Che cosa può portare un giovane cantante come Harry Styles che, con gli One Direction ha conosciuto il successo planetario, ad avere il coraggio, e forse il buon senso, di fare una grossa marcia indietro e ripartire da zero in veste di solista? Due cose: la saggezza e la stanchezza. In un mini-ecosistema protetto dove tutto andava studiato a tavolino, la sensazione di libertà deve essersi ridotta proprio ai minimi termini. Ecco perché Harry Styles, così come Zayn Malik, ha sposato la pausa “a tempo indeterminato” del gruppo per mettersi a scrivere con calma soppesando i tempi ma anche i suoni per un lavoro che ha sorpreso un po’ tutti, detrattori compresi. “Non volevo fare errori ma soprattutto non volevo avere fretta perché negli ultimi tempi la fretta la faceva da padrona. Ci capitava spesso di scrivere mentre eravamo in tour. Stavolta volevo godermi il piacere di realizzare un album senza pressioni, non mi è mai capitato di sentirmi così libero”, ha dichiarato il giovane cantante e, a giudicare dal risultato, l’intento è stato più che rispettato.
Registrato tra Inghilterra, California e Giamaica sotto l’egida del noto produttore Jeff Bhasker (già con Ed Sheeran, Alicia Keys, Bruno Mars, P!nk e molti altri), cui si sono affiancati alla produzione Alex Salibian, Tyler Johnson and Kid Harpoon, l’omonimo disco del 23enne (Columbia Records) si presenta ricco di riferimenti ai suoni tipicamente britannici: si va dai beat beatlesiani degli anni ’60 (Carolina) al britpop più vicino ai millenials (Meet Me in the Hallway) passando per ampie manciate di glam rock cosparso di vibranti chitarre elettriche (Only Angel e Kiwi). No ai dj producer, no all’elettronica, no alla dance, no ai tormentoni, Harry Styles intende raccontarsi lasciando il giusto spazio alla manualità. Forte del contributo dei musicisti che hanno suonato nel disco e che saliranno sul palco insieme a lui nel corso del tour che avrà inizio a settembre ( il 10 novembre all’Alcatraz di Milano), il cantante modula la voce, riuscendo ad avvicinarsi anche alle atmosfere folk, così come avviene in “Tho Ghosts” e “Sweet creature” ma anche e soprattutto alle corde del cuore come in “Sign of the Times”, il brano che ha fatto da apripista al disco e che segna lo spartiacque tra il passato del cantante e questo promettente presente.
Raffaella Sbrescia
Video: Sign of the Times
TRACKLIST
Meet Me in the Hallway
Sign of the Times
Carolina
Two Ghosts
Sweet Creature
Only Angel
Kiwi
Ever Since New York
Woman
From the Dining Table