“Delta Machine” è il titolo del tredicesimo album dei Depeche Mode.
Dave Gaham, Martin Gore e Andy Fletcher tornano sulle scene musicali con un disco intimista, pregno di sensazioni dense, lente e profonde.
La lentezza con cui i brani si insinuano nella testa dell’ascoltatore, è avallata da un ritmo blues sintetico, zuppo di sonorità elettroniche eleganti e sofisticate.
La perfezione neoclassicista dei Depeche Mode lascia, tuttavia, un varco aperto: la calma interiore auspicata nei testi, trova una profonda inquietudine nel cantato di Dahan.
Welcome to my world è la traccia di apertura, un passaggio dimensionale che segna l’irruzione in un mondo nuovo che coinvolge l’anima in un crescendo di emozioni.
Le cupe atmosfere di Angelraccontano le vicissitudini di un’anima confusa, contesa, perduta mentre la struggente intensità di Heaven si lascia cullare da un uso sinuoso di avverbi come “silently”, “endlessly”, “radiantly”, “resentlessly”.
Il ritmo si fa più movimentato con Secret to the end per raggiungere sonorità quasi dance in My little universe : una miscela sensuale che si espande lentamente, a piccoli passi in un mondo indefinito ed indefinibile.
L’anima blues del disco è racchiusa tra le note di Slow mentre Broken è un groviglio inestricabile di pena e sofferenza. The child inside analizza il progressivo ed inarrestabile spegnimento di un’anima. Il tono viene subito smorzato dalla prorompente grinta di Soft touch/Raw nerve ma è con Should be higher che il cantato di Dahan trasmette tutta la sua carica sensuale “ your lies are more attractive than the truth”.
Alone è come un pugnale piantato a tradimento nella schiena di un vecchio amore a cui si è data l’anima; la rabbia per il fallimento non lascia spazio alle parole, ormai inutili.
Il corpo affamato di Soothe my soul è la metafora perfetta di una ricerca furiosa, affannata, disperata che si chiude con il saluto di Goodbye: un dolce sound blues, venato di sfumature country, è il sottofondo di un ultimo, struggente monologo interiore .