Si è tenuto lo scorso 29 marzo, presso l’Auditorium Salvo D’Acquisto di Napoli, il terzo ed ultimo concerto previsto dalla rassegna “I Colori del Jazz”, prodotta dal Live Tones. Protagonisti del palcoscenico il celeberrimo Enrico Rava alla tromba e Andrea Pozza al pianoforte, due veri e propri fuoriclasse che, insieme, hanno conquistato l’affollata platea partenopea.
Partendo dal presupposto che si sta parlando di musicisti di fama internazionale, straordinariamente preparati dal punto di vista accademico, l’aspetto che, più di altri, rimane impresso è sicuramente quello legato alle speciali doti interpretative con cui i due artisti sono riusciti a trasformare toni e significati di ciascun brano. Risulterebbe superfluo sottolineare gli innumerevoli successi ed il consenso mondiale che Enrico Rava ha saputo conquistarsi nel corso di una carriera a dir poco stellare perché, anche chi non ascolta jazz abitualmente e non conosce il grande repertorio da cui egli è solito attingere materiali e ispirazioni, sa rendersi perfettamente conto che il suono della sua tromba è un richiamo ancestrale alla bellezza.
Rava e Pozza hanno spaziato tra melodie e brani tratti dalla miglior tradizione jazzistica, dagli standards più antichi, tratti dal repertorio di Miles Davis e Chet Baker, a qualche incursione nella musica brasiliana di Jobim fino a brani composti dallo stesso Rava; il tutto elaborato in maniera originale ed estemporanea. Il tocco delle dita di Enrico Rava assume la fisicità di una ritualità inquieta, pronta a stravolgere suoni e pensieri. Elegante e consapevole, l’andatura del suo suono rappresenta un monito algido e austero in grado di trasformarsi, da un momento all’altro, lasciando che le increspature strumentali di Andrea Pozza s’intersechino come temibili cavalloni all’interno della melodia.
Enrico e Andrea hanno saputo lasciarsi andare ad un giocoso scambio di intro e out, prima sulle note di uno standard americano, poi su volteggi di “Certi angoli segreti”. Il brano di Rava rappresenta una ricerca strumentale verace e vorace in cui il pianoforte rimane coinvolto in un’affannoso gioco amoroso; un continuo rincorrersi e ritrovarsi dedicato a Nino Rota.
Sulle note di “Retrato em braco e Preto”, Rava e Pozza ripercorrono la costruzione del suono, segmento per segmento, niente è lasciato al caso eppure una grossa percentuale di quello che abbiamo sentito è soprattutto frutto della personalità dei musicisti in questione. Questa è, forse, una delle caratteristiche più affascinanti del jazz: si passa da un’energia frizzante, “malupina” e beffarda alla cupa drammaticità di un soffio finale nella tromba. Il lirismo e le infinite capacità improvvisative di Rava trovano terreno fertile nella padronanza che Andrea Pozza ha del pianoforte, insieme viaggiano nel tempo e tra i generi musicali, vanno da “Cheek to Cheek” alla bossanova e in questo viaggio c’è tanto spazio anche per il pubblico che, su invito di Rava, si lascia coinvolgere in una corale esperienza di compartecipazione che, insieme all’ultimo bis, ha segnato la conclusione di una serata davvero speciale.
Raffaella Sbrescia