Jack Savoretti presenta “Sleep no More”: un album introspettivo, consapevole e sensuale

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Jack Savoretti riporta in scena il suo inconfondibile cantautorato con un nuovo album di inediti intitolato “Sleep No More” (Bmg Rights Management/Warner). Nato sulla fortunata scia di “Written in Scars”, questo album rappresenta l’occasione per apprezzare ancora il graffio e la carica sensuale della bellissima voce di Savoretti senza tralasciare l’importanza di tematiche introspettive e profonde. Muovendosi in bilico tra passione e consapevolezza, Savoretti racconta dei più comuni conflitti generazionali spaziando tra generi, influenze e richiami d’oltroceano. Il fulcro è un piccolo bilancio esistenziale, il riferimento è il cantautorato italiano, quello da antologia: Battisti, De Andrè, Tenco; l’obiettivo è mettere un punto fermo ad una carriera pronta a spiccare definitivamente il volo.

Jack Savoretti ritornerà dal vivo in Italia a inizio 2017: venerdì 24 febbraio al Fabrique di Milano e domenica 26 febbraio al Teatro Carlo Felice di Genova.

Intervista

“Sleep no More” inizia da dove finisce “Written in Scars”. Con quale stato d’animo e con quali prospettive hai lavorato a questo disco?

Si tratta di una lettera di ringraziamento. L’album segue un tema preciso, parte da “When we were lovers”, un brano malinconico che ti fa pensare a chi eri tempo addietro. Quando ho scritto questa canzone avevo una certa tristezza addosso, guardavo il passato con rimpianto poi ho aperto gli occhi e mi sono reso conto che ciò che stavo vivendo in quel momento era tante volte meglio di quello che avevo fatto in precedenza. Il concept album di questo disco è racchiuso in una presa di coscienza. Il fulcro del lavoro è il raggiungimento di un incrocio esistenziale, il famoso bivio tra passione e responsabilità; un dilemma, un conflitto, una croce e delizia di tanti miei coetanei. Il mio obiettivo è perseguire la via di mezzo per raggiungere un equilibrio tra le due cose.

Raccontaci della nascita e della lavorazione di questo disco…

“When we were lovers” era l’ultima canzone che avevo scritto per l’album precedente ma non c’entrava niente con “Written in scars”. Per questo motivo l’ho tenuta da parte. All’inizio del 2016 il ciclo di promozione del precedente album era concluso, avevo sei mesi per scrivere questo disco, poi l’album ha ripreso inaspettatamente a vendere, portandomi per la prima volta nella top 10 britannica. Io e la mia band siamo tornati on the road ma a quel punto mi restavano solo tre mesi per finire l’album. Avrei potuto fare le cose con più calma, ma mi sono detto: finalmente c’è chi mi ascolta, facciamogli vedere quel che sappiamo fare. Siamo entrati in studio con un’energia completamente diversa ed il risultato si sente. Spesso in questo ambiente si spendono soldi per fare qualcosa che è stato già fatto, noi siamo riusciti a fare esattamente quello che volevamo.

Cosa è cambiato dal punto di vista musicale?

Questo è un disco più romantico e introspettivo del precedente, “‘Written in scars’ mi ha portato in serie A. Per rimanerci e per sognare qualcosa in più dovevo ingaggiare due o tre nuovi giocatori. Gente come Cam Blackwood e Mark Ralph mi ha portato ad un livello sonoro più sofisticato e ha dato spessore alle mie composizioni Gli altri produttori e in alcuni casi co-autori del disco sono Samuel Dixon (Adele), Matty Benbrook (Paolo Nutini), Steve Robson & Ross Hamilton (James Bay, John Newman, James Morrison)

Video: When we were Lovers

In questo lavoro abbini il gusto vintage ad un pop moderno…

Odio i generi e le etichette. “Any other way” richiama gli anni ’60, “Start living in the moment” gioca sulle chitarre messe al contrario, “Lullaby loving” mette in evidenza il mio legame con la musica mediterranea. Abbiamo usato strumenti molto più tradizionali. Mi sono ispirato ad artisti come Lucio Battisti e Paul Simon che nei loro dischi ti fanno scendere e salire attraverso una certa varietà di suoni, stili e generi.

Come lavori alla costruzione dei brani?

La prima cosa che faccio in studio è mettere giù il groove, in questo album combino la vecchia scuola con una serie di elementi contemporanei. La musica istintiva è quella che mi piace per davvero, adoro catturare il momento dell’ispirazione.

Che aspettative hai in questo momento?

Non mi aspetto nulla in realtà. In questo mestiere se hai troppe aspettative non vai lontano. In Italia non è mai stato facile per nessuno affermarsi. Mi sono intestardito a voler instaurare un legame con la musica italiana perché sono cresciuto ascoltandola. Nei miei primi 3 album ero convinto di essere nato in California, mi ero dimenticato delle mie radici italiane poi appena le ho riattivate, ho voluto fare un album italiano in lingua inglese. Sono molto legato al cantautorato di Battisti, De Andrè, Tenco, non ci sono cantautori inglesi che fanno così in ambito mainstream, la cosa mi diverte e mi rende più genuinamente autentico.

Quanto suonerai in Italia?

In questi ultimi anni io e il mio staff ci abbiamo messo passione e sudore. Abbiamo girato osterie e pizzerie fino ad arrivare al Blue Note. Con il lancio globale del disco non potrò dedicare all’Italia lo stesso tempo di prima, per questo spero mi diate delle buone ragioni per tornare più spesso nel vostro paese (ride ndr).

Come sarà il nuovo live?

Ho suonato a Leeds l’altra sera ed ero terrorizzato come non lo ero da un bel po’. In scaletta ci sarà l’intero album perché ne sono molto fiero. L’insieme del concerto sarà molto più simile ad uno show con l’obiettivo di distogliere il pubblico dalla propria realtà per un’ora e mezza circa. Finora il mio era un concerto rilassato, ora sarà più surreale con la musica al centro di tutto.

 Raffaella Sbrescia

 Ascolta qui l’album: