Metti una sera al Castello Sforzesco di Milano sotto una fresca pioggia di luglio. Il tutto mentre le melodie strumentali di Dardust aka Dario Faini costruivano intelaiature di universi immaginifici tutti da vivere. Questo è il plot del concerto che ieri sera abbiamo visto nell’ambito della rassegna estate sforzesca. Con una suggestiva mise en place, Dardust ha suddiviso il suggestivo show in due parti. La prima, “Slow is” di chiaro stampo emotivo, minimale ma curatissima, con l’ausilio degli archi, specie quello di Lucio Enrico Fasino; la seconda “The new loud” dirompente, totalizzante, catartica. Uno spettacolo completo e variegato, curato nel dettaglio, con riproduzioni di suoni, di versi, di strumenti, di visuals pensati per avvolgere lo spettatore e catapultarlo in una dimensione spazio-temporale avulsa da qualunque contesto reale. Il mondo di Dardust è fatto di suggestioni estemporanee, lampi di emozione, sguardi fugaci, stelle cadenti, scenari visti o semplicemente immaginati. Un irresistibile flusso di note, ora acustiche, ora elettroniche frutto di autentica passione e instancabile ricerca. L’unico momento d’incertezza c’è stato in occasione del brano eseguito insieme al sopranista contraltista Di Maio. Un crossover audace ma forse troppo azzardato, l’impressione è quella che ci sia bisogno di un maggiore rodaggio per un amalgama più fluido e godibile. L’appuntamento a Milano si rinnoverà il prossimo novembre per l’ultimo atto di questo secondo capitolo di un’avvincente trilogia.
Raffaella Sbrescia