Umbria Jazz: il compitino dei Toto e il mecenatismo raffinato di Bosso. I report dei due concerti

Grande attesa per il concerto dei TOTO a Umbria Jazz: l’evento Rock dell’Arena Santa Giuliana. E, pur non essendo fan della band, comprendiamo giustamente gli entusiasmi che hanno accompagnato l’annuncio delle quattro date live in Italia del gruppo statunitense.
I TOTO si sono formati a Los Angeles nel 1976 e, del gruppo originario, è rimasto solo il chitarrista Steve Lukather, accompagnato da Joseph Williams, la più vecchia tra le voci che si sono alternate nel corso degli anni. Tante, infatti, sono state le sostituzioni operate dagli inizi degli anni ’80, e la formazione attuale non ha più quasi nulla di quella originaria.

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Adesso al suo organico oltre a David Paich, che ha collaborato alla realizzazione dei primi album, senza però mantenere una continuità di presenza nel tempo, la band annovera John Pierce, Robert Searight, Steve Maggiora, Dominique Taplin e Warren Ham, e in questa formazione sta portando in giro per il mondo una tournée decisamente impegnativa. Arena Santa Giuliana sold out e fan di più generazioni in modalità “grande evento”. Un grande evento che però, a nostro avviso, ha un pochino deluso.
Innanzitutto la platea è seduta, e seduta rimane fino alla fine del concerto. Ora, la pretesa di far stare sedute le persone durante un concerto rock ci sembra francamente un assurdo. Ricordiamo il meraviglioso concerto di David Byrne del 2018, la gente riversata sotto palco e il frontman del Talking Heads dire chiaramente “o li fate ballare, o fermo il concerto”. E ci saremmo aspettati qualcosa di simile, qualcosa che però non accade fino all’esecuzione degli ultimi due brani. Ecco, in questo senso, il calore che avrebbe dovuto caratterizzare una serata così importante è mancato.

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Sono una band significativa, i TOTO, con i loro 14 album pubblicati, tutti i dischi live, i quarant’anni di attività, ma una band che non si riesce bene a definire in termini di continuità di ascolto, almeno qui in Italia. Parlare dei TOTO significa evocare alcuni grandi successi, come Africa o Rosanna e poco più: ma non alle orecchie del pubblico di Perugia che, regolarmente equipaggiato di maglietta commemorativa, in gran parte i brani se li canta tutti. Evidentemente estimatori.
Ci si sarebbe attesi una partecipazione rock con tutti i crismi, e invece si ha un poco la sensazione di guardarlo in TV, questo concerto. Belli gli effetti luce, le scenografie, bravi loro, ma poco trainanti. E, va detto, il pubblico non ha neppure un granché voglia di essere trainato. Dopo aver assistito all’incredibile live di Kravitz, beh, la delusione è molta.
Il filo conduttore del concerto è un album live, “Whit a Little Help From My Friends” uscito già da qualche anno in cui, oltre ai brani già citati, e ad altri altrettanto noti, vengono proposti brani meno noti, come Georgy Porgy, Pamela, Girl Goodbye. Tutto sulla base di una scaletta già prestabilita che nulla concede a digressioni.
Sul palco non si fanno guardare dietro, grande professionalità, armonie rese alla perfezione, intrecci di note e di strumenti. Un ascolto decisamente gradevole, ma si ha la sensazione di essere di fronte a un pacchetto ben preconfezionato poggiato sul banco di un supermercato. Niente a che vedere con gli acquisti di qualità fatti direttamente in bottega.
Due ore precise di concerto, pubblico, ripetiamo, quasi interamente seduto comodamente in poltroncina (quelle dell’Arena santa Giuliana sono molto comode, va detto), circa 30 minuti persi in chiacchiere, una simpatica presentazione dei componenti del gruppo attraverso l’esecuzione di accenni di brani celebri altrui, 16 brani come da scaletta, e nessun bis.
Il pubblico nemmeno lo chiede, il bis. Si alza, composto, e defluisce.
Nessun delirio, nessuna improvvisazione, nessun mancamento, niente di tutto quello che il rock non chiede: impone. Vero è che un concerto dei TOTO va visto nella vita, ma forse siamo arrivati nel momento sbagliato. Ci duole dirlo, ma un’esperienza assolutamente evitabile.
Nel pomeriggio invece, al teatro Morlacchi, Fabrizio Bosso ha presentato About Ten, progetto realizzato in collaborazione con Paolo Silvestri che ha curato gli arrangiamenti dei brani.

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Si tratta di una rivisitazione di alcuni grandi maestri del Jazz, come Gillespie, Duke Ellington, affiancata dalla proposta di brani originali, nell’esecuzione di Mazzariello al pianoforte, Ferrazza al contrabbasso, e Angelucci alla batteria. Oltre a loro, un sestetto di fiati selezionato tra giovani talenti provenienti da tutta la penisola, e questo è l’aspetto veramente interessante del progetto.
L’impegno del trombettista italiano nel promuovere la musica presso le nuove generazioni è sempre stato alto. I talenti vanno valorizzati, e consentire loro di avvicinarsi a un palco come quello del Morlacchi rappresenta un fattore di notevole motivazione. Della bravura di Bosso non stiamo nemmeno a parlare, ma di questa forma di impegno sì, perché è un aspetto meno evidente ma non meno importante nella realtà musicale di un artista che, giustamente, consideriamo un vanto.
E’ un impegno che va avanti da tempo. Bosso non è nuovo a questo genere di sana sponsorizzazione. Già nel 2021 si rese protagonista di una performance di altissimo livello e coinvolgimento nel progetto Erios Junior Jazz Orchestra, una formazione di ragazzi composta da circa trenta elementi di età compresa tra i 7 e i 20 anni, diretta da Mario Biasio.
E’ importante per le future generazioni di musicisti avere certi riscontri e certe opportunità, e di questa sensibilità, che va ben oltre le potenzialità diaframmatiche del fantastico trombettista, siamo sinceramente grati.

Roberta Gioberti