Si è concluso presso il Teatro Acacia di Napoli il tour teatrale di Giuseppe Peveri, in arte Dente. Il cantautore di Fidenza lascia subito cappello, giacca e sciarpino sull’attaccapanni, posto sul palco, per lasciarsi andare ad un concerto confidenziale ed intimo, seguendo il suo stile semplice ma efficace. Con lui i fidati musicisti di sempre: Signor Solo (tastiere multiple ed organi elettrici), Nicola Faimali (basso e contrabbasso), Gambo (batteria) e Effe Punto, nella veste di factotum.
Sullo sfondo una parete rossa ed una piccola porta bianca, la stanza dei sogni di una vita, quelli dolci e malinconici che ti lasciano sempre un po’ di amaro in bocca e nella testa. Ad aprire il concerto è “Chiuso dall’interno”: “il coraggio finisce qui”, canta Giuseppe, mentre il suo fare bohemienne e la sua fisicità tipicamente skinny ci riportano indietro nel tempo, il tempo di quei cantautori che, negli anni ’70, cantavano giornate perdute e amori appassiti. “Al Manakh”, “Casa tua”, “Saldati” sono i primi colpi a salve con cui Dente colpisce i fianchi del pubblico, smuovendone le budella.
“Chi semina poesie raccoglie dolore”, confessa Giuseppe, mentre “Dxg”, “Un fiore sulla luna” e “Miracoli” sono la triade di canzoni scandite dal dolce fluttuare di lampadine che, come lucciole luminose, rallegrano gli occhi e lo spirito. “Quest’anno l’amore inciampa a primavera, ho visto il diavolo ieri sera pensare che l’ho invitato io, gli ho dato tutto ciò che avevo ha digerito e se ne è andato via”, queste le parole più inquietanti, tratte dal testo di “Incubo”.
A seguire “Invece tu”, “Casa mia” e “A me piace lei”, caratterizzate dai particolarissimi manierismi attitudinali propri dell’artista. “Sicuramente ho visto più di quello che dovevo avendo gli occhi collegati molto bene con il cuore”, canta Dente in “Sinceramente”, il brano scritto per Arisa, fino al sopraggiungere del momento più immediato ed intimo del concerto. Giuseppe rimane da solo sul palco, si accende una sigaretta, aziona un registratore analogico e scava a ritroso nel suo repertorio, coinvolgendo il pubblico in una catartica parentesi ipnotica: Dente è un tutt’uno con la chitarra, accorda e scorda a suo piacimento lo strumento interagendo frequentemente con la platea. “Beato me”, “Solo andata”, “Da Varese a quel paese” (eseguita per due volte per una versione perfetta) sono i brani racchiusi nello spazio della durata di una sigaretta.
Subito dopo torna sul palco il Signor Solo per una deliziosa “Baby building”. “Ti regalo un anello” sancisce il ritorno sul palco della band, seguito da “Buon appetito”: “sapessi che felicità mi da l’idea di non vederti più”, canta malinconicamente Dente. Il concerto si avvia alla fine, “Le cose che contano”, “La settimana enigmatica”, “Coniugati passeggiare”, “Remedios Maria” (cantata con tanto di cappellino luminoso sulla testa) scandiscono l’ultima parte del concerto; l’atmosfera è distesa e rilassata, c’è voglia di ascoltare, ricordare, sognare.
Giuseppe si mette al pianoforte per cantare e suonare “Meglio degli dei”, prima dell’uscita di scena. Pochi secondi di attesa e tutti tornano sul palco per concludere il concerto ed il tour in bellezza con la “Cena di addio” e l’immancabile “Vieni a vivere”, il manifesto dell’amore ai giorni nostri.
Raffaella Sbrescia