Factor, possiamo tranquillamente rispondere che non abbiamo fatto nessun ragionamento o manovra particolare. Ci siamo concentrati su questo progetto anche da prima di cominciare l’avventura in tv. Manuel Agnelli ha il grande merito di aver visto e capito chi eravamo ascoltando solo 3 esibizioni. Ci ha lasciato piena libertà, si è fidato di noi, non ci ha mai imposto niente, ci ha insegnato a lavorare a testa bassa”.

Maneskin

Maneskin

Non solo musica per i Maneskin che, di loro stessi raccontano: “Siamo rimasti gli stessi 4 adolescenti, cerchiamo di vivere le nostre vite nella maniera più normale possibile. Frequentiamo ancora gli stessi posto e le stesse persone e la sera si torna da mamma e papà a mangiare e dormire. Stare sul palco è quello che ci piace di più in assoluto, con i fan condividiamo sudore, ambizione, carica e adrenalina. Non chiedeteci qual è la chiave del nostro successo, siamo una band che suona dal vivo, forse in questi ultimi anni non era una cosa così comune da vedere in Italia. Abbiamo scelto di girare un docufilm per mostrare un altro lato di noi, non si tratta certo di un’autobiografia, sarebbe stata quantomeno fuoriluogo. Per noi è un modo per metterci a nudo, raccontare il nostro processo creativo ma anche la nostra personalità fuori dal palcoscenico. Il rapporto tra noi è evoluto in qualcosa di più grande, siamo una famiglia, tutti legati gli agli altri in maniera indissolubile. Siamo maturati tutti ma il plauso maggiore va a Thomas Raggi che si è messo d’impegno ed è diventato un signor chitarrista”.

Video: Torna a casa

“Per noi trasgredire è fare quello che non ci si aspetta che facciamo, vogliamo spiazzare il prossimo, farci odiare al massimo per poi spingere tutti a ricredersi. Un po’ come è successo con “Torna a casa”. Il nostro pubblico accomuna bimbi, ragazzi e adulti per svariate ragioni. Tra tutte ci piace pensare che nell’adulto scateniamo il ricordo della rock band adrenalinica mentre nel ragazzo inneschiamo un immaginario inedito, diverso, nuovo. Nel grande mercato italiano di oggi, sono poche le band con la nostra stessa attitudine, forse da questo dipende la nostra trasversalità. Ad ogni modo anche il live per noi va vissuto con grande responsabilità, non è solo divertimento, il nostro dovere è fare il migliore show possibile per chi sceglie di venirci a sentire. Il minimo che possiamo fare è esserci al 100%”.

Raffaella Sbrescia

 

 

Francesco De Gregori e Mimmo Paladino insieme in “Anema e Core”. Pittura e musica s’incontrano: “Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo”

ANEMA E CORE_COPERTINA

ANEMA E CORE_COPERTINA

Venerdì 26 Ottobre uscirà sui siti IBS.it e LAFELTRINELLI.it, “ANEMA E CORE”, un’opera che unisce MIMMO PALADINO e FRANCESCO DE GREGORI che hanno deciso per la prima volta di lavorare insieme.
Il progetto racchiude una xilografia originale di Mimmo Paladino unita ad un vinile 10” con due versioni (acustica ed orchestrale) di una delle più belle canzoni napoletane di tutti i tempi, “Anema e core”, scritta nel 1950 da Salve D’ Esposito e dal paroliere Tito Manlio, reinterpretata per l’occasione da Francesco De Gregori e da sua moglie Chicca e registrata a Bath nei Real World Studios di Peter Gabriel.
Sarà incoscienza o semplicemente voglia di sconfinare nel bello?
Francesco De Gregori e Mimmo Paladino, l’uno cantautore di particolare pregio artistico, l’altro pittore di indiscutibile fama mondiale, s’incontrano in “Anema e Core”: un progetto unico, una terra di mezzo, un gesto artistico che rappresenta un punto di arrivo di una lunga storia fatta di amicizia, scambi di idee e frequentazioni a vario titolo.
De Gregori e Paladino si ritrovano nella creazione di un’ opera ispirata ad un classico napoletano che insieme due entità stranamente differenti.
De Gregori ha incarnato per decenni l’immagine dell’imperitura austerità e del rigore, sia nelle scelte che nelle intenzioni. Mimmo è un pittore caratterizzato dalla capacità di essere impuro, sempre attraversato dalla voglia di misurarsi con diverse arti figurative. Questo suo essere sempre altrove e altrimenti, questa sua pratica scardinatrice converge con l’ermetismo di De Gregori in un progetto sui generis.
Francesco e sua moglie Chicca cantano “Anema e core” scegliendo di scardinare pregiudizi e convenzioni, immergendosi in un’atmosfera intenzionale di profondo spessore emotivo, colgono la drammaturgia dell’abbandonarsi all’amore mettendo da parte scontri e acredini. Il tutto mettendo in evidenza una galassia di segni caratteristici e archetipici distintivi.
Il progetto che vede insieme De Gregori e Paladino non è una cover, è un’opera d’arte a tiratura limitata, solo 99 copie autentiche, un involucro che protegge e si fonde con l’altra creazione finalizzandosi in una perfetta compenetrazione.
L’idea che sta alla base del progetto è figlia di una suggestione di De Gregori, che racconta: “Come molte cose che mi capita di fare, l’idea di incidere questa canzone è venuta fuori in modo casuale, è stata quasi un’illuminazione. Ricordo bene di quando mentre ero a Napoli con mia moglie, spesso ci imbattevamo in un posteggiatore che cantava sempre questo brano. Un giorno a pranzo, non l’abbiamo visto e ho cominciato a canticchiarne il ritornello, piano piano ci siamo messi a cantarla insieme e ci siamo innamorati del suono e della drammaticità di questa canzone. Successivamente l’abbiamo incoscientemente portata in giro in pubblico e mi sono accorto che durante le tappe del tour europeo e americano, le persone si commuovevano molto facilmente, forse attratti dalle atmosfere di luoghi lontani lasciati anni prima. Da qui l’idea di fissarla su disco. Poi lo stesso successivo, visto che con Mimmo mi sento e mi frequento con costanza, mi è parso inevitabile pensare di fare qualcosa insieme. Francamente non vedevo l’ora che lui mi proponesse di non limitarci a una copertina che, sebbene abbia un proprio valore, si sarebbe limitata ad essere la proposizione seriale di un’ immagine. Abbiamo quindi realizzato una xilografia, si è creato un ibrido, un esperimento senza precedenti. Gli innesti, quanto più sono imprevedibili, tanto più rischiano di essere interessanti, soprattutto in ambito discografico dove tutto si gioca sulla prevedibilità del mercato e sulle percentuali di successo. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, l’ostacolo ci è piaciuto, questo è il risultato e ne siamo fieri”.
La replica di Paladino: “Quando Francesco mi ha parlato di questa idea, ho subito pensato di trovarmi in un territorio pericoloso, “Anema e core” è un pezzo della tradizione musicale napoletana, si muove tra Napoli, Sorrento e Capri, evoca un’atmosfera anni ’50. L’idea che aveva manifestato era quella d un vinile ma ho voluto subito proporgli di andare oltre, di fare qualcosa che fosse avvolgente, un microsolco che lasciasse un segno in un’epoca di ultra digitalizzazione. Siamo andati nell’antica bottega romana dei fratelli Bolla. Un posto magico, dove sembra di tornare nell’ 800, in cui ogni cosa è da sempre al suo posto. Le lastre incise sono state stampate a mano, il risultato è un oggetto che sta tra il design, la grafica e la pittura. Questo modo di lavorare arcaico con un’attenzione particolare alla grafica e alla legatoria nonchè alla parola e alla scrittura, sarebbe stato benissimo in cassaforte. Il fatto che ora sia stato reso pubblico ci fa piacere e ci onora.”
Francesco De Gregori ph Daniele Barraco

Francesco De Gregori ph Daniele Barraco

 
La chiosa di De Gregori:  “Il mio primo sconfinamento, da vittima del bello, stato lavorando all’installazione di Lucia Romualdi. Mi era venuta voglia di sporcarmi le mani dopo anni di canto. Ho colto la ghiotta occasione di invadere e farmi invadere dal lavoro di un’artista che lavora in tutt’altro ambito. Questo ha sicuramente a che fare con l’incoscienza ma il valore di un artista vive anche di questo brivido. Lucia lavorava sul concetto di ritmo e lontananza quindi ho pensato che “Cardiologia”, un mio pezzo lento si prestasse ritmicamente alla riuscita del lavoro nella sua interezza. Il discorso con Paladino è diverso, con lui ho faticato molto di più, avevo dei timori circa la possibilità che il linguaggio del mio mondo musicale potesse dialogare con quello più colto e rarefatto della pittura. Quest’operazione è stata molto più invasiva, questo nostro lavoro ha la pretesa di arrivare ad un collezionista o un amante dell’arte. Non so dire chi abbia invaso chi, i due livelli artistici si appaiano, si toccano, si cercano e si trovano. Questo è il fascino di questa edizione d’arte e, per carità, non chiamatelo cofanetto, detesto questo termine, mi ricorda le caramelle. Cantare in napoletano è il punto di arrivo più desiderato per chi fa questo mestiere. Solo due anni dicevo che non avrei mai cantato in napoletano, eppure mi sono contraddetto. Solo l’affetto e la bontà dei napoletani li porterà ad amare questa mia coraggiosa versione che, in ogni caso, si aggiunge alle tantissime disponibili in tutto il mondo. Io e Chicca abbiamo registrato il brano nello studio di Peter Gabriel in Inghilterra e abbiamo investito energia, curiosità e incoscienza. Il mio Virgilio è Mimmo Paladino, solo con lui potrei pensare a incursioni in ambito artistico diverso dal mio. Se potessi essere un utile compagno di viaggio, non rischierei assolutamente niente, fare qualcosa di sgrammaticato crea comunque un terreno fertile per quello che verrà dopo. Se non si accetta l’incertezza e l’ambiguità dell’arte, allora tanto vale smettere.”
Raffaella Sbrescia

Andrea Bocelli presenta Sì: un album di inediti per un rilancio a lungo termine all’insegna della bellezza

Bocelli Andrea

Andrea Bocelli

 

 

Andrea Bocelli torna sulla scena discografica mondiale con “Sì”, il nuovo album di brani pop inediti, in uscita in oltre 60 paesi e sette lingue (Italiano, tedesco, inglese, spagnolo, francese, russo, cinese) il prossimo 26 ottobre su etichetta Sugar. Il tenore torna alla pubblicazione di testi originali a distanza di 14 anni da “Andrea” e lo fa senza scendere a compromessi. Testi che parlano d’amore e che profumano di bellezza, canzoni nate da penne famose e non e che sono state scelte secondo un implacabile criterio di ricerca e selezione. Tanto pop in questo nuovo album di Andrea Bocelli e tante collaborazioni che testimoniano la voglia di rimettersi in gioco da parte di un artista di calibro mondiale. Lui, che si è esibito per alte cariche di stato, nobili e famosissimi, sceglie di sporcarsi le mani e coinvolgere anche i suoi stessi figli perché “Non è ancora il tempo dei ricordi, è tempo di guardare avanti”.

“Ci sono voluti 14 anni perché le note sono solo 7, perché ci sono milioni di brani in giro e serve tanto tanto per scriverne e sceglierne di davvero belle, di quelle che possano scandire la colonna sonora quotidiana di ciascuno di noi. Il titolo dell’album è “Sì”: una parola semplice, funzionale, incisiva. Una parola positiva, di cui abbia realmente bisogno in un tempo difficile. Questo titolo è poetico e scalda il cuore, per me che sono un inguaribile ottimista è assolutamente perfetto”, racconta Bocelli.

“In questo lavoro canto con mio figlio Matteo, studente di canto in conservatorio nel brano “Fall on me” e ho scelto di far suonare mio figlio Amos, che da anni studia pianoforte su mia indicazione. Sono felice di questo risultato, il linguaggio canoro di mio figlio è potente e ispirato, ho scoperto da poco di questo suo dono, ora gli toccherà imparare la parte tecnica”.

12 canzoni e quattro bonus track che celebrano l’amore, la famiglia, la fede e la speranza, sotto la produzione del leggendario Bob Ezrin (Pink Floyd, Lou Reed, Alice Cooper, e tanti altri):

“Il suggerimento è arrivato dalla mia casa discografica, ci siamo incontrati in una bella giornata di sole in Versilia, ci siamo trovati d’accordo senza momenti di tensione. Abbiamo lavorato in casa per cui le registrazione hanno tratto particolare beneficio dal fatto che cantavo solo quando ispirato, quando mi sentivo a mio agio e con la voce al meglio”.

Tra riferimenti tematici a Bach, Massenet e Fauré (inseriti all’interno di brani pop), sono tante, preziose e sorprendenti le collaborazioni del progetto, con i contributi di alcuni dei più grandi nomi della musica internazionale. L’amico Ed Sheeran dopo il successo planetario di “Perfect Symphony” torna a duettare con Bocelli in italiano in “Amo soltanto te”, canzone dell’album arricchita da un testo pregiato firmato da Tiziano Ferro:

“La collaborazione con Ed Sheeran è stata  una delle cose più simpatiche ed esilaranti degli ultimi anni. Ed è un soggetto sui generis, ho molta stima di lui. Da tempo aveva pensato a questo duetto con me, ho accettato di farlo, mi ha mandato la sua canzone a casa, l’ho cantata come mi sembrava andasse fatto ma  dopo qualche giorno ha preso un aereo ed è venuto a trovarmi perchè non gli era piaciuto cosa avevo fatto. Ritenevo che cantare da tenore fosse come entrare da elefante in una cristalleria ma  Ed era determinatissimo e ho dovuto cercare un compromesso. Dato il risultato, non ha avuto tutti i torti. Mi ha molto colpito, Sheeran è un ragazzo ispirato e molto preparato”.

Tra gli altri spicca la collaborazione con l’icona femminile del pop, Dua Lipa che unisce in maniera sorprendente la sua voce a quella del tenore su “If Only”. La versione italiana del brano “Qualcosa più dell’oro” è stata firmata del medesimo sodalizio artistico che diede vita a “Con te partirò”, Francesco Sartori e Lucio Quarantotto, ultima canzone che hanno firmato insieme, prima della prematura scomparsa di Quarantotto.

La superstar del crossover Josh Groban, poliedrico cantautore e produttore multiplatino, duetta su “We Will Meet Once Again”, brano che richiama la nobile tradizione del musical, dopo aver rodato l’equilibrio delle loro voci in una versione di “The Prayer”. La canzone, concepita dallo stesso Groban con il testo di Marco Guazzone mantiene la stessa dolcezza di una “preghiera”. E ancora, la star mondiale della lirica, Aida Garifullina canta con Bocelli una versione dolce e profonda di “Ave Maria Pietas”, per un brano senza tempo.

“Ho scelto più le canzoni che i nomi. Quando si tratta di fare arte, l’amicizia va messa da parte. Le canzoni vanno scelte se sono belle. Il brano di Riccardo Del Turco mi ha emozionato subito perché racconta la mia storia, “Qualcosa più dell’oro” è carica di significati che vanno aldilà della musica. “Un’anima” è una bellissima canzone scritta da Marco Guazzone, che non ho ancora conosciuto personalmente e che ritengo sia un autore indiscusso”.

Babbo premuroso, legatissimo alla sua terra e all’italiano, Andrea Bocelli non è mai entrato in confidenza con l’inglese perché “La lingua è una cosa seria, non puoi accontentarti di capire in modo sommario, sono le sfumature a insegnarti il significato vero delle cose”.

Tra le chicche dell’album la presenza anche di uno dei più brillanti artisti italiani, Raphael Gualazzi, che firma la musica e il testo di “Vertigo”, oltre a suonarne il pianoforte. La musica, armonicamente articolata, sposa perfettamente il testo surreale come una poesia contemporanea, e si offre all’ascolto in una molteplicità di sfaccettature.

“Il brano mi è piaciuto subito tantissimo ma non potevo cantarlo a mio modo, ho trovato l’unica soluzione possibile, cantarlo avvicinandomi al modo di Raphael e alla sua personalità. Trovo che il virtuosismo al pianoforte sia assolutamente avvincente.”

Ad aprire l’album “Ali di libertà” scritta e composta da Davide Esposito, pluripremiato autore naturalizzato francese.

Ospiti d’eccezione anche 60 piccoli coristi di Haiti, luogo spesso dimenticato, supportato da sempre dalla Fondazione del tenore. Selezionati tra migliaia dallo stesso artista, 60 bambini haitiani di età compresa tra i 9 e i 15 anni, grazie alla Andrea Bocelli Foundation (con il suo partner locale in Haiti Foundation Saint Luc), hanno dato vita al progetto “Voices of Haiti”. Lo speciale coro ha accompagnato il tenore in diverse tournée in tutto il mondo e ora ha prestato la propria voce e i propri “colori” a due brani dell’album “Dormi Dormi” and “Gloria gift of life”, trasmettendo speranza e bellezza.

Raffaella Sbrescia

Emis Killa presenta il nuovo album “Supereroe”: “Seguo la mia strada e combatto chi tratta i rapper come gli immigrati della musica italiana”

Emis Killa - Supereroe

Emis Killa – Supereroe

“Supereroe” è il titolo del nuovo progetto artistico di Emis Killa che, per questa nuova avventura, sceglie di declinare il proprio estro creativo su più fronti: un cortometraggio e un fumetto viaggiano parallelamente al disco, ricco a sua volta di diverse collaborazioni. In 6 anni Emiliano ha collezionato 25 tra dischi di platino e d’oro, ha dimostrato di poter rappare brani melodici così come quelli più radical street senza mai perdere la propria identità. Questo ritorno arriva dopo le cupe atmosfere dell’album “Terza Stagione” e vede Killa nelle vesti di neo papà a 28 anni.

“Il concetto di Supereroe mi è venuto in mente dopo un programma che ho realizzato insieme a Niccolò Agliardi in cui raccontavamo storie importanti attraverso la musica. A me è capitata quella di un soldato che aveva salvato i compagni durante un conflitto a fuoco. Da lì mi ho cominciato a pensare che sono tanti gli eroi che vivono e lavorano lottando tutti i giorni. Quando apro il mio profilo Instagram trovo messaggi di persone di tutte le età che mi chiedono consigli e mi confidano cose molto importanti della loro vita. A quel punto mi è venuto da pensare che queste persone veramente mi hanno preso per un supereroe, sempre pieno di risposte. Questa cosa mi ha fatto molto riflettere, quando avevo 14 anni ed ero un ragazzo pieno di paturnie, i miei errori erano i miei artisti preferiti che raccontavano il loro disagio interiore ed esteriore. Trovo sia consolatorio quando vivi un malessere e non sei l’unico a viverlo. Mi fa effetto che io possa rappresentare questo per tanti ragazzi. Bassi Maestro e Jake La Furia erano i miei idoli: Bassi è stato il primo rapper, La Furia invece raccontava Milano, la mia New York. E’ stato l’unico a scrivere per me”.

“ll disco l’ho finito appena è nata mia figlia, poi ci sono stati diversi impegni in mezzo per cui non ho ancora preso piena consapevolezza del mio status di papà. La mia storia d’amore, così come la gravidanza, l’ho tenuta segreta. Tutelo la mia vita privata, ognuno è libero di fare quello che vuole, io non sarei pronto a vivere una vita assillata dai gossip, non sopporto i paparazzi. La gente è cattiva, non si rende conto di quanto possa far del male, io mi sono fatto le ossa, conosco questo mondo ma la mia compagna sicuramente no e non voglio coinvolgerla in tutto questo. Quando ho pubblicato “Mercurio” ero un teen idol, oggi la mia fanbase è composta dal 41% da uomini, all’epoca invece c’erano tante ragazzine, a loro piace sognare, se avessero saputo che ero fidanzato non mi avrebbe certo giovato. Ad ogni modo la mia compagna è nata un ghetto francesce e di rap forse ne sa molto più di me”.

“Questo album è arrivato dopo “Terza Stagione”, un album molto cupo. Mi sono messo subito al lavoro cercando una direzione diversa, per la prima volta ho provato a chiamare degli autori e, sebbene non fossi convinto, non volevo essere il bastian contrario che dice no a priori. La nuova strada però non pagava, i pezzi erano annacquati. La verità è che non sono un robot, non sono mai stato bravo a fare musica a tavolino, faccio fede sul mio stato d’animo, non riesci a fare musica programmata. In questo caso c’è più positività e ho voluto affacciarmi su forme comunicative diverse dalle solite. Oggi con lo streaming, anche i videoclip hanno perso valore. Mi sono messo in gioco come attore , il fumetto nel rap è una novità. Lo slogan del supereroe era sfruttabile su più fronti e così abbiamo cercato di fare”.

Emis Killa – photo by Graziano Moro-

Emis Killa – photo by Graziano Moro-

“Le canzoni dell’album enfatizzano tutti i miei lati, spesso quelli più brutti. La frustrazione per il trattamento che subisco dai canali radiofonici viene fuori soprattutto in pezzi come “Donald Trump”: noi del rap siamo trattati come gli immigrati della musica italiana. Non demonizzo le radio però penso ci sia una forte incongruenza tra il gusto del popolo e quello che viene passato. Ad oggi, grazie alle piattaforme musicali, le cose vengono veicolate in modo democratico, c’è meno imposizione. Il rap non è un genere superfluo, è un genere empatico che incontra il gusto della gente. Non trattateci da outsiders. Il nuovo spaventa, affrontiamo la paura del diverso.”

“Nello specifico dei testi, sottolineo che non influenzo nessuno politicamente attraverso i miei strumenti comunicativi. A me non spetta insegnare, sono sempre opinione. Ultimamente ci sono modelli di leader politici che mi spaventano, sono troppo aggressivi. Il politico per me deve essere impeccabile, ha una responsabilità enorme, deve vigere il buon senso, sempre. Evoluzione è tutelare la gente e offrirle delle opportunità non estraniarla. Per tornare al disco e alle collaborazioni, il brano con Capo Plaza mi è stato proposto direttamente da lui dopo il il brano “Serio”. Per me lui è un piccolo fratellino, uno di cuore. Il suo produttore ha inviato due basi, io ho scelto questa da cui è nato il pezzo. “Cocaina” non ha un messaggio particolare, è tutta una metafora”. Il brano è uno dei più forti insieme a “Dope” e “Claro” per i featuring. Parliamoci chiaro, così funziona sulle piattaforme digitali, i brani sono belli e funzionali, la tracklist scorre bene anche se il mio pezzo preferito e più maturo è “Come fossimo Cowboy”. Poi c’è il grande colpaccio con 6ix9ine, molto conosciuto in America e nel panorama mondiale. La collaborazione non l’ho cercata io, un mio amico di Brookin, Pacha , ha un brand di vestiti e spesso ci sentivamo per questa ragione. Un giorno mi ha contattato proponendomi un pezzo. La base che mi hanno inviato non mi ha convinto quindi mi sono fatto mandare le voci, ho rifatto la base e il pezzo che c’è nel disco è quello ufficiale di cui sono molto soddisfatto”.

Video: Il Killa pensiero sulla trap

“La superficialità lirica, in cui nessuno da più peso alle parole finirà per forza di cose, la gente non è stupida. Magari va di moda ma io sfido chiunque ad ascoltare un pezzo rap fatto bene, con le rime fatte bene e a dire che sia migliore di un pezzo costruito sul nulla e sull’immagine. Io mi limito a dire che questo non è il mio campionato, non mi metto in competizione con i ragazzini, sono 12 anni che faccio musica e lotto per avere un pubblico maturo. Ho spessore e una testa sulle spalle, la mia filosofia quindi è vai per la tua strada, costruisciti il tuo pubblico e non fare a gara per contenderti quello che si contendono già in molti. Sarebbe una guerra persa in partenza e va bene così”.

Raffaella Sbrescia

La seconda vita di Davide Petrella: “Litigare” arriva nei club. Intervista

Davide Petrella

Davide Petrella

A giugno ha pubblicato l’album d’esordio come cantautore e lo ha intitolato “Litigare”. Lui è Davide Petrella, un ragazzo che ne ha vista di acqua sotto i ponti in questi anni, da quando con la sua band Le Strisce è andato ben oltre la sua Napoli diventando autore di punta per Cesare Cremonini ma non solo. Elisa, Gianna Nannini, Fabri Fibra e tanti altri si sono affidati nel tempo all’estro creativo di Davide che, con questo nuovo album, ha voluto dare una nuova sferzata alla sua carriera da cantautore. Con un altro disco pronto poco prima di iniziare a lavorare a “Litigare”, Petrella ha voluto seguire il fiotto creativo e ha dato alle stampe questo lavoro che tra una manciata di giorni troverà nuova luce sui palchi di alcuni club italiani. Suoni, contaminazioni, metriche e arrangiamenti provenienti da mondi apparentemente distanti tra loro ma fusi in un’impronta melodica di base si rincorrono in questo lavoro pubblicato per Warner Music Italia e che contiene undici canzoni ricche di vita, di riscatto, di sentimenti.

“Negli ultimi anni ho avuto modo di collaborare con molti artisti, pian piano questa nuova musica mi è entrata nelle ossa, ho seguito l’intuizione di unire i generi tra loro, ho mantenuto le antenne dritte e con l’arrivo di “Litigare” mi sono sentito folgorato”, racconta Davide Petrella. “Anche l’incontro con i miei produttori D-Ross & STAR-t-UFFO, oltre che con Mario Conte è stato particolarmente fortunato. Tutti napoletani, mai sullo stesso parallelo. Appena ci siamo incontrati, ci siamo trovati. Il feeling è stato immediato”, continua Davide che, a proposito di Napoli e della scena musicale partenopea, dice: “Napoli è speciale non potrei mai lasciarla per davvero. La scena musicale napoletana non è mai morta. Certo fa fatica ad imporsi a livello nazionale visto che ci sono meno addetti ai lavori ma c’è gente che lavora e lo fa molto bene. Il più popolare al momento è Liberato ma io penso ai Foja, ai ragazzi de la Maschera, a Giovanni Truppi”. Inevitabile chiedersi come cambiano i momenti creativi di Davide e come si differenzia la scrittura tra quella personale e quella dedicata alle collaborazioni: “La scrittura è una magia, questo è il mestiere della mia vita fin da quando ero piccolo. Provo a fare il ragazzino con un giocattolo nuovo ma, che le canzoni abbiano successo o meno, l’importante è che io mi diverta facendo un buon lavoro. Questo è il vero tesoro per me e per chi mi dà la possibilità di lavorare come autore. Mi sento sempre come uno se la debba sudare. Sarà forse perchè con Le Strisce eravamo già indie molto prima che il fenomeno esplodesse. Io comunque andrò avanti per la mia strada e vi aspetto tutti per questi nuovi concerti, il club è la mia dimensione, non vedo l’ora di farvi ascoltare tutto me stesso”.

Raffaella Sbrescia

Ecco le prime date del tour in collaborazione con BPM Concerti: 19 OTTOBRE PADOVA – HALL 20 OTTOBRE PARMA – ZU 25 OTTOBRE MILANO – ROCK N ROLL 26 OTTOBRE BOLOGNA – COVO 27 OTTOBRE ROMA – LE MURA 16 NOVEMBRE TORINO – OFF TOPIC 17 NOVEMBRE PISA – LUMIERE 29 NOVEMBRE PERUGIA – REWORK 30 NOVEMBRE ASTI – DIAVOLO ROSSO 14 DICEMBRE FOGGIA – THE ALIBI 15 DICEMBRE AVELLINO – TILT

10: Alessandra Amoroso spicca il volo. Quattordici inediti per raccontare la felicità e la consapevolezza.

Alessandra Amoroso

Alessandra Amoroso

Tante volte disco di platino tra lacrime, sorrisi, gioie e soddisfazioni. Alessandra Amoroso pubblica “10″, un nuovo album di inediti per coronare 10 anni di lavoro, di passione, di crescita artistica e personale. Semplice, diretta, consapevole, Alessandra si fa accompagnare per mano dal produttore e compagno di vita Stefano Settepani: “Quando hai un equilibrio forte in primis con te stessa, riesci ad averlo ovunque e a maggior ragione nella coppia. Per noi è stato stimolante lavorare insieme, ci siamo scoperti a vicenda, è stato speciale e spero di rifarlo. Avere Stefano a fianco è stato fondamentale, mi ha spinto a credere in me stessa. Visto che ho un timbro vocale tante volte pesante, a tratti malinconico, differente da quella che sono io in realtà, abbiamo giocato con dei suoni elettronici freschi che mi hanno aiutato molto.”, racconta Alessandra.

A proposito di equilibrio e gratitudine, sorprende sentire la Amoroso ancora così vicina alla sua Big Family che in questo decennio l’ha sempre supportata: “I miei fan riceveranno una sorpresa: nel cofanetto del disco c’è un biglietto per partecipare al mio prossimo tour, insieme a una lettera personalizzata. Vorrei vedere le reazioni di ciascuno di loro. Questo è un modo per ringraziarli, tesserarsi al mio Fanclub significa fare anche beneficenza. Metà dell’importo sarà destinato alle cure mediche di cui ha bisogno Francesco, un bambino che stiamo seguendo già da un po’. Se oggi sono qui è grazie a loro, sarà un megacompleanno, festeggiamo 10 anni di noi e ho voluto fare davvero qualcosa per loro, ho speso il mio tempo personalmente perchè credo che le cose fatte con sacrificio diano più soddisfazione”.

Alessandra Amoroso mette ancora una volta se stessa in gioco e ce lo dimostra anche attraverso il progetto grafico ideato insieme a Sergio Pappalettera: “Nella copertina dell’album c’è gran parte della mia vita, i valori in cui credo: l’amicizia, l’amore, la famiglia, il mio cane che non c’è più, il mio fiore preferito, la campagna in cui sono cresciuta insieme ai miei nonni. La barca con cui andavamo ad Otranto io, le mie sorelle e miei genitori tra tuffi e piatti di lasagna”.

Alessandra-Amoroso-Dieci

Alessandra-Amoroso-Dieci

Più che di cambiamento, è giusto parlare di evoluzione per la Amoroso che, partendo dalle atmosfere di “Vivere a colori”, lascia che 10 ne raccolga il testimone per mettere l’accento sui concetti di rinascita, consapevolezza e maturità: “Ho prestato particolare attenzione ai testi, ho cercato di dare quella profondità che adesso mi sento addosso. Ho scritto “Ogni santissimo giorno” insieme a Daniele Magro con parole semplici, perchè sono quelle che arrivano per prime al cuore. Mi sono sempre mostrata con molta semplicità, questa sono io e ho scoperto che alla mia gente piaccio così. In sintesi: sono felice e mi va di dirlo”.

Video: La Stessa

Non solo amore ma anche temi importanti. Su tutti il brano “Forza e coraggio”, rende perfettamente l’idea: “Ho raggiunto quel tipo di consapevolezza che mi dà la voglia di mostrarmi, emozionarmi, di essere esigente e di non nascondermi. Nella vita, soprattutto in questo momento in particolare, è necessario avere forza e coraggio per andare avanti. Voglio stimolare la gente ad essere forte, ad essere onesta, ad accettare la diversità e amare. Niente di meno scontato oggi che l’odio vince ovunque”. Un ruolo quello di Alessandra, che cerca di andare ben oltre quello di semplice interprete: “Il testo deve avere un significato innanzitutto per me. Trovo essenziale capirlo, emozionarmi, sin da quando sono in studio deve entrare nelle mie viscere per che amo raccontare quello in cui credo. Spero, per quanto possibile, di far fare un pensiero, anche a chi ascolta le mie canzoni”.
E poi c’è il tour, un’ avventura che toccherà 20 regioni all’insegna dello spirito di adattamento: “Il nuovo tour partirà il 5 marzo da Torino, sarà lunghissimo, bellissimo e divertente. Andrò in tutta Italia, Isole comprese. Non mancate!”

Raffaella Sbrescia

Intervista agli Urban Strangers: in “U.S” l’unica sicurezza è quella di voler andare avanti.

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Ritratti Di Note ha incontrato gli Urban Strangers, il duo napoletano formato da Gennaro Raia e Alex Iodice, durante il firmacopie napoletano del nuovo album “U.S”

Ragazzi parliamo subito del nuovo album “U.S”. La scelta di cantare in italiano che tipo di scelta è stata: casuale, voluta, necessaria…

E’ stata una scelta voluta, una cosa della quale abbiamo sempre parlato tra di noi, con le persone che lavorano con noi, e anche con gli amici. Ad un certo punto, maturando questa idea, abbiamo sentito il bisogno e la voglia di iniziare a scrivere in italiano. Ci siamo sentiti subito a nostro agio e quindi poi la cosa è continuata spontaneamente. Questa cosa è stata anche utile, ci ha aperto la mente, ci ha fatto capire cosa significa mettere su carta quello che pensiamo, quindi ci ha regalato un nuovo punto di vista rispetto a prima.

Nell’album c’è un pezzo che si intitola “Lasciare andare”. Questa è una cosa anche abbastanza difficile, soprattutto quando si ha un certo tipo di sensibilità. Secondo voi, nella vita, cosa bisogna lasciare andare facilmente e cosa bisogna trattenere…

Eh, bella domanda… prima delle cose da lasciare andare, parliamo delle cose da affrontare e da non lasciare andare, come i dubbi e le paure che si hanno, per la propria persona e per tutte le cose che si devono affrontare. Come diciamo in questa canzone e anche in un altro pezzo dell’album che è “Non andrò via”, bisogna affrontare i problemi e cercare di reagire in qualche modo. Per quanto riguarda le cose da lasciare andare, troviamo che ci siano persone che lasciano andare troppo facilmente esperienze, idee, persone, come se non le avessero mai vissute. E’ vero che le esperienze negative si devono lasciare andare, ma sembra che alcune persone non siano mai state partecipi delle cose che hanno vissuto, non soffermandosi, ma lasciando andare. Questa cosa per noi non è positiva…

Ragazzi questo è un album molto “umano”, nel senso che nelle canzoni parlate molto di voi, ma di riflesso parlate anche di noi, delle nostre paure, delle nostre certezze ed incertezze…

Sì, è così, e questo era il nostro obiettivo, sentire una risposta da parte degli altri a quello che stiamo facendo, anche da chi non fa parte del nostro pubblico ma può comunque riconoscersi in una canzone o in un testo. Ci fa piacere, ed è molto bello se una persona, ascoltando uno dei nostri brani, si sente “capìta”. Non siamo poeti, nè filosofi, né politici, ma due persone normali che amano il contatto con la gente e che pensano tanto su quello che sono. C’è una semplicità di base nelle nostre vite che può essere condivisa dalle persone: Sentiamo anche una responsabilità nei confronti degli altri per quello che diciamo. Ognuno nella vita ha una “posizione” e noi ci siamo presa questa…

Video: Non andrò via

L’album è musicalmente molto coerente. C’è un unico pezzo acustico, “Unico Ricordo”, che è l’ideale prosecuzione del vostro primo EP…
Sì, le produzioni di questo disco sono state fatte da Raffaele “Rufus” Ferrante, che è stato anche il produttore dei nostri dischi precedenti, e che ha dato una coerenza rispetto alle cose passate per l’elettronica. “Unico Ricordo” è nato perché volevamo un brano che ci rappresentasse totalmente senza nessun tipo di struttura dietro. La versione acustica è un po’ lo “scheletro” del nostro modo di fare musica. Questo è tra l’altro il nostro pezzo preferito ed è anche secondo noi quello più maturo dal punto di vista dell’esposizione dei pensieri…

A quando il Tour di questo nuovo album?…
Presto, ci stiamo lavorando, e programmando le date. Il live è la dimensione migliore in cui esprimere quello che siamo. La musica è condivisione con le persone…

Un’ultima domanda: Ma per gli Urban Strangers “Il Giorno Migliore” è quello che deve ancora arrivare o in qualche modo c’è già stato?…

Beh, alcuni “giorni migliori” ci sono già stati, non siamo poi così pessimisti, però ce ne saranno sicuramente altri che devono ancora arrivare…

Giuliana Galasso

U.S Tracklist
1) Non so
2) Lasciare andare
3) I sensi e le colpe
4) Unico ricordo
5) Stare calmo
6) Nel mio giorno migliore
7) Non andrò via
8) Sono io?
9) Crisi Astronomiche
10) Tutto finisce

 

Intervista a Malika Ayane: “Domino”è uno scrigno di sensazioni

Malika Ayane

Un ritorno decisamente gradito è quello di Malika Ayane che a 3 anni di distanza dall’ultimo album, presenta “Domino”. Un lavoro forte, variopinto, intriso di sensazioni e di suoni. Prodotto insieme ad Axel Rienemer e Stefan Leisering al Jazzanova Recording Studio di Berlino, l’album di Malika Ayane è un capitolo importante della sua decennale carriera. L’abbiamo incontrata per farci raccontare direttamente da lei tutti i segreti di “Domino”.

Ciao Malika, questa lavorazione è molto distante sia dalle cose fatte in passato che da quelle che troviamo in giro. La percezione è che questo progetto abbia un’identita forte. Confermi?

L’identità è una cosa fondamentale. Ogni volta che viaggio, mi rendo conto del fatto che i centri delle città iniziano ad essere tutti uguali, ci serviamo tutti delle stesse cose. Questo per dire che l’identità gioca un ruolo chiave quando si pensa ad un nuovo disco. Questo è l’unico elemento che permette a chi ascolta di riconoscere l’onestà di un progetto e di poterlo adottare, magari con scetticismo iniziale però l’onore al merito è sicuramente un buon punto di partenza.

Partendo da questo presupposto con quali obiettivi e quali limiti hai lavorato in studio?
Il primo limite da superare era far comprendere ai produttori con cui ho lavorato all’album “Naif” che alcuni brani possono essere costruiti anche senza la classica forma canzone che tutti conosciamo. I dischi che ascolto più spesso hanno proprio questa caratteristica, magari visionaria e, per alcuni aspetti, inadeguata ma possibile. Per prima cosa quindi ho cercato di superare i limiti oggettivi poi ho lottato per non cadere dentro un vortice di estremismo che sarebbe piaciuto solo a me e pochi altri. Poi è iniziata la fase divertente in cui abbiamo usato tutti gli strumenti possibili.

Hai qualche aneddoto a riguardo?

Pensa che i ragazzi sono andati a recuperare il primo synth che avevano comprato quando è caduto il muro di Berlino. I miei produttori sono di Berlino Est, hanno voluto recuperare e usare il synth di quando diciottenni sono andati all’Ovest a comprarsi il Casio. Nella sfera di tutte le cose che abbiamo tirato fuori questo strumento assume un senso speciale. In linea generale, io stessa non avrei mai immaginato di poter usare tutte queste tastiere.

Che bella questa evoluzione inaspettata anche per te…
Sì, sapevo di voler fare una determinata cosa poi, come sempre, ti devi aspettare che a un certo punto ti perdi e scopri che il vero limite è la paura. Mi sono detta che in un periodo storico in cui nessuno ti garantisce la vendita di 100.000 copie facendo cose riconoscibili e commerciali, avrei fatto meglio a farmi coinvolgere completamente in quello che stavo facendo.

Malika Ayane

Malika Ayane

Quello del lasciarsi andare è infatti un po’ il leit motiv dell’album dove diversi scenari e promiscue sensazioni confluiscono in un ragionamento unico.

Uno dei messaggi è: non essere ossessivamente bisognoso di commentare, di reagire per forza a qualsiasi cosa. Sì può contare fino a 10 anche solo per capire se vale la pena di intervenire o se invece il flusso di quello che sta accadendo intorno può portarti da qualche parte più interessante di quella che conosci.

Tra i brani del disco c’è “Imprendibile”. Un brano sensuale ma che rispecchia tanto della tua persona…

Questo è il brano che volevo scrivere. Inizialmente volevo fare un album che era basato su riff molto forti poi mi è piaciuto il tappetone dell’uso della parola al posto della melodia. La voce è ferma mentre tutto il resto intorno si muove. Quando ho consegnato il brano, pensavo mi avrebbero lanciato le scodelle, invece è piaciuto a tutti, in produzione forse è stato l’unico ad essere rimasto uguale al provino.

Poi c’è la poesia. In “Sogni tra i capelli” ti ritagli uno spazio prezioso.
La cosa incantevole è che abbiamo scritto quel brano con la chitarra e due voci. In studio è diventato tutt’altro ma l’intenzione iniziale è rimasta intatta nonostante una forma completamente diversa. E’ stato pazzesco riuscire a mantenere l’atmosfera uguale a se stessa cambiando tutto quello che c’è intorno. Questo brano è stato quello che mi ha sorpreso di più in senso positivo.

Video: Stracciabudella

A proposito di giochi di atmosfere: come alternerai i concerti nei teatri a quelli nei club?

Sul palco, rispetto a Naif che era tutto concentrato sull’intrattenimento, vorrei tornare al concerto puro e far parlare solo la musica. Saranno le modalità energetiche a essere differenti. La struttura scenica sarà molto minimale, adesso ho solo una gran voglia di suonare più che di performare. Sarà comunque un minimalismo secondo la Ayane.

Chiudiamo con un concetto su cui riflettere: amare come restare.
Nella mia vita mi è capitato di amare, iniziare e finire relazioni sempre con lo stesso impegno ed entusiasmo. Quello che ho capito che esiste la possibilità di trovare qualcuno con cui passare, se non la vita intera, almeno un pezzo importante. Bisogna essere molto coraggiosi nel saper riconoscere questo qualcuno ed essere disposti a faticare molto per migliorare se stessi e pretendere altrettanto dall’altra parte. Allo stesso tempo bisogna sapere quando questo qualcuno non è quella persona che ci stava cercando e avere il coraggio sereno di cambiare perchè altrimenti ci si ammala in due.

Raffaella Sbrescia

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