La geografia del buio: intervista a Michele Bravi

Michele Bravi ph credit Clara Parmigiani

Michele Bravi ph credit Clara Parmigiani

Quando ho ascoltato la prima volta “La Geografia del Buio”, il nuovo album di Michele Bravi, l’immagine a cui ho pensato subito è stata quella del famoso gioco enigmistico dell’unire i puntini con tratti di inchiostro, fino a comporre una figura, il collegare tutte le nostre zone d’ombra, fino ad arrivare alla luce. In realtà questo disco non insegna come trovare la luce ma come convivere con quelle “zone cieche”, che appartengono alle vite di tutti.
Lo conferma anche Michele Bravi, intervistato per Ritratti di note.

Michele, “La Geografia del Buio” è un bellissimo viaggio all’interno dell’animo umano, e della tua di anima…

Sì, e ci tengo a specificare che alla fine dell’album non c’è la luce, c’è piuttosto un modo diverso di intendere il buio, un modo di conviverci. Questo disco non parla di come uscire dal buio e raggiungere la luce, parla di come convivere col buio, di come trovargli uno spazio dentro la propria anima per attraversare il dolore…

Quale è stato il tuo più grande appiglio nel buio?

Guarda in realtà nel buio si sviluppa una sensorialità diversa e quindi, in generale, tu cerchi di ricostruire una realtà nuova, che non ha nulla a che fare con quella che conoscevi prima e che quindi non può essere nemmeno vagamente paragonata.
Io semplicemente l’ho abbracciato quel buio, l’unico appiglio è stato il lasciarsi andare al fatto che non c’era luce.
È come se tastassi le superfici di una stanza al buio, riconosci per prima la sedia, poi il divano, poi altre cose, e piano piano riesci a viverci nel buio…

In quest’album c’è una presenza femminile, quella di Federica Abbate, autrice, e interprete insieme a te della canzone “Un secondo prima”. Al di là del rapporto professionale, in questo pezzo,si evince la bellezza e la profondità del vostro rapporto…

È vero, Federica Abbate nasce come mia amica. In quest’album ha anche una sua veste professionale, che sono felicissimo di poter ospitare. “Un secondo prima” è una canzone sull’amicizia, e ci tenevo che fosse un’amica a cantarla e a condividerla con me.
Aggiungo una nota personale, credo che Federica Abbate sia uno dei più grandi talenti che abbiamo in Italia, e spero che anche il pubblico lo scopra…

Nella canzone “Storia del mio corpo” racconti una grande verità … “Il mio corpo è una casa che mi porto addosso, sopra i muri ha scritto quello che è successo…”
Ognuno di noi si porta sul corpo e sul viso i segni di ciò che ha vissuto, ma ogni piega, ogni ruga, può essere un solco sul quale far nascere un nuovo fiore.

Sì, il corpo è proprio la crepa in cui la vita si modella. In questo senso mi piace vedere come nel volto delle persone, nella loro fisiognomica, ci sia già suggerita la loro storia. Basta avere un velo di umanità in più per poterla accogliere. La storia di un corpo è proprio la storia di una vita.

Video: Mantieni il bacio

Nel processo di scrittura dell’album c’è un pezzo che ti ha toccato emotivamente più degli altri?

Forse proprio “Storia del mio corpo”, il pezzo più intimo tra tutti, perché racconta proprio la storia del mio di corpo, poi grazie alla magia della musica, che rende tutto universale, mi sto accorgendo che in questa canzone si riconoscono in tanti. Sto ricevendo molti messaggi di persone che mi dicono che questa canzone è anche la storia del loro corpo…

In quest’album c’è anche un brano strumentale, “A sette passi di distanza”.
La tua voce diventa il suono di un pianoforte. Nel presentare il brano, hai citato una bellissima frase di Gabriel Garcia Marquez che descrive la distanza geografica di due amanti che si rincorrono per una vita, “Non erano a sette passi di distanza ma in due giorni diversi”…

La frase è tratta dal romanzo “L’amore ai tempi del colera”. Questo brano racconta la mia storia d’amore ma allo stesso tempo la mia incapacità a parlare. Questo disco nasce dal silenzio più totale, non a caso, nell’ultima stanza di questo percorso nel buio, anche le parole non servono più, vengono messe da parte, e rimane soltanto l’unico linguaggio più alto che conosciamo, che è quello della musica.

La prima cosa che farai, artisticamente, quando tutto sarà finito, immagino sia un concerto

La risposta è scontata, ma credo che in questo momento, per chiunque lavori nella musica e nello spettacolo, poter risentire l’odore del palcoscenico, poter rivedere gli occhi delle persone durante un concerto, sia diventato un miraggio lontanissimo. Spero che avrò la possibilità di fare un concerto, spero di poter lavorare per costruirmela questa possibilità, nonostante l’incertezza dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo…

MicheleBravi_tour

Uno dei pezzi che amo di più in quest’album è “Maneggiami con cura”. C’è una frase che è la sintesi di tutto il disco, “Ho trovato la bellezza anche dentro un errore”

È un po’ quello che dico sempre, dall’inizio della mia carriera, già con la scrittura di “Il Diario degli Errori”. L’ errore non deve intendersi come sbaglio, ma come semplice imperfezione. Viviamo gli errori come sbagli perché abbiamo questo disegno della perfezione che ci perseguita, ma nella realtà la vulnerabilità e la fragilità ci insegnano a conviverci con le imperfezioni.

Giuliana Galasso

Dopo “La vita breve dei coriandoli, il secondo singolo estratto dall’album é “Mantieni il Bacio”, canzone che contiene le parole di Massimo Recalcati.

Questa la Tracklist dell’album:

1) La promessa dell’alba
2) Mantieni il Bacio
3) Maneggiami con cura
4) Un secondo prima (feat. Federica Abbate)
5) La vita breve dei coriandoli
6) Storia del mio corpo
7) Tutte le poesie sono d’amore
8) Senza fiato
9) Quando un desiderio cade
10) A sette passi di distanza