“Bengala” è il frutto di un lavoro durato diverso tempo. Un tempo che Lorenzo Fragola si è voluto prendere con l’obiettivo di cercare una sua dimensione, una personale consapevolezza. Il fulcro di questo suo nuovo percorso è stato cercare di capire che tipo di artista voler essere e che musica voler fare. Lorenzo si spoglia del suo personaggio, sceglie di ricominciare daccapo seguendo la prospettiva di ricongiungere il personaggio televisivo con la persona. Ci vuole coraggio per capire cosa voler raccontare alle persone e con “Bengala”, anticipato dal singolo “Battaglia Navale”, ci sono 10 brani inediti a fotografare la ricerca di questa nuova direzione che Lorenzo ha intrapreso insieme a Federico Nardelli (a lui la cura di Lontanissimo, SuperMartina, Vediamo Che Succede, Miami Beach, Imbranati, Bengala), MACE (producer di Battaglia Navale, Cemento), SRNO (Echo) e Fausto Cogliati (Amsterdam).
Intervista
Ho girato molto in Italia e all’estero, sono andato ad Amsterdam con l’obiettivo di scrivere ma anche i viaggi di piacere mi hanno dato qualche spunto per chiudere dei brani. Ho scritto tante canzoni, ne ho scelte solo 10, il disco inizia con “Battaglia navale” e finisce con “Bengala”, inizio e fine coincidono con i limiti dettati dalla voglia che avevo di raccontare quello che ho fatto per cercare la mia strada.
Quali sono le conclusioni a cui sei arrivato grazie a questo lavoro?
Non ho voglia di fare altro che non sia quello che mi rappresenta. Prima di X Factor non avevo nemmeno pianificato di voler fare questo lavoro. Il primo brano scritto in italiano l’ho portato istintivamente a Sanremo ma non avevo idee nè strumenti per farlo. Ora ho strumenti per muovermi e con questo lavoro in solitaria sono cosciente della visione di un progetto di cui sono produttore. Scrivere un album in italiano è stato difficile, prima ero affiancato da autori che mi spingevano a cavalcare l’esigenza del momento. Quelli erano i miei primi tentativi di esprimermi, ogni volta speravo di poter fare un piccolo passo in avanti per crescere. I super producers pensano a cavalcare l’onda di un percorso televisivo, non creano l’identità di un artista, ho rifiutato un tour e la tv, ho rinunciato ai soldi e alla visibilità perchè non mi permettevano di crescere, ho scelto questa via perchè ho voglia di mettere insieme nuovi tasselli in grado di darmi una precisa identità.
Com’è cambiato il tuo approccio alla musica?
Il mio approccio alla musica ora è completamente diverso, “Battaglia navale” l’ho scritta due anni fa quando ancora suonava come qualcosa di completamente nuovo. Questo brano mi ha dato la forza di iniziare e di mettermi in gioco all’interno di un percorso con cui rischio di bruciarmi. Ho abbattuto i limiti, prima l’unico termine di paragone che avevo si è trasformato in una voglia di dire qualcosa che mi rispecchiasse.
Qual è il più grande risultato raggiunto finora?
Ho sviluppato delle vere competenze musicali, non mi sono fermato davanti alle distinzioni di genere, ho scelto ciò che ritenevo giusto e autentico sperando che chi mi ascolterà potrà ritrovarsi in questo tipo di pensiero. Non ho messo freni a quello che sento di voler essere, non ho più i filtri che prima usavo come protezione. Ho affrontato questo percorso da solo, ho voluto essere sincero con me stesso, non ho più intenzione di scendere a compromessi.
C’è stato uno strappo vero e proprio?
Sì ed è stato essenziale. L’importante è stato recuperare la serenità ed un rapporto pacifico con ciò che faccio. Trovo che sia giusto fare qualcosa che mi rappresenta, gli strappi creano fragilità ma fare delle cose senza capire chi si è mette comunque in crisi. Avevo voglia di fare quello che mi era proibito, solo così potevo crescere. Se mi fossi fermato a quello che il mio personaggio prevedeva non so che tipo di passi in avanti avrei potuto fare.
Uno dei brani più particolari è “Cemento” in cui canti con Mecna e Mace.
Il brano è venuto fuori esattamente così come è scritto. Con Mace eravamo partiti dalla chitarra. Questa è la prima volta che uso un riff di chitarra elettrica. Con Frah Quintale ho scritto la prima parte, volevo che la storia continuasse senza interrompersi quindi invece di comporre due singoli, ho preferito unire tutto in un unico flow. Il pezzo dura 6 minuti ed è tutto da ascoltare, dall’inizio alla fine. Gli accordi armonici sono gli stessi però l’influenza di mondi diversi ha influito sulla percezione del brano. Si tratta di due versioni della stessa storia: nella prima parte questa persona parla di quello che vorrebbe dire ma non dice mentre nella seconda parte c’è il superamento della rabbia. Il brano deriva dalla perdita e dalla modifica di tanti rapporti personali che ho perso e riacquisito.
Video: Battaglia Navale
E della collaborazione con Federico Nardelli, in arte Gazzelle, cosa ci dici?
Questa è stata una scommessa per entrambi. Fino ad un anno fa non aveva mai prodotto un disco pop, non è stato facile farlo digerire, dire no ai super big. Parliamoci chiaro, un mese a Los Angeles non mi sarebbe mai bastato. Nardelli ha avuto la voglia di abbracciare un ruolo e buttarsi a capofitto in questa esperienza. L’ho dovuto convincere che fosse lui la persona giusta, siamo partiti dalle sessioni di scrittura; questa è stata la scelta più naturale per me, con tutti i limiti del caso. Lui è la persona più vicina a questo discorso non chi pensava di sapere cosa fosse giusto per me. Ho dovuto prendermi la responsabilità di portare a termine il progetto e adesso mi sento più ricco.
Quali sono le più grandi soddisfazioni che senti di esserti preso?
La più grande me l’ha data Enrico La Falce che ha mixato il disco. Lui non si aspettava certi risultati da parte mia. Mi sono messo alla prova su tutto, ho rispettato il momento e l’emozione. Questo disco è stato il passaggio propedeutico per sviluppare delle competenze e confrontarmi con me stesso. La competenza principale che sento di aver conquistato è stata scrivere un album in italiano da solo e senza autori. Mi serviva per non tornare sul palco a cantare solo brani scritti da altri, oggi non ce la farei.
Mi metteva in crisi il fatto che le persone non capissero la mia ricerca, a 22 anni non avrei mai fatto il teen pop. Dopo aver ascoltato questo disco per la prima volta ero terrorizzato, mi sentivo anche in imbarazzo per i brani vecchi, mi sono chiesto il perchè. Essere da solo crea fragilità, insicurezza ma mi serviva per riacquisire consapevolezza. Prima mi sono odiato, ora mi riabbraccio e mi rassicuro. Non mi sono goduto niente, ho vissuto tre anni di non vita, ero frustrato dal fatto di non essere riuscito a crescere, ora sono qui a vivere il rischio ma con la sicurezza di sapere chi sono, cosa faccio e come lo faccio.
Raffaella Sbrescia