Esiste una forza, una forza che è nel quotidiano. Ed è del quotidiano femminile che stiamo parlando. E’ un argomento che si affronta da anni, quello della difficoltà del mondo femminile a confrontarsi con un altro mondo, per certi versi opposto, ma indispensabilmente complementare, che è quello maschile. Fatto di motivazioni diverse, di atteggiamenti diversi, di coinvolgimenti diversi. Diversi non vuol dire migliori o peggiori, ma diversi. Una diversità riconosciuta e paradossalmente negata allo stesso tempo, una diversità che vuole contrapposti due mondi che non sempre vivono in guerra, ma spesso distaccati. E così, senza fanatismi da attivismo femminista, accade che due donne, di età diversa, si incontrino. E nell’incontrarsi, confrontino i propri mondi, l’uno fatto di coinvolgimento, di impegno, di lotte, l’altro di sostegno, di familiarità, di dedizione al prendersi cura, di rassegnazione all’assenza. Una delicata, e a tratti poetica, analisi dell’essere donna nella quotidianità, quella fatta da Daria Colombo nel suo libro “La forza delle donne”, che si è trasformata in uno spettacolo teatrale e musicale, realizzato a sostegno delle iniziative di due Onlus, e più precisamente Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna, e alla Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano, con la regia di Velia Mantegazza. Ad accompagnare le letture ed i versi, il pianoforte e i flauti di Ilaria Biagini.
Sul palco, di fianco a sé, Daria Colombo ha voluto il marito, Roberto Vecchioni. Un cantautore che del mondo femminile ha scritto tanto, e lo ha cantato da uomo. “Costano le donne costano più dei motori dei gioielli e delle lacrime ballano le donne ballano ma quelle vere sono rare e non si comprano tu le puoi prendere ma non comprendere” testo di Ornella Vanoni, che volle fare suo in una leggera e felliniana reinterpretazione.
E ancora, anni fa, in “Voglio una donna con la gonna”, meravigliosa provocazione rimasta incompresa dai più, “Prendila tu quella che fa il leasing, quella che va al briefing, stronza come un uomo, sola come un uomo”.
Ho vissuto gli anni del femminismo con molta diffidenza. Ed ho sempre creduto che non sia nel tentativo di scimmiottare gli atteggiamenti maschili, la vera emancipazione, ma nel rivendicare un ruolo che viene sempre più negato da una società diventata competitiva e spietatamente utilitaristica. Ci sono cose che solo una donna può fare, o meglio, che sarebbe meglio che facesse, semplicemente perché sono nella sua natura. Una natura che non può e non deve essere negata da logiche di mercato, come non possono e non devono esserlo molte altre cose.
Il mondo cambia, cambiano i modi di rapportarsi, e di interpretare i ruoli. Anche le dinamiche dei rapporti cambiano, e si abbattono muri, spesso alzandone altri, considerando sempre più i sentimenti come qualcosa di cui si può fare a meno, o meglio, che si può vivere in autonomia, prescindendo da quelli degli altri. E’ l’era dell’egoismo sentimentale. Le persone vanno, vengono, non si impegnano, colgono l’attimo, però vogliono certezze, senza assumersi responsabilità. Se sarà meglio o sarà peggio, nessuno potrà dirlo: Sarà semplicemente diverso. E se da un lato riconosciamo le difficoltà di adattamento del mondo femminile, dall’altro non neghiamo quelle di un mondo maschile che, indubbiamente, ha perso anch’esso molti punti di riferimento. Una riflessione più serena, più empatica e meno conflittuale al riguardo non guasterebbe, a nostro avviso.
Tuttavia, a prescindere da ciò, resta il valore assolto della musica. Ci sono note che per sempre continueranno a toccare la nostra anima. Note che accompagnano le letture tratte dal libro.
Le note di “Velasquez”, il grande viaggiatore,di Figlia, l’omaggio a Enrico Ruggeri, con “Quello che le donne non dicono”, de “il cielo capovolto”. E la toccheranno oltre le differenze sessuali, la toccheranno arrivando dritte al cuore, il vulnerabile cuore. Perché sono note che parlano d’amore. E quello, non conosce differenze di sesso, è semplicemente la motivazione, riconosciuta o negata, che crea il bello che c’è al mondo. A grande richiesta del pubblico, alla fine “Luci a San Siro”, interpretata da Vecchioni con l’intensità dell’età matura. E qui, come in un bel fine pasto, è giusto non aggiungere nulla……per continuare a sentirne il sapore il più a lungo possibile.
Roberta Gioberti
Photogallery a cura di: Roberta Gioberti