Nei primi giorni del nuovo anno si sa, si tende ad assumere un atteggiamento più riflessivo ed incline a ragionamenti di tipo spirituale. Sarà forse per questo motivo che “Reflection”, il nuovo album pubblicato il 1 gennaio 2017 da Brian Eno, musicisita e pioniere di quella che definiamo musica ambient ed edito dalla Warp su CD, doppio vinile, in streaming e download digitale, si presta particolarmente a questo tipo di ascolto. Una lunga composizione di 54 minuti racchiude la sostanza di quello che potremmo definire un esempio di “thinking music”, uno spazio provocatorio per il pensiero. Il lavoro di Eno, come ha spiegato l’artista stesso, è stato quello di mettere in atto un gruppo di suoni e frasi per poi dargli alcune regole. Una volta appurato che il sistema fosse funzionante, l’artista ha trascorso diverso tempo a verificare il risultato che si veniva a creare affinando di volta in volta i materiali e le regole sottostanti gli algoritmi. Quello che ne è venuto fuori è quindi il prodotto dell’interazione fra l’input dato dal compositore e i calcoli dati dagli algoritmi. Suoni scuri e sinistri si avvicendano immersi tra echi e richiami quasi alieni. Un magma fluttuante che diventa praticamente infinito grazie all’app che lo stesso Eno ha inventato insieme a Peter Chilvers e che si basa proprio sullo stesso sistema di permutazioni di elementi sonori selezionati da un sistema di algoritmi. La app racchiude, quindi, il vero fulcro di “Reflection”. Nell’era dell’individualismo, ecco il manifesto del soliloquio.
Raffaella Sbrescia