Gennaro Della Volpe, in arte Raiz, è un artista dotato di un’anima musicale variegata e sempre in cerca di contaminazioni. La sua voce scura, calda, intensa, spesso drammatica, ha contribuito a rendere ancora più particolareggiato il repertorio degli Almamegretta, lo storico gruppo di cui fa parte. Autore di svariati progetti musicali, anche da solista, Raiz ha pubblicato, proprio di recente, un interessante progetto discografico insieme al chitarrista Fausto Mesolella, intitolato “Dago Red”. In quest’intervista, l’artista si è messo a nudo raccontando non solo la sua identità musicale ma anche quella umana.
Sei un artista cosmopolita sempre alla ricerca di nuove correnti musicali da cui farti trasportare…Qual è la tua dimensione ideale?
Beh, direi che è proprio quella in cui mi trovo adesso. Mi piace lavorare a diverse cose, contaminare e farmi contaminare. Per questa ragione la mia dimensione è biunivoca, o quantomeno multipla, sia per quanto riguarda la mia identità artistica che personale.
“Dago Red” è uno dei tuoi progetti più recenti in cui hai lavorato con Fausto Mesolella…in che modo avete trovato l’equilibrio tra le vostre anime artistiche e come è nata questa idea?
L’idea è nata sul palco, in occasione del progetto di Rita Marcotulli, che prevedeva una rivisitazione in chiave jazz di alcuni brani dei Pink Floyd. Io cantavo, Fausto suonava la chitarra e, ad un certo punto, abbiamo fatto un pezzo insieme, “Shine on you Crazy Diamond” e da lì è nata una magia. Ci siamo divertiti a fare questa cosa voce e chitarra e abbiamo preso spunto da questa esperienza per portare in giro un nuovo progetto. Le nostre anime sono, di per sé, piuttosto coordinate, abbiamo un’intesa musicale su cose che pensiamo e sentiamo…abbiamo entrambi una cultura musicale napoletana però siamo cresciuti ascoltando anche tanto altro: rock, reggae, jazz, blues e, crescendo con un orecchio rivolto alla tradizione ed uno aperto al mondo esterno, con questo disco abbiamo cercato di attuare un’operazione particolare: ad esempio abbiamo unito in uno stesso progetto due artisti come George Harrison e Mario Merola, creando un punto in comune tra cose completamente diverse e che, tuttavia, possono andare d’accordo.
Il titolo del disco ha tutta una storia alle sue spalle… ce la racconti?
Sì, il riferimento è ad una raccolta di racconti dello scrittore italoamericano John Fante che, pur essendo vissuto in California, ha sempre mantenuto intatta la propria identità culturale, quindi ci è parsa la testimonianza ideale di quello che siamo noi: esseri portati ad una dimensione artistica plurima. John Fante non ha mai dimenticato il suo essere italiano anche se era nato e cresciuto in America. Questo è un concetto molto importante da sottolineare: in un periodo storico in cui la gente si uccide a vicenda per motivazioni legate all’identità religiosa, vale sempre la pena ricordare che la convivenza pacifica è qualcosa di possibile, noi crediamo molto in questo e cerchiamo di porre la nostra musica come esempio di accettazione delle differenze, affinchè esse dialoghino invece di scontrarsi. Dago Red vuol dire il “vino rosso del terrone”, un’espressione per ricordare quel vino rozzo che fa storcere il naso ai sommelier ma che ha un sapore sincero e onesto.
Qual è il brano di questo album a cui sei più legato?
Credo sia “Ipocrisia”, la cover del brano di Angela Luce, che abbiamo realizzato in un modo particolarmente ben riuscito. Tra l’altro è l’unico pezzo in italiano però possiede un’identità al 100% napoletana.
Come procede l’avventura musicale con gli Almamegretta?
Il nostro gruppo ha ormai più di vent’anni di storia… siamo consolidati sia dal punto di vista artistico che umano.
Quest’estate parteciperete a tanti festival, tra i tanti, segnaliamo il MessApp Coast Festival, che si terrà dall’ 1 al 3 agosto ad Agropoli. Che tipo di concerto proporrete al pubblico?
Quest’anno portiamo in giro un concerto principalmente incentrato sul dub, ovvero la nostra attitudine, si tratterà di un ritorno a certe cose che facevamo nel passato e riserveremo un certo spazio sia alle canzoni che all’esperienza prettamente musicale. Più in generale, eseguiremo tutti i nostri successi e ci divertiremo molto.
Tu che giri tanto, che idea ti sei fatto delle condizioni della musica live in Italia?
Le grosse produzioni ci hanno rimesso moltissimo perché è difficile portare in giro cose che costano molto, c’è crisi, i promoter non sono disposti a pagare e il pubblico ovviamente ha meno soldi in tasca da spendere. In ogni caso proviamo a cavarcela, noi che militiamo nel contesto underground abbiamo risentito di meno di queste problematiche. Quelle che sono rimaste a casa sono, quindi, le grosse produzioni che non si possono permette di uscire, noi, invece, abbiamo un po’ limato i bordi e non ci possiamo lamentare.
Sei coinvolto anche nel progetto “Passione Tour”…come vivi questa esperienza?
Questo tour è veramente molto bello, difficile da portare in giro, con tanti costi da affrontare, visto che siamo in tanti… Per questo motivo ci spostiamo sempre in location dove è molto forte l’affezione alla musica napoletana anche se mi sarebbe piaciuto farlo girare molto di più… Sul palco ci sono musicisti fantastici e, nel mio caso specifico, suonare con James Senese, mi ha già ripagato di tutto!
Ci sono altre avventure artistiche in cantiere, magari nelle vesti di attore?
Magari!Sarei molto contento di lavorare in questo campo… A dirla tutta faccio un po’ l’attore anche quando faccio il musicista. Raiz, il personaggio che porto in giro, è una specie di attore, un personaggio ultraromantico, che parla in napoletano, che ha grandi passioni e che ha una presenza molto fisica sul palco. Nel frattempo, per quanto riguarda il futuro in veste di attore, qualcuno mi ha fatto delle proposte e vediamo un po’ che succede…
Come vivi il tuo rapporto con il pubblico e con la città di Napoli?
C’è un rapporto di grande affetto e simbiosi. Nato e vissuto a metà strada da Napoli Nord e Caserta, ho vissuto molto da vicino il territorio, anche per vicende mie personali. La zona tra il centro nord dell’hinterland partenopeo, in direzione Caserta, è quella che soffre di più e, da parte mia, c’è un forte sentimento di radicamento perché anche, se questa terra ti fa soffrire, non riesci mai a staccartene. A questo devo aggiungere che, sia il territorio che il pubblico, mi hanno dato e mi danno, tuttora, tantissimo e, avere la possibilità di essere di una voce che dice qualcosa a nome del territorio mi fa molto piacere.
Raffaella Sbrescia