“Com’è bella la mia gioventù” è il titolo dell’album con cui gli Onirica, di origine campana, esordiscono in modo molto singolare all’interno della scena musicale italiana. Nicola D’Auria (voce, chitarra), Simone Morabito (basso, cori), Antonio Sorrentino (chitarra, cori), Luigi Marrone (batteria) hanno voluto raccontare la giovinezza con un tuffo nel passato.
L’atmosfera vintage non è il solo marchio di questo debut album, l’aspetto veramente particolare è, piuttosto, che ognuna delle 10 tracce proposte racconta un episodio chiave della giovinezza di un uomo, secondo il punto di vista di un narratore sempre diverso.
Nei testi compare quindi un linguaggio crudo, immediato, spesso privo di tatto, pronto a colpire i punti deboli dell’ascoltatore.
Amori sognati, bigotto perbenismo, ipocrisie, la violenza sulle donne, la clandestinità, il progresso, la politica, gli affetti negati sono i temi che affiorano, come zampilli di acqua sorgiva, tra un brano e l’altro mentre delicati arrangiamenti pop rock accompagnano rispettosamente le immagini dei testi come se fosse un film.
In Macchine gli uomini si arrendono all’avanzata del progresso mentre il brusio diventa ronzio e infine cigolìo. La malata poetica di un carnefice violento è la protagonista di Pupille mentre in Giulia GT si consuma l’omicidio di Pasolini. Nonostante tutto c’è ancora tempo per sognare l’amore con Guerra ma La guerra è appena finita è lì a ricordare che i postumi saranno sempre dietro l’angolo ad infondere paura.
Toccante è la rabbia di un figlio che ha visto il padre morire ammazzato per questioni politiche in Canzone per papà.
Ampio spazio al dramma della clandestinità con Pied Noir! Ma è ne La preghiera del Presidente e ne La coppia che diventa evidente la forte attualità di un disco che rivive il passato per spiegare il presente.