Zibba, all’anagrafe Sergio Vallarino, rappresenta una delle più valide e interessanti realtà del nuovo cantautorato italiano. Sulle scene dal 1998 con gli Almalibre, Zibba ha raggiunto una maturità artistica dettata da una consapevolezza importante: uno sconfinato amore per la scrittura e per la musica. “Senza pensare all’estate” è l’ultimo lavoro, in ordine di tempo, del cantautore che pur avendo già riscontrato importanti e prestigiosi riconoscimenti come il Premio Bindi e la Targa Tenco, ha avuto la voglia e il coraggio di rimettersi in gioco sul palco del Festival di Sanremo nella categoria giovani. Con il brano intitolato “Senza di te” Zibba si è aggiudicato il Premio della Critica “Mia Martini” e il Premio della sala stampa radio-tv-web “Lucio Dalla” nella Sezione Nuove Proposte e, ad oggi, è l’ artista indipendente più trasmesso dalle radio. In questa intervista il cantautore apre le porte del suo mondo fatto di parole calde e messaggi diretti al cuore.
“Senza pensare all’estate” raccoglie una serie di fotografie musicali del suo percorso artistico, tra disegni di sogni e intime confessioni… ci racconta la genesi di questo lavoro approfondendo, in particolare, la cura per la ricerca analogica del suono e aggiungendo qualche pensiero che risale alla fase di scrittura di testi così intimi?
Questo è un lavoro importante sia per il modo in cui è stato affrontato da noi come band sia per le sue canzoni. Alcune fanno parte della nostra storia, altre appartengono al nostro presente e in qualche modo anche al futuro. La ricerca è partita dalla scelta dei brani, accurata e piuttosto difficile, seguita da una serie di prove. Abbiamo scelto di registrare in diretta, utilizzando tecniche e modi che ricordassero il concerto. Registrato e mixato in analogico per mantenere questo spirito live, il tutto è stato processato come fosse un disco di quarant’anni fa. Le canzoni seguono un filo conduttore ed è per questo che non è stato facile sceglierle. La direzione artistica di Andrea Pesce ci ha aiutato molto sia nella fase post che in quella creativa in sala prove. Si tratta di un disco che ci è piaciuto nella sua idea e che ci piace per come è venuto. I testi racchiudono simbolicamente uno sguardo alla totalità del mio modo di scrivere, rappresentando fasi temporali diverse, che vanno dalla quasi adolescenza fino al mio domani.
“Senza di te” ha ottenuto un grande riscontro mediatico, anche grazie al successo legato al Festival di Sanremo, eppure è sempre opportuno sottolineare l’importanza della frase “ti chiedo perdono per le cose che do scontate”… Secondo lei la forza emotiva del brano può risiedere nella facilità di identificazione, da parte dell’ascoltatore, nelle parole della canzone?
Credo di sì. Lavorare in questi anni sulla ricerca stilistica di alcuni grandi autori, come Giorgio Calabrese, al quale abbiamo dedicato un album nel 2013, mi ha aiutato a riscoprire una semplicità di scrittura che è propria di un modo ormai quasi inusuale di fare canzone. Le chiavi sono sempre la semplicità e la fantasia di chi ascolta che vuole il suo spazio per immedesimarsi e sentirsi parte della canzone.
Come descriverebbe la particolarissima struttura de “La Saga di Sant’Antonio?
Si tratta di un omaggio alle sonorità del Tom Waits dei primi anni ottanta. Quello dei dischi con i quali ho iniziato ad amare il suo modo di fare musica. La canzone parla di un uomo solo lasciato a pensare a se stesso e alla sua morte. Questa è una canzone che continuo ad amare, nonostante gli anni, perchè racconta qualcosa che, anche se non strettamente mio, forse parla di un me che potrebbe arrivare a tutti.
In “Nancy” canta “Amo la musica perché mi porta ovunque e da questo ovunque mi riporta via…” Quali sono le strade che riesce a percorrere grazie alle note?
Tutte. Senza aver mai voglia di smettere. Nancy racconta della mia esperienza teatrale e di un amore viscerale per la vita, di quanto la musica sia sposa del mio modo di vivere le giornate regalandomi sempre stupore e bellezza. Le strade non sono mai abbastanza quando si ha carburante in abbondanza e questo lavoro è un continuo rigenerarsi e ricaricarsi di nuova energia.
Qual è, invece, l’idea da cui nasce “Bon Vojage”?
Una canzone estremamente autobiografica, che racconta di me in quei giorni del 2009. Anno strano, partivano amici e fidanzate e io rimanevo qui a sperare in un po’ di attenzione, che arrivò poco dopo grazie proprio a quel disco che nel duemiladieci ci portava sul palco del Tenco. Mi innamoravo di tutto perchè volevo amare a tutti i costi. Questa canzone è nata per le strade di Parigi nel mio vagabondare perso alla ricerca di nuove emozioni.
Molto delicata è la frase “oggi resto perché hai bisogno, domani vorrò farlo perché avremo un sogno… si tratta di un messaggio di speranza?
Si tratta di un messaggio chiaro che dice: “Oggi hai bisogno e mi sta bene stare qui anche se vorrei mandarti a fare in culo. Resto, ci provo. Perchè meriti cura e perchè io merito qualcuno come te ma troviamoci un motivo più grande, che non sia la debolezza, per stare insieme”. In qualche modo c’è anche speranza sì, intesa, però, nel modo meno romantico. Scegliersi per la vita è una cosa difficile ma poi quando ti scegli e ne sei consapevole è grandioso in tutti i suoi aspetti.
Come si è evoluto negli anni il rapporto artistico con gli Almalibre e come riuscite a trovare l’equilibrio necessario per creare gli arrangiamenti su misura per queste bellissime poesie?
La serenità è alla base di tutto. Per arrivare ad essere in armonia tra noi siamo dovuti passare dal peggio. Come diciamo nella canzone del festival è importante saper riconoscere i propri errori per ripartire proprio da quelli e costruire qualcosa di importante. Siamo diventati il gruppo di persone che volevamo essere. Amici, famiglia. Una super squadra che si conosce molto bene.
Qual è la sua forma mentis musicale, alla luce del fatto che è ormai giunto al suo sesto lavoro discografico?
Sempre e comunque in evoluzione come tutto. Fondamentale. Non smettere di aver voglia di crescere e imparare è l’unico modo che conosco per affrontare qualunque cosa nella vita e nella musica.
Uno dei suoi commenti più recenti, relativi al tour in corso, è stato “La musica è di tutti, le canzoni lo sono”… sarà ancora questo il suo mantra per le prossime canzoni che scriverà?
Assolutamente sì. La musica è un fatto collettivo: parte da un singolo per diventare di tutti e tornare di nuovo indietro in altra forma. La mia intima visione delle cose sta vivendo dei nuovi input e trova forza in un nuovo metodo creativo che mi sta divertendo e affascinando. Adesso ho proprio voglia di scrivere e ho scoperto che mi piace ancora farlo perchè lo faccio in modo diverso. La voglia di scrivere non si esaurisce, a volte si perde la strada ma basta fermarsi e osservare l’orizzonte o le stelle per capire dove siamo.
Come sta vivendo la dimensione live e che prospettive ha per il futuro?
Nel futuro ci sono concerti fino alla morte e dischi fino a che avrò voce. Inoltre sto prendendo le misure con l’essere padre, la sfida più grande che ci sia. Voglio continuare a stare bene, trovare sempre nuove cose per far vibrare il tutto. Un percorso meraviglioso che non ha mai fine.
Raffaella Sbrescia
Si ringraziano Zibba e Tatiana Lo Faro di Parole e Dintorni per la disponibilità
Video: “Senza di te”
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