“No Place in Heaven”, il nuovo lavoro discografico di Mika è un album artigianale e leggero al contempo (Virgin/Emi per Universal Music). Le melodie dolci e sinuose si sposano con sonorità che riecheggiano di pop vintage ma che non dimenticano la chanson d’amour. La dolcezza pungente e la disarmante onestà con cui Mika ha cesellato le 17 tracce (nella versione deluxe) che compongono il suo quarto album sono il risultato di due anni intensi di lavoro creativo, in collaborazione con Gregg Wells. Registrato a Los Angeles, prima in uno studio con accanto Pharrell Williams, poi in una grande casa degli anni ‘50 dove Mika si è rinchiuso per qualche mese, “No Place in Heaven” elenca il pantheon del cantautore anglo-libanese che, se da un lato abbandona il ben noto falsetto, dall’altro mischia colori, suoni,e sentimenti contrastanti e lo fa attraverso un sottotesto ispirato agli anni ’70, il primo Elton John, il primo Billy Joel, Carole King e il Laurel Canyon. Il basso pulsante e ritmico di “Talk about you” introduce il cantato dolce ed ovattato di “Good guys” in cui Mika cita i suoi punti di riferimento, a seguire la dance bohemienne di “L’amour Fait ce qui’il veut” . Intensamente intimo ed incredibilmente trasparente “All she wants”, il brano in cui l’artista mette a nudo i pensieri reconditi ed il rapporto con sua madre. Tra brani ritmati e ballate malinconiche “Hurts”, “Last party”, Les baisers perdus”, “No place in heaven” è la preghiera senza filtri in cui Mika si apre al mondo con una deliziosa delicatezza: “For ever love I had to hide and every tear I ever cried. J’m down on my knees, I’m begging you please cos there’s no heaven for someone like me”. Suadente e calda la melodia di “Boum boum boum”, corale e coinvolgente il ritmo di “Oh girl, you’re the devil”, disincantato ed estroso il country pop di “Rio”. Questo nuovo album è, in sintesi, una sorta di definitiva liberazione per Mika. Una libertà che gli è servita per affrontare temi importanti nel disco come la sessualità, la paura di come gestirla e l’amore. Ecco cosa ci ha raccontato l’artista in occasione dell’incontro con la stampa a Milano, prima delle prove del concerto sold-out al Fabrique.
Mika, come sei arrivato a “No place in Heaven”?
Volevo liberarmi da tante paure. Ogni cd ha rappresentato un passaggio importante nel mio percorso. L’ultimo, “The Origin of Love”, è stato un punto di rottura, ha segnato un solco che mi ha permesso di cambiare e ripartire da zero e lavorare in totale libertà. Così è stato anche in questo disco, attraverso queste canzoni sono andato dritto al punto, senza giri di parole o metafore. Insomma, non mi nascondo più.
Perché hai scelto questo titolo?
Il titolo non rappresenta una frase triste, al contrario, è gioiosa. Se troverò posto in paradiso, bene, altrimenti non c’è problema, io non voglio andarci a tutti i costi. Questa affermazione in realtà va contro la cultura orientale con cui sono cresciuto. La parte libanese che c’è in me include una buona dose di paranoia nell’affrontare le faccende personali, solitamente considerate volgari. Ora che sono riuscito ad abbattere il muro, esco finalmente dal guscio. Adesso ho capito che la vera vergogna è tenerle dentro certe cose. Anni fa parlavo di niente, tenevo tutto a distanza. Ora è il momento del coming out dell’anima. Per di più il momento in cui un disco viene pubblicato è quello in cui una cosa personale e intima, che finora è stata mia, diventa di tutti.
“All She Wants” è un testo autobiografico?
Certo, la madre che sogna per il figlio una moglie, un buon lavoro e una posizione sociale, come nella tradizione più classica, è proprio la mia. Invece, altro che casa e nipoti: mia mamma si ritrova a organizzarmi il guardaroba per gli show. Si è trasformata in una zingara senza accorgersene! (ride, ndr)
Tante tracce in francese ma nessuna in italiano…
Ci ho provato ma i tentativi sono stati tutti bocciati: la pronuncia è troppo difficile! Il francese lo parlo da una vita e, a dire il vero, mi ha aperto le porte all’italiano. Senza il francese non avrei mai potuto imparare questa lingua così velocemente.
Tra le canzoni spicca “Good Guys” in cui citI artisti e intellettuali come Andy Warhol, James Dean, Arthur Rimbaud, Walt Whitman, Ralph Waldo Emerson, Rufus Wainwright. In che cosa ti hanno delle personalità così diverse tra loro?
Erano tutti profondamente controcorrente. Anzi, hanno cambiato la direzione del vento, avevano una spinta culturale ed emozionale quasi punk.
Aggiungeresti qualche italiano?
Senza dubbio, Dario Fo. Poi c’è Morgan, quando è di buon umore, quando non lo è, lo toglierei (ride ndr).
È vero che farai un disco con Morgan?
Siamo stati in studio assieme durante il periodo di X Factor. In quel contesto ho visto un ragazzino che, lontano dalle pressioni dei media, giocava con gli strumenti con gioia pura. Qualcosa con lui mi piacerebbe farla, prima o poi accadrà. Intanto ha preso una canzone che ho scritto con Guy Chambers, l’ha sistemata e l’ha trasformata in “Andiamo a Londra” (la prima nuova canzone dei Bluvertigo).
Ti occupi di tante cose per poter fare quello che desideri in musica. Questo discorso vale anche per il libro che stai scrivendo per Rizzoli?
Io sono prima di tutto un musicista, quasi tutto il resto lo faccio per potere fare il disco che voglio io, senza vincoli. Il libro sarà un diario intimo, divertente e duro. In un capitolo parlo della mitologia siriana di mio nonno, in quello dopo della mia frustrazione in un supermarket…
Cosa ti piace del nostro Paese e cosa no?
Da evitare le spiagge perché ovunque ci sono teleobiettivi pronti a riprenderti e gli aeroporti sono veramente pessimi. Amo invece il Piemonte, con le sue colline verdi e misteriose e la sua gente che si nasconde un po’ per poi rivelarsi cordiale. E poi c’è il vino, non solo quello piemontese.
Cosa ci anticipi del tour?
La copertina del cd dà un’idea del progetto: mi sono ispirato al Futurismo italiano. Sarà uno show fatto a mano, nel senso che non ci saranno effetti speciali; nessun ledwall, per intenderci. Mi piace sempre creare con la fantasia ma attraverso oggetti reali, che recupero dalla strada. Insieme al mio team sto realizzando i disegni, adopereremo la carta. Anche la mia musica è fantasiosa, spesso si tratta di un modo tutto mio per reagire al dolore. A questo proposito, ho scritto “Relax” a Londra quando ci hanno fatto evacuare dalla metropolitana per gli attacchi terroristici; sono andato a casa e ci ho scritto una dance song!
Raffaella Sbrescia
Le date del tour italiano
23 luglio – Taormina (Teatro Antico)
25 luglio – Cattolica (Arena della Regina)
27 settembre Assago (Mediolanum Forum)
29 settembre Roma (Palalottomatica)
30 settembre Firenze ( Mandela Forum)