Si è tenuto lo scorso 3 maggio, presso la Veranda Neoclassica di Villa Pignatelli a Napoli, nell’ ambito della rassegna di concerti organizzati dall’Associazione culturale Maggio della Musica, il concerto del maestro argentino Javier Girotto (sax soprano, sax baritono, flauti andini), accompagnato dall’Atem Saxfon Quartet composto da David Brutti (sax soprano), Matteo Villa (sax contralto), Davide Bartelucci (sax tenore) e Massimo Valentini (sax baritono). Incentrato sull’eccellenza e sulla qualità del dettaglio, il concerto, durato circa un’ora e mezza, ha rappresentato una preziosa occasione di conoscenza artistica e culturale; un viaggio sonoro pregno di contaminazioni e virtuosismi strumentali estremamente suggestivi. In scaletta brani tratti dai due lavori discografici che Girotto ha realizzato insieme al quartetto di sassofoni: « Tutto è nato durante un periodo in cui stavo scrivendo musica per sassofono, avevo intenzione di girare il mondo con vari quartetti ma poi ho scelto l’Atem Saxfon Quartet per una collaborazione più stabile e da lì è nato tutto. Il primo disco “Suix” l’ho arrangiato tutto io mentre il secondo, intitolato “Araucanos”, l’ha arrangiato il baritono Massimo Valentini, sempre su brani miei originali», ha poi spiegato Girotto che, grazie alle sue brillanti intuizioni compositive, è riuscito ad integrare la passione e la tradizione argentina all’interno dei più introversi meccanismi jazz per un risultato stilistico unico e coinvolgente.
In apertura quattro brani di fila: in primis “La poesia”, il battito teso e concentrato dell’intro, trova subito un approccio empatico ed immediato, il tempo è incessante fino ad un intenso crescendo lirico, in cui ciascun musicista riesce a sedimentare il proprio suono in un unico interstizio emotivo, richiuso da un assolo del maestro Girotto, dal sapore malinconicamente crepuscolare. A seguire “Il senso della vita”: il ritmo è subito incalzante, corpi, suoni e strumenti veleggiano spediti verso un altrove guidato dal fascino ipnotico del flauto andino di Girotto: un richiamo magico ed ancestrale. Sulla stessa linea d’onda è la scia introduttiva di “Nahuel” (che nella lingua indigena della Patagonia significa puma), il flauto è il vero protagonista di una leggenda che si districa tra velocissimi ed impressionanti dialoghi tra tocchi e respiri. Il quarto brano, eseguito di fila, è “Morronga la Milonga”: la concreta realizzazione dell’incontro tra tango e jazz. Un brano di indiscutibile fascino, dettato da un’impressionante carica strumentale ed emotiva: lo spettacolo nello spettacolo.
Dopo la prima parentesi parlata di Girotto, dedicata alle presentazioni di rito, si ritorna all’ascolto ed è la volta di “Suix”, un brano composto al pc e completamente riarrangiato dall’Atem Saxfon Quartet con un pregevole bilanciamento tecnico, finalizzato alla valorizzazione delle ineccepibili capacità tecniche ed espressive di ciascuno dei musicisti coinvolti. “Che querido “Che” è una composizione solenne, ispirata ad un leggendario personaggio che, ancora oggi, è un’icona universale. «La mia ricerca stilistica nel tempo è cambiata… Tanti anni fa mi dedicavo sicuramente molto al jazz, poi pian piano sono tornato un po’ alle mie origini cercando di contaminare il jazz con le sonorità che richiamano l’atmosfera e lo spirito tipico della musica argentina», ha raccontato Javier Girotto, dopo il concerto. Uno dei brani che risponde al meglio a questi intenti è “Araucanos”: un’introduzione epica si allaccia ad un accompagnamento lieve e delicato fino all’ultimo respiro. Molto sfizioso e divertente l’aneddoto legato alla rivalità calcistica tra Argentina e Brasile, rimarcato dal brano “Maradona è meglie ‘e Pele”, irresistibili e goderecci latinismi strumentali ammorbidiscono tensioni e pensieri. In conclusione “La luna”, la composizione ispirata ad una delle poesie di Jorge Luis Borges: un vortice strumentale, dapprima incessantemente incandescente, poi più pacato e soffuso, costruisce una parabola emotiva di indiscutibile impatto.
Interprete di note e sogni, Girotto si conferma ancora una volta un virtuoso della contaminazione musicale: «Proprio insieme a Michele Campanella, direttore artistico del Maggio della Musica a Napoli ed autorevole virtuoso della musica classica, sto lavorando ad un disco su brani del repertorio di Maurice Ravel per un lavoro ricco di contaminazioni stilistiche», la promessa di un nuovo viaggio fatto di sogni.
Raffaella Sbrescia