A sedici anni di distanza dall’ultimo disco di inediti, Eugenio Finardi torna con “Fibrillante”: dieci canzoni che si servono di un antico spirito di lotta per smuovere le coscienze e raccontare il dramma di una società priva di idee, anima e prospettive. A produrre l’album è Max Casacci, fondatore dei Subsonica, noto come uno dei pochi che, in campo musicale, si sono sempre mostrati pronti alla riflessione e all’analisi di problematiche di svariata entità. Tanti sono, inoltre, gli ospiti che hanno voluto dare il proprio contributo a questo bel progetto discografico. Si tratta di: Manuel Agnelli degli Afterhours, i Perturbazione, l’ex PFM Vittorio Cosma e Patrizio Fariselli degli Area. Il rock d’autore di Finardi trova, dunque, nuova linfa in un sound attuale e complesso ma che, tuttavia, lascia ampia libertà ad un cantato arrabbiato e furente. Colpisce all’orecchio il funzionale cambio d’intonazione di Eugenio che, in ogni singola frase, scandisce, con emozione, ma soprattutto con piena convinzione, parole e condanne.
Il disco si apre con “Aspettando”: “Ore e ore e ore/senza niente da pensare/senza sentire niente/senza avere niente da fare altro che/aspettare”… Ad aspettare cosa? Un ruolo nella società? Una sicurezza nel futuro? Un po’ di rispetto, pace e tranquillità? Tutti miraggi! Lo sa bene Finardi che smista rabbia e delusione lasciando confluire i frutti delle sue riflessioni in “Come Savonarola”: lo sputtanamento della vittoria dei culi stanchi. “Lei s’illumina” è una dolce e sentimentale parentesi, utile per distendere un attimo le fibre dei ventricoli del cuore prima di “Cadere sognare”: una spietata invettiva contro gli ideologi cresciuti alla Bocconi, gli economisti e i professori che spacciano prediche e valori. È un nuovo Medioevo quello cantato da Finardi in “Fibrillante” in cui nemmeno la paternità è più un diritto dell’uomo, così come accade ne “La storia di Franco”: “lei pensa che io sia in Africa a combattere la povertà, infatti la combatto ma la mia Africa è qua”, canta Finardi, raccontando la vergogna di un padre solo e povero che preferisce scivolare via, liquefatto dal proprio fallimento. Di tutt’altro registro è, invece, la title track “Fibrillante” in cui il futuro rimane, tuttavia, qualcosa che ci attira e che non fa paura. A seguire un brano molto toccante, che entra nell’intimità della sfera femminile, “Le donne piangono in macchina” è un brano che rivela, infatti, il comune senso di paura e solitudine, spesso celato da tantissime donne. Tra le mareggiate e le litigate di “Fortefragile” emerge l’inettitudine del protagonista di “Moderato” e la carica di un implacabile monito: Muoviti! Sbattiti! Sbrigati! Lavora!!! La conclusione del disco è affidata a “Me ne vado”, il testo rimanda la mente ad un avvilente e laconico sventolìo di bandiera bianca ma, che sia una resa o uno schifato addio, colpisce pensare che si sia arrivati al punto di dire “me ne vado e non torno più”.
Raffaella Sbrescia