“L’opera, quando trasforma il luogo in cui è posta, ha veramente una valenza testimoniale del proprio tempo, riesce ad improntare di sé un contesto, per arricchirlo di ulteriori stratificazioni di memoria”. Questa è la visione artistica di Arnaldo Pomodoro, uno dei più illustri scultori del nostro tempo che, attraverso la sua grande passione per il teatro, ha inventato forme, materiali e macchine per un totale di 44 progetti scenici dal 1972 ad oggi.
Nell’omaggio che, Vittoria Crespi Morbio e l’Associazione Amici della Scala, hanno inteso rendere all’operato dell’artista nel volume “Pomodoro alla Scala”, presente all’interno della collana “Gli artisti dello spettacolo alla Scala”, traspare tutto il rigoroso impegno con cui Arnaldo Pomodoro ha contribuito allo sviluppo e alla crescita artistica italiana. Nato a Montefeltro nel 1926, Pomodoro comincia a lavorare in campo teatrale intorno agli anni Cinquanta, si trasferisce a Milano nel 1957 ed instaura uno speciale rapporto di collaborazione artistica con Giorgio Gaslini e Fabio Vacchi. Negli allestimenti di Pomodoro anche gli abiti di scena appaiono come sculture in movimento; la sua idea scenografica dello spazio assorbe ed ingloba tutti gli elementi scenici per la realizzazione di una visione d’insieme: il teatro scolpito. Con Fabio Vacchi, lo scultore debutta al Teatro alla Scala nel 2007, nell’opera “Teneke”: la tragedia di una terra perduta, lo smarrimento degli esuli, pietre, acqua e fango entrano nell’immaginario collettivo, animandosi.
Esigente e scrupoloso, Arnaldo Pomodoro ha saputo farsi forte della sua tempra volitiva per regalare all’elemento scultoreo una forma di vita propria. Il miracolo del movimento a vista costituisce, infatti, l’elemento centrale dell’impegno fisico e della fatica psicologica che contraddistinguono ogni produzione di Pomodoro, i cui studi e carteggi sono custoditi negli archivi della Fondazione Arnaldo Pomodoro, nata nel 1995.
Raffaella Sbrescia