«Io e Danilo amiamo la musica. La musica è magia perché trasforma le sensazioni in emozioni. Questa sera noi due faremo un viaggetto nella bella musica senza nient’altro intorno, ci saremo soltanto io, così come sono e Danilo, così com’è. Non me ne frega un cazzo delle luci e della scenografia, la musica non ha bisogno d’altro. Noi inseguiamo l’emozione e quasi tutte le sere riusciamo a trovarla. Speriamo che un po’ di questa emozione arrivi anche a voi». Sono queste le parole con cui Gino Paoli ha introdotto “Due come noi” il concerto in duo con il famosissimo pianista Danilo Rea sul palco del Teatro Manzoni di Milano, nell’ambito di “Expo a teatro”, la rassegna di grandi eventi internazionali che animeranno il celebre teatro meneghino. Una serata speciale per lasciarsi coinvolgere, scuotere, sondare, commuovere da una voce e da un pianoforte.
Via, si salpa sull’oceano di note italiane ed internazionali con “Una furtiva lagrima”, “Time after time”, “O’ Sole mio”, “Sapore di sale”. Gino e Danilo spaziano in lungo e in largo, contaminano, sperimentano, inventano nuove interpretazioni di canzoni dal fascino indelebile. «La mia vita è stata molto lunga - spiega Gino Paoli – Quando avevo vent’anni neanche pensavo di arrivare a sessanta, eppure è successo; la vecchiaia è una malattia che prendono tutti. Nel corso di questo lunghissimo viaggio, ho avuto tanto, sono stato bene e ho avuto molta fortuna eppure ho un grosso rimpianto: non ho trascorso abbastanza tempo con le persone che amavo. Il ricordo è rimasto ma anche quello pian piano si sbiadisce per poi sparire. In genere quel che resta non è che quello che si è ricevuto ma quello che abbiamo dato – continua Paoli – ecco, alcuni miei amici mi hanno dato delle belle canzoni e noi vogliamo ricordarli con quelle».
E il viaggio riprende a vele spiegate, il timoniere è Danilo Rea mentre Paoli è l’esperto marinaio. “Bocca di Rosa” (strumentale) di Fabrizio De Andrè, “Vedrai vedrai” di Luigi Tenco e “Il nostro concerto” di Umberto Bindi sciolgono letteralmente il cuore. «Non so esprimermi al meglio parlando, forse lo fanno meglio le canzoni per me», racconta Gino Paoli al pubblico estasiato, ed è così per davvero. “Un addio”, “La gatta”, “Fingere di te”, “Como fue” di Ernesto Duarte Brito sono i brillanti scelti per arricchire una scaletta sempre diversa: «Ogni sera cambiamo tutto, ci reiventiamo, riarrangiamo i brani – racconta, divertito, Gino Paoli – Il jazz è musica inventata mentre stai suonando o cantando. Il jazz è una mentalità, ciò che avviene in quel momento è irripetibile ed è proprio per questo che il jazz ci piace moltissimo». “Che cosa c’è”, “Passione” di Libero Bovio, per una preziosa incursione nella musica napoletana di primo ‘900, “Sassi” e l’immancabile tributo al maestro Jacques Brel, “Albergo a ore”, “Reginella”, “Il cielo in una stanza”, poi gli acclamatissimi bis: “Una lunga storia d’amore”, “Senza fine” e, per concludere, la bellissima “Ti lascio una canzone”, il brano che ha dato il là a questa meravigliosa avventura in duo con cui Paoli e Rea rinnovano, ogni volta, una piccola, preziosa, imperdibile magia.
Raffaella Sbrescia