Umbria Jazz il “concerto perfetto” di Potter, Mehldau, Patitucci e Blake. E non solo.

Mentre i Funkoff colorano di note, come ogni anno, le strade di Perugia, prosegue la festa della musica, giunta ieri alla sua quarta giornata. La banda di Vicchio, capitanata dal suo fondatore, Dario Cecchini, sono oramai anni che è ospite fissa di Umbria Jazz, e rappresenta uno dei momenti di musica in strada più divertenti in assoluto. Si muovono coreograficamente i ragazzi toscani che hanno fatto scuola nel genere e, con la loro doppia uscita quotidiana, fanno parte di quello che assolutamente non si può perdere.
E’ tutta un suono, Perugia, e muoversi tra le sue strade medievali, in mezzo a scorci di una bellezza da togliere il respiro, è davvero un’esperienza indimenticabile.
Come indimenticabile è l’esibizione del duo Peirani Parisien in sala Podiani.

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Peirani è l’incredibile fisarmonicista francese che avemmo modo di conoscere proprio a Umbria Jazz qualche anno fa e propone un progetto dal titolo “Abrazo” insieme a Emile Parisien, connazionale sassofonista di Cahors. I due giovani e simpatici artisti danno vita a uno spettacolo magico, in alcuni momenti quasi circense, muovendosi tra scambi di fraseggi a modulazione alternata tra un tango, una ballata, un valzer, momenti jazz e momenti lirici, attimi frenetici e attimi di pace assoluta.
Ci si abbraccia nella danza, ma anche nella vita, ci si abbraccia tra amici e tra persone che si vogliono bene: ci si abbraccia anche nella musica, e Parisien e Peirani, che vantano una conoscenza di vecchia data, anche per aver intrapreso un percorso musicale simile sin dall’infanzia, seppur con strumenti diversi, proprio questo fanno. Si abbracciano con intensità e abbracciano il pubblico, lo coinvolgono in divertissments musicali e non, dando vita a un’esibizione difficile da dimenticare.
Le sale di Perugia sono tutte piene, è incredibile. Del resto la proposta è di qualità assoluta: a Perugia, anche in strada, c’è spazio solo per le eccellenze.
E eccellenza è quella di Danilo Rea, al Morlacchi alle 17, con il suo oramai collaudato e sempre vario “Piano Solo”, una serie di improvvisazioni su temi musicali generalmente mutuati dal pop e rivisitati in chiave jazz.
E’ indiscutibile il talento di Rea. Quello che gli rimproveriamo è il fatto di immergersi completamente nelle sue note, creando in qualche modo una sorta di campana di vetro tra lui e il pubblico, che pure lo adora, ma non riesce a entrare in contatto diretto. Nelle improvvisazioni di ieri, tanti gli accenni non completamente sviluppati.

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Mani che a un certo punto sembrano volare sui tasti, bravura da dieci e lode, ma l’impatto è rimasto un poco freddo. Alla fine, con l’esecuzione di “Un giorno dopo l’altro” di Tenco, e di “Merry Christmas Mr. Lawrence” di Sakamoto, la musica cambia, diventa più calda, quasi un rilassarsi dopo una tensione crescente. Ecco, se avesse inserito momenti così durante la performance (cosa che solitamente fa e ci si aspetta), lo avremmo apprezzato.
Arena Santa Giuliana, è il momento di Potter, Mehldau, Patitucci e Blake.
Ora, prendiamo quattro numeri primi: un numero primo, assoluto e indivisibile, al sax, uno alla batteria, uno al contrabbasso e uno al pianoforte, ed ecco che esce fuori il concerto impeccabile.
Mehldau è antipatico, non lesina di dimostrarlo anche nelle espressioni del volto, e seppur indiscutibilmente bravo, non riscuote la nostra personale ammirazione per via di questo limite caratteriale: tuttavia, nel susseguirsi di note proposte da Potter nel progetto sviluppato insieme, trova una dimensione davvero accattivante, quasi commovente. Per il resto, poco da dire, oltre al “il concerto perfetto”.
Blake incontenibile nelle improvvisazioni, Patitucci empatico, Mehldau indiscutibile, e Potter…beh, Potter ti prende e ti piazza direttamente sull’ancia, il suo respiro diventa il tuo, e il cuore batte all’unisono.

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Ripeto: “Il concerto perfetto”. Il profondo inchino dei quattro artisti si affaccia su una standing ovation meritatissima. Un altro grazie a UJ per questa cosa memorabile.
A seguire, i Gil Evans Remembered ci fanno dono di un’ora e mezza quasi due di ricordi: i ricordi di quello che è stato un momento topico per Umbria Jazz.
Nel 1987 infatti l’orchestra di Gil Evans, di cui alcuni componenti sono sul palco, ha eseguito una serie di concerti notturni nell’ex chiesa di San Francesco al Prato, che sono rimasti nella storia.
E’ a quei concerti che si ispira il repertorio messo in scena alla Santa Giuliana, arena non più affollatissima ma estremamente partecipativa.

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Un’emozione sul filo della memoria magistralmente orchestrata da Pete Levin, che introduce i brani con poche essenziali parole. I ricordi spesso portano con loro un retrogusto di stantio: ecco non è questo il caso.
Rivisitazioni vivaci capaci di solleticare la curiosità e l’attenzione di chi, purtroppo, a quell’esperienza non prese parte.
Insomma, chi sostiene che UJ abbia virato al POP, trascurando il Jazz, dopo la giornata di ieri sarà costretto a ricredersi.

Roberta Gioberti