“L’Equazione” è il titolo del nuovo album di Antonio Maggio. L’artista salentino arriva a questo secondo lavoro discografico (Universal Music) con le idee chiare e con la voglia di divertire e divertirsi senza, tuttavia, perdere i punti di riferimento basilari. Presente in ogni fase della produzione del disco, Antonio si lascia andare ad una serie di sonorità che, pur richiamando la tradizione della musica italiana, si aprono ad uno sperimentale utilizzo dell’elettronica con risultati, spesso, curiosi. Forte del proprio carisma caratteriale, Antonio riesce a fare in modo che la propria originalità traspaia con una certa frequenza tra le strofe di questi 11 brani nuovi di zecca. Sarcasmo e ironia sono i marchi di fabbrica della penna di Antonio che, seppur burlescamente, riesce a mantenere una riverente attenzione verso l’uso del linguaggio e delle parole.
Il disco si apre con “Lo sai che lo so”: catene di rime con la vocale “e” si intrecciano in una fitta trama di intelligenti autocritiche nazional-popolari. La titletrack “L’Equazione” si destreggia tra il tempo degli schemi, “il tempo dei tanti in cui già parlano in troppi” e “il tempo dei matti in cui ci perdono in troppi”; un’equazione la cui soluzione è, paradossalmente, molto semplice: basta affidarla ai bambini, l’eterno tesoro del mondo. “Nell’Etere” è la ballad del disco: “Arrotolo a fatica il mio sintetico coraggio”, coraggio di parlare, di pensare, di sognare, di agire in un presente in costante degrado. “Un posto fisso lo han trovato solamente le paure/Ci è rimasto solamente il cielo senza più una stanza”, canta Antonio, rivelando un’anima fragile e consapevole al contempo. In “Stanco”, l’artista di Squinzano duetta con il rapper Clementino, il testo è dissacrante e sarcastico al punto giusto; il brano su cui puntare per l’estate. “Genesi (Mal D’amore)” è un monito estemporaneo a vivere “hic et nunc” ma in questo disco c’è anche spazio per una storia ispirata al reale disagio e isolamento di “Pirindiffi”, lo sfortunato compaesano morto suicida sui binari del treno. L’irriverente filastrocca di “Santo lunedì” concede il sacrosanto diritto di replica ad un’insana cronaca mentre il pianismo nevrotico della brillante “La canzone della mosca” offre un esaustivo saggio della vena creativa di Antonio Maggio, il quale si concede anche degli omaggi di un certo prestigio. Si tratta di “Pompe funebri da Lucrezia”, un dissacrante divertissement con evidente richiamo a “Bocca di Rosa” di Fabrizio De Andrè e l’omaggio in dialetto salentino a Domenico Modugno con un’irresistibile versione, in presa diretta, de ”La donna riccia”.
Raffaella Sbrescia
Video: “L’Equazione”