Parte con il concerto tenutosi al Teatro Diana di Napoli “We Love You – jazz’n soul – da Amy Winehouse a Nina Simone” il viaggio musicale ideato da Fabrizio Bosso, uno dei più talentuosi trombettisti jazz in Italia e da Nina Zilli che, accanto a lui, si è divertita a rileggere con gran classe alcuni dei più importanti successi della black music.
“We love you” è un delicato ed elegante omaggio alle voci che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica come Amy Winehouse e Nina Simone, passando per Sam Cooke, Otis Redding, Etta James, Marvin Gaye e molti altri attraverso generi musicali innervati di soul, r’nb e jazz: la Motown di Detroit, il rhythm’n’blues di Memphis, il blues di Chicago e il Philadelphia sound.
Ad accompagnare i due artisti sul palco una line up formata da eccellenti musicisti scelti grazie al loro approccio trasversale alla musica: Julian Oliver Mazzariello (pianoforte e tastiere), Egidio Marchitelli (chitarre), Marco Siniscalco (basso), Emanuele Smimmo (batteria).
La vulcanica personalità di Nina Zilli, elegantissima con un tubino nero e lungo arricchito da un’estrosa acconciatura, catalizza subito l’attenzione con It’s my party di Lesley Gore e My baby just cares for medi Nina Simone creando un felice connubio con le geniali incursioni strumentali di Fabrizio Bosso, in un avvolgente intreccio tra jazz e soul, fatto di continui botta e risposta.
Lo charme e la classe con cui i due artisti padroneggiano il palco, raggiungono l’apice emotivo sulle note di Sunny di Bobby Hebb e Will you still love me Tomorrow di Amy Winehouse; ampio spazio anche ai successi di Nina Zilli che si scatena cantando le sue 50000, Per sempre e Bacio d’addio.
La scoppiettante Cant’hurry love delle Supremes entusiasma il pubblico fino a farlo commuovere con una sublime versione strumentale di Love is a losing game di Amy Winehouse eseguita da un ispiratissimo Fabrizio Bosso.
Tra improvvisazione, tradizione e alcuni dei più significativi brani di Amy Winehouse, spicca, sul finale, Don’t you feel like crying di Solomon Burke mentre poco dopo i saluti, ad uno ad uno, i musicisti lasciano il palco.
Per i bis un breve, ma intenso, accenno cantato di Love is a losing game e Can’t hurry lovestampano sul volto di tutti un compiaciuto sorriso.