Entra nel vivo la 64ma edizione del Festival di Sanremo: con il commento fatto conferenza stampa poche ore fa dal direttore di Rai 1 Giancarlo Leone, si scopre che gli operai, protagonisti della protesta in apertura della kermesse, sono Antonio Sollazzo, Mario Marsicano, Salvatore Ferrigno e Mariarosaria Pascale. Dipendenti del Consorzio del bacino di Napoli e Caserta, questi uomini hanno cercato, nel modo più mediatico possibile, di trovare un interlocutore della loro disperazione e di quella di tante altre famiglie…apparentemente lo hanno trovato in Fazio che, leggendo la loro lettera di protesta in diretta, ha dato voce ad una piccola rappresentanza di un paese alla deriva. In molti hanno pensato ad una farsa, ad un episodio costruito a tavolino ma non è giusto cercare sempre del marcio ovunque, il punto è capire che l’Italia è anche, e soprattutto, questo. Il monologo di Fazio sulla bellezza si rifaceva ad una bellezza che non ci appartiene più, siamo cinici, siamo opportunisti, siamo disillusi e pronti a puntare il dito. Anche sul web, dove il Festival di Sanremo sta ottenendo un grande successo, con più di 9 milioni di pagine visualizzate, il commento degli utenti non è stato quasi mai positivo.
Leggendo un po’ di rassegna stampa, questa mattina, mi ha colpito leggere che qualcuno ha definito il pubblico italiano molto simile agli spettatori degli antichi giochi romani, che avevano luogo nel Colosseo: il divertimento sta nel guardare affondare gli altri per sentirsi migliori.
Ora, partendo dal presupposto che dopo 64 anni il Festival è, e rimane, l’evento mediatico più seguito del paese un motivo ci sarà, il motivo è che ormai si tratta di un’istituzione e, in quanto tale, è soggetta a critiche ed attacchi. In base a questa constatazione, partiamo subito da quello che più o meno oggettivamente non ha funzionato durante la prima serata della kermesse: in primis la pessima esibizione di Laetitia Casta che, insieme a Fazio nei panni di un esistenzialista francese, ha annoiato veramente tutti tra stonature, coreografie insulse e sguardi melensi. In molti si sono anche lamentati dei soliti siparietti tra i conduttori Fazio e Littizzetto ma, in tutta onestà, se non fosse stato per le incursioni di Luciana, seppur a tratti molto scontate, la puntata sarebbe stata ancor meno coinvolgente.
Ma arriviamo all’argomento centrale di questa analisi: la musica. Prima di tutto è doveroso sottolineare la grande emozione di Luciano Ligabue che ha omaggiato Fabrizio De Andrè interpretando il brano “Creuza de ma”, accompagnato da Mauro Pagani: un momento davvero intenso, in grado di ripristinare gli animi scombussolati della platea fisica e virtuale. Per quanto riguarda la gara, la prima a cantare è Arisa: abbigliamento sensuale, trasparenze vedo non vedo e una voce cristallina sono le sue carte vincenti e tra i due brani proposti passa “Controvento”. Segue Frankie Hi Rng: Francesco Di Gesù è in ottima forma, secondo i più vagamente “infighito” nel vestire. “Un uomo è vitale se fa respirare”, canta in “Un uomo è vivo”, ma alla fine passa in finale il brano intitolato “Pedala”: un potenziale tormentone. Il bolero firmato da Cristina Donà, interpretato da Antonella Ruggiero, non conquista il pubblico, forse irrigidito dall’eterea classe della storica cantante dei Matia Bazar che, riesce, tuttavia, ad ammaliare i veri intenditori con i suoi inimitabili vocalizzi in “Da lontano”. Al sopraggiungere della tanto conclamata coppia formata da Raphael Gualazzi & The Bloody Bedroots la curiosità raggiunge, forse, il picco massimo: “Tanto ci sei” delude le aspettative con un arrangiamento che sa di tutto e niente mentre “Liberi o no” è un tentativo di sperimentazione musicale, il risultato è, comunque, al di sotto delle aspettative.
Il terzo ospite della serata è Raffaella Carrà: icona di un’epoca che non c’è più, eppure attuale nel palese richiamo alla controversa figura della contemporanea Lady Gaga. Elastica, tonica, vitale, a sett’anni la Raffa nazionale riscuote consensi come se non ci fosse un domani e, qualora non bastasse, è stata anche l’unica a lanciare un appello a favore dei due Marò italiani arrestati in India, ormai troppo tempo fa.
Tornando alla gara ci troviamo a commentare la performance di Cristiano De Andrè che, nel brano “Invisibili”, ha cercato di convogliare sentimenti, emozioni e ricordi. Il risultato è stato, per alcuni, molto toccante, per altri un malriuscito tentativo di imitazione del compianto padre. Per me: da riascoltare. La seconda canzone proposta dal cantante, che sarà poi quella a passare in finale, è “Il cielo è vuoto”, i cui archi ricordano molto qualche più famosa melodia dei Coldplay.
La vera rivelazione della serata sono i Perturbazione: freschi, orecchiabili, sfiziosi…in una parola originali. Il gruppo ha riscosso un notevole successo sia con “L’unica”, il brano che ha passato il turno, sia con “L’Italia vista dal bar”: potenziali vincitori del Festival.
Il momento poesia è affidato da Yussuf Islam (Cat Stevens): “Peace Train”, un accenno a “All you neeed is love” dei Beatles e la celeberrima “Father and Son” lanciano il pubblico dell’Ariston, e penso proprio anche quello da casa, in una spontanea e sentita standing ovation: una preziosa parentesi che ha risollevato le sorti dell’intera serata.
Chiude la carrellata dei big Giusy Ferreri che, a differenza delle aspettative, riesce a ritagliarsi una fetta di consensi con il brano intitolato “Ti porto a cena con me”.
Alla luce di quanto visto e ascoltato, la curiosità e la speranza di scoprire se qualcuno avrà davvero osato con qualcosa di inatteso crescono di ora in ora. L’appuntamento è per questa sera!
Raffaella Sbrescia