Altro giro, altra corsa. Il Suo.Na porta Dario Brunori in concerto al Duel Beat di Napoli ed è subito sold out. Ad aprire l’affollatissimo ed atteso appuntamento musicale sono i partenopei La Bestia Carenne che, grazie al riuscito mix sonoro tra folk e musica etnica in set acustico, conquistano attenzioni e applausi nel corso di un’esibizione promiscua e, per questo, ancora più interessante.
Pochi istanti più tardi Brunori e la sua Sas salgono sul palcoscenico: “Assiomi e teoremi non valgono niente”, Dario Brunori sa esattamente come esprimere le emozioni del genere umano e lo fa a suo modo, attraverso un mix di scanzonata nostalgia e brillante ironia. Padrone del palco e degli strumenti che utilizza, facendo la spola tra chitarra e pianoforte, il cantautore di origini calabresi riesce a gasare il pubblico in maniera semplice ma assolutamente efficace. La caratura testuale del suo repertorio affronta il quotidiano delle nostre esistenze in maniera ora goliardica, ora intimista, contornando il tutto con un’attenzione particolare alla costruzione di arrangiamenti curati e ricchi di sottili e preziose sfumature.
Accompagnato dai puntuali e carezzevoli cori di Simona Marrazzo nonchè da validi musicisti come Stefano Amato, Dario Della Rosa, Massimo Palermo e Mirko Onofrio, Brunori inaugura la nutrita scaletta del concerto con due brani tratti dal suo ultimo disco di inediti “Vol.3 Il Cammino di Santiago in taxi”, stiamo parlando di “Arrivederci Tristezza” e “Pornoromanzo”. A seguire “Il santo morto” e l’apprezzatissima “Lei, lui Firenze”, per quella che è stata ironicamente definita dallo stesso artista un’ agonia di tre brani e mezzo in veste rock’n’roll” fino al ritorno al piano sulle note di “Kurt Cobain”, il singolo cantato a squarciagola da buona parte dei presenti.
“Mangio quel che mangio per amore della compagnia perché è più facile restare al caldo dicendo qualche fesseria”, canta Brunori in “Nessuno”, nel pieno di una spettacolare catarsi strumentale, seguita da “Come stai”, la frase d’esordio del mondo. “Fra milioni di stelle” è il pezzo che Dario incita ad ascoltare con le proprie orecchie e a guardare attraverso la propria retina. “Meglio di niente”, “Paolo” e “Mambo reazionario” mandano il pubblico letteralmente in delirio, Brunori sente molto il calore del pubblico e la sua espressione emozionata e felice è più che sufficiente a testimoniare una sopraffazione emotiva impossibile da nascondere, nemmeno sotto fiumi di battute.
Calano le luci, la Sas lascia Dario da solo al pianoforte per una splendida versione di “Una domenica notte”, salvo poi ritornare per la geniale “La vigilia di Natale”: ma poi ti fermi un secondo e rimani così.. a pensare che il peggio è passato, a un passo da qui. Immancabile la doppietta d’assi composta da “Le quattro volte” e “Italian Dandy”, seguita da un’esilarante improvvisazione durante un piccolo problema al settaggio di una delle chitarre da usare.
Dario Brunori colpisce non solo chi lo apprezza da tempo ma anche, e soprattutto, chi lo ascolta per la prima volta, l’artista riesce a dire tutto di sé senza essere esclusivamente autoreferenziale e, a ulteriore conferma di quanto detto, una piccola session strumentale lo porta ad accennare “Back in black” degli Ac/Dc ma soprattutto “A me me piace ‘O blues” di Pino Daniele, esclamando sul finale “Teng ‘a cazzimm!”.
In chiusura Brunori cala il tris delle meraviglie: “Tre capelli sul comò”, “Guardia ‘82” e “Rosa” sono i brani che, più di altri, richiamano gli esordi del cantautore ma che luccicano ancor di più sotto l’effetto rinvigorente dei nuovi arrangiamenti. “Mi sono scialato”, dice Dario salutando il pubblico, e, a giudicare, dai volti di tutti possiamo affermare che non è stato il solo.
Raffaella Sbrescia