I Kutso sono un gruppo rock alternative italiano composto da Matteo Gabbianelli (voce), Donatello Giorgi (Chitarra), Luca Amendola (Basso), Simone Bravi (Batteria). I Kutso sono molto apprezzati, non solo per la loro forte presenza scenica e per il carisma che caratterizza le loro esibizioni dal vivo, ma anche e soprattutto per i contenuti immeditati dei loro testi. Un controverso equilibrio tra la dimensione esplicitamente crepuscolare delle loro canzoni si alterna a degli arrangiamenti e a delle melodie ritmate e coinvolgenti. A parlarci della dimensione artistica dei Kutso è Matteo Gabbianelli, voce e autore dei testi del gruppo, destinato a lasciare un segno ben riconoscibile all’interno dello scenario musicale italiano.
Di cosa parlano e cosa intendono comunicare i Kutso nel 2014?
Esprimiamo semplicemente quello che abbiamo dentro, le canzoni sono dei pretesti per spurgare la negatività che ci portiamo dentro… Tra l’altro è pur sempre vero che molto spesso si sente il bisogno di scrivere proprio quando c’è qualcosa che non va o si ha la necessità di dover dire qualcosa.
Qual è il contesto in cui fate musica e quale realtà portate nei vostri contenuti artistici?
Io sono il “colpevole” dei testi, compongo sia le armonie che le parole. Quando scrivo delle canzoni parto prima dalla musica, compongo tutto quello che riguarda la parte armonica e poi ci metto su le parole, che, in genere, sono sempre sbeffeggianti e sarcastiche. Mi piace dirmi in faccia le cose così come stanno, anche in maniera diretta ed esplicita, senza giri di parole. Proprio per queste ragioni i nostri testi sono tutti mortiferi, negativi, crepuscolari però questo buio viene redento dalla luce della musica che, invece, è solare e piena di gioia di vivere. La nostra musica, in sintesi, presenta un contrasto netto tra testi assolutamente definitivi e disfattisti, caratterizzati da un ampia natura sarcastica, e una musica dirompente, vorticosa e piena di colpi di scena.
Cosa vi sta lasciando, a livello personale ed artistico, il “Perpetuo tour”?
Siamo molto contenti di come stanno andando le cose perché stiamo suonando tantissimo. Sono anni che non ci fermiamo mai e, anche adesso che stiamo registrando il prossimo disco, non ci siamo fermati e penso proprio che non ci fermeremo finche la vita ce lo consentirà. Siamo orgogliosi del fatto che riusciamo ad avere sempre più consensi anche se per noi è un po’ più difficile l’aspetto comunicativo: nonostante il nostro seguito sia sempre più numeroso, così come fitti sono gli appuntamenti dal vivo, non siamo ancora supportati dalla stampa di settore e fatichiamo a pubblicizzare quello che ci sta succedendo. Ad ogni modo siamo molto contenti, abbiamo un po’ di cose belle che ci attendono prossimamente.
Come vi siete rapportati al pubblico durante i tantissimi opening che vi hanno visti protagonisti?
Sono state esperienze molto belle! Siamo stati al 1 maggio in Piazza San Giovanni a Roma, dove c’erano 500.000 persone, si è trattato di un momento breve ma molto intenso. Le aperture, più in generale, sono state tutte delle conferme perché, nonostante il fatto che ci fossimo trovato di fronte a pubblici molto eterogenei, abbiamo sempre avuto una risposta positiva. Questo ci ha fatto pensare che la gente abbia sempre capito qual è lo spirito del nostro concerto che noi cerchiamo sempre di trasformare in una festa in cui tutti partecipano con la stessa importanza, in un rapporto orizzontale.
In “Siamo tutti buoni”, un brano tratto dal vostro album intitolato “Decadendo (Su un materasso sporco) cantate “Intrattengo inconcludenti rapporti d’interesse vago con persone false come me… e cosa ci guadagno? Forfora e gastrite”… E’ forse questa la vostra definizione di decadenza?
La decadenza, come la intendo io, è un sentimento interiore. Ad ogni modo è un concetto che può sicuramente essere riassunto anche in quella frase… si tratta di un costringersi a essere qualcosa che non si è per poi prendere le briciole di quello che si voleva.
Cosa ha significato per voi girare lo spot anti HIV?
È stata un’esperienza molto importante, che ci ha fatto riflettere. Siamo tutti sostenitori del buon senso e dell’attenzione anche nei confronti del prossimo, questa è, infatti, una cosa che non riguarda solo la propria salute… Tuttavia è difficile essere ligi al dovere quindi è stata un’esperienza che ci è servita per autobacchettarci.
Che ruolo avete avuto nel progetto intitolato “When I Was an Alien”?
Quella è stata una bella iniziativa organizzata dalla Inconsapevole Records, che ha voluto realizzare una compilation tributo a Kurt Cobain, in occasione dell’anniversario della morte dell’artista e che ci ha chiesto di rifare un brano, neanche troppo famoso, contenuto nell’album “In Utero”, intitolato “Tourette’s”. Abbiamo rivisitato il brano completamente a modo nostro, la versione originale è tutta molto strillata, un pezzo puramente punk, noi, invece, l’abbiamo fatta diventare funk con un cantato lirico ed improbabile, ad opera del nostro chitarrista. Ci piace dissacrare i miti, sbeffeggiare quello che viene ritenuto importante dagli altri.
Il 12 luglio parteciperete all’Hard Rock Live di Roma…sarete la voce fuori dal coro?
Saremo lì con i Negramaro, i The Fratellis, i Velvet e altri gruppi…sarà una bella situazione e, anche se saremo un po’ un pesce fuor d’acqua, non vediamo l’ora di andarci proprio perché in genere sguazziamo bene in queste cose in cui non c’entriamo niente. La gente non si aspetta il nostro genere e, invece, quando ci ascolta rimane contenta perché pensa di aver visto e ascoltato qualcosa di unico. Alle persone piace essere stupite quindi siamo entusiasmati all’idea di partecipare a questo evento.
Siete al lavoro su un nuovo album…cosa potete anticiparci a riguardo?
Il titolo che abbiamo scelto per questo nuovo album sarebbe dovuto essere quello del nostro primo disco ed è “Musica per persone sensibili”. Questa scelta rappresenta una precisazione: spesso siamo stati fraintesi e considerati gruppo di musica demenziale, una parola che ci fa venire l’orticaria. Noi non siamo né fan di Elio e Le Storie Tese, né estimatori di Frank Zappa né tantomeno degli Skiantos etc… In ogni caso quando scrivi delle cose, come facciano noi, in maniera così diretta ed esplicita e le abbini ad una musica tutta allegra e zompettante, il risultato può essere esilarante però non è questo quello che ci interessa. Veniamo più dal non sense di Rino Gaetano, dal cinismo di Giorgio Gaber, dal punk nichilista di Iggy Pop… quello è il mondo da cui proveniamo. Ritengo, quindi, che le nostre canzoni non siano qualcosa di superficiale, al contrario sono il frutto di ragionamenti ponderati a lungo. Quando cerco una parola, non lo faccio così per fare o perché suona bene quindi, con questo titolo, volevamo indurre nello spettatore un sentimento ed un approccio diverso alla nostra musica. Il filo che seguiremo all’interno delle tematiche affrontate seguirà la direzione che abbiamo intrapreso con “Decadendo (Su un materasso sporco), per il resto ci sarà una svolta un po’ più aggressiva, coerente con l’intento di mettere a fuoco quello che avevamo cominciato con il precedente album.
Raffaella Sbrescia
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